psicopedagogia2011

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Forum didattico del corso di Psicopedagogia dei linguaggi a.a.2011-12 a cura di F. Briganti Stanza di collaborazione del gruppo classe


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    ES.n. 1 AUTISMO (chiude 27 febbraio x esami 29 e sessione estiva)

    Della Corte Lucia
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    ES.n. 1 AUTISMO (chiude 27 febbraio x esami 29 e sessione estiva) - Pagina 18 Empty Re: ES.n. 1 AUTISMO (chiude 27 febbraio x esami 29 e sessione estiva)

    Messaggio  Della Corte Lucia Gio Feb 23, 2012 4:32 pm

    Della Corte Lucia ha scritto:Gruppo:Cancello Federica, Cangiano Raffaella, Della Corte Lucia, De Marco Marialaura Anna, Mangiacapra Severina.
    Testo:”Facciamo il punto su…L’Autismo”, cap: 4 “La costruzione dell’alleanza con la famiglia”.
    L’Autismo è un disturbo cronico dello sviluppo che va da un livello moderato a severo. L'autismo è considerato dalla comunità scientifica internazionale un disturbo che interessa la funzione cerebrale; la persona affetta da tale patologia mostra una marcata diminuzione dell'integrazione sociale e della comunicazione. Attualmente risultano ancora sconosciute le cause di tale manifestazione.
    Più precisamente, data la varietà di sintomatologie e la complessità nel fornirne una definizione clinica coerente e unitaria, è recentemente invalso l'uso di parlare, più correttamente, di Disturbi dello Spettro Autistico. A livello di classificazione nosografica, nel DSM-IV è considerato rientrare nella categoria clinica dei "Disturbi Pervasivi dello Sviluppo", cui appartengono, fra le varie altre sindromi, anche la sindrome di Asperger, la sindrome di Rett e il Disturbo disintegrativo dell'infanzia.
    Le sue caratteristiche causano condizioni di stress soprattutto per i genitori. Questi ultimi hanno un compito molto difficile: da loro ci si aspetta sia che amino incondizionatamente i loro figli, sia che possiedano anche competenze e abilità che permettano loro di interagire efficacemente con il figlio. Spesso i genitori sono stati ritenuti responsabili delle problematiche dei loro figli autistici. Dall’esperienza di molto operatori e grazie a specifici approcci quali ad esempio il TEACCH , ha dimostrato che l’autismo era legato a cause che nulla avevano a che fare con i genitori. Questi ultimi infatti possono diventare parte essenziale dell’intervento. Costruire un’alleanza significativa e collaborativa tra operatori e genitori è uno degli obiettivi più importanti e difficili allo stesso tempo. È necessario infatti, che ci sia una collaborazione tra servizi, istituzioni e famiglie un programma che crei una continuità di aiuti e servizi per tutto l’arco dell’esistenza. Per la famiglia le vacanze non esistono, ammalarsi è un lusso, riposarsi è impossibile. Questa, viene così messa a dura prova, e spesso porta alla discordia e al divorzio coniugale. Per alcuni genitori la forza di tale alleanza dipende da cosa e da come possono fare determinate cose, dalle conoscenze acquisite per la gestione delle problematiche che coinvolgono il loro figlio/familiare. Per gli operatori, il punto di vista dei genitori dovrebbe essere, quindi, quello più importante, nel gruppo di lavoro dovrebbe definirsi una relazione paritaria. Nell’approccio teacch, tutte le fasi del programma vengono quindi concordate insieme. Schopler ha concettualizzato alcuni principi dell’intervento psicoeducativo collaborativo:
    • Migliorare l’adattamento dell’individuo al mondo in cui vive;
    • Dare priorità all’incremento delle abilità esistenti;
    • Promuovere un insegnamento in grado di prevenire i comportamenti problema.
    Ci sono molti modi per aiutare i genitori ad acquisire nuove abilità e conoscenze, quali: esempio
    il modellamento il valore del mostrare direttamente come utilizzare un’abilità genitoriale non deve essere sottovalutato, spesso,infatti, vengono strutturate sessioni di role-play dove viene fatto impersonare ai genitori la parte del figlio e vedendo come si comporta l’operatore di fronte a determinati comportamenti che il figlio è solito emettere, i genitori acquisiscono una prima familiarità con le tecniche in questione.

    Altra modalità è
    La simulazione e il feedback uno degli obiettivi principali degli operatori è quello di incoraggiare i genitori ad applicare con il loro figlio determinate abilità e valutarne i feedback .
    Un altro punto importante è
    L’assegnazione di compiti educativi da svolgere a casa i cosiddetti esercizi per casa richiedono ai genitori di esercitare e mettere in pratica anche nel contesto domestico le nuove abilità acquisite.
    Importante è l’apporto e il sostegno psicologico per i familiari dei soggetti autistici. Secondo Cavell una delle modalità più efficaci nel processo di elaborazione congiunta è semplicemente quella di ascoltare i genitori e di stilare con essi una lista di affermazioni sul ruolo di genitore, discutendo il loro punto di vista per ciascun’affermazione. Molto importante per un genitore è infine pensare al futuro del proprio figlio. Immaginare il proprio figlio con autismo adulto autonomo, in grado di condurre una vita normale non è certo facile per un genitore. Questo, infatti, hanno la percezione che vedano i loro figli sempre uguali, sempre bambini e lo si vuole continuamente proteggere dal dolore. Bisogna, invece, guardare con forza più lontano, nella prospettiva di un progetto di vita adulta. A tal proposito i “Programmi respiro” intendono offrire ai bambini, agli adolescenti e agli adulti con autismo, la possibilità di trascorrere dei periodi lontani da casa in ambienti strutturati per le difficoltà e le caratteristiche tipiche dell’autismo. Questi ambienti possono definirsi “Speciali” per i numerosi accorgimenti posti nell’arredo, per la strutturazione degli spazi. Uno degli obiettivi principali è quello di avvicinare pian piano la persona autistica ad una vita autonoma ed indipendente.
    Esistono molte Associazioni di famiglie e di persone con disturbi autistici. La loro opera è centrata sull’informazione, la sensibilizzazione e la tutela dei diritti. Tra queste ricordiamo:
    l’Associazione “Autistimando”, associazione genitori, bambini con autismo di Brescia, un gruppo di genitori che si rivolge ad altri genitori che stanno vivendo l’esperienza di avere un figlio con autismo;
    l’Associazione “Oltre il muro”, nata a Napoli nel 2000 ,che comprende 30 famiglie che si battono per tutelare i diritti delle persone con diagnosi di disturbo generalizzato dello sviluppo.


    Lavoro sufficiente,
    le richieste dell'esercizio sono state esaurite e
    la sintesi è coerente
    Emergono poco le considerazioni critiche del gruppo.
    La tutor Dott.ssa Nunzia Giglio.

    Il gruppo aggiunge le seguenti considerazioni:
    abbiamo a lungo riflettuto sul "problema dell'autismo" e pensiamo che in realta non ci sono bambini diversi, come spesso noi li facciamo sentire, ma siamo tutti uguali. Si, è vero, ci sono persone svantaggiate da alcuni punti di vista ma questo non significa che debbano stare un passo dietro di noi. Oggi si può e si deve fare molto per gli altri, soprattutto per coloro che hanno bisogno d'aiuto, di assistenza e volere è potere. Non ci sono limiti, non devono esserci, grazie anche alle nuove tecnologie che danno la possibilità a tutti di raggiungere le mete desiderate. Spero dunque per questi bambini un futuro migliore e noi, nel nostro piccolo, da future docenti speriamo di essere all'altezza di ricoprire soprattutto in questi casi il nostro ruolo nel migliore dei modi..
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    ES.n. 1 AUTISMO (chiude 27 febbraio x esami 29 e sessione estiva) - Pagina 18 Empty Re: ES.n. 1 AUTISMO (chiude 27 febbraio x esami 29 e sessione estiva)

