psicopedagogia2011

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Forum didattico del corso di Psicopedagogia dei linguaggi a.a.2011-12 a cura di F. Briganti Stanza di collaborazione del gruppo classe


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    ES.n. 1 AUTISMO (chiude 27 febbraio x esami 29 e sessione estiva)

    Ilaria Di Scala
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    ES.n. 1 AUTISMO (chiude 27 febbraio x esami 29 e sessione estiva) - Pagina 17 Empty esercitazione autismo

    Messaggio  Ilaria Di Scala Ven Feb 03, 2012 6:27 pm

    Il lavoro è stato svolto in gruppo con Francesca Fuscaldo
    CAP 4 AUTISMI E PEDAGOGIA
    In questo breve capitolo è racchiusa un’importante riflessione sul rapporto tra autismi e pedagogia.
    Il compito della pedagogia è quello di ricordare quanto è avvenuto nel campo dell’autismo, rileggendo il tutto in chiave educativa, ma non solo, come ci ricordano gli autori, infatti, può rappresentare anche un valido strumento di sostegno del lavoro degli operatori.
    Nella parte iniziale del testo, viene esaminato il lungo e travagliato percorso che ha visto l’affermazione dell’autismo in tutta la sua specificità, non più confondibile con i problemi psichici di varia natura. Certamente la legge Basaglia rappresenta un punto di svolta, con essa, infatti si supera la logica dei manicomi, ed apre la strada a nuove generazioni di psichiatri ma anche di educatori (gli autori evidenziano appunto il nome di Enrico Micheli), che si impegnano a ricercare strumenti sempre più specifici ed efficaci per intervenire sugli autismi configurandosi sempre più come “nuova generazione di tecnici con competenza specifica”. La questione ci riguarda da vicino, noi future insegnanti di sostegno abbiamo il dovere di mettere a punto metodologie sempre più rispondenti alle richieste e bisogni del singolo soggetto, come appunto evidenziano gli autori: “ vorremmo affrontare gli autismi, INCARNATI, e non l’autismo astratto”. Bisogna collocarsi nell’ottica di una struttura formativa che adegua i propri percorsi alle diverse abilità degli alunni: ma ciò appare possibile solo se noi insegnanti assumiamo il principio che l’apprendimento è possibile anche nella disabilità e che questa possibilità può concretizzarsi nell’abbandono di percorsi omogenei. La pedagogia, in questo senso, ci può aiutare, possiamo ricordare, infatti, gli orientamenti della scuola dell’infanzia (D.M 3 giugno 1991), diretta conseguenza di una florida stagione pedagogica (in riferimento a Franco Frabboni), la quale risulta fortemente in sintonia con proposte specifiche verificate in relazioni agli autismi (proposta floortime).
    Vanno considerate però alcune problematiche. La prima sfida è rappresentata dal fattore tempo, come appunto ricordano gli autori: nella nostra società “il precariato va meglio della stabilità”, pensiamo che in questa frase sia racchiuso tutto il discorso, ma come ben sappiamo l’autismo esige competenze di progetto, messe alla prova del tempo. Gli educatori, gli educatori, non possono non possedere specifiche competenze atte a promuovere un consistente progetto di vita del soggetto autistico. La seconda sfida è rappresentata dal momento della valutazione, che diventa sempre più istantanea, rifiutando la sequenza del “prima” e del “poi”. In questa concezione del tempo un bambino autistico non può trovare il proprio spazio, viene necessariamente escluso. La terza sfida è rappresentata dall’autoreferenzialità dei singoli soggetti che operano per l’integrazione e il ben-essere di questi bambini. Come ben sappiamo, la collaborazione tra professioni e ruoli è importantissima, il sistema cura e il sistema educazione devono fondersi in un unico sistema. La quarta e ultima sfida è rappresentata dall’eccessivo assistenzialismo, una dimensione che è costruita attorno alla disabilità come elemento permanente e quindi con la necessità, altrettanto permanente, che gli altri si preoccupino di organizzarsi per dare: per dare aiuto, sussidi, risposte, per risolvere i bisogni. E’ una società, la nostra, che ha strutture violente anche quando la violenza non si esprime con delle azioni in forma diretta: è una violenza sottile che induce il disabile a chiudersi nella propria condizione di disabile. Come si può superare l’assistenzialismo? Bisogna insegnare al soggetto autistico a crescere con la capacità di operare delle scelte ma soprattutto noi insegnanti di sostegno, educatori, operatori dobbiamo “chiedere” e non imporre le nostre esigenze, dobbiamo saper organizzare con i soggetti autistici in modo che si attivi la loro capacità di organizzarsi, in questo modo possiamo promuovere il loro processo di crescita, permettendo loro di diventare “adulti”. Chi vive infatti, nell’assistenzialismo può avere la sensazione di essere al centro mondo, in questo modo però può rimanere nella condizione di “eterno bambino”, il protagonismo è pericoloso e va assolutamente prevenuto, promuovendo la capacità di operare scelte, di organizzarsi ma soprattutto di essere autonomi.
    Concludendo possiamo affermare, che non avendo mai avuto esperienze dirette con bambini autistici, riteniamo di fondamentale importanza ricevere suggerimenti e apporti teorici su questa tema, il seguente documento di indirizzo, ci propone un’ampia visione di questo settore, offrendoci dei consigli e indicazioni preziosissimi che andranno ad arricchire il nostro bagaglio conoscitivo.
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    ES.n. 1 AUTISMO (chiude 27 febbraio x esami 29 e sessione estiva) - Pagina 17 Empty Re: ES.n. 1 AUTISMO (chiude 27 febbraio x esami 29 e sessione estiva)

    Messaggio  mariastefaniadifiore Ven Feb 03, 2012 6:54 pm

    Integrazione scolastica degli alunni con disturbi dello spettro autistico.
    Cap. 1 “Conoscere per comprendere”.

    Da quando è iniziato questo corso di laurea, nelle varie esperienza di tirocinio effettuate, abbiamo avuto la possibilità di incontrare bambini autistici, bambini molto teneri, chiusi e bloccati nel loro mondo, senza avere la possibilità di interagire con gli altri. Questa loro difficoltà ai nostri occhi è sembrata davvero insormontabile…
    Come suggerisce il prof. Canevaro, per le persone con autismo è fondamentale costruire percorsi e progetti per sostenere il progetto di vita e lo sviluppo dell’autonomia. E’ importante anche conoscere il deficit e le sue implicazioni, valorizzare le risorse per scoprire l’originalità di ogni persona, per intraprendere una strada giusta e dedicare loro tutte le attenzioni di cui hanno bisogno.
    Il termine autismo fu impiegato da Bleuler nel 1911 nell’ambito della schizofrenia per indicare un comportamento rappresentato da chiusura, evitamento dell’altro ed isolamento. Nel 1943 Leo Kanner utilizzò il termine come etichetta descrittiva di un’entità nosografica, l’autismo infantile, i cui sintomi rappresentano l’espressione di un disturbo congenito del contatto affettivo con la realtà. Successivamente l’autismo è stato visto come una difesa contro l’angoscia derivante da un fallimento delle prime relazioni con una realtà incapace di soddisfare i suoi bisogni di rassicurazione e protezione.
    Attualmente le cause dell’autismo non vengono più ricercate all’esterno del bambino, ma al suo interno. E’ sempre più accettata l’ipotesi che il disturbo autistico sia legato ad un funzionamento mentale atipico, una disfunzione legata al funzionamento morfo-funzionale del sistema nervoso centrale. A tal proposito, le Linee guida della Società Italiana di Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza (SINPIA) definiscono l’autismo come “una sindrome comportamentale causata da un disordine dello sviluppo biologicamente determinato, con esordio nei primi tre anni di vita. Le aree prevalentemente interessate sono quelle relative all’interazione sociale reciproca, all’abilità di comunicare idee e sentimenti e alla capacità di stabilire relazioni con gli altri”.
    Uno degli aspetti che è parso subito evidente, è stata la difficoltà di mantenere un concetto unitario di autismo, dal momento che esso presenta nei diversi pazienti notevoli variazioni nel grado di espressività e pertanto si parla di autismi o anche di spettro autistico, per indicare che accanto ad un disturbo di base si distribuiscono forme che con esso condividono alcune caratteristiche, ma che se ne differenziano per altre.

    La compromissione dell’interazione sociale e dei comportamenti ad essa correlati variano in rapporto all’età e al livello di sviluppo. Nel corso del primo anno di vita, la compromissione dell’interazione sociale è tipicamente espressa dal deficit del canale di scambio privilegiato in tale periodo, il contatto occhi-occhi. Frequenti sono anche le anomalie della postura corporea e anche le anomalie delle espressioni facciali che regolano l’interazione sociale; le anomalie possono essere sia di carattere quantitativo che qualitativo. Nel corso dello sviluppo la compromissione dell’interazione si arricchisce di comportamenti sempre più espliciti e caratteristici: il bambino si aggira tra gli altri come se questi non esistessero, se chiamato non risponde, tende ad isolarsi, non richiede la partecipazione dell’altro nelle sue attività. Il rapporto interpersonale non è comunque mai o quasi mai assente del tutto, ma è limitato sempre a richiedere, ma non a condividere.
    Per quanto riguarda la compromissione della comunicazione e dei comportamenti ad essa correlati, si verifica una mancata acquisizione delle competenze linguistiche previste dal livello di sviluppo e tale deficit non è compensato da alcuna forma di comunicazione alternativa. Con il passare degli anni, mentre alcuni bambini non riescono ad acquisire alcuna espressione verbale, altri presentano un progressivo sviluppo del linguaggio, che tuttavia risulta qualitativamente inadeguato. L’aspetto caratterizzante la compromissione del linguaggio è rappresentato dal mancato bisogno di un partner conversazionale.
    Il bambino autistico manifesta anche attività ed interessi ristretti, ripetitivi e stereotipati, questi atteggiamenti, assumono per la loro frequenza e la scarsa aderenza al contesto, la caratteristica di comportamenti atipici e bizzarri.
    Tra gli altri sintomi, uno dei più comuni è l’enorme risposta agli stimoli sensoriali di natura uditiva. Molti bambini, ad esempio, apparentemente sordi ai comuni suoni dell’ambiente, mostrano una particolare sensibilità nei confronti di particolari stimoli uditivi, tattili. Questi suoni, scatenano nel bambino violente reazioni di panico con tentativi di proteggersi. L’iperattività è un altro sintomo, diversi bambini presentano anche condotte auto-aggressive, quali battere il capo contro la parete o colpirsi il capo con un pugno.
    L’autismo, nel 75 % dei casi si associa a ritardo mentale e si può anche manifestare insieme ad altri deficit che concorrono a ridurre le capacità adattive. Tra le varie caratteristiche cognitive già elencate, merita un richiamo il deficit nella teoria della mente, inteso come difficoltà nel comprendere gli stati mentali degli altri e nell’utilizzare tali informazioni per dare significato al loro comportamento.
    L’autismo esordisce nei primi tre anni di vita, anche se nella maggioranza dei casi, tra i 10 e i 20 mesi cominciano a diventare particolarmente evidenti i sintomi riferibili ad un disturbo dell’interazione e della comunicazione sociale. Le cause dell’autismo sono tuttora sconosciute anche se si parla di disturbo a origine multifattoriale con cause di natura neurobiologica legate in maniera diversificata e poco conosciuta. Non esiste il gene dell’autismo, ma una serie di alterazioni geniche che contribuiscono a conferire una vulnerabilità per la comparsa del disturbo.

