L'Autismo è un disturbo dello sviluppo caratterizzato da deficit nell'interazione sociale e nella comunicazione, con manifestazioni caratterizzate da comportamenti ripetitivi e scarsi interessi. La medicina classifica la sindrome autistica all'interno della categoria dei Disturbi pervasivi dello sviluppo, a significare la sua insorgenza in età neo natale con compromissione della normale crescita intellettuale ed emotiva, non di quella fisica, contemplando anormalità in tutte e tre le aree considerate:
•Sociale
•Comunicativa
•Comportamentale
Dalle diverse fonti consultate e studiate durante il nostro percorso di studi, abbiamo più volte riscontrato il coinvolgimento di ricercatori, clinici, operatori affascinati dalla particolarità del funzionamento psicologico delle persone colpite da questo disturbo, tutti concordi nel superare l’idea che la consulenza dei genitori con figli autistici possa tradursi in indicazioni generali, generiche, su cosa si potrebbe fare, oppure nella consegna di strumenti utili ma lasciati alla lettura degli interessati e alla applicazione senza guida e senza verifiche di ciò che poi succede nell’ambiente di vita. Per offrire adeguato sostegno o aiuto alla famiglia, può essere importante individuare precocemente questa patologia, identificando quelle peculiarità cognitive, comportamentali e relazionali del bambino nello sviluppo del linguaggio, nelle anomalie dell’ascolto, nel mancato orientamento alla voce familiare, nell’assenza di gesti deittici, protodichiarativi e referenziali, nell’assenza di attenzione condivisa, nell’eccessiva tendenza a restare solo, nelle reazioni esagerate ai rumori, nell’assenza di azioni anticipatrici ecc. Abbiamo riscontrato l’importanza dell’aiuto che la famiglia può fornire ai bambini affetti da questa patologia anche durante la frequenza di questo corso di Didattica Aggiuntiva, e non neghiamo che, durante lo svolgimento di alcune ricerche sul ruolo della famiglia, è emersa l’esistenza di genitori che, purtroppo, vengono ancora lasciati fuori dal percorso terapeutico del proprio figlio. Alcuni di loro, vengono poco coinvolti nella fase di consulenza al bambino, senza ricevere risposte operative, concrete ai loro quesiti circa le possibili azioni da intraprendere nel contesto di vita familiare e sociale per fronteggiare i comportamenti problematici dell’autismo, così da non sentirsi aiutati dagli specialisti, lasciati soli nella ricerca del modo di affrontare l’accudimento del figlio. Il padre e la madre del bambino autistico possono trovarsi di fronte a complesse e raffinate interpretazioni psicologiche delle difficoltà del figlio, senza tuttavia riuscire a tradurre sul piano educativo gli orientamenti operativi utili al contrasto dei sintomi più fastidiosi del disturbo. Concordiamo pienamente nel coinvolgimento familiare sia nella fase diagnostica che di programmazione dell’intervento e, conseguentemente, nella fase di individuazione dei bisogni espressi dai genitori stessi. Le famiglie che vengono lasciate sole ad affrontare il difficile compito di allevare un bambino affetto da autismo vanno ben presto incontro alla disperazione ed allo sfinimento causati dagli equivoci sulla natura dell'autismo, dalla scarsa disponibilità di servizi specializzati e soprattutto dall'impossibilità di programmare il futuro del bambino stesso; sappiamo che l'autismo perdura per tutta la vita e, conseguentemente, le persone affette da autismo hanno bisogno per tutta l'esistenza di protezione e di livelli differenziati di aiuto, di una continuità di servizi specializzati e di opportunità di vita adulta indipendente dalla famiglia. Ai genitori, ritenuti molto spesso la concausa di questa patologia, è richiesto amore incondizionato per i figli e l’acquisizione di competenze e abilità che permettano di interagire con il proprio figlio e di risolvere i comportamenti problema. Nel lavoro di alleanza tra genitori e operatori deve esserci uno scambio reciproco di esperienze vissute dai primi, e conoscenze possedute dai secondi. L’approccio psicoeducativo Teacch (Treatment and Education of Autistic and Communication Handicapped Children di Eric Schopler), focalizza l’attenzione sulla collaborazione tra famiglia e istituzioni. Sei sono i principi guida di questo orientamento: migliorare le abilità individuali e stimolare un miglior adattamento al contesto, procedere a una valutazione formale e informale attraverso la somministrazione di scale di sviluppo, basare le strategie di intervento sui principi della terapia cognitiva e comportamentale, aumentare le abilità dei genitori nel lavoro con il figlio e nell’accettare i suoi deficit, utilizzare segnali visivi per ottimizzare le possibilità di intervento educativo, promuovere un intervento olistico e multidisciplinare sul bambino che veda il coinvolgimento di operatori diversi. Strategie e tecniche specifiche per crescere un figlio con questo disturbo, esistono e si sono dimostrate efficaci ma, senza una solida formazione dei familiari, ogni intervento viene vanificato per le ben note difficoltà a generalizzare delle persone con autismo. Nell’ambito della formazione dei genitori esistono delle metodologie ben specifiche diffuse nei programmi strutturati di formazione dei genitori:
Istruzione e informazione; le competenze per interagire con il proprio figlio, vengono acquisite. Possono essere presentate delle idee generali ai genitori, prima di addentrarsi nelle specifiche, favorendo anche il coinvolgimento dei genitori più restii
Modellamento; per consentire ai genitori di apprendere i comportamenti più corretti da adottare
Simulazione, feedback e compiti a casa; per incoraggiare i genitori ad applicare con il proprio figlio determinate abilità e valutarne il feedback. I compiti a casa, invece, inducono i genitori ad applicare, nell’ambito domestico, le abilità acquisite con l’ausilio degli operatori.
Tra genitori e operatori è importante che si instauri un rapporto empatico; le caratteristiche stesse dell'autismo causano una ulteriore condizione di stress per i genitori e rendono estremamente problematica la vita di tutta la famiglia. La figura dell’educatore deve essere concepita quindi come una “risorsa”, pronta a leggere ogni piccolo aspetto della vita familiare, alternando i momenti di formazione a quelli di sostegno puramente emotivo, anche nei periodi di stanchezza e sconforto. Non bisogna dimenticare infatti che alla famiglia della persona con autismo non sono risparmiati i problemi che affliggono ogni altra famiglia, come le difficoltà economiche, la malattia, i doveri verso i genitori anziani e il compito di garantire agli altri figli una crescita più normale possibile. I familiari delle persone autistiche, genitori e fratelli, dovrebbero essere aiutate a mantenere lo stile di vita e i rapporti sociali che avevano prima della sua nascita. Questo significa che le famiglie dovrebbero poter accedere a servizi organizzati che dispongono di professionisti dotati di una formazione specifica, in modo da poter mantenere ad esempio il posto di lavoro, oltre che la possibilità di trovare il tempo di prendersi cura degli altri eventuali figli e degli interessi comuni alla vita quotidiana. E' necessario quindi che vengano organizzati periodi di respiro che consentano ai familiari di ricaricarsi e trovare nuove energie per affrontare le difficoltà di ogni giorno; figli e genitori devono anche poter contare su una prospettiva di vita adulta indipendente nella comunità e su programmi di supporto e di educazione al distacco progressivo dalla famiglia, anche attraverso l'organizzazione di periodi di vacanza e fine settimana da trascorrere al di fuori della famiglia a cominciare dall'età infantile.
Lavoro ben fatto,
le richieste dell'esercizio sono state esaurite e
la sintesi è coerente e significativa.
Emergono le considerazioni critiche del gruppo.
la tutor Dott.ssa Nunzia Giglio