    Messaggio  Cancello Federica Gio Feb 23, 2012 5:55 pm

    Gruppo:Cancello Federica, Cangiano Raffaella, Della Corte Lucia, De Marco Marialaura Anna, Mangiacapra Severina.
    Testo:”Facciamo il punto su…L’Autismo”, cap: 4 “La costruzione dell’alleanza con la famiglia”.
    L’Autismo è un disturbo cronico dello sviluppo che va da un livello moderato a severo. L'autismo è considerato dalla comunità scientifica internazionale un disturbo che interessa la funzione cerebrale; la persona affetta da tale patologia mostra una marcata diminuzione dell'integrazione sociale e della comunicazione. Attualmente risultano ancora sconosciute le cause di tale manifestazione.
    Più precisamente, data la varietà di sintomatologie e la complessità nel fornirne una definizione clinica coerente e unitaria, è recentemente invalso l'uso di parlare, più correttamente, di Disturbi dello Spettro Autistico. A livello di classificazione nosografica, nel DSM-IV è considerato rientrare nella categoria clinica dei "Disturbi Pervasivi dello Sviluppo", cui appartengono, fra le varie altre sindromi, anche la sindrome di Asperger, la sindrome di Rett e il Disturbo disintegrativo dell'infanzia.
    Le sue caratteristiche causano condizioni di stress soprattutto per i genitori. Questi ultimi hanno un compito molto difficile: da loro ci si aspetta sia che amino incondizionatamente i loro figli, sia che possiedano anche competenze e abilità che permettano loro di interagire efficacemente con il figlio. Spesso i genitori sono stati ritenuti responsabili delle problematiche dei loro figli autistici. Dall’esperienza di molto operatori e grazie a specifici approcci quali ad esempio il TEACCH , ha dimostrato che l’autismo era legato a cause che nulla avevano a che fare con i genitori. Questi ultimi infatti possono diventare parte essenziale dell’intervento. Costruire un’alleanza significativa e collaborativa tra operatori e genitori è uno degli obiettivi più importanti e difficili allo stesso tempo. È necessario infatti, che ci sia una collaborazione tra servizi, istituzioni e famiglie un programma che crei una continuità di aiuti e servizi per tutto l’arco dell’esistenza. Per la famiglia le vacanze non esistono, ammalarsi è un lusso, riposarsi è impossibile. Questa, viene così messa a dura prova, e spesso porta alla discordia e al divorzio coniugale. Per alcuni genitori la forza di tale alleanza dipende da cosa e da come possono fare determinate cose, dalle conoscenze acquisite per la gestione delle problematiche che coinvolgono il loro figlio/familiare. Per gli operatori, il punto di vista dei genitori dovrebbe essere, quindi, quello più importante, nel gruppo di lavoro dovrebbe definirsi una relazione paritaria. Nell’approccio teacch, tutte le fasi del programma vengono quindi concordate insieme. Schopler ha concettualizzato alcuni principi dell’intervento psicoeducativo collaborativo:
    • Migliorare l’adattamento dell’individuo al mondo in cui vive;
    • Dare priorità all’incremento delle abilità esistenti;
    • Promuovere un insegnamento in grado di prevenire i comportamenti problema.
    Ci sono molti modi per aiutare i genitori ad acquisire nuove abilità e conoscenze, quali: esempio
    il modellamento il valore del mostrare direttamente come utilizzare un’abilità genitoriale non deve essere sottovalutato, spesso,infatti, vengono strutturate sessioni di role-play dove viene fatto impersonare ai genitori la parte del figlio e vedendo come si comporta l’operatore di fronte a determinati comportamenti che il figlio è solito emettere, i genitori acquisiscono una prima familiarità con le tecniche in questione.

    Altra modalità è
    La simulazione e il feedback uno degli obiettivi principali degli operatori è quello di incoraggiare i genitori ad applicare con il loro figlio determinate abilità e valutarne i feedback .
    Un altro punto importante è
    L’assegnazione di compiti educativi da svolgere a casa i cosiddetti esercizi per casa richiedono ai genitori di esercitare e mettere in pratica anche nel contesto domestico le nuove abilità acquisite.
    Importante è l’apporto e il sostegno psicologico per i familiari dei soggetti autistici. Secondo Cavell una delle modalità più efficaci nel processo di elaborazione congiunta è semplicemente quella di ascoltare i genitori e di stilare con essi una lista di affermazioni sul ruolo di genitore, discutendo il loro punto di vista per ciascun’affermazione. Molto importante per un genitore è infine pensare al futuro del proprio figlio. Immaginare il proprio figlio con autismo adulto autonomo, in grado di condurre una vita normale non è certo facile per un genitore. Questo, infatti, hanno la percezione che vedano i loro figli sempre uguali, sempre bambini e lo si vuole continuamente proteggere dal dolore. Bisogna, invece, guardare con forza più lontano, nella prospettiva di un progetto di vita adulta. A tal proposito i “Programmi respiro” intendono offrire ai bambini, agli adolescenti e agli adulti con autismo, la possibilità di trascorrere dei periodi lontani da casa in ambienti strutturati per le difficoltà e le caratteristiche tipiche dell’autismo. Questi ambienti possono definirsi “Speciali” per i numerosi accorgimenti posti nell’arredo, per la strutturazione degli spazi. Uno degli obiettivi principali è quello di avvicinare pian piano la persona autistica ad una vita autonoma ed indipendente.
    Esistono molte Associazioni di famiglie e di persone con disturbi autistici. La loro opera è centrata sull’informazione, la sensibilizzazione e la tutela dei diritti. Tra queste ricordiamo:
    l’Associazione “Autistimando”, associazione genitori, bambini con autismo di Brescia, un gruppo di genitori che si rivolge ad altri genitori che stanno vivendo l’esperienza di avere un figlio con autismo;
    l’Associazione “Oltre il muro”, nata a Napoli nel 2000 ,che comprende 30 famiglie che si battono per tutelare i diritti delle persone con diagnosi di disturbo generalizzato dello sviluppo.


    Lavoro sufficiente,
    le richieste dell'esercizio sono state esaurite e
    la sintesi è coerente
    Emergono poco le considerazioni critiche del gruppo.
    La tutor Dott.ssa Nunzia Giglio.


    Il gruppo aggiunge le seguenti considerazioni:
    abbiamo a lungo riflettuto sul "problema dell'autismo" e pensiamo che in realta non ci sono bambini diversi, come spesso noi li facciamo sentire, ma siamo tutti uguali. Si, è vero, ci sono persone svantaggiate da alcuni punti di vista ma questo non significa che debbano stare un passo dietro di noi. Oggi si può e si deve fare molto per gli altri, soprattutto per coloro che hanno bisogno d'aiuto, di assistenza e volere è potere. Non ci sono limiti, non devono esserci, grazie anche alle nuove tecnologie che danno la possibilità a tutti di raggiungere le mete desiderate. Spero dunque per questi bambini un futuro migliore e noi, nel nostro piccolo, da future docenti speriamo di essere all'altezza di ricoprire soprattutto in questi casi il nostro ruolo nel migliore dei modi..
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    Messaggio  Marika Zobel Ven Feb 24, 2012 3:23 pm

    Gruppo formato da: Cascone Maria Assunta, Guida Antonella, Rocchetti Daniela, Traettino Angela e Zobel Marika.

    Relazione del capitolo Interventi psicoeducativi e abilitativi/riabilitativi.

    L’autismo fu studiato, per la prima volta, nel 1943 dal Dr. Leo Kanner. Egli sosteneva che i bambini autistici nascono con una incapacità congenita di stabilire contatti normali con le persone. La parola autismo ci riporta ai concetti di mutismo, isolamento e indifferenza nei confronti dell'ambiente esterno. Tuttavia non dobbiamo pensare all’autismo solo come un qualcosa di negativo, ma anche di positivo, poiché ci sono alcuni casi in cui i bambini presentano doti particolari, superiori alla norma. La medicina classifica la sindrome autistica all'interno della categoria dei Disturbi pervasivi dello sviluppo. L’autismo è un disturbo dall’esordio precoce, infatti si manifesta a partire dall’età di tre anni. Può presentarsi con un andamento cronico oppure con molte varianti all'interno dei vari quadri clinici. I principali sintomi di tale disturbo sono: le stereotipie, le crisi di panico, la non-interazione sociale, la non totale comunicazione verbale e non, le difficoltà comportamentali, la carenza dell'immaginazione e dell'imitazione. Certi sintomi possono essere riscontrabili fin dalla nascita o comparire successivamente. In ogni caso la malattia altera lo sviluppo psicologico e comportamentale, con esiti, che generalmente persistono nel corso della vita, pur con i cambiamenti che il progredire dell'età sovente comporta.
    Questo disturbo provoca, all’interno delle famiglie, trasformazioni sostanziali e difficoltà che attualmente sono attenuate dai numerosi interventi psicoeducativi e abilitativi/riabilitativi.
    Molte sono le tecniche utilizzate dagli esperti per quanto concerne la riuscita dell’integrazione dei bambini con autismo. L'attivazione emotiva con reciprocità motoria, in sigla AERC, è un protocollo educativo ideato da Zappella, in cui l’area emotiva diventa il canale preferenziale come inizio di un percorso educativo del bambino autistico alla vita sociale ed emotiva. L’AERC ritiene che il motore delle azioni è nelle motivazioni interne ed esterne, determinate nel contesto della vita della persona. L’intervento propone una modalità di rapporto faccia a faccia che aiuta ad avviare la comunicazione verbale la quale è spesso compressa. Ciò lo si attua attraverso giochi fisici come: solletico; corse; cavalluccio; vola vola; far finta di spaventare, di attaccare o di volerlo/a mangiare. Da come possiamo notare, questo tipo di intervento, è particolarmente adatto per i bambini piccoli, quali posseggono un certo grado di capacità esecutive. Per raggiungere la massima efficacia terapeutica occorre attuarlo fino ai 7 anni e con la collaborazione congiunta della famiglia, degli insegnanti e dei terapisti. Un esempio di tale intervento è il metodo TEACCH, il quale consiste in una valutazione individualizzata e in un progetto educativo tagliato su misura. È prevista la collaborazione tra i genitori e gli operatori. L’insegante competente fornisce al bambino dei programmi individualizzati, flessibili, creativi e modificabili.
    Altro intervento utile per la riabilitazione dei bambini con autismo è la Comunicazione Aumentativa e Alternativa, in sigla CAA. Esso interviene a supporto delle difficoltà nella comunicazione. Il termine “aumentativa” indica l’uso di strumenti che supportano e aumentano il linguaggio del soggetto. Il termine “alternativa” si riferisce, invece, all’uso di un certo codice come alternativa al linguaggio. La CAA si avvale di strumenti di tipo visivo iconico, come fotografie, disegni e pittogrammi. Questo tipo di Comunicazione parte dalla valutazione funzionale delle abilità del soggetto, stabilendo gli strumenti più idonei per l’individuo. L’utilizzo di questi ultimi deve essere condiviso e diffuso in tutti i contesti di vita dei bambini.
    L’applied Behavior Analysis (ABA) agisce sul comportamento per comprendere le relazioni che intercorrono fra essi e le varie condizioni esterne. È una metodologia molto articolata, essa prevede l’applicazione di precise tecniche secondo una progettazione specifica e analitica dell’intervento. Uno dei primi a utilizzare questo approccio con gli autistici è Lovaas, proponendo, nel corso degli anni, il Discrete Trial Training (DTT) o insegnamento per sessioni separate. Quest’ultimo prevede che le competenze da apprendere siano suddivise in sequenze di sotto obiettivi e proposte all’interno di attività in un rapporto uno a uno con l’adulto. I miglioramenti del bambino vengono valutati costantemente, attraverso la rilevazione dei dati. Questo metodo comporta un coinvolgimento della famiglia e una buona progettazione. Il principale obiettivo è quello di far si che il bambino acquisisca delle abilità socialmente significative e riduca quelle problematiche. Altro obiettivo fondamentale è quello di adattare e organizzare l’ambiente in modo tale che questo sia rinforzante i nuovi comportamenti appresi. Le caratteristiche principali di alcune tecniche e strategie educative, tipiche di questo approccio, sono: la task analysis; il prompting, il fading e il modellaggio.
    EMANUELA RISOLUTO
    EMANUELA RISOLUTO