    La diagnosi va compilata da personale specializzato, neuropsichiatra infantile o psicologo e formulata secondo i criteri del DSM IV o dell’ICD 10. Per la valutazione funzionale è di fondamentale importanza individuare i punti di forza e i punti di debolezza del bambino/adolescente per far leva su gli uni e sugli altri per creare un progetto il più possibile individualizzato.
    Gli interventi comportamentali ispirano i loro principi all’analisi sperimentale del comportamento, si rifanno ad una particolare metodologia ABA, che implica una progettazione specifica dell’intervento e mira a scoprire le leggi che regolano il comportamento umano. I programmi educativi rivolti alle persone con autismo, vertono sull’insegnamento di competenze attraverso tecniche specifiche quali: l’apprendimento senza errori, il rinforzo positivo, il modellamento, l’aiuto, l’attenuazione degli aiuti/stimoli, il concatenamento anterogrado e retrogrado, l’analisi del compito.
    Un tipo di intervento spesso utilizzato è il DTT (Discrete Trial Training), attraverso il quale le competenze da essere insegnate vengono proposte in un rapporto di uno a uno con l’adulto. Altri interventi sono invece più naturalistici e tendono ad insegnare il comportamento all’interno dell’ambiente in cui questo si verifica e offrono al bambino la possibilità di scegliere l’attività.
    Gli interventi comportamentali ad approccio evolutivo sottolineano l’importanza di seguire le tappe dello sviluppo.
    • Il DIR pone l’accento sul livello evolutivo, sul tono affettivo e sulle motivazioni del bambino. Il trattamento proposto è il floortime che consiste nel lavorare per superare le difficoltà sensoriali per ristabilire il contatto affettivo interpersonale.
    • Il Denver Model è un programma di intervento rivolto ai bambini in età prescolare, con lo scopo di potenziare le abilità di integrazione sociale del bambino affetto da disturbo autistico. Questo programma di intervento è caratterizzato da coinvolgimento sociale, reciprocità, alternanza di turni ed emozioni e affettività condivise. Durante la terapia, si cerca quindi di creare routine sociali in cui si verificano tali situazioni e tutto ruota intorno al bambino e alla sua iniziativa.
    • Il TEACCH, è il più influente tra i programmi attuati per i soggetti nello spettro dell’autismo, è un trattamento di natura globale e prevede una collaborazione tra le diverse agenzie educative e sanitarie per accompagnare l’individuo per l’intero arco della vita, effettuando una “presa in carico globale”. Questo programma mira a far acquisire al bambino L’indipendenza e l’inclusione sociale, attraverso un programma che prende in considerazione i punti di forza e di debolezza del bambino. Tale programma di approccio sembra essere abbastanza efficace.
    • La TED, intende potenziare le abilità correlate all’intersoggettività primaria e secondaria. Lo sviluppo di queste attività avviene attraverso giochi e scambi con l’operatore in un ambiente tranquillo e rassicurante. Gli interventi vengono sviluppati in ambienti che trasmettano sicurezza al paziente e con una precisa scansione temporale. Si inizia con attività ripetitive e poi si introducono gradualmente le novità.
    • Teoria della mente, è importante insegnare al bambino la capacità di stabilire con il partner comunicativo un argomento interessante e si utilizzano simboli che permettono di padroneggiare i codici verbali.
    Altri strumenti di intervento:
    • La Comunicazione Alternativa Aumentativa (CAA) scelta per l’insegnamento di un sistema comunicazione funzionale. Questo tipo di comunicazione viene definita alternativa perché è alternativa al linguaggio verbale ed aumentativa perché porta ad un potenziamento delle possibilità e delle capacità espressive del soggetto. I genitori spesso si preoccupano che questa terapia blocchi lo sviluppo della parola nei figli anche se è stato verificato il contrario, in circa il 60 % dei casi trattati con CAA emerge anche il linguaggio verbale.
    • Il PECS è un esempio di CAA; infatti nei bambini con disturbi dello spettro autistico è utile l’apprendimento di una comunicazione attraverso lo scambio di immagini. L’obiettivo è quello di rendere spontaneo l’utilizzo di queste fotografie o disegni da parte dei bambini.
    • Gli Strumenti Informatici, sfruttano molto il canale visivo, che risulta essere molto più incisivo di quello verbale attraverso software specifici.
    • La Psicomotricità, può facilitare l’acquisizione, il consolidamento e l’integrazione delle varie componenti senso-motorie, cognitive e affettive ed è bene affiancare questo tipo di intervento con una terapia occupazionale, allo scopo di facilitare, attraverso le attività, la promozione di comportamenti adattivi.
    I vari percorsi terapeutici descritti, non sono di per loro sempre efficaci o inefficaci; è necessaria un’attenta analisi del soggetto prima di stabilire la terapia più opportuna, anche se si può incorrere in casi spiacevoli, come racconta questo stralcio di intervista letta nel blog di Roberto Rusticali, curatore di Autismo on Line.
    “ In Italia nel campo dell’autismo, (tranne in casi rarissimi), questo diritto alla cura uguale per tutti non esiste, e come avviene in America, ci sono enormi differenze tra “malati ricchi” e “malati poveri”; i primi possono permettersi gli unici trattamenti che funzionano nell’autismo e che sono quelli Educativi di tipo cognitivo comportamentale, ai secondi vengono proposti psicomotricità e un po’ di logopedia, e se non si sono accontentati di questa pochezza loro offerta, devono accendere un mutuo per pagarsi le spese dei trattamenti. Questo avviene perché il servizio sanitario nazionale non è strutturato per curare l’autismo e non offre altro e quindi è necessario partire da zero”.

    Fonti:
    www.autismo.inews.it
    www.emergenzautismo.org
    Società Italiana di Pedagogia Speciale, “Integrazione scolastica degli alunni con disturbi dello spettro autistico”, Erickson, Trento, 2009;
    R. Militerni, “Neuropsichiatria Infantile”, Idelson-Gnocchi,Napoli,2004.

    Il nostro gruppo è formato da:
    Concetta Di Febbraio
    Maria Stefania Di Fiore
    Ermelinda Di Girolamo


    Lavoro complesso e ottimamente articolato,
    le richieste dell'esercizio sono state esaurite e superate
    la sintesi è arricchita da una veste critica e da un confronto coerente con il quadro teorico. Le citazioni sono ben scelte e il lavoro si presenta completo e ricco di suggestioni.
    la tutor Dott.ssa Nunzia Giglio
    Ermelinda Di Girolamo
    Ermelinda Di Girolamo


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    Messaggio  Ermelinda Di Girolamo Ven Feb 03, 2012 11:17 pm

    Integrazione scolastica degli alunni con disturbi dello spettro autistico.
    Cap. 1 “Conoscere per comprendere”.

    Da quando è iniziato questo corso di laurea, nelle varie esperienza di tirocinio effettuate, abbiamo avuto la possibilità di incontrare bambini autistici, bambini molto teneri, chiusi e bloccati nel loro mondo, senza avere la possibilità di interagire con gli altri. Questa loro difficoltà ai nostri occhi è sembrata davvero insormontabile…
    Come suggerisce il prof. Canevaro, per le persone con autismo è fondamentale costruire percorsi e progetti per sostenere il progetto di vita e lo sviluppo dell’autonomia. E’ importante anche conoscere il deficit e le sue implicazioni, valorizzare le risorse per scoprire l’originalità di ogni persona, per intraprendere una strada giusta e dedicare loro tutte le attenzioni di cui hanno bisogno.
    Il termine autismo fu impiegato da Bleuler nel 1911 nell’ambito della schizofrenia per indicare un comportamento rappresentato da chiusura, evitamento dell’altro ed isolamento. Nel 1943 Leo Kanner utilizzò il termine come etichetta descrittiva di un’entità nosografica, l’autismo infantile, i cui sintomi rappresentano l’espressione di un disturbo congenito del contatto affettivo con la realtà. Successivamente l’autismo è stato visto come una difesa contro l’angoscia derivante da un fallimento delle prime relazioni con una realtà incapace di soddisfare i suoi bisogni di rassicurazione e protezione.
    Attualmente le cause dell’autismo non vengono più ricercate all’esterno del bambino, ma al suo interno. E’ sempre più accettata l’ipotesi che il disturbo autistico sia legato ad un funzionamento mentale atipico, una disfunzione legata al funzionamento morfo-funzionale del sistema nervoso centrale. A tal proposito, le Linee guida della Società Italiana di Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza (SINPIA) definiscono l’autismo come “una sindrome comportamentale causata da un disordine dello sviluppo biologicamente determinato, con esordio nei primi tre anni di vita. Le aree prevalentemente interessate sono quelle relative all’interazione sociale reciproca, all’abilità di comunicare idee e sentimenti e alla capacità di stabilire relazioni con gli altri”.
    Uno degli aspetti che è parso subito evidente, è stata la difficoltà di mantenere un concetto unitario di autismo, dal momento che esso presenta nei diversi pazienti notevoli variazioni nel grado di espressività e pertanto si parla di autismi o anche di spettro autistico, per indicare che accanto ad un disturbo di base si distribuiscono forme che con esso condividono alcune caratteristiche, ma che se ne differenziano per altre.

    La compromissione dell’interazione sociale e dei comportamenti ad essa correlati variano in rapporto all’età e al livello di sviluppo. Nel corso del primo anno di vita, la compromissione dell’interazione sociale è tipicamente espressa dal deficit del canale di scambio privilegiato in tale periodo, il contatto occhi-occhi. Frequenti sono anche le anomalie della postura corporea e anche le anomalie delle espressioni facciali che regolano l’interazione sociale; le anomalie possono essere sia di carattere quantitativo che qualitativo. Nel corso dello sviluppo la compromissione dell’interazione si arricchisce di comportamenti sempre più espliciti e caratteristici: il bambino si aggira tra gli altri come se questi non esistessero, se chiamato non risponde, tende ad isolarsi, non richiede la partecipazione dell’altro nelle sue attività. Il rapporto interpersonale non è comunque mai o quasi mai assente del tutto, ma è limitato sempre a richiedere, ma non a condividere.
    Per quanto riguarda la compromissione della comunicazione e dei comportamenti ad essa correlati, si verifica una mancata acquisizione delle competenze linguistiche previste dal livello di sviluppo e tale deficit non è compensato da alcuna forma di comunicazione alternativa. Con il passare degli anni, mentre alcuni bambini non riescono ad acquisire alcuna espressione verbale, altri presentano un progressivo sviluppo del linguaggio, che tuttavia risulta qualitativamente inadeguato. L’aspetto caratterizzante la compromissione del linguaggio è rappresentato dal mancato bisogno di un partner conversazionale.
    Il bambino autistico manifesta anche attività ed interessi ristretti, ripetitivi e stereotipati, questi atteggiamenti, assumono per la loro frequenza e la scarsa aderenza al contesto, la caratteristica di comportamenti atipici e bizzarri.
    Tra gli altri sintomi, uno dei più comuni è l’enorme risposta agli stimoli sensoriali di natura uditiva. Molti bambini, ad esempio, apparentemente sordi ai comuni suoni dell’ambiente, mostrano una particolare sensibilità nei confronti di particolari stimoli uditivi, tattili. Questi suoni, scatenano nel bambino violente reazioni di panico con tentativi di proteggersi. L’iperattività è un altro sintomo, diversi bambini presentano anche condotte auto-aggressive, quali battere il capo contro la parete o colpirsi il capo con un pugno.
    L’autismo, nel 75 % dei casi si associa a ritardo mentale e si può anche manifestare insieme ad altri deficit che concorrono a ridurre le capacità adattive. Tra le varie caratteristiche cognitive già elencate, merita un richiamo il deficit nella teoria della mente, inteso come difficoltà nel comprendere gli stati mentali degli altri e nell’utilizzare tali informazioni per dare significato al loro comportamento.
    L’autismo esordisce nei primi tre anni di vita, anche se nella maggioranza dei casi, tra i 10 e i 20 mesi cominciano a diventare particolarmente evidenti i sintomi riferibili ad un disturbo dell’interazione e della comunicazione sociale. Le cause dell’autismo sono tuttora sconosciute anche se si parla di disturbo a origine multifattoriale con cause di natura neurobiologica legate in maniera diversificata e poco conosciuta. Non esiste il gene dell’autismo, ma una serie di alterazioni geniche che contribuiscono a conferire una vulnerabilità per la comparsa del disturbo.

