psicopedagogia2011

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Forum didattico del corso di Psicopedagogia dei linguaggi a.a.2011-12 a cura di F. Briganti Stanza di collaborazione del gruppo classe


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    caterina.maione


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    Messaggio  caterina.maione Lun Gen 16, 2012 11:45 pm

    quest'esperienza, perchè così la voglio chiamare, ha portato tutte quante noi a provare delle emozioni..paura, tristezza, gioia di condivisione..tante emozioni che anche la stessa prof. dopo aver letto si è emozionta..il perchè è "nell'essere con gli altri", anche nei confronti di chi non c'è.Quelle poesie, quelle voci hanno unito contemporaneamente tutte le nostre emozioni, c'è stata quasi una sorta di empatia tra noi e loro.La voce della prof aveva un tono caldo, rassicurante che pian piano che leggeva si trasformava nelle voci di quelle persone, uomo o bambina,e sembrava che parlassero in prima persona diretti a noi.E le parole pian piano diventavano immagini,e quelle immagini prendevano forma nel nostro corpo...quasi che chi stesse parlando ora eravamo noi e non più loro!mi sembrava di stare in quel corpo davanti ai "genitori" chiedendo soltanto "amore"!!!!quanta amarezza in quei momenti, quanta SOLITUDINE c'è in queele voci!è stato un momento davvero toccante..sono emozioni che non si dimenticano più!
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    Messaggio  Cristina Ruotolo Mar Gen 17, 2012 10:15 am

    Alessandra Cipollaro ha scritto:Prima di commentare l'esperienza di oggi vorrei fare una premessa.
    Da qualche mese mi sono sottoposta all'intervento di chirurgia laser per correggere la miopia, ma prima di ciò ho sempre vissuto questo difetto della vista in maniera negativa, non accettavo gli occhiali e vivevo in simbiosi con le lenti a contatto. Quando al mattino mi svegliavo la prima cosa che facevo era indossare gli occhiali, altrimenti vedevo solo ombre. Di certo questa condizione non è paragonabile a quella di un cieco, ma in un certo senso vi si avvicina. Inoltre l'indossare gli occhiali in pubblico era per me motivo di disagio. Nelle settimane precedenti all'intervento non potevo assolutamente portare le lenti a contatto, ma mi ostinavo ad uscire senza gli occhiali... vuoto e panico! Mi capitò infatti di andare ad una festa, ma di quella sera ricordo poco e niente, può sembrare strano ma a stento ricordo chi c'era, con chi ho parlato e di cosa. Dopo quest'episodio imbarazzante mi sono resa conto del fatto che la mia vita e la mia percezione ruotano fondamentalmente intorno alla vista e alle immagini.
    L'esperienza di oggi ha sicuramente confermato questo mio pensiero.
    Appena bendata ho pensato: adesso non ci sarà nulla che potrà distrarmi e mi potrò concentrare al massimo sulle parole della docente. Ma non è stato così. Da subito ho avvertito una sensazione di smarrimento, il non tenere sotto controllo ciò che avveniva intorno a me era causa di disagio, insieme al fatto che sono abituata a guardare chi mi parla. Questa sensazione di smarrimento è durata per un bel pò, infatti non riuscivo a seguire ed ascoltare le poesie poichè ero distratta da questi pensieri angoscianti legati al "buio" totale che mi circondava. Tra le poesie che sono riuscita ad ascoltare mi ha colpito molto quella in cui si chiedeva il coraggio di essere chiamati per nome, perchè racchiude la richiesta di essere riconosciuti come persone.
    Come si vivrebbe senza la vista? Non è semplice rispondere... Ma sicuramente sarebbe una vita connotata da sensazioni ed emozioni speciali, legate agli altri sensi.
    Alessandra Cipollaro