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    ES.n. 1 AUTISMO (chiude 27 febbraio x esami 29 e sessione estiva) - Pagina 18 Empty Re: ES.n. 1 AUTISMO (chiude 27 febbraio x esami 29 e sessione estiva)

    Messaggio  EMANUELA RISOLUTO Ven Feb 24, 2012 4:18 pm

    TESTO:"FACCIAMO IL PUNTO SULL'AUTISMO"
    RELAZIONE SUL CAPITOLO 3 "EVOLUZIONE DEI DISTURBI DELLO SPETTRO AUTISTICO".


    Che cos'è l'autismo?

    Per autismo s'intende un disturbo pervasivo dello sviluppo che impedisce il normale sviluppo del cervello comportando
    una compromissione qualitativa dell'interazione sociale,della comunicazione e compromettendo la modalità di comportamento
    e attività ripetitive e stereotipate.
    L'autismo è uno dei disturbi psichiatrici nei quali la componente genetica ha la massima importanza.
    La Società Italiana di Neuropsichiatria dell'infanzia e dell'adolescenza definisce l'autismo come "una sindrome
    comportamentale" causata da un disordine dello sviluppo biologicamente determinato,con esordio nei primi tre anni di vita.
    Un bambino con autismo ha difficoltà di interagire con l'altro e di sviluppare le varie capacità di intersoggettività.
    Inoltre,un soggetto affetto da autismo ha difficoltà a usare codici comunicativi verbali e non verbali e,presenta un
    deficit nell'intento comunicativo.
    Questo non permette al bambino autistico di comunicare idee e sentimenti e di stabilire relazioni con gli altri,ma bensì
    di chiudersi in sè stesso.
    Su questo deficit di interazione sociale si innestano vari deficit:di produzione e ricezione verbale,nella postura,
    nell'uso dello sguardo,nella gestualità e nella mimica.
    Nella maggioranza dei casi i comportamenti di un soggetto che afferiscono allo spettro autistico sono permanenti anche
    se in alcuni casi le abilità cognitive e linguistiche possono evolversi ed andare incontro ad un miglioramento.
    Infatti,può accadere che ragazzi/e che non parlavano durante i primi anni di vita,hanno sviluppato dopo il linguaggio.
    Sigman dimostra come numerosi studi documentano l'esistenza di bambini/e che presentano sintomi di DSA nei primi anni
    della loro vita e li perdono negli anni successivi recuperando le abilità cognitive e sociali.
    Nonostante ciò,i bambini off autism,cioè che escono dall'autismo,spesso,continuano a manifestare altri sintomi
    appartenenti ad altri disturbi dello sviluppo,come il disturbo da deficit di attenzione con iperattività associato a tic
    motori e vocali.
    In questo quadro è possibile che i geni responsabili dell'autismo vengono "silenziati"da altri geni analogamente a quanto
    avviene in alcune forme di epilessia neonatale.
    L'utilizzo di interventi comportamentali facilitano il recupero delle abilità che talvolta è spontaneo.
    L'intervento facilita ma,non risponde alla complessità dell'autismo.
    La pervasività del disordine richiede l'integrazione di vari metodi;l'intervento deve essere necessariamente
    individualizzato e quindi ogni bambino/a avrà un programma abilitativo in base al livello cognitivo,all'età,al
    funzionamento neuropsicologico e ai bisogni dei familiari.
    In accordo con la famiglia,gli insegnanti ed educatori stabiliscono l'intervento che deve essere precoce,intensivo ed
    integrato;ed ancora,specifico,individualizzato e multimodale.
    Concludendo,si può affermare come attualmente sia difficile "uscire dall'autismo",che da quasi quarant'anni ha messo
    in contrasto diverse teorie che esplicano il disturbo autistico.

    EMANUELA RISOLUTO


    Valentina Fiore
    Valentina Fiore


    Messaggi : 13
    Data di iscrizione : 12.01.12

    ES.n. 1 AUTISMO (chiude 27 febbraio x esami 29 e sessione estiva) - Pagina 18 Empty Re: ES.n. 1 AUTISMO (chiude 27 febbraio x esami 29 e sessione estiva)

    Messaggio  Valentina Fiore Ven Feb 24, 2012 5:41 pm

    GRuppo formato da: Di Bennardo Mariangela e Fiore Valentina
    capitolo "La costruzione dell'alleanza delle famiglie"

    L'autismo è una psicosi infantile che vede il bambino isolato dagli altri, incapace di provare emozioni, affettività ,con un linguaggio assente o non comunicativo e una ristrettezza del repertorio delle attività.L’autistico usa l’altro soltanto per fini utilitaristici per es: un bambino prende la mano dell’altro solo perché vuole essere accompagnato ignorando la figura che gli sta vicino.Il soggetto con autismo non interagisce, non risponde se viene chiamato ed evita lo sguardo altrui.Questo comportamento genera una sofferenza per la famiglia in particolare per la figura principale cioè la madre che vive questa situazione non sapendola gestire,talvolta tende ad allontanarsi e a non saper offrire l’adeguato supporto emotivo. Durante questo periodo inoltre, sono frequenti le difficoltà nel tenere in braccio il bambino; i motivi principali sono due: da una parte il bambino appare insofferente al contatto fisico, dall'altra sembra incapace di adattare la sua postura a quella di chi lo vuole tenere in braccio. Con il passare del tempo, le problematiche a livello di interazione sociale tendono ad accentuarsi.Il bambino tende a rifuggiarsi in un mondo diverso da quello reale infatti questo atteggiamento psichico preduce delle risposte fisiche: attività motorie ripetitive come dondolarsi,girare in tondo e far ruotare oggetti continuamente..è come se volesse “anestetizzarsi”da ciò che lo circonda”.I genitori delle persone con autismo hanno perciò un compito molto difficile; da loro ci si aspetta infatti che oltre ad amare incondizionatamente i propri figli, possiedano anche competenze e abilità che permettano loro di interagire con il bambino e di risolvere i suoi problemi comportamentali. Il ricoprire questo duplice ruolo, può spesso far sentire i genitori stanchi, scoraggiati e anche negativi nei confronti degli operatori.In casi estremi la famiglia rifiuta il figlio disabile che viene relegato in un’istituzione di rieducazione;in altri essa rifiuta la malattia del proprio figlio considerandolo “normale” pretendendo che sia responsabile e come tutti gli altri.Poi ci sono anche casi di famiglie iperprotettive
    Schopler, fondatore dell’ approccio TEACCH, ritiene che un genitore sia importante nella collaborazione con gli operatori per promuovere al meglio l’intervento riabilitativo del soggetto.La tecnica si può riassumere in sei punti fondamentali:
    1. Migliorare le condizioni di vita del soggetto , potenziando le abilità esistenti e modificando l ambiente di vita.
    2. Dare un attenta valutazione di ogni individuo.
    3. Promuovere un insegnamento strutturato in grado di prevenire i comportamenti problemi.
    4. Incremento delle abilità esistenti.
    5. Rifacimento alle teorie cognitive e comportamentali che si sono dimostrate le più efficaci.
    6. Acquisizione delle abilità necessarie per affrontare l intera gamma di problemi, da parte dei genitori e degli operatori.
    Per un intervento riabilitativo ottimale oltre all’aiuto che l’operatore fornisce al disabile bisogna offrire anche un supporto alle famiglie le quali non sempre sanno come comportarsi e quindi hanno bisogno di un percorso rieducativo per evitare di commettere errori o far sì che diventino costruttivi. I genitori potranno fruire delle dimostrazioni concrete dell’operatore tramite un apprendimento per osservazione, attuando a casa quello che hanno osservato raccogliendo i risultati e valutando i feedback. Uno strumento per valutare tali risultati sono i programmi respiro che intendono offrire ai bambini, adolescenti e adulti con autismo la possibilità di trascorrere dei periodi lontani da casa, in ambienti accoglienti e strutturati che hanno come obiettivo principale l avvicinamento graduale della persona autistica a una vita sempre più autonoma e indipendente.
    Un miglioramento della vita del bambino comporterà sicuramente un miglioramento della famiglia stessa: il benessere dell’uno è indissolubile da quello dell’altra.