    La diagnosi va compilata da personale specializzato, neuropsichiatra infantile o psicologo e formulata secondo i criteri del DSM IV o dell’ICD 10. Per la valutazione funzionale è di fondamentale importanza individuare i punti di forza e i punti di debolezza del bambino/adolescente per far leva su gli uni e sugli altri per creare un progetto il più possibile individualizzato.
    Gli interventi comportamentali ispirano i loro principi all’analisi sperimentale del comportamento, si rifanno ad una particolare metodologia ABA, che implica una progettazione specifica dell’intervento e mira a scoprire le leggi che regolano il comportamento umano. I programmi educativi rivolti alle persone con autismo, vertono sull’insegnamento di competenze attraverso tecniche specifiche quali: l’apprendimento senza errori, il rinforzo positivo, il modellamento, l’aiuto, l’attenuazione degli aiuti/stimoli, il concatenamento anterogrado e retrogrado, l’analisi del compito.
    Un tipo di intervento spesso utilizzato è il DTT (Discrete Trial Training), attraverso il quale le competenze da essere insegnate vengono proposte in un rapporto di uno a uno con l’adulto. Altri interventi sono invece più naturalistici e tendono ad insegnare il comportamento all’interno dell’ambiente in cui questo si verifica e offrono al bambino la possibilità di scegliere l’attività.
    Gli interventi comportamentali ad approccio evolutivo sottolineano l’importanza di seguire le tappe dello sviluppo.
    • Il DIR pone l’accento sul livello evolutivo, sul tono affettivo e sulle motivazioni del bambino. Il trattamento proposto è il floortime che consiste nel lavorare per superare le difficoltà sensoriali per ristabilire il contatto affettivo interpersonale.
    • Il Denver Model è un programma di intervento rivolto ai bambini in età prescolare, con lo scopo di potenziare le abilità di integrazione sociale del bambino affetto da disturbo autistico. Questo programma di intervento è caratterizzato da coinvolgimento sociale, reciprocità, alternanza di turni ed emozioni e affettività condivise. Durante la terapia, si cerca quindi di creare routine sociali in cui si verificano tali situazioni e tutto ruota intorno al bambino e alla sua iniziativa.
    • Il TEACCH, è il più influente tra i programmi attuati per i soggetti nello spettro dell’autismo, è un trattamento di natura globale e prevede una collaborazione tra le diverse agenzie educative e sanitarie per accompagnare l’individuo per l’intero arco della vita, effettuando una “presa in carico globale”. Questo programma mira a far acquisire al bambino L’indipendenza e l’inclusione sociale, attraverso un programma che prende in considerazione i punti di forza e di debolezza del bambino. Tale programma di approccio sembra essere abbastanza efficace.
    • La TED, intende potenziare le abilità correlate all’intersoggettività primaria e secondaria. Lo sviluppo di queste attività avviene attraverso giochi e scambi con l’operatore in un ambiente tranquillo e rassicurante. Gli interventi vengono sviluppati in ambienti che trasmettano sicurezza al paziente e con una precisa scansione temporale. Si inizia con attività ripetitive e poi si introducono gradualmente le novità.
    • Teoria della mente, è importante insegnare al bambino la capacità di stabilire con il partner comunicativo un argomento interessante e si utilizzano simboli che permettono di padroneggiare i codici verbali.
    Altri strumenti di intervento:
    • La Comunicazione Alternativa Aumentativa (CAA) scelta per l’insegnamento di un sistema comunicazione funzionale. Questo tipo di comunicazione viene definita alternativa perché è alternativa al linguaggio verbale ed aumentativa perché porta ad un potenziamento delle possibilità e delle capacità espressive del soggetto. I genitori spesso si preoccupano che questa terapia blocchi lo sviluppo della parola nei figli anche se è stato verificato il contrario, in circa il 60 % dei casi trattati con CAA emerge anche il linguaggio verbale.
    • Il PECS è un esempio di CAA; infatti nei bambini con disturbi dello spettro autistico è utile l’apprendimento di una comunicazione attraverso lo scambio di immagini. L’obiettivo è quello di rendere spontaneo l’utilizzo di queste fotografie o disegni da parte dei bambini.
    • Gli Strumenti Informatici, sfruttano molto il canale visivo, che risulta essere molto più incisivo di quello verbale attraverso software specifici.
    • La Psicomotricità, può facilitare l’acquisizione, il consolidamento e l’integrazione delle varie componenti senso-motorie, cognitive e affettive ed è bene affiancare questo tipo di intervento con una terapia occupazionale, allo scopo di facilitare, attraverso le attività, la promozione di comportamenti adattivi.
    I vari percorsi terapeutici descritti, non sono di per loro sempre efficaci o inefficaci; è necessaria un’attenta analisi del soggetto prima di stabilire la terapia più opportuna, anche se si può incorrere in casi spiacevoli, come racconta questo stralcio di intervista letta nel blog di Roberto Rusticali, curatore di Autismo on Line.
    “ In Italia nel campo dell’autismo, (tranne in casi rarissimi), questo diritto alla cura uguale per tutti non esiste, e come avviene in America, ci sono enormi differenze tra “malati ricchi” e “malati poveri”; i primi possono permettersi gli unici trattamenti che funzionano nell’autismo e che sono quelli Educativi di tipo cognitivo comportamentale, ai secondi vengono proposti psicomotricità e un po’ di logopedia, e se non si sono accontentati di questa pochezza loro offerta, devono accendere un mutuo per pagarsi le spese dei trattamenti. Questo avviene perché il servizio sanitario nazionale non è strutturato per curare l’autismo e non offre altro e quindi è necessario partire da zero”.

    Fonti:
    www.autismo.inews.it
    www.emergenzautismo.org
    Società Italiana di Pedagogia Speciale, “Integrazione scolastica degli alunni con disturbi dello spettro autistico”, Erickson, Trento, 2009;
    R. Militerni, “Neuropsichiatria Infantile”, Idelson-Gnocchi,Napoli,2004.

    Il nostro gruppo è formato da:
    Concetta Di Febbraio
    Maria Stefania Di Fiore
    Ermelinda Di Girolamo


    Lavoro complesso e ottimamente articolato,
    le richieste dell'esercizio sono state esaurite e superate
    la sintesi è arricchita da una veste critica e da un confronto coerente con il quadro teorico. Le citazioni sono ben scelte e il lavoro si presenta completo e ricco di suggestioni.
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    ES.n. 1 AUTISMO (chiude 27 febbraio x esami 29 e sessione estiva) - Pagina 17 Empty Re: ES.n. 1 AUTISMO (chiude 27 febbraio x esami 29 e sessione estiva)

    Messaggio  Diana Angela Sab Feb 04, 2012 12:57 am

    Gruppo:Diana Angela, Auriemma Emiliana
    Capitlo 1 "Le cause dell'autismo e le sue basi biologiche, lo screening precoce, la diagnosi."

    La parola Autismo richiama mutismo, isolamento, indifferenza nei confronti dell'ambiente eterno ma anche alcune capacità intellettuali superiori alla norma. Il disturbo fu descritto per la prima volta nel 1943 da Dr. Leo Kanner, il quale affermava che i bambini autistici nascono con una incapacità congenita di stabilire contatti normali con le persone.
    Nonostante siano stati definiti criteri diagnostici per l'autismo, le sue cause sono ancora ignote,inoltre, le manifestazioni cliniche della malattia sono sostanzialmente eterogenee. I dati che ne studiano le possibili cause riguardano infatti,l'ambito genetico,neurologico,immunologico,metabolico e vanno uniti a ricerche in ambito cognitivo, comportamentale farmacologico,psicodinamico,neuropsicologico.L'autismo non ha una singola causa ma nasce , allora, da un insieme di fattori: genetici,organici e biochimici che interferiscono creando una frattura nello sviluppo celebrale normale,in una fase precoce della vita fetale e la componente genetica sembra responsabile solo di una maggiore vulnerabilità a sviluppare la malattia.La diagnosi dell'autismo viene effettuata ancora relativamente tardi, poichè la maggior parte dei bambini riceve una diagnosi intorno ai quattro anni; la difficoltà nella diagnosi nei bambini piccoli si rifà anche al fatto che gli strumenti diagnostici utilizzati non sono adatti alla più tenera età. L' autismo pùo dunque essere diagnosticato in modo affidabile prima dei tre anni. I segnali evocanti l' autismo comprendono difficoltà nell'ambito del contatto visivo,l'orientarsi quando chiamati per nome,la comunicazione non verbale, lo sviluppo del linguaggio. Ma nè i sintomi sensoriali e percettivi, nè i comportamenti ripetitivi permettono di differenziare in modo costante i bambini con autismo dai bambini senza autismo.

    Lavoro sufficiente,
    le richieste dell'esercizio sono state esaurite e
    la sintesi è stringata ma completa.
    Emergono le considerazioni critiche del gruppo.
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    Messaggio  AuriemmaEmiliana Sab Feb 04, 2012 1:28 am

    Gruppo:Diana Angela, Auriemma Emiliana.
    Capitolo1 "Le cause dell'autismo e le sue basi biologiche, lo screening precoce, la diagnosi".

    La parola Autismo richiama mutismo, isolamento,indifferenza nei confronti dell'ambiente esterno ma anche alcune capacità intelletuali superiori alla norma. Il disturbo fu descritto per la prima volta nel 1943 da Dr. Leo Kanner, il quale affermava che i bambini autistici nascono con un incapacità congenita di stabilire contatti normali con le persone. Nonostante siano stati definiti criteri diagnostici per l'autismo, le sue cause sono ancora ignote, inoltre, le manifestazioni cliniche della malattia sono sostanzialmente eterogenee. I dati che ne studiano le possibili cause riguardano infatti,l'ambito genetico, neurologico immunologico,metabolico e vanno uniti a ricerche in ambito cognitivo, comportamentale, farmacologico,psicodinamico,neuropsicologici. L'autismo non ha una singila causa ma nasce, allora,da un insieme di fattori:genetici, organici ,biochimici che interferiscono creando una frattura nello sviluppo celebrale normale,in una fase precoce della vita fetale e, la componente genetica sembra responsabile solo di una maggiore vulnerabilità a sviluppare la malattia. La diagnosi dell'autismo viene effettuata ancora relativamente tardi, perchè la maggior parte dei bambini riceve una diagnosi intorno ai quattro anni; la difficoltà nella diagnosi dei bambini piccoli si rifà anche al fatto che gli strumenti diagnostici non sono adatti alla più tenera età. L'autismo può dunque essere diagnosticato in modo affidabile prima dei tre anni.I segnali evocanti l' autismo comprendono difficoltà nell'ambito del contatto visivo, l'orientarsi quando chiamati per nome, la comunicazione non verbale, lo sviluppo del linguaggio. Ma nè i sintomi sensoriali e percettivi, nè i comportamenti ripetitivi permettono di differenziare in modo costante i bambini con autismo dai bambini senza autismo.

    Lavoro sufficiente,
    le richieste dell'esercizio sono state esaurite e
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    Messaggio  di febbraio concetta Sab Feb 04, 2012 8:51 am

    Integrazione scolastica degli alunni con disturbi dello spettro autistico.
    Cap. 1 “Conoscere per comprendere”.

    Da quando è iniziato questo corso di laurea, nelle varie esperienza di tirocinio effettuate, abbiamo avuto la possibilità di incontrare bambini autistici, bambini molto teneri, chiusi e bloccati nel loro mondo, senza avere la possibilità di interagire con gli altri. Questa loro difficoltà ai nostri occhi è sembrata davvero insormontabile…
    Come suggerisce il prof. Canevaro, per le persone con autismo è fondamentale costruire percorsi e progetti per sostenere il progetto di vita e lo sviluppo dell’autonomia. E’ importante anche conoscere il deficit e le sue implicazioni, valorizzare le risorse per scoprire l’originalità di ogni persona, per intraprendere una strada giusta e dedicare loro tutte le attenzioni di cui hanno bisogno.
    Il termine autismo fu impiegato da Bleuler nel 1911 nell’ambito della schizofrenia per indicare un comportamento rappresentato da chiusura, evitamento dell’altro ed isolamento. Nel 1943 Leo Kanner utilizzò il termine come etichetta descrittiva di un’entità nosografica, l’autismo infantile, i cui sintomi rappresentano l’espressione di un disturbo congenito del contatto affettivo con la realtà. Successivamente l’autismo è stato visto come una difesa contro l’angoscia derivante da un fallimento delle prime relazioni con una realtà incapace di soddisfare i suoi bisogni di rassicurazione e protezione.
    Attualmente le cause dell’autismo non vengono più ricercate all’esterno del bambino, ma al suo interno. E’ sempre più accettata l’ipotesi che il disturbo autistico sia legato ad un funzionamento mentale atipico, una disfunzione legata al funzionamento morfo-funzionale del sistema nervoso centrale. A tal proposito, le Linee guida della Società Italiana di Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza (SINPIA) definiscono l’autismo come “una sindrome comportamentale causata da un disordine dello sviluppo biologicamente determinato, con esordio nei primi tre anni di vita. Le aree prevalentemente interessate sono quelle relative all’interazione sociale reciproca, all’abilità di comunicare idee e sentimenti e alla capacità di stabilire relazioni con gli altri”.
    Uno degli aspetti che è parso subito evidente, è stata la difficoltà di mantenere un concetto unitario di autismo, dal momento che esso presenta nei diversi pazienti notevoli variazioni nel grado di espressività e pertanto si parla di autismi o anche di spettro autistico, per indicare che accanto ad un disturbo di base si distribuiscono forme che con esso condividono alcune caratteristiche, ma che se ne differenziano per altre.