    Come si vivrebbe senza la vista?
    Io non penso che sarebbe una vita semplice, ma ti parlo di me. Ormai ho 22 anni, non sono molti ma penso sufficienti per apprezzare tutto quello che ci circonda, non poterlo più vedere da un giorno all’altro sarebbe devastante. Come ho già detto, all’inizio ero in difficoltà durante la simulazione, e stavo solo seduta! Lo sottolineo perché due anni fa invece, durante un laboratorio disciplinare svolto all'università sul corpo e il movimento, fui invitata addirittura a camminare dalla docente, con gli occhi chiusi ovviamente. Ricordo perfettamente che non ci riuscivo, avevo paura di sbattere contro qualcosa, di cadere, poi la prof ci fece condurre per mano da altre ragazze, nonostante ci veniva chiesto di non aprire gli occhi e di lasciarci condurre dalla collega, io inevitabilmente aprivo gli occhi per vedere cosa accadesse intorno a me. Vi ho riportato questa mia esperienza semplicemente per farvi capire quanto importante sia per me la vista, ma anche tutti gli altri sensi ovviamente, l’udito ad esempio, non ne parliamo nemmeno!
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    Messaggio  antonellaguida Mar Gen 17, 2012 10:48 am

    Dopo questa esperienza di ascolto ad occhi bendati ho cominciato a riflettere maggiormente tanto che ho riportato questa esperienza anche nella mia famiglia!!mi sono resa conto che la maggior parte delle cose che facciamo ha bisogno del canale visivo e non ho mai pensato a come potrei fare senza..inizialmete mi sono trovata spaesata e non riuscivo a focalizzare la mia attenzione sull'udito,il mio primo pensiero è stato:"se non avessi la benda adesso avrei letto le poesie!!" Poi dopo aver passato qualche minuto pensando a questo sono riuscita a concentrarmi sulle poesie e ho cercato di immedesimarmi per capire lo stato d'animo di chi scriveva!!forse senza benda non avrei fatto queste riflessioni e non avrei sentito quelle parole,quegli stati d'animo così forti,quasi rimbombanti nella mia mente!!Davvero una bella esperienza Smile

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    Messaggio  Diana Cataldo Mar Gen 17, 2012 11:22 am

    La prima sensazione che ho provato è stata quella di estraneità e non di partecipazione o empatia. Mi spiego meglio: mentre la prof leggeva ho immaginato le persone. Come se oltre quella benda ci fossero direttamente gli autori e non la docente, che per me è diventata solo voce. Così mi sono sentita destinataria di un messaggio, un messaggio di rabbia che in qualche passaggio ha lasciato il posto alla rassegnazione, in altri invece al desiderio di rivalsa e di affermazione. La voglia di libertà, di trasformazione…il sentirsi intrappolati in un corpo che diventa limite. Il corpo come limite, come porta di passaggio tra sé e gli altri. Non la disabilità in sé. Un corpo che per gli altri è specchio anche dell’anima, ma non è così. L’urlo di dolore: non vogliamo essere compatiti, non vogliamo la vostra pietà. E non perché siamo tutti uguali, ma perché siamo tutti unici. Da qui il desiderio di annullare la dimensione del corpo, nella quale ci si riconosce come disabili, e superare anche la spazio e il tempo per ritrovarsi in un altrove dove sono le anime e non i corpi a confrontarsi. Io non posso capire, non posso “sentire” come fanno loro, posso solo ascoltare e cercare di comprendere, mettendo da parte pregiudizi, credenze, imbarazzo, vergogna. Attraverso queste poesie mi è stata fatta questa richiesta e questa è la mia sfida: dare una risposta che sia convincente. Questa è anche la sfida che mi propongo come insegnante di sostegno: guardare al bambino nella sua unicità e non rassegnarmi mai all’idea che “tutto quello che può” è solo quello che il senso comune si aspetta che faccia. Ognuno (e Pistorius ne è un esempio) conosce l’oltre al quale può aspirare, nessun altro. Per quanto riguarda l’esperienza dell’ascolto “al buio” non ho provato né timore né imbarazzo, ma questo ha facilitato la mia concentrazione sulle parole restituendomi quella sensazione di una sorta di “rapporto diretto” con le persone, di cui ho parlato prima, che altrimenti sarebbe andata persa. In ogni caso, sono molto curiosa rispetto all'incontro che la prof ha annunciato per giovedì. Proprio perché attraverso le testimonianze dirette si può recuperare anche tutto il sentimento che i libri non possono restituire.
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    Messaggio  danielamaione Mar Gen 17, 2012 1:52 pm