    Bibliografia:
    “la pedagogia clinica”
    Mariangela Di Bennardo
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    ES.n. 1 AUTISMO (chiude 27 febbraio x esami 29 e sessione estiva) - Pagina 18 Empty Re: ES.n. 1 AUTISMO (chiude 27 febbraio x esami 29 e sessione estiva)

    Messaggio  Mariangela Di Bennardo Ven Feb 24, 2012 5:44 pm

    GRuppo formato da: Di Bennardo Mariangela e Fiore Valentina
    capitolo "La costruzione dell'alleanza delle famiglie"

    L'autismo è una psicosi infantile che vede il bambino isolato dagli altri, incapace di provare emozioni, affettività ,con un linguaggio assente o non comunicativo e una ristrettezza del repertorio delle attività.L’autistico usa l’altro soltanto per fini utilitaristici per es: un bambino prende la mano dell’altro solo perché vuole essere accompagnato ignorando la figura che gli sta vicino.Il soggetto con autismo non interagisce, non risponde se viene chiamato ed evita lo sguardo altrui.Questo comportamento genera una sofferenza per la famiglia in particolare per la figura principale cioè la madre che vive questa situazione non sapendola gestire,talvolta tende ad allontanarsi e a non saper offrire l’adeguato supporto emotivo. Durante questo periodo inoltre, sono frequenti le difficoltà nel tenere in braccio il bambino; i motivi principali sono due: da una parte il bambino appare insofferente al contatto fisico, dall'altra sembra incapace di adattare la sua postura a quella di chi lo vuole tenere in braccio. Con il passare del tempo, le problematiche a livello di interazione sociale tendono ad accentuarsi.Il bambino tende a rifuggiarsi in un mondo diverso da quello reale infatti questo atteggiamento psichico preduce delle risposte fisiche: attività motorie ripetitive come dondolarsi,girare in tondo e far ruotare oggetti continuamente..è come se volesse “anestetizzarsi”da ciò che lo circonda”.I genitori delle persone con autismo hanno perciò un compito molto difficile; da loro ci si aspetta infatti che oltre ad amare incondizionatamente i propri figli, possiedano anche competenze e abilità che permettano loro di interagire con il bambino e di risolvere i suoi problemi comportamentali. Il ricoprire questo duplice ruolo, può spesso far sentire i genitori stanchi, scoraggiati e anche negativi nei confronti degli operatori.In casi estremi la famiglia rifiuta il figlio disabile che viene relegato in un’istituzione di rieducazione;in altri essa rifiuta la malattia del proprio figlio considerandolo “normale” pretendendo che sia responsabile e come tutti gli altri.Poi ci sono anche casi di famiglie iperprotettive
    Schopler, fondatore dell’ approccio TEACCH, ritiene che un genitore sia importante nella collaborazione con gli operatori per promuovere al meglio l’intervento riabilitativo del soggetto.La tecnica si può riassumere in sei punti fondamentali:
    1. Migliorare le condizioni di vita del soggetto , potenziando le abilità esistenti e modificando l ambiente di vita.
    2. Dare un attenta valutazione di ogni individuo.
    3. Promuovere un insegnamento strutturato in grado di prevenire i comportamenti problemi.
    4. Incremento delle abilità esistenti.
    5. Rifacimento alle teorie cognitive e comportamentali che si sono dimostrate le più efficaci.
    6. Acquisizione delle abilità necessarie per affrontare l intera gamma di problemi, da parte dei genitori e degli operatori.
    Per un intervento riabilitativo ottimale oltre all’aiuto che l’operatore fornisce al disabile bisogna offrire anche un supporto alle famiglie le quali non sempre sanno come comportarsi e quindi hanno bisogno di un percorso rieducativo per evitare di commettere errori o far sì che diventino costruttivi. I genitori potranno fruire delle dimostrazioni concrete dell’operatore tramite un apprendimento per osservazione, attuando a casa quello che hanno osservato raccogliendo i risultati e valutando i feedback. Uno strumento per valutare tali risultati sono i programmi respiro che intendono offrire ai bambini, adolescenti e adulti con autismo la possibilità di trascorrere dei periodi lontani da casa, in ambienti accoglienti e strutturati che hanno come obiettivo principale l avvicinamento graduale della persona autistica a una vita sempre più autonoma e indipendente.
    Un miglioramento della vita del bambino comporterà sicuramente un miglioramento della famiglia stessa: il benessere dell’uno è indissolubile da quello dell’altra.

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    Messaggio  Antonella Mastropietro Ven Feb 24, 2012 6:15 pm

    Gruppo composto da
    Antonella Mastropietro
    Francesca Rivetti

    Relazione su capitolo 2, "Interventi psicoeducativi e abilitativi/riabilitativi", testo "Facciamo il punto su l'autismo".

    Diversi e molteplici sono gli interventi psicoeducativi e abilitativi/riabilitativi che sono applicati nei confronti dei soggetti autistici in quanto derivano da cornici toriche sostanzialmente differenti. In virtù di ciò, abbiamo ritenuto necessario analizzarli nella totalità cercando di evidenziarne i punti cardini attraverso un occhi analitico ma, allo stesso tempo, critico.
    Una metodologia che mette al centro il bambino nella sua interezza valorizzando i suoi interessi e desideri è l’ AERC/Attivazione Emotiva con Reciprocità Corporea la quale ha il grande pregio di aver, per prima, sottolineato l’importanza della reciprocità all’interno dell’intervento terapeutico. Questo metodo etodinamico, fu presentato da Michele Zappella, dopo un lungo periodo di esperienze e di studi, nel 1996 col testo “Autismo infantile. Studi sull’affettività e le emozioni” nel quale afferma che, se i bambini “sani”, sin dalla nascita, stabiliscono delle modalità di relazione con l’adulto attraverso il guardarsi, il rispettare il turno e il condividere i medesimi significati per gli stessi messaggi, i bambini autistici non sono in grado di utilizzare queste modalità “spontanee”. L’AERC quindi fa leva proprio sulle motivazioni, interne ed esterne, per favorire la creazione di sempre nuove modalità di scambio (reciprocità) da parte dell’adulto attraverso una relazione faccia a faccia che può essere di grande aiuto anche nello sviluppo della comunicazione verbale quando risulta assente o molto ridotta. Il trattamento vero e proprio implica la messa in atto, da parte del terapeuta, di un processo interattivo molto intenso col bambino basato sull’attivazione emotiva e a cui devono assistere e partecipare anche i genitori. Non solo la famiglia ma anche la scuola assume un ruolo fondamentale in quanto rappresenta il luogo di scambio e comunicazione del bambino con i suoi compagni; per tale motivo la collaborazione tra questi tre organi (terapista, famiglia e scuola) è indispensabile per la buona riuscita dell’intervento. Quest’ultimo può essere anche strutturato nel senso che vengono prese in considerazione delle specifiche fasi che si propongono di raggiungere dei determinati obiettivi sebbene siano sempre in continua revisione al fine di rispondere alle mutevoli esigenze dei soggetti.
    In virtù della compromissione della comunicazione che limita la possibilità d’interazione, può essere positivo l’utilizzo della Comunicazione Aumentativa e Alternativa cioè di una pratica clinico – educativa che cerca di compensare le disabilità attraverso il potenziamento delle abilità, delle modalità naturali e l’uso di modalità speciali. Nasce negli anni ‘70 nei paesi anglosassoni, in nord Europa e in nord America ma giunge in Italia molti anni dopo infatti è da poco che ha suscitato un reale interesse nella nostro nazione. La CAA è diretta sia a coloro nei quali il linguaggio verbale è presente ma in maniera limitata sia a coloro che ne mancano totalmente. Per tale motivo essa è definita rispettivamente “aumentativa”, in quanto incrementa le possibilità comunicative naturali sia di tipo verbale che non verbale, e “altenativa”, perché stimola lo sviluppo di un “nuove codice” al posto del linguaggio “tradizionale” favorendo la partecipazione ai contesti di vita quotidiani. Il partner comunicativo (genitore, insegnante, operatore) affianca , al proprio linguaggio, strumenti di tipo visivo iconico, definito low tech (a bassa tecnologia) come fotografie, disegni e pittogrammi, e, allo stesso tempo, gesti e segni convenzionali. Tra le strategie utilizzate nell’ambito della Comunicazione Aumentativa Alternativa, vi ritroviamo : il PECS (Picture Exchange Communication System) cioè un programma di intervento comportamentale che parte dall’insegnamento della richiesta attraverso lo scambio di un’immagine con l’oggetto (per esempio un cibo o un gioco) corrispondente; i VOCAausili cioè ausili elettronici con particolari caratteristiche quali la portabilità e l’uscita in voce dei messaggi che diventano, in questo modo, la vera e propria voce dei bambini autistici; la comunicazione facilitata che consiste nello sviluppo di abilità comunicative attraverso il sostegno di un partner o facilitatore il quale fornisce al soggetto facilitato un supporto fisico ma soprattutto emotivo.
    Un’altra tipologia di interventi psicoeducativi che vengono messi in pratica sono quelli di stampo cognitivo-comportamentale cioè quelli che analizzano il comportamento e seguono gli approcci che ne chiariscono le caratteristiche nei specifici contesti di vita. Tra questi, è degno di nota l’Applied Behavior Analysis (ABA) che si propone come una tecnica fondata sull’osservazione e la registrazione del comportamento fornendo così la base di partenza per la progettazione ed attuazione di interventi per il cambiamento di comportamenti inadeguati e l’apprendimento di nuove abilità. Il principio centrale è quello di rinforzo: la frequenza e la forma di un determinato comportamento possono essere influenzate da ciò che accade prima o dopo il comportamento stesso. Il principio del rinforzo e le tecniche comportamentali (shaping, chaining, fading, ecc.) possono essere utilizzati per incrementare o ridurre determinati comportamenti, sviluppare e consolidare nuovi apprendimenti. Inizialmente non era diretto specificatamente ai soggetti autistici ma alla fine degli anni ’60, fu Ivary Lovaas ad indirizzare questo approccio nei loro confronti fino ad elaborare il Discrete Trial Training o Insegnamento per sessioni separate. Il DTT è una procedura di insegnamento che prevede la suddivisione in sequenze di competenze che si vogliono far apprendere e che poi vengono valutate attraverso rilevazioni costanti e precise. A differenza delle metodologie trattate precedentemente, questa è stata oggetto di molte critiche a causa del carattere “artificioso” di queste tecniche che rendevano difficile l’applicazione delle abilità apprese nei contesti di vita quotidiana. Per Tale motivo , infatti, gli approcci neocomportamentali hanno cercato di ovviare a tale “inconveniente” stabilendo una più forte continuità tra tutti gli ambienti di vita del soggetto.
    Un ultimo programma di intervento che verra trattato in questa relazione è il Denver Model, un modello di presa in carico per bambini con disturbi dello spettro autistico in età prescolare, promosso dagli inizi degli anni Ottanta da Sally Rogers. L’attenzione è posta al potenziamento della abilità di interazione sociale con “l’altro”: la famiglia diviene parte attiva del programma di intervento che viene personalizzato in base alle esigenze specifiche. Viene richiesto inoltre un approccio interdisciplinare in quanto il disturbo colpisce praticamente tutte le aree del funzionamento dell’individuo e quindi la rete di supporto che si deve venire a creare ha come cardini la famiglia, la scuola e il terapeuta nonché la comunità sociale nel quale il bambino vive. Sebbene siano necessari interventi strutturali di cospicua durata per ottenere risultati soddisfacenti, il gioco è considerato uno delle modalità migliori per incrementare l’apprendimento cognitivo e sociale. Si tratta di un modello basato sull’"approccio evolutivo" in cui l’intervento è centrato sul bambino per favorire la sua iniziativa, la sua motivazione e la sua partecipazione difatti rilevante non è soltanto l’aspetto performante del bambino ma la preparazione al “mondo reale” affinché possa essere parte attiva nella sua comunità.
    Tra tutte le metodologie qui esposte, riteniamo che quest’ultima risulta la più efficace perché va a valorizzare fortemente le figure familiari che affiancano il bambino autistico valorizzando la relazione che sussiste tra di loro. Inoltre il Denver Model mira all’indipendenza, all’autonomia, che pensiamo siano i primi ma significativi obiettivi che bisogno raggiungere in quanto è proprio la compromissione in questa sfera a rendere così difficile la vita del bambino autistico.