    La compromissione dell’interazione sociale e dei comportamenti ad essa correlati variano in rapporto all’età e al livello di sviluppo. Nel corso del primo anno di vita, la compromissione dell’interazione sociale è tipicamente espressa dal deficit del canale di scambio privilegiato in tale periodo, il contatto occhi-occhi. Frequenti sono anche le anomalie della postura corporea e anche le anomalie delle espressioni facciali che regolano l’interazione sociale; le anomalie possono essere sia di carattere quantitativo che qualitativo. Nel corso dello sviluppo la compromissione dell’interazione si arricchisce di comportamenti sempre più espliciti e caratteristici: il bambino si aggira tra gli altri come se questi non esistessero, se chiamato non risponde, tende ad isolarsi, non richiede la partecipazione dell’altro nelle sue attività. Il rapporto interpersonale non è comunque mai o quasi mai assente del tutto, ma è limitato sempre a richiedere, ma non a condividere.
    Per quanto riguarda la compromissione della comunicazione e dei comportamenti ad essa correlati, si verifica una mancata acquisizione delle competenze linguistiche previste dal livello di sviluppo e tale deficit non è compensato da alcuna forma di comunicazione alternativa. Con il passare degli anni, mentre alcuni bambini non riescono ad acquisire alcuna espressione verbale, altri presentano un progressivo sviluppo del linguaggio, che tuttavia risulta qualitativamente inadeguato. L’aspetto caratterizzante la compromissione del linguaggio è rappresentato dal mancato bisogno di un partner conversazionale.
    Il bambino autistico manifesta anche attività ed interessi ristretti, ripetitivi e stereotipati, questi atteggiamenti, assumono per la loro frequenza e la scarsa aderenza al contesto, la caratteristica di comportamenti atipici e bizzarri.
    Tra gli altri sintomi, uno dei più comuni è l’enorme risposta agli stimoli sensoriali di natura uditiva. Molti bambini, ad esempio, apparentemente sordi ai comuni suoni dell’ambiente, mostrano una particolare sensibilità nei confronti di particolari stimoli uditivi, tattili. Questi suoni, scatenano nel bambino violente reazioni di panico con tentativi di proteggersi. L’iperattività è un altro sintomo, diversi bambini presentano anche condotte auto-aggressive, quali battere il capo contro la parete o colpirsi il capo con un pugno.
    L’autismo, nel 75 % dei casi si associa a ritardo mentale e si può anche manifestare insieme ad altri deficit che concorrono a ridurre le capacità adattive. Tra le varie caratteristiche cognitive già elencate, merita un richiamo il deficit nella teoria della mente, inteso come difficoltà nel comprendere gli stati mentali degli altri e nell’utilizzare tali informazioni per dare significato al loro comportamento.
    L’autismo esordisce nei primi tre anni di vita, anche se nella maggioranza dei casi, tra i 10 e i 20 mesi cominciano a diventare particolarmente evidenti i sintomi riferibili ad un disturbo dell’interazione e della comunicazione sociale. Le cause dell’autismo sono tuttora sconosciute anche se si parla di disturbo a origine multifattoriale con cause di natura neurobiologica legate in maniera diversificata e poco conosciuta. Non esiste il gene dell’autismo, ma una serie di alterazioni geniche che contribuiscono a conferire una vulnerabilità per la comparsa del disturbo.

    La diagnosi va compilata da personale specializzato, neuropsichiatra infantile o psicologo e formulata secondo i criteri del DSM IV o dell’ICD 10. Per la valutazione funzionale è di fondamentale importanza individuare i punti di forza e i punti di debolezza del bambino/adolescente per far leva su gli uni e sugli altri per creare un progetto il più possibile individualizzato.
    Gli interventi comportamentali ispirano i loro principi all’analisi sperimentale del comportamento, si rifanno ad una particolare metodologia ABA, che implica una progettazione specifica dell’intervento e mira a scoprire le leggi che regolano il comportamento umano. I programmi educativi rivolti alle persone con autismo, vertono sull’insegnamento di competenze attraverso tecniche specifiche quali: l’apprendimento senza errori, il rinforzo positivo, il modellamento, l’aiuto, l’attenuazione degli aiuti/stimoli, il concatenamento anterogrado e retrogrado, l’analisi del compito.
    Un tipo di intervento spesso utilizzato è il DTT (Discrete Trial Training), attraverso il quale le competenze da essere insegnate vengono proposte in un rapporto di uno a uno con l’adulto. Altri interventi sono invece più naturalistici e tendono ad insegnare il comportamento all’interno dell’ambiente in cui questo si verifica e offrono al bambino la possibilità di scegliere l’attività.
    Gli interventi comportamentali ad approccio evolutivo sottolineano l’importanza di seguire le tappe dello sviluppo.
    • Il DIR pone l’accento sul livello evolutivo, sul tono affettivo e sulle motivazioni del bambino. Il trattamento proposto è il floortime che consiste nel lavorare per superare le difficoltà sensoriali per ristabilire il contatto affettivo interpersonale.
    • Il Denver Model è un programma di intervento rivolto ai bambini in età prescolare, con lo scopo di potenziare le abilità di integrazione sociale del bambino affetto da disturbo autistico. Questo programma di intervento è caratterizzato da coinvolgimento sociale, reciprocità, alternanza di turni ed emozioni e affettività condivise. Durante la terapia, si cerca quindi di creare routine sociali in cui si verificano tali situazioni e tutto ruota intorno al bambino e alla sua iniziativa.
    • Il TEACCH, è il più influente tra i programmi attuati per i soggetti nello spettro dell’autismo, è un trattamento di natura globale e prevede una collaborazione tra le diverse agenzie educative e sanitarie per accompagnare l’individuo per l’intero arco della vita, effettuando una “presa in carico globale”. Questo programma mira a far acquisire al bambino L’indipendenza e l’inclusione sociale, attraverso un programma che prende in considerazione i punti di forza e di debolezza del bambino. Tale programma di approccio sembra essere abbastanza efficace.
    • La TED, intende potenziare le abilità correlate all’intersoggettività primaria e secondaria. Lo sviluppo di queste attività avviene attraverso giochi e scambi con l’operatore in un ambiente tranquillo e rassicurante. Gli interventi vengono sviluppati in ambienti che trasmettano sicurezza al paziente e con una precisa scansione temporale. Si inizia con attività ripetitive e poi si introducono gradualmente le novità.
    • Teoria della mente, è importante insegnare al bambino la capacità di stabilire con il partner comunicativo un argomento interessante e si utilizzano simboli che permettono di padroneggiare i codici verbali.
    Altri strumenti di intervento:
    • La Comunicazione Alternativa Aumentativa (CAA) scelta per l’insegnamento di un sistema comunicazione funzionale. Questo tipo di comunicazione viene definita alternativa perché è alternativa al linguaggio verbale ed aumentativa perché porta ad un potenziamento delle possibilità e delle capacità espressive del soggetto. I genitori spesso si preoccupano che questa terapia blocchi lo sviluppo della parola nei figli anche se è stato verificato il contrario, in circa il 60 % dei casi trattati con CAA emerge anche il linguaggio verbale.
    • Il PECS è un esempio di CAA; infatti nei bambini con disturbi dello spettro autistico è utile l’apprendimento di una comunicazione attraverso lo scambio di immagini. L’obiettivo è quello di rendere spontaneo l’utilizzo di queste fotografie o disegni da parte dei bambini.
    • Gli Strumenti Informatici, sfruttano molto il canale visivo, che risulta essere molto più incisivo di quello verbale attraverso software specifici.
    • La Psicomotricità, può facilitare l’acquisizione, il consolidamento e l’integrazione delle varie componenti senso-motorie, cognitive e affettive ed è bene affiancare questo tipo di intervento con una terapia occupazionale, allo scopo di facilitare, attraverso le attività, la promozione di comportamenti adattivi.
    I vari percorsi terapeutici descritti, non sono di per loro sempre efficaci o inefficaci; è necessaria un’attenta analisi del soggetto prima di stabilire la terapia più opportuna, anche se si può incorrere in casi spiacevoli, come racconta questo stralcio di intervista letta nel blog di Roberto Rusticali, curatore di Autismo on Line.
    “ In Italia nel campo dell’autismo, (tranne in casi rarissimi), questo diritto alla cura uguale per tutti non esiste, e come avviene in America, ci sono enormi differenze tra “malati ricchi” e “malati poveri”; i primi possono permettersi gli unici trattamenti che funzionano nell’autismo e che sono quelli Educativi di tipo cognitivo comportamentale, ai secondi vengono proposti psicomotricità e un po’ di logopedia, e se non si sono accontentati di questa pochezza loro offerta, devono accendere un mutuo per pagarsi le spese dei trattamenti. Questo avviene perché il servizio sanitario nazionale non è strutturato per curare l’autismo e non offre altro e quindi è necessario partire da zero”.

    Fonti:
    www.autismo.inews.it
    www.emergenzautismo.org
    Società Italiana di Pedagogia Speciale, “Integrazione scolastica degli alunni con disturbi dello spettro autistico”, Erickson, Trento, 2009;
    R. Militerni, “Neuropsichiatria Infantile”, Idelson-Gnocchi,Napoli,2004.

    Il nostro gruppo è formato da:
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    Ermelinda Di Girolamo

    Lavoro complesso e ottimamente articolato,
    le richieste dell'esercizio sono state esaurite e superate
    la sintesi è arricchita da una veste critica e da un confronto coerente con il quadro teorico. Le citazioni sono ben scelte e il lavoro si presenta completo e ricco di suggestioni.
    la tutor Dott.ssa Nunzia Giglio.
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    ES.n. 1 AUTISMO (chiude 27 febbraio x esami 29 e sessione estiva) - Pagina 17 Empty Re: ES.n. 1 AUTISMO (chiude 27 febbraio x esami 29 e sessione estiva)