    Durante la simulazione fatta in classe ho provato una sensazione di disagio,io che anche quando dormo non riesco a stare nel buio totale ma devo avere sempre una lucina accesa...Le poesie lette dalla professoressa sono state per me una sorta di sostegno,sono riuscita a tranquillizzarmi perchè ascoltando le parole è stato come distrarmi dal senso di vuoto e di smarrimento che provavo inquel momento!
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    Messaggio  veronicavalentino Mar Gen 17, 2012 2:08 pm

    Non è stato semplice non poter vedere cosa stava accadendo intorno a me,non poter incrociare gli sguardi di chi era in aula e provare a capire cosa stavano pensando loro mentre ascoltavano parole piene di significato,trovandosi nella mia stessa situzione.
    Mi sono sentita spaesata,spesso desideriamo di chiudere gli occhi e allontanarci mentalmente dalla situazione che stiamo vivendo.Ma quando ci viene chiesto di chiudere gli occhi e concentrarci su altro è,almeno inzialmente,difficile,ci spaventa,ci disorienta perchè non è una situazione dettata da una nostra esigenza e abituaci a questa condizione richiede uno sforzo e del tempo.La vista ci permette di vedere cosa ci circonda,di apprezzare le meraviglie della vita,di gurdare negli occhi le persone che amiamo,e personalmente non riesco a mettermi nei panni di una persona non vedente,perchè non riesco a definire le sensazioni che prova.PERCHè OGNUNO DI NOI PROVA EMOZIONI,SENSAZIONI,SENTIMENTI,ogni uomo percepisce la realtà anche quando non si può guardarla attraverso i propri occhi,e forse anche in maniera più profonda,poichè noi vedenti spesso siamo distratti da aspetti futili.
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    Messaggio  Imma Rispoli Mar Gen 17, 2012 4:36 pm

    La simulazione è stata per me un'esperienza veramente significativa. Il fatto di essere completamente cieca ha fatto si che mi mancassero tutti i riferimenti spazio-temporali. Ero così disorientata da non avere quasi ascoltato la poesia. Solamente alla fine, concentrandomi sugli altri sensi, sono riuscita ad entrare in sintonia con la voce della prof.
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    Messaggio  SerafinaMaresca Mar Gen 17, 2012 4:41 pm

    Durante la simulazione tenutasi in classe, le mie sensazioni sono state molto diverse tra loro; in un primo momento infatti, ero infastidita dal dover tenere quella sciarpa sugli occhi, tanto da non riuscire nemmeno a concentrare la mia attenzione sulla voce della professoressa che recitava la prima poesia. Successivamente ho cominciato ad ascoltare quella voce e, quelle parole cominciavano a rimbombare nella mia testa; sembrava quasi che quei bambini erano li davanti a me a spiegarmi tutto il loro dolore. Un dolore provocato dalla voglia di vivere e di sentirsi accettati, un dolore provocato dalla loro consapevolezza di essere esseri umani dotati di emozioni e sentimenti, un dolore provocato dal fatto di non essere capiti e accettati in questo mondo tanto ricco di meraviglie quanto ricco d ignoranza e di tanta superficialità da non riuscire a percepire ciò che non si vede attarverso gli occhi..

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    Messaggio  Cancello Federica Mar Gen 17, 2012 5:27 pm

    E'la prima volta che ho fatto una simulazione del genere, e ho provato da subito varie emozioni.
    Appena bendata, ho provato innanzitutto paura, spavento di non osservare cosa mi accade intorno,di chi c'è accanto a me. Ho pensato durante la lettura delle poesie, come fanno queste persone a dare senso, valore alla loro vita, se io solo in questo tempo mi sono sentita smarrita, disorientata, da desiderare tanto di vedere la luce.
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    Messaggio  mariapia scotto di fasano Mar Gen 17, 2012 6:33 pm

    Voglio riportare ciò che ho scritto in aula senza alterare niente per non falsarlo:
    "nel silenzio più assoluto sento il vibrare delle parole,parole che mi entrano dentro come una lancia.Traballo tra le parole,parole che fanno male,parole che non voglio sentire,parole che mi fanno soffrire.
    Una frase che emerge tra le altre:"non voglio essere riconosciuta",dice la ragazza nella sua poesia ed io interpreto:Non voglio essere vista per quello che non ho,voglio essere vista come persona,una persona come tutte le altre!"
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    Messaggio  Maria Guerra Mar Gen 17, 2012 6:49 pm