    Bibliografia:
    "Facciamo il punto su l'autismo"
    www.specialeautismo.it
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    ES.n. 1 AUTISMO (chiude 27 febbraio x esami 29 e sessione estiva) - Pagina 18 Empty Re: ES.n. 1 AUTISMO (chiude 27 febbraio x esami 29 e sessione estiva)

    Messaggio  Francesca Rivetti Ven Feb 24, 2012 6:16 pm

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    Relazione su capitolo 2, "Interventi psicoeducativi e abilitativi/riabilitativi", testo "Facciamo il punto su l'autismo".

    Diversi e molteplici sono gli interventi psicoeducativi e abilitativi/riabilitativi che sono applicati nei confronti dei soggetti autistici in quanto derivano da cornici toriche sostanzialmente differenti. In virtù di ciò, abbiamo ritenuto necessario analizzarli nella totalità cercando di evidenziarne i punti cardini attraverso un occhi analitico ma, allo stesso tempo, critico.
    Una metodologia che mette al centro il bambino nella sua interezza valorizzando i suoi interessi e desideri è l’ AERC/Attivazione Emotiva con Reciprocità Corporea la quale ha il grande pregio di aver, per prima, sottolineato l’importanza della reciprocità all’interno dell’intervento terapeutico. Questo metodo etodinamico, fu presentato da Michele Zappella, dopo un lungo periodo di esperienze e di studi, nel 1996 col testo “Autismo infantile. Studi sull’affettività e le emozioni” nel quale afferma che, se i bambini “sani”, sin dalla nascita, stabiliscono delle modalità di relazione con l’adulto attraverso il guardarsi, il rispettare il turno e il condividere i medesimi significati per gli stessi messaggi, i bambini autistici non sono in grado di utilizzare queste modalità “spontanee”. L’AERC quindi fa leva proprio sulle motivazioni, interne ed esterne, per favorire la creazione di sempre nuove modalità di scambio (reciprocità) da parte dell’adulto attraverso una relazione faccia a faccia che può essere di grande aiuto anche nello sviluppo della comunicazione verbale quando risulta assente o molto ridotta. Il trattamento vero e proprio implica la messa in atto, da parte del terapeuta, di un processo interattivo molto intenso col bambino basato sull’attivazione emotiva e a cui devono assistere e partecipare anche i genitori. Non solo la famiglia ma anche la scuola assume un ruolo fondamentale in quanto rappresenta il luogo di scambio e comunicazione del bambino con i suoi compagni; per tale motivo la collaborazione tra questi tre organi (terapista, famiglia e scuola) è indispensabile per la buona riuscita dell’intervento. Quest’ultimo può essere anche strutturato nel senso che vengono prese in considerazione delle specifiche fasi che si propongono di raggiungere dei determinati obiettivi sebbene siano sempre in continua revisione al fine di rispondere alle mutevoli esigenze dei soggetti.
    In virtù della compromissione della comunicazione che limita la possibilità d’interazione, può essere positivo l’utilizzo della Comunicazione Aumentativa e Alternativa cioè di una pratica clinico – educativa che cerca di compensare le disabilità attraverso il potenziamento delle abilità, delle modalità naturali e l’uso di modalità speciali. Nasce negli anni ‘70 nei paesi anglosassoni, in nord Europa e in nord America ma giunge in Italia molti anni dopo infatti è da poco che ha suscitato un reale interesse nella nostro nazione. La CAA è diretta sia a coloro nei quali il linguaggio verbale è presente ma in maniera limitata sia a coloro che ne mancano totalmente. Per tale motivo essa è definita rispettivamente “aumentativa”, in quanto incrementa le possibilità comunicative naturali sia di tipo verbale che non verbale, e “altenativa”, perché stimola lo sviluppo di un “nuove codice” al posto del linguaggio “tradizionale” favorendo la partecipazione ai contesti di vita quotidiani. Il partner comunicativo (genitore, insegnante, operatore) affianca , al proprio linguaggio, strumenti di tipo visivo iconico, definito low tech (a bassa tecnologia) come fotografie, disegni e pittogrammi, e, allo stesso tempo, gesti e segni convenzionali. Tra le strategie utilizzate nell’ambito della Comunicazione Aumentativa Alternativa, vi ritroviamo : il PECS (Picture Exchange Communication System) cioè un programma di intervento comportamentale che parte dall’insegnamento della richiesta attraverso lo scambio di un’immagine con l’oggetto (per esempio un cibo o un gioco) corrispondente; i VOCAausili cioè ausili elettronici con particolari caratteristiche quali la portabilità e l’uscita in voce dei messaggi che diventano, in questo modo, la vera e propria voce dei bambini autistici; la comunicazione facilitata che consiste nello sviluppo di abilità comunicative attraverso il sostegno di un partner o facilitatore il quale fornisce al soggetto facilitato un supporto fisico ma soprattutto emotivo.
    Un’altra tipologia di interventi psicoeducativi che vengono messi in pratica sono quelli di stampo cognitivo-comportamentale cioè quelli che analizzano il comportamento e seguono gli approcci che ne chiariscono le caratteristiche nei specifici contesti di vita. Tra questi, è degno di nota l’Applied Behavior Analysis (ABA) che si propone come una tecnica fondata sull’osservazione e la registrazione del comportamento fornendo così la base di partenza per la progettazione ed attuazione di interventi per il cambiamento di comportamenti inadeguati e l’apprendimento di nuove abilità. Il principio centrale è quello di rinforzo: la frequenza e la forma di un determinato comportamento possono essere influenzate da ciò che accade prima o dopo il comportamento stesso. Il principio del rinforzo e le tecniche comportamentali (shaping, chaining, fading, ecc.) possono essere utilizzati per incrementare o ridurre determinati comportamenti, sviluppare e consolidare nuovi apprendimenti. Inizialmente non era diretto specificatamente ai soggetti autistici ma alla fine degli anni ’60, fu Ivary Lovaas ad indirizzare questo approccio nei loro confronti fino ad elaborare il Discrete Trial Training o Insegnamento per sessioni separate. Il DTT è una procedura di insegnamento che prevede la suddivisione in sequenze di competenze che si vogliono far apprendere e che poi vengono valutate attraverso rilevazioni costanti e precise. A differenza delle metodologie trattate precedentemente, questa è stata oggetto di molte critiche a causa del carattere “artificioso” di queste tecniche che rendevano difficile l’applicazione delle abilità apprese nei contesti di vita quotidiana. Per Tale motivo , infatti, gli approcci neocomportamentali hanno cercato di ovviare a tale “inconveniente” stabilendo una più forte continuità tra tutti gli ambienti di vita del soggetto.
    Un ultimo programma di intervento che verra trattato in questa relazione è il Denver Model, un modello di presa in carico per bambini con disturbi dello spettro autistico in età prescolare, promosso dagli inizi degli anni Ottanta da Sally Rogers. L’attenzione è posta al potenziamento della abilità di interazione sociale con “l’altro”: la famiglia diviene parte attiva del programma di intervento che viene personalizzato in base alle esigenze specifiche. Viene richiesto inoltre un approccio interdisciplinare in quanto il disturbo colpisce praticamente tutte le aree del funzionamento dell’individuo e quindi la rete di supporto che si deve venire a creare ha come cardini la famiglia, la scuola e il terapeuta nonché la comunità sociale nel quale il bambino vive. Sebbene siano necessari interventi strutturali di cospicua durata per ottenere risultati soddisfacenti, il gioco è considerato uno delle modalità migliori per incrementare l’apprendimento cognitivo e sociale. Si tratta di un modello basato sull’"approccio evolutivo" in cui l’intervento è centrato sul bambino per favorire la sua iniziativa, la sua motivazione e la sua partecipazione difatti rilevante non è soltanto l’aspetto performante del bambino ma la preparazione al “mondo reale” affinché possa essere parte attiva nella sua comunità.
    Tra tutte le metodologie qui esposte, riteniamo che quest’ultima risulta la più efficace perché va a valorizzare fortemente le figure familiari che affiancano il bambino autistico valorizzando la relazione che sussiste tra di loro. Inoltre il Denver Model mira all’indipendenza, all’autonomia, che pensiamo siano i primi ma significativi obiettivi che bisogno raggiungere in quanto è proprio la compromissione in questa sfera a rendere così difficile la vita del bambino autistico.