    Messaggio  elvira cibelli Sab Feb 04, 2012 10:37 am

    2.Interventi psicoeducativi e abilitativi/riabilitativi.
    -ABBIAMO LAVORATO IN GRUPPO-
    “Che cos’è la normalità? Chi è normale?”
    Proprio con questa riflessione vorremmo incentrare il discorso inerente l'autismo.
    Abbiamo potuto appurare, sia attraverso le Linee guida per l’integrazione scolastica degli alunni con disabilità, sia tramite l’osservazione diretta in classe(grazie al percorso di tirocinio), che la scuola è terreno fertile affinché i bambini sin da piccoli possano rendersi conto della diversità di ognuno potendo dire da un certo punto di vista che“tutti siamo portatori di diverse abilità”. Diviene dunque essenziale creare attività che non siano in alcun modo discriminanti né tantomeno selettrici:una vera e propria inclusione sociale e culturale può avvenire avvalendosi dell’istruzione, il luogo dove le diversità convergono verso un unico obiettivo,la crescita della persona,lo sviluppo dell’autonomia e la lotta contro la diseguaglianza.
    Al fine di raggiungere pienamente tali mete è importante promuovere interventi psicoeducativi e abilitativi/riabilitativi e attività che rispettino il soggetto nella sua totalità considerando non solo la patologia ma anche la sfera culturale, psicologica,familiare,sociale di quest’ultimo.
    Dopo la lettura di questo capitolo è emerso con "prepotenza" la rilevanza che risiede nel termine INTEGRAZIONE/INCLUSIONE.
    Al fine dell’inclusione scolastica è importante ricordare che lo sviluppo degli apprendimenti deve avvenire attraverso la comunicazione, la socializzazione e la relazione interpersonale. Tutto ciò, però, conduce anche ad una crescita individuale che avviene grazie all’ “altro”, e quindi al grande sistema di relazioni che si crea all’interno di una scuola.
    Per consentire questo processo di integrazione e di crescita è necessario conoscere e riconoscere il bambino con la sua storia e i suoi bisogni.
    Molto spesso la persona diversamente abile viene considerata, erroneamente, una sorta di “eterno bambino” mai collocato al di fuori dell’ambito scolastico e conseguentemente mai inserito in una prospettiva futura.
    Quando parliamo di integrazione/inclusione non intendiamo mettere in evidenza solo l’istituzione scuola ,che potrebbe rappresentare un punto di partenza nel senso di appartenenza ad un “gruppo” o ad una “comunità”, ma anche a contesti esterni a questa.
    A tal proposito fondamentale si rivela la figura dell'educatore NPI il cui raggio d'azione ricopre diverse aree di intervento: la generalizzazione dell’esperienza, la comprensione delle proposte sociali, lo sviluppo dell’intersoggettività, il potenziamento dell’autonomia (personale, scolastica, lavorativa), la gestione dei problemi di comportamento, il rinforzo delle abilità cognitive, la facilitazione dell'inserimento e dell’integrazione scolasticadiverse aree di intervento: la generalizzazione dell’esperienza, la comprensione delle proposte sociali, lo sviluppo dell’intersoggettività, il potenziamento dell’autonomia (personale, scolastica, lavorativa), la gestione dei problemi di comportamento, il rinforzo delle abilità cognitive, la facilitazione dell'inserimento e dell’integrazione scolastica attraverso la collaborazione attiva con i docenti e la proposta di insegnamenti individualizzati e tecniche di insegnamento specifiche. attraverso la collaborazione attiva con i docenti e la proposta di insegnamenti individualizzati e tecniche di insegnamento specifiche.
    Non esiste un approccio pedagogico migliore in senso assoluto per i casi di autistmo. La scelta del trattamento dipende dall’età del bambino e dalla qualità del disturbo. I metodi di trattamento possono essere distinti in due categorie: a riferimento strategico e strutturali. I primi hanno carattere relazionale e vengono usati per periodi brevi, gli altri sono riabilitativi e durano più a lungo, in mo,lti casi per tutta la vita.
    Alcuni esempio di spessore sono :l'AERC,MODELLO PORTAGE,TEACCH ed il DENVER MODEL.
    L’AERC, acronimo di attivazione emotiva e reciprocità corporea, è un approccio, una “filosofia di lavoro” che guida ed orienta l’intervento di operatori e genitori al coinvolgimento emozionale e alla intersoggettività del bambino affetto da questa patologia. Nel soggetto sano sin dai primi momenti di vita è la madre o la figura di attaccamento che canalizza l’attenzione del bambino e lo guida allo sviluppo fisico e cognitivo. La madre attraverso il contatto fisico, lo scambio relazionale, la reciprocità corporea e sociale rende possibile lo sviluppo integrato ed armonico della personalità del bambino. Zappella sulla base di queste considerazioni ha proposto un approccio centrato sul recupero della reciprocità tra il bambino autistico ed il genitore, che si articola in tre momenti ossia : il guardarsi negli occhi, rispettare i turni e condividere, dare lo stesso significato ai messaggi che ci si scambia.Lo strumento principale è il genitore o il terapeuta che, in un luogo adeguatamente strutturato, stabilisce una relazione con il bambino attraverso attività ludiche o grafico-pittoriche, mentre l’altro genitore, che poi prenderà il suo posto, guarda dietro uno specchio insieme ad un altro terapeuta cercando di capire quello che sta avvenendo. Quest’attività è utile ai genitori per recuperare un rapporto con il figlio spesso fallimentare.
    Il metodo PORTAGE è stampo comportamentista la cui funzione è quella di offrire una guida ai genitori circa le attività più adeguate da proporre al bambino. Il Metodo Portage inoltre consente di valutare periodicamente nel corso della terapia, i cambiamenti del fanciullo. Per i bambini che non parlano la Comunicazione Aumentativa e Alternativa può essere uno strumento molto importante e può spesso integrarsi con un approccio etodinamico: entrambi, infatti, fanno riferimento all'intelligenza sensorio-motoria che rappresenta spesso il livello cognitivo reale di molti bambini autistici piccoli e anche il modulo cognitivo prevalente di altri soggetti autistici più grandi, viste le loro difficoltà simbolico-linguistiche, che in diversa misura e forma si ritrovano in tutti questi soggetti.
    Il programma TEACCH è di tipo cognitivo-comportamentale ideato da Shopler, individua le tappe necessarie per predisporre un intervento psico-educativo individualizzato. È importante, in particolare, che l'ambiente di apprendimento sia strutturato e prevedibile e che le attività che gli vengono proposte siano precise e, soprattutto per i bambini che non parlano, comprensibili al di là delle indicazioni verbali. La strutturazione deve riguardare sia gli spazi sia i tempi di lavoro; per es. possono essere utilizzate delle immagini che descrivono i vari momenti della giornata, e al bambino viene insegnato ad associarne ciascuna ad un preciso momento/attività della sua giornata. Abbiamo appreso che la principale "pecca" di questo programma è che il bambino rischia di avere grandi difficoltà nella generalizzazione e vi può essere il rischio che egli agisca solo con questi sistemi artificiali, da cui poi non sarà più in grado di liberarsi.
    A seguito delle lezioni tenute dalla Dott. Nunzia Giglio ci siamo sentite in dovere e motivate ad approfondire,anzi scoprire, il DENVER MODEL.
    Alla base di questo approccio vi sono degli enunciati come ad esempio:
    le famiglie devono essere a capo del trattamento dei loro bambini, dal momento che ogni bambino con autismo e la sua famiglia sono unici, gli obiettivi, gli interventi e gli approcci devono essere individualizzati;
    i bambini con autismo possono apprendere con successo;
    dal momento che l’autismo è in sostanza un disturbo sociale, il trattamento deve focalizzarsi sulla disabilità sociale;
    i bambini sono membri della famiglia e della comunità ed è necessario che abbiano un ruolo nella famiglia e nelle attività della comunità;
    i bambini con autismo hanno una mente, opinioni, preferenze, scelte, e sentimenti; hanno diritto alla espressione di sé e ad un certo controllo del proprio mondo;
    il gioco è uno dei mezzi più potenti di apprendimento cognitivo e sociale a disposizione del bambino;
    Si tratta di un modello basato sull’"approccio evolutivo" in cui l’intervento è centrato sul bambino per favorire la sua iniziativa, la sua motivazione e la sua partecipazione.
    La lettura di questo capitolo ci ha permesso di comprendere sempre più le difficoltà che si celano dietro l'insegnamento definito "speciale". Entrano in gioco diversi fattori come la professionalità,l'etica e in primis l'amore a la dedizione.
    Siamo sicuramente un pò spaventate data la nostra inesperienza,ma sempre più convinte della nostra scelta.
    A tal proposito ci aveva colpito molto un'affermazione significativa di Patrizia Gasperi:
    “Una scuola efficace accetta la sfida della complessità, sa farsi sfondo narrativo, luogo di incontro di storie diverse, dinarrazioni condivise, dando spazio al quotidiano, all’extrascuola, nel tentativo diricomporre “frammenti di vita”. Una scuola efficiente, capace di valorizzare le risorse umane di cui dispone, fa da collante e da lievito, da modo al genitore,all’insegnante, al bambino di sentire accolte, legittimate le proprie narrazioni. Solo la scuola che sa narrarsi è disponibile ad ascoltare storie, aiuta a leggerle e scriverle, suggerisce nuovi significati, fa prevenzione primaria nel territorio, poiché risponde all’esigenze di identità individuale e sociale, tentando di migliorare le condizioni ambientali che possono procurare disagio” Ecco è questo quello che ci auguriamo in qualità di future insegnanti : una scuola che sfida la complessità affacciandosi sul mondo della conoscenza e della diversità.
    IL GRUPPO è FORMATO DA : MARIA SCOTTO DI FASANO, CAPONE GUENDALINA,ELVIRA CIBELLI.[/quote]

    Il lavoro è molto ben fatto.
    Le richieste dell'esercizio sono state esaurite.
    La sintesi è significativa e arricchita dal confronto teorico
    Emergono le riflessioni del gruppo
    La tutor Dott.ssa Nunzia Giglio
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    ES.n. 1 AUTISMO (chiude 27 febbraio x esami 29 e sessione estiva) - Pagina 17 Empty ES.n. 1 AUTISMO (chiude 3 febbraio)

    Messaggio  mdavino Sab Feb 04, 2012 5:02 pm

    Mi prenoto per il testo Facciamo il punto su l'autismo - capitolo 3 Evoluzione dei disturbi dello spettro autistico. I bambini che escono dall'autismo (off autism)
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    Messaggio  rosaria riccio Sab Feb 04, 2012 9:09 pm

    ESERCIZIO N. 1
    Facciamo il punto su l’autismo
    Cap. 4 – La costruzione dell’alleanza con la famiglia


    L’autismo determina un’alterazione precoce e globale di tutte le funzioni essenziali del processo evolutivo del bambino.
    I sintomi caratteristici sono: compromissione qualitativa dell’interazione sociale, compromissione qualitativa nella comunicazione; modelli di comportamento, interessi e attività limitati, ripetitivi e stereotipati.
    E’ indispensabile, per mirare ad un futuro di inclusione per l’età evolutiva, come Schopler aveva ben delineato, iniziare fin dalla prima infanzia la miglior strategia educativa. Un intervento precoce ed intensivo deve prevedere un progetto, estremamente pratico e sinergico, con la partecipazione di tutti gli "attori" attorno all'individuo autistico, con un approccio evolutivo-comportamentale.
    Tra gli approcci comportamentali evidenzio il TEACCH, secondo Schopler, ideatore del programma, il coinvolgimento dei genitori incide al 50% sulle possibilità di successo del programma.
    Infatti la famiglia è l’unità di cura, è l’organismo da cui parte e a cui ritorna continuamente l’azione di aiuto, intesa quale reciproco modo di vivere tra gli uomini.
    I genitori sono a contatto con i loro figli più a lungo di qualsiasi altra persona, pertanto il loro coinvolgimento facilita la generalizzazione delle abilità acquisite dal bambino autistico.
    Per i genitori svolgono un ruolo fondamentale i programmi di formazione che mirano a trasferire delle competenze educative in senso ampio permettendo loro di affrontare e probabilmente risolvere anche eventuali nuovi problemi che potrebbero emergere in futuro. In questo modo i genitori si sentono elementi responsabili nel favorire il corretto sviluppo cognitivo e sociale del loro figlio comprendendone gli atteggiamenti attraverso i feedback. Costruire un alleanza significativa e collaborativa tra operatori e genitori è però forse uno degli obiettivi più difficili e richiede un certo numero di compiti strategici: costruire una forte relazione di ascolto e sostegno, creare un senso di empowerment, insegnare, interpretare guidare, mettere in dubbio, fare ipotesi, ecc.
    Per tale ragione, durante i programmi formativi sono fondamentali supporti morali alle famiglie che possono passare periodi di scoraggiamento causati da grandi sforzi che non hanno portato ad alcun risultato positivo o quasi. In tali circostanze giocano un ruolo essenziale esperienze esterne (i “programmi respiro”) per il soggetto autistico. Il concetto di “respiro” non è riferito solo alle famiglie, ma anche all’autistico stesso che può sperimentare se stesso lontano da casa, in un ambiente protetto ma allo stesso tempo adatto ad una costruzione graduale delle propria autonomia lavorando così al proprio percorso di crescita anche al di fuori dell’ambiente familiare.

    Lavoro sufficiente,
    le richieste dell'esercizio sono state esaurite e
    la sintesi è stringata ma completa.
    Emergono poco le considerazioni critiche.
    la tutor Dott.Nunzia Giglio



    Considerazioni: Il diritto del bambino autistico di far parte a pieno titolo del mondo sociale, scolastico, lavorativo, ha coinvolto giustamente anche la sua famiglia, che si afferma come il primo punto d'incorocio dei percorsi per l'integrazione; gli interventi sono quindi mirati a sostenere la famiglia nello svolgimento delle sue funzioni affettive, curative, educative; da parte dei servizi questo deve tradursi nel favorire il mantenimento e la valorizzazione delle capacità e delle responsabilità familiari. I genitori possono e devono essere protagonisti attivi delle scelte e degli interventi attuati per i loro figli, senza rinunciare alle identità personali e di coppia. L'aiuto dei servizi tende quindi a far apprezzare l'utilizzo sia delle proprie risorse che delle opportunità del mondo sociale e dei servizi stessi, costruendo così processi di reciproca formazione e crescita.


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    ES.n. 1 AUTISMO (chiude 27 febbraio x esami 29 e sessione estiva) - Pagina 17 Empty Re: ES.n. 1 AUTISMO (chiude 27 febbraio x esami 29 e sessione estiva)

    Messaggio  federicaBRUNO Sab Feb 04, 2012 9:58 pm

    ESERCIZIO N 1 :Facciamo il punto sull’autismo – cap 2. Interventi psicoeducativi e abilitativi/riabilitativi.