    Quando mi sono tolta la sciarpa e si sono riaccese le luci, sono rimasta immobile a fissare il vuoto e mi sono seduta. Le mie amiche mi parlavano, ma io non rispondevo, ero assolta dalle mille parole che riempivano la mia testa. Mi limitavo soltanto a sorridere perchè stavo ancora rivivendo quelle parole, quei pensieri, sentimenti ed emozioni racchiusi in quelle righe...
    ...La mia mente, io non ero nell'aula. Ero su un mare calmo con il riflesso del sole al tramonto e rivivevo dentro di me ciò che quella voce dolce e pacata mi diceva, mi urlava.
    Voci di chi voleva sentirsi libero, non additato, di essere riconosciuto non per ciò che non hanno, non esclusi, di non sentirsi "compiatiti" perchè si sentono bene e sono felici così come la natura li ha disegnati. Vogliono sentirsi delle PERSONE, non dei DIVERSI !!!
    Con la sciarpa sugli occhi, ho sentito dentro di me un grande vuoto, ma, allo stesso tempo, una forte emozione con il cuore a 1000.
    Avevo gli occhi lucidi e la pelle d'oca nel sentire quelle parole... Parole di persone deluse e scoraggiate dinnanzi alla disumanità sociale.
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    Messaggio  Erika Hoffmann Mar Gen 17, 2012 6:51 pm

    Re: laboratorio 5 (simulazione)

    Quando la docente ci ha invitate a indossare le bende, e nel momento immediatamente successivo, in cui abbiamo esegiuto le sue istruzioni,in aula si udivano risatine e parole che facevano trapelare preoccupazione ed imbarazzo. Io ero cinica ,speravo che l'esperiemnto finisse presto,presa da altri pensieri. Ascoltare poi le poesie scritte da persone diversamente abili indossando una benda,mi ha permesso di concentrarmi su ciò che udivo,e allo stesso tempo provare delle sensazioni di costrizione ,disorientamento,che mi hanno però aiutato a compenetrarmi in queste persone e a pormi in un atteggiamento di maggiore ascolto ,partecipazione e compresione. Ho subito pensato che probabilmente ciò che stavo provando io in quell'istante, non era che una piccolissima parte della sensazione di malessere con cui esse convivono ogni giorno ..quel sentirsi forse come "intrappolate" in un corpo che non rende giustizia al loro mondo interiore fatto di desideri,paure,sentimenti esattamente uguali ai nostri.
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    Messaggio  GIOVANNA MORGILLO Mar Gen 17, 2012 8:27 pm

    Credo che la simulazione fatta in aula sia stato veramente un momento emozionante,ma allo stesso tempo ci aiuta a capire e a comprendere le molte difficoltà dei non vedenti.E' come se,bendandomi gli occhi,mi fossi immedesimata momentaneamente nella loro situazione.Ogni singola parola della poesia che la professoressa pronunciava assumeva un significato valoriale.Ho provato delle sensazioni incredibili,quasi inspiegabili.
    Proprio questo deve farci riflettere!
    Molto spesso diamo per scontato molte cose,senza rendercene nemmeno conto.Sicuramente ho capito quanto possa essere importante per un non vedente,un suono,un profumo,una sensazione,il tatto o semplicemente la voce di chi ci sta accanto.Mentre avevo gli occhi coperti e sentivo le voci dei miei compagni,ho percepito una sensazione di angoscia,di smarrimento,come se all'improvviso avessi perso ogni punto di riferimanto.
    Da subito ho cercato il contatto della mano della mia amica di banco,una sorta di protezione/fiducia.
    Insomma... E' più facile identificare qualcuno per un difetto,un limite o un handicap,piuttosto che soffermarsi a scoprire il suo carattere e le sue qualità.
    In questo senso è la vista ad essere un limite,se non sappiamo andare al di là di essa.Quindi,quando vediamo una persona diversamente abile dovremmo pensare alla frase contenuta nella poesia 'Chiamami per nome'

    "Abbiate occhi nuovi per scoprire che prima di tutto io SONO".