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    ES.n. 1 AUTISMO (chiude 27 febbraio x esami 29 e sessione estiva) - Pagina 18 Empty Le cause dell'autismo e le sue basi biologiche, lo screening precoce, la diagnosi.

    Messaggio  Ilaria Silletti Ven Feb 24, 2012 7:23 pm

    Cos'è l'autismo? L'autismo è definibile come un disturbo dello sviluppo mentale dovuto ad una patologia dell’ontogenesi del sistema nervoso centrale che comporta una compromissione dell’interazione sociale, della comunicazione e delle modalità di comportamento, è un disturbo evolutivo o pervasivo dello sviluppo che può essere osservato fin dall’infanzia, in quanto compare molto precocemente nel bambino, già da prima dei tre anni di vita. L’autismo è caratterizzato da evidenti alterazioni nella sfera comportamentale e biologica che variano ampiamente a seconda del livello di sviluppo e dell'età cronologica del soggetto. Secondo il DSM IV, il disturbo autistico è rappresentato dalle seguenti caratteristiche: la presenza di uno sviluppo anomalo o deficitario dell'interazione sociale e della comunicazione; una notevole ristrettezza del repertorio di attività e di interessi; la presenza di comportamenti ripetitivi e stereotipati. Inoltre il 70% dei soggetti autistici presenta anche ritardo mentale, che può essere lieve, medio o grave.
    A caratterizzare la sindrome autistica c'è anche il fattore di concomitanza con altre patologie, molto spesso infatti l'autismo è accompagnato da iperattività, impulsività, aggressività, scarso controllo dell'attenzione sostenuta, atteggiamenti autolesivi, attacchi di rabbia, ipersensibilità ai suoni o all'essere toccato, reazioni spropositate alla luce o agli odori.
    Dobbiamo dire che ancora oggi risulta poco chiara l’eziologia e la patogenesi, infatti la stessa denominazione più accettata di disturbo dello sviluppo psichico, è vaga ed imprecisa.
    Sull'origine della sindrome autistica all'interno della teoria eziologica ci sono diverse correnti di pensiero che assegnano importanza ai diversi fattori, ovverosia sociali e relazionali, genetici biologici e ambientali.
    Secondo coloro che attribuiscono importanza ai fattori genetici e biologici il disturbo autistico avrebbe un’eziologia genetica ovvero sarebbe causato da un’anomalia nella combinazione genetica; secondo la prospettiva sociale il disturbo autistico si innesterebbe su una base biologica “sana” ed emergerebbe a seguito di un’esposizione ad un ambiente psicologico “povero”, oltre che ad un ambiente educativo inadeguato e sfavorevole che non permetterebbe uno sviluppo integro e completo del soggetto; ci sono poi le teorie che attribuiscono importanza ai fattori ambientali,tali teorie ipotizzano l'insorgenza di nuovi fattori capaci di innescare una sindrome autistica, fattori non solo e non più di tipo genetico, ma in grado di agire a livello prenatale già durante la gestazione.
    Benché la sindrome autistica sia oggi più conosciuta rispetto al passato, vi sono molti bambini ai quali la malattia viene diagnosticata con un certo ritardo.Le scarse conoscenze sulle basi neurofisiologiche dell'autismo fanno sì che l'approccio farmacologico a questa patologia sia ancora principalmente sintomatico, volto a favorire comportamenti più adeguati e socialmente accettabili.
    Per quanto riguarda la diagnosi essa si formula solo attraverso l’osservazione dei comportamenti. I due sistemi di classificazione più utilizzati sono il DSM-IV-TR e l’ICD-10. La scala che risulta maggiormente efficace nell'identificare precocemente il disturbo autistico è la scala CARS (Childhood Autism Rating Scale) 3, adatta ai bambini di età uguale o superiore ai due anni. Tale scala individua un punteggio che varia da 15 ad un massimo di 60; il punteggio di 30, rappresenta il cut-off di demarcazione per la presenza di comportamenti problematici.

    Ilaria Silletti, Maria Santoro, Cinzia Quartulli
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    maracascone


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    ES.n. 1 AUTISMO (chiude 27 febbraio x esami 29 e sessione estiva) - Pagina 18 Empty Re: ES.n. 1 AUTISMO (chiude 27 febbraio x esami 29 e sessione estiva)

    Messaggio  maracascone Sab Feb 25, 2012 10:50 am

    Gruppo formato da: Cascone Maria Assunta, Guida Antonella, Rocchetti Daniela, Traettino Angela e Zobel Marika.

    Relazione del capitolo Interventi psicoeducativi e abilitativi/riabilitativi.

    L’autismo fu studiato, per la prima volta, nel 1943 dal Dr. Leo Kanner. Egli sosteneva che i bambini autistici nascono con una incapacità congenita di stabilire contatti normali con le persone. La parola autismo ci riporta ai concetti di mutismo, isolamento e indifferenza nei confronti dell'ambiente esterno. Tuttavia non dobbiamo pensare all’autismo solo come un qualcosa di negativo, ma anche di positivo, poiché ci sono alcuni casi in cui i bambini presentano doti particolari, superiori alla norma. La medicina classifica la sindrome autistica all'interno della categoria dei Disturbi pervasivi dello sviluppo. L’autismo è un disturbo dall’esordio precoce, infatti si manifesta a partire dall’età di tre anni. Può presentarsi con un andamento cronico oppure con molte varianti all'interno dei vari quadri clinici. I principali sintomi di tale disturbo sono: le stereotipie, le crisi di panico, la non-interazione sociale, la non totale comunicazione verbale e non, le difficoltà comportamentali, la carenza dell'immaginazione e dell'imitazione. Certi sintomi possono essere riscontrabili fin dalla nascita o comparire successivamente. In ogni caso la malattia altera lo sviluppo psicologico e comportamentale, con esiti, che generalmente persistono nel corso della vita, pur con i cambiamenti che il progredire dell'età sovente comporta. 
    Questo disturbo provoca, all’interno delle famiglie, trasformazioni sostanziali e difficoltà che attualmente sono attenuate dai numerosi interventi psicoeducativi e abilitativi/riabilitativi.
    Molte sono le tecniche utilizzate dagli esperti per quanto concerne la riuscita dell’integrazione dei bambini con autismo. L'attivazione emotiva con reciprocità motoria, in sigla AERC, è un protocollo educativo ideato da Zappella, in cui l’area emotiva diventa il canale preferenziale come inizio di un percorso educativo del bambino autistico alla vita sociale ed emotiva. L’AERC ritiene che il motore delle azioni è nelle motivazioni interne ed esterne, determinate nel contesto della vita della persona. L’intervento propone una modalità di rapporto faccia a faccia che aiuta ad avviare la comunicazione verbale la quale è spesso compressa. Ciò lo si attua attraverso giochi fisici come: solletico; corse; cavalluccio; vola vola; far finta di spaventare, di attaccare o di volerlo/a mangiare. Da come possiamo notare, questo tipo di intervento, è particolarmente adatto per i bambini piccoli, quali posseggono un certo grado di capacità esecutive. Per raggiungere la massima efficacia terapeutica occorre attuarlo fino ai 7 anni e con la collaborazione congiunta della famiglia, degli insegnanti e dei terapisti. Un esempio di tale intervento è il metodo TEACCH, il quale consiste in una valutazione individualizzata e in un progetto educativo tagliato su misura. È prevista la collaborazione tra i genitori e gli operatori. L’insegante competente fornisce al bambino dei programmi individualizzati, flessibili, creativi e modificabili. 
    Altro intervento utile per la riabilitazione dei bambini con autismo è la Comunicazione Aumentativa e Alternativa, in sigla CAA. Esso interviene a supporto delle difficoltà nella comunicazione. Il termine “aumentativa” indica l’uso di strumenti che supportano e aumentano il linguaggio del soggetto. Il termine “alternativa” si riferisce, invece, all’uso di un certo codice come alternativa al linguaggio. La CAA si avvale di strumenti di tipo visivo iconico, come fotografie, disegni e pittogrammi. Questo tipo di Comunicazione parte dalla valutazione funzionale delle abilità del soggetto, stabilendo gli strumenti più idonei per l’individuo. L’utilizzo di questi ultimi deve essere condiviso e diffuso in tutti i contesti di vita dei bambini. 
    L’applied Behavior Analysis (ABA) agisce sul comportamento per comprendere le relazioni che intercorrono fra essi e le varie condizioni esterne. È una metodologia molto articolata, essa prevede l’applicazione di precise tecniche secondo una progettazione specifica e analitica dell’intervento. Uno dei primi a utilizzare questo approccio con gli autistici è Lovaas, proponendo, nel corso degli anni, il Discrete Trial Training (DTT) o insegnamento per sessioni separate. Quest’ultimo prevede che le competenze da apprendere siano suddivise in sequenze di sotto obiettivi e proposte all’interno di attività in un rapporto uno a uno con l’adulto. I miglioramenti del bambino vengono valutati costantemente, attraverso la rilevazione dei dati. Questo metodo comporta un coinvolgimento della famiglia e una buona progettazione. Il principale obiettivo è quello di far si che il bambino acquisisca delle abilità socialmente significative e riduca quelle problematiche. Altro obiettivo fondamentale è quello di adattare e organizzare l’ambiente in modo tale che questo sia rinforzante i nuovi comportamenti appresi. Le caratteristiche principali di alcune tecniche e strategie educative, tipiche di questo approccio, sono: la task analysis; il prompting, il fading e il modellaggio.
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    ES.n. 1 AUTISMO (chiude 27 febbraio x esami 29 e sessione estiva) - Pagina 18 Empty Facciamo il punto sull'autismo, cap. 1 - Le cause dell'autismo e le sue basi biologiche, lo screening precoce, la diagnosi.