    "L'autismo è considerato dalla comunità scientifica internazionale un disturbo che interessa la funzione cerebrale; la persona affetta da tale patologia mostra una marcata diminuzione dell'integrazione sociale e della comunicazione. Attualmente risultano ancora sconosciute le cause di tale manifestazione."
    Kanner fornisce un quadro della sindrome autistica precoce di grande precisione clinica, individuando in quattro principali nuclei sintomatici, che rappresentano il quadro psicologico.
    1. L'autismo infantile di Kanner va inteso nel senso di estremo isolamento dagli altri, di rifiuto di ogni contatto corporeo, di indifferenza rispetto alla separazione delle figure parentali. L'altro è vissuto in modo utilitaristico.
    2. Le bizzarrie e i disturbi del linguaggio che può essere del tutto assente e in ogni caso non comunicativo.
    3. Il bisogno ossessivo di uniformità ambientale che da sicurezza al bambino.
    4. L'alterata reazione al dolore. I bambini autistici sembrano incapaci di provare o esprimere dolore anche in seguito a lesioni consistenti o, comunque, non manifestano reazioni al dolore nei modi consueti dei bambini normali, come il pianto e le urla.
    Egli considera l'autismo una patologia innata, studi più recenti hanno confermato la sua ipotesi. L'autismo è classificato come un disturbo pervasivo dello sviluppo. Attualmente non esiste una cura per questo disturbo, le terapie o gli interventi vengono scelti in base ai sintomi individuali. I sintomi possono essere di tre tipi:
    1. interazione sociale alterata;
    2. problemi nella comunicazione verbale e non verbale e di immaginazione;
    3. attività e interessi insoliti o estremamente limitati.
    I sintomi dell'autismo di solito si manifestano entro i primi tre anni d'età, è importante perciò che l'intervento sia:
    • precoce, intensivo, integrato;
    • specifico, individualizzato, multimodale.
    Esistono vari metodi educativi e terapie che si possono raggruppare in tre aree: dinamiche della psicologia dello sviluppo; strutturazione dell’ambiente per via visiva; comunicazione aumentativa alternativa (CAA); analisi comportamentale.
    Tra i principali metodi troviamo l’ AERC ( Attivazione Emotiva con Reciprocità Corporea), elaborato e usato in Italia, caratterizzato da una continuità di applicazione sia con le modalità dell’educazione strutturata che con quelle della CAA (Comunicazione Aumentativa Alternativa), con cui ha in comune il concetto di mettere il bambino al centro dell’intervento terapeutico, nell’ambito del quale essa può essere rimodulata o alternata con altri metodi quando la specifica necessità del bambino dovesse richiederlo.
    In questo metodo, che si basa sul concetto di Reciprocità, le principali idee guida sono:
    1. guardarsi negli occhi;
    2. rispettare i turni e condividere;
    3. dare lo stesso significato ai messaggi che ci si scambia.
    Reciprocità e scambio di ruolo nella relazione sociale favoriscono, in un contesto di quotidianità, l’aumento di parole e testi attraverso il quale la relazione si arricchisce. Altro fattore caratterizzante dell’AERC è l’integrazione tra intervento educativo e terapeutico, dove i soggetti famiglia, scuola e terapista fanno sistema. L’AERC risulta efficace quando il bambino ha buone capacità esecutive, in mancanza di esse la riabilitazione deve seguire strategie strutturate per via visiva.
    Tra i metodi riabilitativi indirizzati all’analisi comportamentale troviamo il metodo PORTAGE, di impronta comportamentista. Esso è costituito dall’elenco delle principali attività che il bambino compie fino a 6 anni, che è distribuito in 5 scale: autonomia; cognitiva; linguaggio; sociale; motricità. Il metodo li applica quotidianamente per sostenere gli aspetti motivazionali e modificare i sistemi di comportamento. Il Portage si associa ad un’attenzione agli aspetti relazionali quindi l’intervento deve accompagnarsi ad uno stato di benessere delle persone che lo conducono e deve attuarsi in un tempo limitato per non interferire con le principali attività del modello familiare.
    Per quanto riguarda l’intervento educativo strutturato possiamo affermare che esso trova le proprie potenzialità applicative laddove nel bambino si riscontra la mancanza di capacità esecutive. La metodologia dell’intervento prende spunto da una relazione con quanto proposto e suggerito dal bambino – le proprie risorse, le abilità, le distorsioni difficoltà e interessi–.
    Modello di riferimento dell’intervento educativo strutturato è il TEACCH (Treatment and Education of Autistic Related Communication Handicapped Children). Esso è un intervento psicoeducativo che parte da una valutazione personalizzata e gli interventi interessano terapie integrate e programmate in modo individualizzato a seconde dell’area che si intende sviluppare e vengono effettuati in diversi contesti. I principali contesti sono:
    1. Lavoro individuale. Una strategia operativa importante è quella di rendere attraente il momento di lavoro, creare un ambiente empatico con il bambino attraverso un gioco che lo coinvolga e lo motivi a stare seduto o a guardarci negli occhi (es. bolle di sapone). Occorre saper organizzare il tempo e adattare l’ordine di esecuzione delle attività alle prestazioni individuali iniziando dalle richieste più semplici.
    2. Partecipare alla costruzione del programma. Costruire un’agenda con il bambino ha lo scopo di favorire la prevedibilità di tempi e azioni. L’attesa di un’attività attraente e piacevole aumenta il livello di motivazione e la collaborazione.
    3. Le attività. Quelle più adatte sono quelle comprensibili, che permettono un buon livello di gratificazione e che rispondono ai requisiti di un progetto individualizzato. La finalità è ottenere qualcosa di utile per la vita e per il benessere del bambino.
    4. Lavoro in piccolo gruppo. Le principali finalità del lavoro in piccolo gruppo consiste nel facilitare le relazioni sociali favorendo la condivisione di esperienze, la reciprocità sociale e la comprensione di regole di comunicazione verbale e non verbale attraverso simulate, giochi di scambio e attenzione congiunta, racconto spontaneo con mediazioni oggettuali, indicazioni cartacee stabili, elaborazione di testi.
    5. La rete dei servizi. L’esperienza di apprendimento deve essere sperimentata simultaneamente in tutti i contesti di vita del bambino per consentire la condivisione e l’utilizzo delle metodologie educative specifiche nella struttura riabilitativa, nella scuola e in famiglia. Il setting terapeutico è una palestra dove è possibile allenarsi a sostenere lo sforzo della comprensione delle consegne, gestire i problemi di comportamento, imparare tecniche di comunicazione e di relazione e sperimentarle nella vita.
    6. Interventi educativi in famiglia. Il principio che è alla radice dell’approccio TEACCH è la collaborazione tra i genitori e gli operatori. I genitori forniscono soluzioni e suggerimenti che offrono ai professionisti indicazioni importanti per un lavoro di cooperazione. In famiglia si evidenziano le priorità educative: autonomia personale, gestione delle relazioni in famiglia, contenimento dei comportamenti aggressivi in relazione a eventi destabilizzanti, particolarità dell’alimentazione ed eccessiva selezione dei cibi, comportamenti problematici, abilità sociali e relazionali e gestione del tempo libero.
    7. Interventi educativi a scuola. Nel servizio scolastico la metodologia TEACCH diventa realtà applicativa e l’insegnante mette a disposizione del bambino con autismo stili di conduzione e programmi altamente individualizzati, flessibili, creativi e modificabili. Nell’aula ricca di stimoli: disegni, poster, giochi, banchi, libri, lavagne, rumori, finestre, spazi, luci ecc. sarà più facile applicarsi se le abilità richieste sono già state sperimentate in un contesto di lavoro privilegiato; è nella scuola che lo sforzo personale del bambino e la tensione progettuale rivelano la loro efficacia. La scuola deve farsi inclusiva e favorire il benessere del bambino, l’integrazione scolastica e faciliti l’apprendimento attraverso linee progettuali.
    Questo metodo tende a modificare l’ambiente in base alle esigenze del bambino e tende a migliorare la qualità di vita dei soggetti sviluppando al massimo la loro autonomia. I supporti visivi dei quali si serve e i sistemi organizzati non sono strumenti terapeutici, il loro beneficio risiede nell’insegnamento del loro impiego.
    Durante il corso abbiamo trattato oltre al TEACCH anche il LOVAAS MODEL e il DENVER MODEL.
    Lovaas (1979) è stato uno dei primi ad utilizzare l’approccio ABA ( Applied Behavior Analysis, una metodologia molto articolata che prevede l’applicazione di precise tecniche secondo una progettazione specifica e analitica dell’intervento) con soggetti autistici. Negli anni ha modificato e rielaborato l’approccio fino alla proposta del DTT (Discrete Trial Training) o insegnamento per sessioni separate che prevede che le competenze da apprendere siano suddivise in sequenze di sotto-obiettivi e proposte all’interno di attività in un rapporto uno ad uno con l’adulto. Secondo la procedura di insegnamento bisogna tener conto di tre componenti: istruzione, risposta e conseguenza. Il programma ha come obiettivo il miglioramento dei comportamenti e delle capacità intellettuali, accademiche, sociali ed emozionali dei bambini, affinchè possano trarre beneficio dalle opportunità educative e sociali presenti nella comunità e richiedano meno assistenza professionale durante la crescita. Le caratteristiche principali di tale procedura sono:
    • L’insegnamento è condotto dall’operatore;
    • L’operatore sceglie i materiali didattici, definisce il programma e prestabilisce quale sia la risposta corretta;
    • Il rinforzo è estrinseco al compito;
    • Vengono ripetute più volte le stesse attività;
    • Il focus del trattamento è la risposta del bambino.
    Il metodo prevede un grande coinvolgimento della famiglia, una strutturazione e un numero di ora di intervento settimanale non indifferente. Una delle maggiori critiche mosse a molti approcci comportamentali tradizionali è proprio stata quella di essere eccessivamente artificiosi. Il Lovaas model in una prospettiva di rete e di alleanze psicoeducative, un forte coinvolgimento dei familiari, degli insegnanti, dei compagni di scuola, del gruppo dei pari, delle varie figure di riferimento educativo e non, che diventano a loro volta fondamentali collaboratori dei training di apprendimento e dei vari programmi di intervento psicoeducativo. Il ruolo degli operatori, degli educatori e dei genitori è quello di far acquisire comportamenti più adattivi e di organizzare l’ambiente in modo che esso sia rinforzante per i nuovi comportamenti appresi, che così saranno maggiormente mantenuti e impiegati nel tempo. Le principali caratteristiche di alcune tecniche tipiche di questo approccio sono: task analysis, prompting e fading, apprendimento senza errori, uso di modelli competenti, uso di rinforzi positivi, shaping e chaining ecc. L’obiettivo sarà veramente raggiunto quando le nuove abilità saranno applicate in tutti i vari contesti e per tutto il tempo necessario.
    Infine troviamo il DENVER MODEL al quale purtroppo il libro non da molto spazio. Si tratta di un programma di intervento rivolto a bambini con autismo prescolare proposto agli inizi degli anni ottanta da Sally Rogers; esso si rifà ad un modello di riferimento americano, dove si parte dal presupposto di ridurre l’istituzionalizzazione, per cui l’enfasi è posta sul potenziamento delle abilità di interazione del bambino, in quanto principale deficit che caratterizza il disturbo autistico. La cornice in cui si svolgono le interazioni tra bambino e adulto deve essere caratterizzata da coinvolgimento sociale, reciprocità alternanza di turni ed emozioni e affettività condivise; durante l’intervento, quindi, si cerca di creare routine sociali che permettano di creare tali condizioni. Le famiglie devono essere a capo del trattamento dei loro bambini. Le strategie di insegnamento comprendono:
    • essere sicuri di avere l’attenzione del bambino prima di impartire un’istruzione o fornire una dimostrazione;
    • l’insegnamento deve seguire l’ABC ( antecedente-comportamento- conseguenza);
    • utilizzare tecniche come shaping, chaining, prompting, fading e correzione degli errori per modificare le prestazioni;
    • utilizzare rinforzi preferibilmente intrinseci.
    La motivazione viene ottenuta e mantenuta seguendo l’iniziativa del bambino, alternando compiti acquisiti, rinforzando i tentativi, utilizzando materiale intrinsecamente rinforzante e permettendo un’alternanza nel controllo dei materiali e delle interazioni.
    Trasversale a tutti questi metodi troviamo la CAA (Comunicazione Aumentativa Alternativa).
    La compromissione della comunicazione è una delle caratteristiche che definiscono i disturbi dello spettro autistico. La comunicazione può essere compromessa in vari modi e lo sviluppo di migliori capacità comunicative sarà pertanto uno dei principali obiettivi dell’intervento educativo/abilitativo rivolto a un bambino con autismo. Questo intervento, da un lato, dovrà potenziare l’intersoggettività e tutte quelle forme di comunicazione non verbale ed espressiva che intervengono precocemente nello sviluppo della capacità di interazione sociale del bambino, dall’altro si dovrà porre l’obiettivo di individuare un codice di comunicazione convenzionale condiviso che consenta di veicolare gli scambi comunicativi tra bambini e le altre persone del suo ambiente. Nella maggior parte dei bambini con autismo, il linguaggio non rappresenta sempre un codice condiviso, il linguaggio di cui il bambino dispone non è sufficiente per esprimere i suoi bisogni e, la comunicazione aumentativa alternativa interviene proprio a supporto di queste difficlotà. Il termine “aumentativa” indica l’uso di strumenti che supportano e “aumentano” il linguaggio del soggetto, non è però solo il bambino che usa un codice in senso “aumentativo” a supporto del proprio linguaggio, ma è anche il partner comunicativo che lo utilizza, affiancandolo al proprio linguaggio, con lo scopo di farsi comprendere meglio. Il termine “alternativa” si riferisce invece all’uso di un certo codice come “alternativa” al linguaggio; offrire un metodo alternativo per farsi capire ha quindi implicazioni non solo sulla comunicazione, ma anche sull’interazione sociale e l’apprendimento e consente inoltre di prevenire molti problemi di comportamento. Ciò può avvenire fornendo ad esempio al bambino, un codice visivo che potrà essere utilizzato insieme al linguaggio e a supporto dello stesso. Le strategie di CAA potranno essere utilizzate per migliorare la strutturazione della frase e il suo utilizzo a scopo comunicativo. La CAA si avvale innanzitutto di strumenti di tipo visivo iconico: fotografie, disegni, pittogrammi, gesti e segni convenzionali. In una rassegna del 2001 Mirenda fa il punto su ciò che sappiamo sulla CAA e l’autismo, distinguendo fra gli ausili che servono a favorire la comprensione (INPUT) e ausili che facilitano l’espressione e al contempo favoriscono la comprensione (ausili per aumentare l’input e L’OUTPUT). Mirenda distingue inoltre sistemi di CAA che si avvalgono di ausili per l’output: si tratta di metodologie di impostazione comportamentale che insegnano, attraverso l’utilizzo di immagini, a fare delle richieste e a sviluppare altre funzioni comunicative. L’esempio più conosciuto e utilizzato è rappresentato dal Picture Exchange Communication System (PECS), un programma di intervento comportamentale che parte dall’insegnamento della richiesta attraverso lo scambio di un’immagine con l’oggetto. Questo programma, messo a punto da Frost e Bondy (1994) e utilizzato anche in Italia, prevede una sequenza di apprendimento di complessità crescente e consente in un certo numero di casi di aumentare anche le competenze linguistiche.
    Un’ altra forma di CAA è il Training di Comunicazione Funzionale centrato sull’insegnamento di abilità di comunicazione il cui scopo principale è quello di ridurre problemi di comportamento che sono connessi proprio con la difficoltà di comunicare. Il livello tecnologico degli strumenti impiegati può essere differente a seconda delle necessità del soggetto ; a questo proposito si è soliti distinguere tra CAA non assistita (si avvale solo del corpo) e CAA assistita (vengono utilizzati strumenti diversi dal corpo). Inoltre, possiamo distinguere una CAA senza tecnologia (per esempio uso di disegni o foto), una CAA a bassa tecnologia ( è il caso di pulsanti attraverso cui possono essere attivati messaggi registrati) e una CAA ad alta tecnologia (strumenti elettronici con sintesi di voce, di varia complessità). L’uso della CAA con soggetti con DSA rappresenta anche un modo concreto per dare applicazione ai principi dell’ICF che enfatizza il ruolo dei fattori ambientali nel rendere possibile la partecipazione e l’integrazione sociale della persona disabile. Tra questi fattori ambientali, la CAA rappresenta facilitatori per i soggetti con disturbi dello spettro autistico.
    Devo dire che l’approfondimento sull’autismo durante le lezioni è stato molto interessante e mi ha fatto avvicinare ad un mondo tutto nuovo. Sicuramente uno dei modelli che mi ha affascinata di più è il DENVER MODEL perché credo fortemente che i soggetti autistici debbano trovare prima di tutto un canale espressivo e raggiungere un buon livello di autonomia, tutto quello che riguarda gli apprendimenti e le conoscenze debba essere secondario. Avevo studiato alcuni metodi riabilitativi, ma le mie conoscenze erano molto superficiali. Grazie anche a questo excursus generale sui metodi più importanti posso ritenermi soddisfatta di quanto ho appreso e spero di aver soddisfatto la rischiesta.