    Giovanna Morgillo
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    Messaggio  MARIA PETRILLO Mar Gen 17, 2012 8:32 pm

    Quando mi sono bendata ho provato una sensazione strana perchè non mi è mai capitato di fare un'esperienza del genere.
    Mi sentivo a disagio, infatti ho inclinato il capo poggiandomi sulla spalla della mia collega perchè mi ispirava maggiore sicurezza in quanto impossibilitata nel vedere.
    Questa sensazione è durata per i primi minuti infatti ciò mi ha impedito di ascoltare le prime poesie.
    Successivamente sono riuscita a prestare attenzione alla voce che citava le poesie, mi sono concentrata ed ho cercato di capirne il senso e ciò che queste persone disabili provavano.
    Quando ho ascoltato la poesia "chiamatemi per nome" ho provato un mix di emozioni,gioia,dolore e un senso di solitudine.
    Infatti le parole che sono rimaste impresse nella mia mente sono: "anch'io ho volto, un sorriso, un pianto".
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    Messaggio  Mariagiovanna Pistillo Mar Gen 17, 2012 10:03 pm

    L'esperienza fatta in aula è stata semplicemente straordiaria!! Dopo essermi bendata mi sono lasciata trasportare e cullare dalle parole, cercando di vedere con gli occhi della fantasia le immagini che la poesia mi suggeriva! Non avevo mai provato ad ascoltare delle poesie ad occhi chiusi, e devo ammettere che mi sono emozionata tantissimo! Inizialmente mi sentivo un pò spaesata, poi però mi sono tranquillizzata e mi sono lasciata andare e posso affermare con entusiasmo che è stata una delle esperienze più emozionanti della mia vita e mi ha fatto capire che la vista è sicuramente uno dei sensi più importanti che abbiamo, ma non è l'unico, ci sono altri modi di percepire il mondo e probabilmente una persona non vedente lo sa bene!!
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    Messaggio  concetta francese Mar Gen 17, 2012 10:08 pm

    bendarmi gli occhi e ascoltare, inizialmente, non mi è sembrato così difficile, ma mentre ascoltavo, ho pensato: tanto il buoi durerà poco! ad ogni movimento, ogni piccolo rumore mi veniva spontaneo togliere la benda e guardarmi intorno...a questo punto ho pensato che sarebbe tremendo rimare così per tutta la vita ed ho pensato a tutti coloro che sono in condizione di cecità... ma ho potuto valorizzare, invece, l'ascolto che spesso trascuriamo poichè viviamo in un mondo fatto di immagini, un mondo del "tutto e subito". attraverso questa esperienza ho potuto percepire l'importanza di ogni singola parola, di ogni suo suono...
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    Messaggio  AnnabellaMangiacapra Mar Gen 17, 2012 11:23 pm

    Appena bendata ho provato una sensazione di disagio. E' difficile spiegarne il motivo ma il non vedere mi opprimeva. Questa sensazione all'inizio mi ha impedito di concentrarmi,ero distratta. Ma poi ho iniziato ad ascoltare e ciò che ho sentito mi è piaciuto molto: "chiamatemi per nome, non chiamatemi disabile,forse un miope viene chiamato miope?"
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    LAB. 5 SIMULAZIONE (questo forum si chiude il 26 gennaio) - Pagina 4 Empty la brutta sensazione del buio

    Messaggio  concettabifulco Mer Gen 18, 2012 12:59 am

    E'inutile dire che quando ci siamo bendate tutte abbiamo avuto un attimo di paura.Nel mio caso , e' stato il contrario, all'inizio non ho avuto nessun problema forse perche' l'ho preso come un gioco , ma poi , successivamente, ho iniziato ad ascoltare le poesie che la docente leggeva e la mia mente ha iniziato a pensare tante cose. Soprattutto la poesia dove veniva chiesto di essere chiamato per nome mi ha fatto pensare che oggi le persone che mi conoscono mi chiamano Concetta ma , se avessi un problema di cecità, per esempio, potrebbero chiamarmi cieca.Non sarei più Concetta? non sarei più io? E' brutto pensare che per gli altri sei quello che in realtà non sei per te.
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    Messaggio  mariapia scotto di fasano Mer Gen 18, 2012 8:14 am