    Messaggio  robertariccio Dom Feb 26, 2012 10:50 am

    L’autismo è un disturbo pervasivo dello sviluppo, caratterizzato dalla compromissione grave e generalizzata in diverse aree dello sviluppo, e più precisamente nella capacità di interazione sociale, capacità di comunicazione e presenza di comportamenti, interessi e attività stereotipate. Nel disturbo autistico l’esordio delle alterazioni funzionali relative all’ interazione sociale, al linguaggio e al gioco simbolico avviene tipicamente prima dei tre anni. Studi recenti hanno confermato un ruolo importante svolto dall’ereditarietà nel determinare tale disturbo. Si è osservato che:
    • i gemelli omozigoti hanno maggiore probabilità rispetto ai gemelli eterozigoti di essere entrambi affetti da autismo;
    • esiste un rischio maggiore per i genitori che hanno un figlio autistico avere un altro bambino affetto dal medesimo disturbo;
    • i fratelli di soggetti con DSA possono mostrare disturbi comportamentali in uno solo dei tre gruppi di sintomi della triade, ognuno dei quali è ereditabile;
    • alcune condizioni patologiche a trasmissione genetica come la sindrome dell’X Fragile e la sclerosi tuberosa si presentano associate all’autismo.
    I fattori ambientali costituiscono solo una piccola percentuale delle cause dell’autismo tra questi troviamo:
    • affezioni mediche interessanti la madre nel periodo della gravidanza;
    • patologie perinatali;
    • Situazione di estrema deprivazione a esordio precocissimo.
    Dagli studi morfologici del sistema nervoso tramite tecniche quali : TAC, RM funzionale, PET, si sono evidenziate anomalie in diverse strutture cerebrali come il cervelletto, lobo frontale, sistema limbico con particolare riferimento all’amigdala e all’ippocampo. Da questi studi è emerso che la neuropatologia dell’autismo può avere una sua evoluzione nel tempo, infatti si è visto che le alterazioni neurologiche variano con l’età. Una bassa connessione fra aree cerebrali distanti e un’eccessiva iperconnessione all’interno di aree limitate, spiegherebbe l’assunzione da parte di bambini con autismo di comportamenti stereotipati e ripetitivi.
    Alcuni studi legati all’elettroencefalografia affermano che i disturbi dell’autismo sarebbero causati da un’ipoattivazione dei neuroni specchio, ovvero quel gruppo di neuroni che si attivano sia quando viene compiuta un’azione, sia quando si osserva la stessa azione compiuta da un’altra persona. Questi neuroni hanno un ruolo fondamentale per quanto riguarda le relazioni sociali, in quanto permettono a un individuo di rivivere in se stesso gli stati mentali di chi ha di fronte come se fossero suoi (empatia). Gli studi condotti hanno evidenziato che le azioni a contenuto emotivo sono strettamente legate a queste dinamiche. Non si sta parlando di una meta-rappresentazione di ciò che vediamo fare all’altro, ma noi ripetiamo realmente nei nostri circuiti cerebrali quell’azione. Quando osserviamo una manifestazione emotiva in una persona, non ci limitiamo a immaginare cosa possa provare una persona, ma proviamo le stesse cose nel nostro proprio corpo. Questa teoria è in grado di spiegare che le difficoltà di un bambino con autismo nel relazionarsi con gli altri sono legate a un’incapacità nel comprendere le intenzioni sottostanti le azioni altrui.
    L’identificazione precoce dell’autismo rappresenta una sfida importante poiché è possibile effettuare interventi mirati ad un’età dove alcuni processi di sviluppo possono essere ancora modificati.
    Nonostante la maggioranza degli specialisti sia concorde nell’affermare che è possibile formulare una diagnosi certa già all’età di 2 anni, oggi l’accertamento di questo disturbo dello sviluppo viene ancora formulato ad un’età di circa 4-5 anni, dopo due anni di ritardo rispetto alle prime manifestazioni sintomatologiche. Per questo motivo si ritiene di fondamentale importanza informare e sensibilizzare le famiglie, i pediatri e anche gli operatori di asilo nido nei confronti degli indicatori comunicativo-relazionali, utili per un screening precoce. Si tratta di aree di “sorveglianza” sullo sviluppo rispetto alle quali è possibile individuare anomalie del comportamento del bambino. La aree prese in considerazioni sono: lo sviluppo sociale, lo sviluppo della comunicazione verbale e non verbale, il modo di comportarsi. All’interno di ciascuna area di sorveglianza è possibile quindi individuare una serie di segnali osservabili dai genitori di bambini a cui molto probabilmente verrà diagnosticato un disturbo dello spettro autistico.
    1. Indicatori per uno screening veloce all’interno dell’area dello sviluppo sociale: il bambino ha uno sguardo sfuggente, non sorride quando gli si sorride, mostra disinteresse per l’altro o per un oggetto che gli viene indicato e non risponde quando lo si chiama per nome.
    2. Indicatori per uno screening veloce all’interno dell’area del linguaggio verbale e non verbale: assenza di lallazione e di gesti come, indicare, fare “ciao” e mostrare; assenza di parole singole, dopo i 16 mesi; l’assenza di associazione spontanee di due parole, dopo i 24 mesi; la perdita di competenze già acquisite nelle aree della comunicazione.
    3. Indicatori per uno screening veloce all’interno dell’area dei modi di comportarsi: il bambino utilizza i giocattoli in maniera non appropriata, li esplora odorandoli e leccandoli, si impegna in attività ripetitive, manifesta reazioni atipiche a suoni o ad altre stimolazioni sensoriali, mostra anomalie motorie e posturali, si mostra insensibile a ustioni o contusioni, ha esplosioni di ira immotivate, è iperattivo e ha atteggiamenti poco collaborativi e ribelli.
    I pediatri sono i primi specialisti a essere contattati, quando la famiglia comincia a preoccuparsi perché nota nel comportamento del proprio figlio anomalie che fanno riferimento ai segnali di cui abbiamo appena parlato. Pertanto ritengo inconcepibile che uno specialista come un pediatra non sia in grado di riconoscere alcuni segnali come possibili indicatori di un disturbo autistico. Se intervenendo precocemente, si può garantire al bambino una qualità di vita migliore, allora è responsabilità di chi si occupa della sua salute fare tutto il possibile perché questo accada .
    È importante specificare che fare uno screening precoce non equivale a formulare una diagnosi completa. La diagnosi viene elaborata successivamente sulla base di criteri esclusivamente comportamentali. Non esistono infatti, indagini di laboratorio e strumenti che possano confermare un sospetto clinico. Per questo motivo è necessario adottare procedure diagnostiche altamente standardizzate e validate a livello internazionale. I criteri diagnostici dei due sistemi di classificazione più utilizzati sono: il Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders-Text Revision (DSM-IV-TR) ( APA, 2OO2 ) e icd-10( OMS,1992).
    Entrambi i criteri individuano tre aree di compromissione:
    • l’interazione sociale;
    • la comunicazione verbale e non verbale;
    • modelli di comportamenti, interessi e attività ristretti, ripetitivi e stereotipati.
    La diagnosi si effettua osservando e rintracciando le caratteristiche comportamentali di un bambino nei vari contesti di vita e in tempi diversi, per questo la collaborazione tra operatori sanitari, familiari ed educatori è di fondamentale importanza. Oltre all’uso di strumenti diagnostici e di scale e schede di osservazione è necessario per una buona diagnosi, effettuare una serie di osservazioni dirette e sistematiche indipendenti che supportino i risultati di tali strumenti.
    Una diagnosi completa è in grado di riconoscere e distinguere il disturbo autistico all’interno di un più ampio gruppo di disturbi definiti come Disturbi Pervasivi Dello Sviluppo. Si tratta di categorie che pur condividendo con il disturbo autistico alcune caratteristiche, se ne differenziano per altre. In particolare facciamo riferimento a:
    • Disturbo di Asperger;
    • Disturbo Di Rett;
    • Disturbo disintegrativo della fanciullezza;
    • Disturbo pervasivo dello sviluppo non altrimenti specificato.
    Il Disturbo di Asperger si differenzia dall’autismo per una minore compromissione dell’interazione sociale, per l’assenza di ritardo cognitivo e per un livello linguistico nei limiti della norma.
    Il Disturbo di Rett presenta un quadro clinico molto simile al disturbo autistico ma è un disturbo neurodegenerativo con eziologia definita.
    Il disturbo disintegrativo della fanciullezza presenta caratteristiche tipiche del disturbo autistico, ma se ne differenzia per le modalità di esordio.
    Il Disturbo Pervasivo dello Sviluppo non altrimenti specificato presenta una sintomatologia più lieve all’interno delle tre aree di compromissione del disturbo autistico, oppure i sintomi possono riguardare soltanto due di quelle aree.
    Altri aspetti spesso osservati nella diagnosi del disturbo autistico sono:
    1. Iposensibilità al dolore;
    2. Comportamenti di tipo autolesionistico;
    3. Isole di abilità eccezionalmente sviluppate nell’ambito visivo-grafico, numerico e della memoria verbale.
    La diagnosi clinica è il presupposto affinché si possa elaborare successivamente una corretta diagnosi funzionale e sulla base di questa è possibile poi progettare interventi educativi qualitativi e significativi. La diagnosi funzionale a differenza della diagnosi clinica non si pone il problema di riconoscere una sindrome, ma cerca di descrivere il funzionamento reale e attuale di un soggetto nei suoi vari ambiti, ritenendo di fondamentale importanza il ruolo del contesto come fattore barrierante o di facilitatore; inoltre cerca di comprendere a fondo questo funzionamento, mettendo in relazione reciproca fattori biologici con fattori psicologici e sociali. Rappresenta un bilancio esaustivo delle competenze del soggetto, finalizzato a individuare non solo le sue obiettive difficoltà, ma soprattutto le sue capacità residue, classi di competenze e abilità che stanno accanto a quelle inizialmente valutate.
    Tutto ciò ha lo scopo di assicurare un'adeguata crescita del soggetto, affinché possa integrarsi e partecipare attivamente nella società in cui è inserito.