    BRUNO FEDERICA

    Fonti: L.Trisciuzzi, “La pedagogia clinica”, ed. Laterza pagg. 93-99.
    www.wikipedia.it

    Lavoro complesso e ottimamente articolato,
    le richieste dell'esercizio sono state esaurite e superate
    la sintesi è arricchita da una veste critica e da un confronto coerente con il quadro teorico. Le citazioni sono ben scelte e il lavoro si presenta completo e ricco di suggestioni.
    la tutor Dott.ssa Nunzia Giglio
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    PELELLA MARIAROSARIA


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    ES.n. 1 AUTISMO (chiude 27 febbraio x esami 29 e sessione estiva) - Pagina 17 Empty Re: ES.n. 1 AUTISMO (chiude 27 febbraio x esami 29 e sessione estiva)

    Messaggio  PELELLA MARIAROSARIA Lun Feb 13, 2012 7:19 pm

    • Dal testo “Facciamo il punto sull’autismo” – Capitolo 3 “Evoluzione dei disturbi dello spettro autistico. I bambini che escono dall’autismo (off autism).”


    La lettura del capitolo in questione ci fa riflettere sulla possibilità di “uscire” dall’autismo e sulle conseguenze legate a questo fenomeno; prima di parlare di off autism, però, è necessario chiarire cosa sia l’autismo e quali sono i sintomi attraverso cui si manifesta.
    L’autismo non è una malattia, ma è un disturbo dello sviluppo della funzione cerebrale, caratterizzato, nel suo aspetto tipico, da tre tipi di sintomi fondamentali: interazione sociale alterata, problemi nella comunicazione verbale, non verbale e di immaginazione, attività e interessi insoliti o estremamente limitati. Tale disturbo impedisce, inoltre, di comprendere e organizzare le proprie informazioni percepite , per cui il soggetto autistico reagisce a queste aggressioni esterne con isolamento e stereotipie e, nei casi più gravi, con auto ed etero aggressività. L’evoluzione degli studi ha dato modo di pensare che le cause scatenanti siano di origine organica, in particolare del cromosoma 16 e forse del cromosoma 7, ma la possibilità dell’esistenza di concause, lascia ancora in sospeso questa discussione.
    Ma si può guarire dall’autismo?
    “Il decorso naturale del disturbo autistico prevede un miglioramento dei sintomi dopo i 5 anni. Dopo questa età si assiste a un miglioramento dei rapporti sociali del bambino e dei suoi intenti comunicativi. […] La linea dell’evoluzione globale di fondo è in relazione non tanto con le singole tipologie di interventi, quanto con la costanza, la sistematicità, la durata nel tempo dei trattamenti, la loro coerenza interna, la capacità di creare e mantenere comunque attorno al soggetto autistico un clima affettivo di sostegno con costanza di investimenti.” (http://www.lameridianaonlus.org/materiale/Alessandroni. pdf)
    Grazie ai sudetti trattamenti i soggetti autistici col tempo migliorano le loro capacità cognitive e linguistiche, “silenziando” i geni responsabili dell’autismo, nonostante il substrato anatomopatologico (e ve ne sono tanti e diversi) che costituisce la base organica delle manifestazioni cliniche, può non cambiare completamente. Bisogna tener presente, però, che gli off autism posso avere ulteriori disturbi come quelli relativi all’attenzione e all’iperattività. Potremmo dire, quindi, che la tempestività dell’intervento è uno dei fattori fondamentali
    per far si che un bambino guarisca; tutto ciò non può non farci riflettere sull’importanza del ruolo del docente: quest’ultimo deve essere preparato e appunto tempestivo per dare quel contributo determinante nella vita del bambino autistico.
    Maria Teresa Esposito
    Maria Teresa Esposito


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    Messaggio  Maria Teresa Esposito Gio Feb 16, 2012 12:21 pm

    La costruzione dell'alleanza con la famiglia.
    L'autismo probabilmente è la più difficile delle disabilità a cui far fronte.
    Riconoscere le difficoltà sociali di un bambino molto piccolo non è cosi' semplice,anzi spesse volte si può incorrere nel rischio di confondere determinati atteggiamenti bizzarri a normali variazioni di carettere e temperamento.
    La tendenza all'isolamento o determinate bizzarrie nel comportamento sociale d'altronde emergono maggiormente nel momento in cui vi è il confronto con altri bambini e ci si trova in un ambiente meno rassicurante e strutturato come quello familiare.Del resto accorgersi da piccoli segnali che si è di fronte ad un problema più grande di noi ,può provocare un dolore così forte da indurci a “ritardare” il più possibile il confronto con la realtà.Rimenere in questo stadio troppo a lungo è pericoloso ,poichè quanto prima si ha una presa di consapevolezza e viene fatta la diagnosi,tanto prima inizierà il trattamento e ci saranno quindi maggiori chances per il futuro del bambino.
    Oggi la famiglia viene coinvolta in tutte le decisioni che riguardano il progetto riabilitativo.In merito a ciò è di fondamentale importanza costruire un'alleanza significativa e collaborativa tra operatori e genitori,affinchè questi ultimi costituiscano una risorsa e parte integrante dell'intervento.
    Shopler,fondatore del celebre approccio TEACCH ,parlando del suo lavoro con i genitori di persone autistiche,sostiene che “l'esperienza può essere il miglior insegnante”, è come se ci fosse una certa somiglianza tra la saggezza implicita dei genitori e quella esplicita degli operatori,per cui si dovrebbe creare una relazione paritaria all'interno della quale vengono condivise esperienze e conoscenze da entrambe le parti.
    Formare i genitori ad acquisire competenze educative è possibile utilizzando vari metodi: Istruzione e Informazione ; Modellamento; Simulazione,feedback e compiti a casa.
    La partecipazione attivca dei familiari al trattamento riabilitativo permette di creare una continuità tra il sistema affettivo e il sistema sociale ; permette di generalizzare l'apprendimento del bambino nella vita quotidiana ; permette ai genitori di acquisire un proprio ruolo nell'educazione e nello sviluppo del figlio e di diventare artefici dei suoi progressi,nonchè rende consapevoli i genitori dei più “piccoli” cambiamenti e li aiuta a riconoscerli come progressi.
    Naturalmente è importante che olte all'acquisizione di nuove competenze venga garantito alla famiglia un sostegno emotivo,in quanto si trova a vivere situazioni di forte stress.Occorre quindi aiutare i genitori a sostenersi reciprocamente e a condividere il loro dolore,dando ad esso un tempo ed uno spazio in cui poter essere elaborato. Immaginare il proprio figlio condurre una “vita normale” ed autonoma non è per niente scontato,assistiamo molto spesso alla negazione del diritto all'adultità e di conseguenze essi vengono relegati al ruolo di “eterni bambini”;non si riesce minimamente a pensare ad un loro futuro.
    Si ha paura che la vita riserverà loro solo delusioni e dolore e si vorrebbe proteggerli dalle frustrazioni dall'accorgersi di “essere diverso”.
    Si rimane paralizzati al qui ed ora ,non riuscendo ad andare oltre con lo sguardo nella prospettiva di un Progetto di Vita.
    Fortunatamente però negli ultimi anni sempre più famiglie si stanno allontanando da quegli stereotipi di figlio-malato, prospettando per lui un possibile futuro ,e lo fanno anticipando il distacco tra loro e il figlio ,sperimentando forme di soggiorno temporaneo in piccole comunità appositamente progettate e strutturate per far fronte alle difficoltà dei ragazzi autistici.Si tratta dei famosi RESPIRE CARE o PROGRAMMI RESPIRO i quali si prefiggono come obiettivo quello di avvicinare la persona autistica ad una vita autonoma e indipendente.
    Ciò che sicuramente emerge da questa analisi è il ruolo centrale della Famiglia.
    Quanto essa sia la prima cellula della società lo si può vedere chiaramente anche nella realtà della “disabilità”,dove essa gioca un ruolo insostituibile come luogo di cura e di calore umano.

    Maria Teresa Esposito
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    Francesca Gravina


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    ES.n. 1 AUTISMO (chiude 27 febbraio x esami 29 e sessione estiva) - Pagina 17 Empty Re: ES.n. 1 AUTISMO (chiude 27 febbraio x esami 29 e sessione estiva)

    Messaggio  Francesca Gravina Dom Feb 19, 2012 10:35 am

    Relazione sul cap. 4: "l'alleanza con la famiglia" dal testo: facciamo il punto sull'autismo.


    Il termine autismo identifica una disabilità permanente complessa, di natura neurobiologica, che si manifesta ed è identificabile nella prima infanzia sulla base di difficoltà di comunicazione, interazione e modalità comportamentali. Seppur a volte sia difficile, è molto importante diagnosticare l’autismo in età precoce identificando i segnali di rischio perché un intervento precoce può migliorare sensibilmente la qualità della vita della persona autistica. Per quanto fin qui esposto, appare indispensabile in questa prima fase la collaborazione dei genitori con gli operatori per l'elaborazione di un programma d'intervento. Proprio i genitori e in particolare le madri sono stati considerati responsabili delle problematiche dei loro figli autistici. Oggi fortunatamente gli approcci affermano la centralità della famiglia riconoscendone il valore di uno spazio privilegiato, in cui il soggetto possa interagire e partecipare. Risulta quindi molto importante creare una sorta di alleanza con gli operatori al fine di conseguire obiettivi positivi. Gli interventi rivolti alla famiglia si prefiggono, quindi, in primis che i genitori raggiungano un adeguato livello di conoscenza dell’autismo. Ciò comporta che i genitori del bambino siano informati su che cos’è l’autismo, sulle cause del disturbo, sulle ricerche che vengono effettuate. Inoltre, è importante informarli sulle terapie proposte a livello internazionale, illustrare loro il percorso terapeutico che si prospetta a breve e medio termine e dunque sulle risorse territoriali, in relazione al territorio di appartenenza. La famiglia nella gestione quotidiana del bambino autistico necessita di disporre di una rete di servizi accessibili già dai primi anni di vita. A tal proposito esiste la TEACCH che è un’organizzazione di servizi su base statale creata da Eric Shopler e dai suoi collaboratori. Questa offre servizi alle persone con l’autismo e alle loro famiglie e formazione e consulenza alle scuole. Secondo Shopler i genitori sono i migliori esperti del loro bambino; essi sono capaci di individuare per lui le priorità e scoprire forme di educazione efficaci. Gli operatoti professionali, d’altro canto, sono esperti di bambini in generale di autismo e di trattamenti educativi speciali. I migliori risultati quindi provngono da un’efficace collaborazione tra i due esperti.