    Durante la simulazione non mi sono sentita impaurita e smarrita come molte ragazze hanno dichiarato nel forum anzi,ho potuto godere della possibilità di "ascoltare" il silenzio che era piombato in aula.Un silenzio strano e al quale non ero abituata dato che di norma c'è sempre un chiacchiericcio di fondo al quale nessuno,tanto meno io,sembra essere in grado di sottrarsi.Questo lascia intendere come il vedersi con un'amica e con le altre ragazze ci distragga da ciò che ascoltiamo.I distrattori:"uh guarda che bei capelli ha quella ragazza---è entrata in aula la mia amica,era tempo che non la vedevo---accidenti davanti a me si è seduta un armadio,non vedo niente!---che bel vestito---..."e potrei continuare x molto!il bendarmi mi ha dato la possibilità di slegarmi da ciò che è esteriore e concentrarmi su ciò che ascoltavo.
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    Messaggio  GIOVANNA MORGILLO Mer Gen 18, 2012 9:31 am

    "CHIAMAMI PER NOME"
    Le parole di questa poesia non sono altro che il desiderio che ogni disabile vorrebbe realizzare: essere conosciuto ed apprezzato per quello che è e non per quello che non ha.Perchè chiamarli portatori di handicap?
    Anche loro hanno un nome,dei sentimenti,delle fantasie e dei desideri.
    Cosa ci differenzia?... Nulla,siamo uguali.
    C'è chi è miope,presbite,chi ha gli occhi castani o azzurri,chi sa cantare e chi no.Questi non sono difetti di tutti noi?Perchè allora LORO dovrebbero essere definiti disabili e sentirsi diversi da noi?
    Credo che lamorale di questa poesia si racchiuda nella parte conclusiva:non abbiamo il coraggio della novità.
    Noi accettiamo tutto quello che ci somiglia,ciò che è diverso è per noi un nuovo mondo che guardiamo con gli occhi dell'indifferenza.
    Perchè?
    Ognuno di noi è unico e irripetibile ed è giusto che noi tutti guardiamo gli altri,compresi i disabili,non come dei diversi a cui manca qualcosa,ma come delle persone che hanno sicuramente qualcosa in più a noi,perchè ognuno ha una personalità e tutti arricchiscono il mondo.

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    Messaggio  alessialandino Mer Gen 18, 2012 9:46 am

    Con gli occhi bendati ho sentito, che è diverso per me dall'ascoltare che è solo uditivo, il sentire implica una partecipazione emotiva, ed è quello che ho provato stando bendata e liberando la mente da tutto il resto, concentrandomi solo sulle parole. E' stata un'esperienza forte, vedevo dinanzi immagini evocate, come stessi guardando un film, e sentivo il peso di ogni frase come se riuscissi a provare sulla pelle le sensazioni di chi le aveva scritte.
    La poesia che più mi è rimasta impressa è stata quella di Rebecca, che termina con la frase "non chatto", quante cose non può
    Quando ero bendata ho provato una grande solitudine, nonostante sapessi di non essere sola in aula.
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    Messaggio  Martina Ascione Mer Gen 18, 2012 9:55 am

    Ho letto tra i commenti che la proposta della benda ha causato alcuni disagi, quantomeno all'inizio...
    A me questo non è capitato, forse perchè non era la prima volta che ricevevo una simile "proposta" qui all'università!
    Ho frequentato un laboratorio dove la benda era d'aiuto per avvalersi meglio del tatto, dell'olfatto e dell'udito...
    Adesso, il riferimento non era all'udito in sè, quanto all'ascolto...
    Ho ascoltato le parole delle poesie e avevo come l'impressione che gli autori di ciascuna di esse fossero in aula a raccontare la loro esperienza.
    Ciò che maggiormente mi colpisce è il "desiderio" di voler apparire come PERSONE, UOMINI...un pò come in "Indovina chi viene a cena"...
    Ho avuto come l'impressione che gli autori delle poesie volessero in qualche modo giustificarsi della loro "condizione", quasi per cercare di non apparire come un peso per gli altri...immaginando di essere altro...come il gabbiano, in volo "liberamente" senza AIUTI......