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    ES.n. 1 AUTISMO (chiude 27 febbraio x esami 29 e sessione estiva) - Pagina 18 Empty Re: ES.n. 1 AUTISMO (chiude 27 febbraio x esami 29 e sessione estiva)

    Messaggio  Oliva Margherita Dom Feb 26, 2012 7:34 pm

    Margherita Oliva
    La costruzione dell'alleanza con la famiglia.

    L'autismo (originariamente chiamato Sindrome di Kanner) è considerato dalla comunità scientifica internazionale un disturbo pervasivo della funzione cerebrale che va da un livello moderato a grave. La persona affetta da tale patologia mostra una marcata diminuzione dell'interazione sociale e della comunicazione(tende a mostrarsi impermeabile ai richiamie ai sentimenti, sfugge al contatto visivo). Vista la complessità della sindrome e della sua sintomatologia si parla piuttosto di Disturbi dello Spettro Autistico.
    La sindrome si manifesta principalmente nei soggetti maschi.
    Le cause di tale manifestazionerimangono ancora sconosciute. A tal proposita , una constatazione da farsi è che l'autismo è a volte associato a vari disturbi che alterano il Sistema Nervoso Centrale(sindrome da x fragile,sindrome di Rett ecc.) tutti riconducibili ad una alterazione dei normali meccanismi fisiologici espressi dal gene FMR-1.
    L'ipotesi più avvalorata riguardo la causa dell'autismo, è quella multifattoriale con elementi genetici ed ambientali al contempo. Per alcuni decenni, una errata ipotesi ha portato ad attribuire ad un inadeguato rapporto con la madre(frigorifero) la causa dell'autismo, e a tal proposito le famiglie sono state addirittura allontanate durante l'evolversi della terapia.
    Oggi è chiara invece l'importanza dell'alleanza con la famiglia che spesso riveste il ruolo di spazio privilegiato per il conseguimento di obiettivi particolarmente critici.
    I genitori si sentono spesso frustrati, inadeguati ed è per questo che bisogna ascoltarli , immedesimarsi, ma anche fornire loro delle abilità che gli consentano di far fronte alle innumerevoli esigenze dei propri figli.
    Schopler , fondatore del celebre approccio TEACCH, sottolinea l'importanza dell'esperienza evidenziando come nel rapporto tra operatori e genitori spesso emerga una somiglianza di pensiero; per tale ragione bisogna stabilire una relazione paritaria tra questi, che permetta un interscambio di esperienze e competenze.
    Molti i modi per aiutare i genitori ad acquisire nuove abilità e conoscenze:
    1. Il momento dell'istruzione e dell'informazione in cui il genitore pùò acquisire nuove informazioni su come
    interagire con il figlio.
    2. Il modellamento ossia l'apprendimento per osservazione.
    3. La simulazione, il feedback ed i compiti a casa che rappresentano tre momenti fondamentali in cui i genitori
    possono sperimentare praticamente le proprie conoscenze.
    Essenziale è il sostegno psicologico degli operatori che passa dall' ascolto delle proprie esperienze, al riconoscimento dei progressi fatti per arrivare ad una solida alleanza psicoeducativa.
    Spesso i genitori di bambini autistici si trovano a voler difendere il proprio figlio dalla consapevolezza della propria condizione, a concepire il proprio figlio sempre bambino perchè bisognoso. La relazione tra operatori e famiglie deve puntare alla realizzazione di un Progetto di vita adulta. I genitori devono essere aiutati a concepire il proprio figlio come staccato da se e autonomo, attraverso i programmi respiro che permettono di realizzare ora il distacco dalla famiglia.
    Quello che io mi chiedo in maniera retorica, e a cui abbiamo più volte risposto al corso è: é giusto che le famiglie debbano difendere il proprio figlio che viene considerato diverso? Non sarebbe più utile per titti aprirsi alla diversità come risorsa per tutti, in modo da vivere più serenamente tutti secondo quello che si può dare?

    Maria Santoro
    Maria Santoro


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    ES.n. 1 AUTISMO (chiude 27 febbraio x esami 29 e sessione estiva) - Pagina 18 Empty Re: ES.n. 1 AUTISMO (chiude 27 febbraio x esami 29 e sessione estiva)

    Messaggio  Maria Santoro Lun Feb 27, 2012 10:10 am

    Cos'è l'autismo? L'autismo è definibile come un disturbo dello sviluppo mentale dovuto ad una patologia dell’ontogenesi del sistema nervoso centrale che comporta una compromissione dell’interazione sociale, della comunicazione e delle modalità di comportamento, è un disturbo evolutivo o pervasivo dello sviluppo che può essere osservato fin dall’infanzia, in quanto compare molto precocemente nel bambino, già da prima dei tre anni di vita. L’autismo è caratterizzato da evidenti alterazioni nella sfera comportamentale e biologica che variano ampiamente a seconda del livello di sviluppo e dell'età cronologica del soggetto. Secondo il DSM IV, il disturbo autistico è rappresentato dalle seguenti caratteristiche: la presenza di uno sviluppo anomalo o deficitario dell'interazione sociale e della comunicazione; una notevole ristrettezza del repertorio di attività e di interessi; la presenza di comportamenti ripetitivi e stereotipati. Inoltre il 70% dei soggetti autistici presenta anche ritardo mentale, che può essere lieve, medio o grave.
    A caratterizzare la sindrome autistica c'è anche il fattore di concomitanza con altre patologie, molto spesso infatti l'autismo è accompagnato da iperattività, impulsività, aggressività, scarso controllo dell'attenzione sostenuta, atteggiamenti autolesivi, attacchi di rabbia, ipersensibilità ai suoni o all'essere toccato, reazioni spropositate alla luce o agli odori.
    Dobbiamo dire che ancora oggi risulta poco chiara l’eziologia e la patogenesi, infatti la stessa denominazione più accettata di disturbo dello sviluppo psichico, è vaga ed imprecisa.
    Sull'origine della sindrome autistica all'interno della teoria eziologica ci sono diverse correnti di pensiero che assegnano importanza ai diversi fattori, ovverosia sociali e relazionali, genetici biologici e ambientali.
    Secondo coloro che attribuiscono importanza ai fattori genetici e biologici il disturbo autistico avrebbe un’eziologia genetica ovvero sarebbe causato da un’anomalia nella combinazione genetica; secondo la prospettiva sociale il disturbo autistico si innesterebbe su una base biologica “sana” ed emergerebbe a seguito di un’esposizione ad un ambiente psicologico “povero”, oltre che ad un ambiente educativo inadeguato e sfavorevole che non permetterebbe uno sviluppo integro e completo del soggetto; ci sono poi le teorie che attribuiscono importanza ai fattori ambientali,tali teorie ipotizzano l'insorgenza di nuovi fattori capaci di innescare una sindrome autistica, fattori non solo e non più di tipo genetico, ma in grado di agire a livello prenatale già durante la gestazione.
    Benché la sindrome autistica sia oggi più conosciuta rispetto al passato, vi sono molti bambini ai quali la malattia viene diagnosticata con un certo ritardo.Le scarse conoscenze sulle basi neurofisiologiche dell'autismo fanno sì che l'approccio farmacologico a questa patologia sia ancora principalmente sintomatico, volto a favorire comportamenti più adeguati e socialmente accettabili.
    Per quanto riguarda la diagnosi essa si formula solo attraverso l’osservazione dei comportamenti. I due sistemi di classificazione più utilizzati sono il DSM-IV-TR e l’ICD-10. La scala che risulta maggiormente efficace nell'identificare precocemente il disturbo autistico è la scala CARS (Childhood Autism Rating Scale) 3, adatta ai bambini di età uguale o superiore ai due anni. Tale scala individua un punteggio che varia da 15 ad un massimo di 60; il punteggio di 30, rappresenta il cut-off di demarcazione per la presenza di comportamenti problematici.

    Ilaria Silletti, Maria Santoro, Cinzia Quartulli

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