Ritengo, infatti, che le tecnologie invasive possano aiutare a vivere meglio e in alcuni casi addirittura a salvarci la vita, come nel caso dei trapianti di organi artificiali.
Non collego necessariamente il termine “invasivo” a qualcosa di aggressivo, ad una violazione o ad una forzatura, in quanto ritengo che l’uomo laddove si riconosca manchevole possa decidere di lasciarsi completare dalle tecnologie, allargando il campo del suo operare, rendendosi così disponibile ad accogliere dentro di sè un “corpo estraneo”. Fino qualche anno fa si sentiva pochissimo parlare di corpo tecnologico; Capucci è stato il primo a definire tale termine , sostenendo che il corpo è inteso come corpo biologico, fisico e tecnologico, si lascia invadere positivamente dalle nuove tecnologie, diventando così il loro habitat.
Diverso è il discorso circa le tecnologie estensive: penso, infatti, che oggi spesso non siamo più liberi di scegliere di non servirci, nella nostra quotidianità, di strumenti come ad esempio internet o il cellulare.
Non c’è dubbio che, ormai, in quasi tutti gli ambienti del nostro esistere sono presenti strumenti tecnologici che hanno stravolto il nostro modo di vivere, molto spesso senza darci la possibilità di scegliere se accoglierli o rifiutarli.
E se da una parte queste tecnologie estensive ci hanno facilitato alcune funzioni vitali, dall’altro rischiano di atrofizzare, cioè di ridurre o annullare del tutto la vitalità di alcune capacità naturali come la memoria o l’abilità manuale