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    Messaggio  bruna88 Mer Gen 18, 2012 12:08 pm

    E' difficile mettersi nei panni degli altri,soprattutto di persone cieche...Forse perche' non lo facciamo mai!Questa esperienza ci porta a farlo e in quel momento la prima cosa che ho avvertito e'stata Crying or Very sad la mancanza di punti di riferimento tanto da non riuscire neanche a porre attenzione alle parole udite...
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    Messaggio  mancinoangela Mer Gen 18, 2012 12:53 pm

    l'esperienza di questo laboratorio mi ha colpito profondamente. Come altre ragazze hanno detto in classe, per me il buio non è una condizione negativa. Spesso per ascoltare la musica mi metto al buio, proprio perchè la nostra è una società che parla con le immagini, proprio perchè, la maggior parte dei nostri pre-concetti derivano dal dare un etichetta basandoci sulla "prima vista" credo che ascoltare una musica, se la si vuole davvero vivere, ascoltare, farla entrare in noi, debba essere ascoltata amplificando al massimo il senso attraverso cui essa ci arriva.
    Premettendo che sono una persona forse anche troppo empatica, non nel senso positivo del termine (ma davvero per me è difficile non immaginarmi nei panni dell'altro e questo a volte può essere un problema per me e per l'latro)quando mi sono bendata, non ho avuto paura, ho subito ascoltato con attenzione le poesie, ma subito sono entrate in me quelle parole, come fa la musica, ho sentito la necessità di aprire gli occhi.
    immaginandomi di vivere in prima persona quelle sensazioni intense di solitudine, di ricerca disperata di identità che non fosse quella di etichetta di disabile, ho davvero sentito la necessità di aprire gli occhi per aggrapparmi a qualcosa che fosse lontano da quelle sensazioni.
    Il compito però era quello di avere gli occhi bendati, cosi ho deciso di aggrapparmi ad un immagine mentale di quel gabbiano che vola alto nel cielo.
    Ho veramente pensato che chi ha scritto queste poesie forse si sente cosi, intrappolato in una situazione dove per quanto si combatta c'è qualcosa che opprime, CHE NON TI RENDE LIBERO DI ESSERE.
    Il risveglio è stato strano, non mi sono aggrappata a qualcuno, ma ho sentito uno strano senso di vuoto.

    In classe si è discusso molto sui limiti dei nostri sensi, una ragazza ha detto " non sono loro ad avere limiti, siamo noi a essere limitati"
    Li per li avrei voluto risponderle che non ero d'accordo, tutti siamo limitati, poi però riflettendoci meglio ho anche pensato che da un certo punto di vista ha ragione!
    Chi ha una disabilità è limitato suo malgrado, e deve trovare altri strumenti in se o nelle protesi per sconfiggere questi limiti, noi invece in un certo senso siamo limitati perchè scegliamo di esserlo, abbiamo alcuni sensi, che pur funzionando, sono atrofizzati per scelta, perche usarli tutti all'estrema potenza è troppo faticosa, e la società stessa ha scelto di usare e di far esercitare solo alcuni.Scegliere di essere limitati è davvero un grande limite difficile da abbattere!
    buona giornata!
    Angela Mancino
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    Messaggio  edvige liguori Mer Gen 18, 2012 1:02 pm

    PRIMA DI COMMENTARE VORREI FARE UNA PREMESSA
    Quest' anno ho svolto il tirocinio del sostegno in una terza elementare seguendo due bambini ciechi. Questi bambini erano pieni di passioni, vitalità e voglia di conoscere, intarvedevo una energia che li distingueva dagli altri , erano pienamente integrati nel contesto classe. E' stata un' esperienza bellissima perchè mi ha permesso di conoscere un po' questo mondo sconosciuto .
    Durante la simumlazione non mi sentivo a disagio,forse perchè dovevo ascoltare una voce che parlava ma sono certa che se avessi dovuto ascoltare rumori di ogni genere sarei stata incapace nella distinzione di questi.

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