    Per sconfiggere l’idea che la consulenza ai genitori con figli autistici possa poi tradursi in indicazioni frammentarie su cosa si potrebbe fare, oppure nella consegna di strumenti utili ma lasciati alla lettura degli interessati e all’applicazione senza guida e senza verifiche di ciò che poi accade nell’ambiente di vita, è utile conoscere alcuni metodi maggiormente diffusi nei programmi strutturati di formazione con i genitori. Un primo approccio può essere quello di fornire ai genitori un quadro organizzativo che presenta alcune idee generali, non esageratamente dettagliato che illustri ciò che sarà appreso in modo da favorire la partecipazione e la collaborazione. E’ importante che le informazioni siano fornite in modo positivo, senza concentrarsi troppo sulle cose che i genitori non devono fare evitando di creare su di loro una pressione negativa eccessiva; non bisogna dare per scontato che i genitori sappiano fare tutto e siano esperti di tutte le situazioni. L’osservatore deve fornire dimostrazioni concrete sul da farsi strutturando sessioni di role play dove viene fatto impersonare ai genitori la parte del figlio: in tal modo i genitori possono concretamente osservare il comportamento dell’operatore di fronte a determinate situazioni in cui il figlio è solito trovarsi. Questo è un punto fondamentale perché così facendo non si mettono minimamente in discussione l’identità e il proprio valore come genitore e come persona evitando inutili frustrazioni e abbattimenti. Compito dell’operatore è quindi quello di incoraggiare i genitori ad applicare concretamente con il loro figlio determinate abilità valutandone i feedback durante lo svolgimento delle varie azioni e non a conclusione della simulazione per favorire eventuali aggiornamenti o modifiche in itinere. Un altro punto importante è l’assegnazione da parte dell’operatore di compiti educativi da svolgere a casa attraverso i quali i genitori possono esercitarsi e mettere in pratica le nuove abilità acquisite. E’ importante che gli operatori siano molto chiari nelle consegne, sul come e quando applicare tali tecniche perché in quelle occasioni l’operatore non sarà presente per dare feedback.

    Di fondamentale importanza nell’esperienza dei genitori è il sostegno psicologico dell’operatore che cerca di creare una solida alleanza psicoeducativa, tenendo conto di numerosi fattori come lo stress che possono ostacolare questa relazione. Per cui, deve distinguere i due momenti: quelli della formazione e quelli del sostegno emotivo, cioè deve elaborare congiuntamente le reazioni emotive e cognitive dei genitori rispetto al focus di intervento. In questo modo si può comprendere principalmente “che cosa i genitori dicono e pensano su ciò che fanno”.
    Cavell individua due modalità nel processo di elaborazione congiunta:
    1) Lasciare che i genitori raccontino la loro storia, e quindi ascoltare come le problematiche del figlio hanno influenzato la loro vita;
    2) Esplorare i “miti” dei genitori, chiedendo il loro punto di vista sul ruolo del genitore stilando una lista.

    Idea diffusa nelle famiglie con bambini autistici è il non poter immaginare una vita normale per il loro figlio quando sarà adulto. Infatti molti genitori sono più concentrati su ciò che gli è davanti ora, sulle preoccupazioni quotidiane che sul domani: cercano di proteggerlo dall’autoconsapevolezza della propria situazione perché hanno paura della delusione che avrà il loro figlio quando conoscerà i propri limiti e si accorgerà di “essere diverso”. Diversamente, in una nuova prospettiva di un Progetto di vita adulta, sempre più famiglie riescono a guardare oltre, ad uscire da quegli stereotipi che vedono nella famiglia l’unica risorsa per la vita futura del figlio. Pertanto, molte famiglie provvedono a dare al figlio esperienze di vita, attraverso diverse iniziative, che lo aiutino ad avere quel minimo di autonomia per avere la sua indipendenza. Di fatti, in questa nuova ottica i “programmi respiro” preparano le famiglie al distacco tra loro e il figlio: offrono ai bambini, agli adolescenti ed agli adulti autistici la possibilità di trascorrere dei periodi lontani da casa in ambienti accoglienti e “su misura” per le difficoltà tipiche dell’autismo e, contemporaneamente, offrono alle famiglie “un po’ di respiro”, un po’ di tempo libero. Grazie ai programmi psicoeducativi ed ai diversi accorgimenti posti nell’arredo, questi ambienti mirano principalmente ad avvicinare gradualmente la persona autistica ad una vita più autonoma e indipendente.

    Negli ultimi vent’anni sono aumentate le associazioni di famiglie e di persone con disturbi autistici che hanno il merito di aver apportato un cambiamento culturale e nella sensibilità diffusa rispetto a questi disturbi. Sono associazioni che operano sull’informazione, sulla sensibilizzazione e sulla tutela dei diritti. Le iniziative proposte sono numerose, anche nel nostro Paese, ma spesso i risultati non sono buoni di qualità per cui le associazioni intervengono attraverso l’impegno nelle microcomunità abitative per il sollievo familiare, nei percorsi di integrazione lavorativa, ecc.

    Conclusioni
    E’ importante che i genitori imparino a leggere tutti gli episodi, anche quelli negativi, con occhi nuovi, capaci di prevedere i bisogni del bambino e le conseguenze che derivano da certi comportamenti disturbanti. Non è possibile pretendere di modificare completamente situazioni familiari complesse, ma bisogna essere in grado di scomporre i problemi e riuscire ad affrontarli in maniera separata, comprendendo le peculiarità del bambino. Credo che non esista una ricetta universale e infallibile proprio perché ogni bambino è diverso dall’altro e inoltre, le storie familiari sono così peculiari che non consentono di trarre generalizzazioni; tuttavia condivido alcune informazioni tratte dalla lettura di questo capitolo, in primis l’importanza di dare frequenti informazioni di ritorno, feedback sulla qualità dei comportamenti messi in atto dal bambino e la necessità per i genitori di acquisire familiarità con le tecniche coinvolgendo direttamente il figlio.

    Schopler e al.: Strategie educative nell’autismo, Milano, Masson, 1991; Attività didattiche per autistici, Milano, Masson, 1995.
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    Messaggio  Montella Tonia Lun Feb 20, 2012 11:34 am

    Dal libro "facciamo il punto sull'autismo" cap.1 Le cause dell'autismo e le sue basi biologiche,lo screening precoce e la diagnosi.
    Che cos'è l'autismo?
    La parola autismo richiama alla nostra mente le seguenti parole: mutismo, isolamento, indifferenza nei confronti dell'ambiente esterno, ma anche alcune capacità intellettuali superiori alla norma. Ma se riflettiamo attentamente su queste parole sembrano essere alla fine imprecise e superficiali. Il disturbo autistico è un deficit le cui cause non sono ancora chiaramente definite. Tale disturbo fu descritto per la prima volta nel 1943 dal dr. Leo Kanner, il quale sosteneva che i bambini autistici nascono con una incapacità congenita di stabilire contatti normali con persone. L'autismo è una sindrome comportamentale causata da un disordine dello sviluppo biologicamente determinato. Le aree prevalentemente interessate sono quelle relative all'interazione sociale reciproca, all'abilità di comunicare idee e sentimenti e alla capacità di stabilire relazioni con gli altri. Esso non ha una singola causa ma nasce da un insieme di fattori genetici, organici e biochimici. Attraverso lo studio microscopico del cervello e agli esami radiografici sono state investigate le basi neurobiologiche di tale disturbo.
    L'incidenza è stimata in vari studi internazionali con una media di 0,8/1 soggetti ogni 1000 nati, con una prevalenza di 4 maschi per una femmina; le cui cause possono dipendere da fattori genetici come: quando l'età paterna è elevata, oppure quando in famiglia sono già presenti bambini affetti da questa sindrome.
    L'autismo può essere primario, oppure secondario quando si manifesta in conseguenza di anomalie genetiche, cromosomiche, malattie infettive o traumi che colpiscono precocemente il sistema nervoso centrale.
    I sintomi hanno un esordio precoce, prima dei tre anni di vita. L'autismo infatti compare entro il trentesimo mese di vita e i segni principali che orientano verso una possibile diagnosi sul bambino possono essere inizialmente sfumati ed evidenti già nel primo anno di vita, oppure manifestarsi in modo chiaro verso il diciottesimo mese di vita. Le preoccupazioni dei genitori espresse sugli strani comportamenti dei figli dovrebbe essere il campanello d'allarme per il medico di famiglia, di valutare l'opportunità di una consulenza specialistica. I soggetti affetti da autismo risentono di una diagnosi precoce integrata tra famiglie-scuola-istituzione e riabilitazione, che va adattato alle caratteristiche soggettive ricercate con una attenta valutazione per ogni individuo. Nella fase della diagnosi la collaborazione della famiglia risulta indispensabile, ed è strutturata in colloqui e questionari specifici. Esistono diverse cheklist che indagano sulle aree critiche della patologia. In una fase successiva, le valutazioni vengono approfondite in aree specifiche per stabilire lo stato intelletuale, la capacità adattiva del comportamento,ecc. Esistono varie terapie riabilitative come:
    Programma TEACCH:
    Metodo nato negli Stati Uniti negli anni 60 ed è stato elaborato per sviluppare nel paziente autistico abilità imitative, funzioni percettive, abilità motorie, comprensione e uso del linguaggio e gestione del comportamento.
    Il trattamento consiste in attività individuali e contestualizzate secondo alcuni criteri fondamentali.
    Metodo Holding:
    Il contatto fisico e visivo che ha il genitore e il bambino è molto intenso, il bambino è costretto in un abbraccio affettuoso, ma forzato, con uno dei genitori, in una posizione che obbliga all'incontro di sguardi, accompagnato da un linguaggio tenero e dolce ( baby-talking). La comunicazione diretta diventa quasi inevitabile e generalmente il bambino da chiuso e passivo si attiva improvvvisamente manifestando il suo rifiuto, reazione valutata positivamente in quanto espressione intenzionale di una sua volontà.
    Bisogna favorire l'integrazione sociale e scolastica dei bambini affetti da questo disturbo, ma anche promuovere degli interventi di supporto sociale alle famiglie di tali soggetti, rendendoli attivamente partecipi della vita dei propri figli.
    MONTELLA TONIA
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    Messaggio  rosagracco Lun Feb 20, 2012 3:00 pm

    Gruppo: Gracco Rosa, Tesoro Raffaella, Tesone Daniela
    Cap 3.Evoluzione dei disturbi dello spettro autistico.I bambini che escono dall'autismo (off autism)

    Si ritiene comunemente che l’autismo sia una condizione che duri tutta la vita e che i trattamenti possibili debbano essere indirizzati soprattutto a ridurre i sintomi comportamentali (autolesionismo, aggressività, ecc) e ad aumentare le capacità cognitivo/comportamentali (comportamenti sociali, linguaggio, ecc). Cosa accade però quando questi trattamenti riescono ad eliminare i sintomi fino al punto in cui il soggetto non incontra più i criteri per l’autismo?
    In un numero abbastanza alto di casi, la guarigione è una evidenza incontestabile, ma, così come la definizione di “normalità” ha diverse accezioni significative, anche la parola “guarigione” può avere diverse interpretazioni.
    Il significato più comune della parola guarire è ”ritornare ad una condizione normale, ad uno stato originario di salute”. Ricordando che gli attuali criteri diagnostici per un disordine nello spettro autistico sono:
    • problemi nella interazione sociale
    • problemi nella comunicazione
    • comportamenti ripetitivi e interessi ristretti
    Potremmo considerare che una persona sta guarendo quando le manifestazioni di queste caratteristiche si riducono di intensità e frequenza. Siccome per i disordini dell’autismo parliamo di uno spettro, potremmo dire che c’è uno spettro o un continuum anche per la guarigione dell’autismo.
    Alcuni professionisti ritengono che una volta che un bambino viene diagnosticato nello spettro, ci rimanga per sempre: non c'è modo di guarire completamente dal disordine. Non dicono che una persona non possa migliorare, ma dicono solo che il disordine dello spettro autistico è una diagnosi che dura tutta la vita.
    Abbandonando vecchi e superati modelli della patologia e adottando un nuovo approccio che si focalizzi sia sulle problematiche che sui punti di forza degli autistici, crediamo che si possano migliorare i risultati e promuovere un nuovo paradigma di inclusione e rispetto.
    Molti bambini non sono tecnicamente più nello spettro (come definito negli attuali criteri diagnostici), ma hanno bisogno di usufruire ancora di servizi speciali (sostegno scolastico, programmi di modificazione comportamentale, ecc) e/o di trattamenti medici per rimanere al di fuori dello spettro o per eliminare le rimanenti difficoltà. Dal momento che potrebbero perdere il diritto a questi servizi speciali nel caso in cui non avessero più la loro diagnosi iniziale, molti genitori sono costretti ad aggravare i profili delle condizioni dei loro bambini, peggiorandoli, per continuare ad usufruire dell'assistenza necessaria. Questi bambini possono non incontrare più i criteri per la diagnosi di ASD, ma potrebbero avere “problemi residui” come deficit di attenzione e iperattività spesso associato a tic motori e vocali. Con il supporto delle terapie comportamentali, del sostegno in classe, dell'intervento biomedico, di diete restrittive e supplementi possono apparire normalissimi: molti di questi bambini sono estremamente vulnerabili e senza questi supporti potrebbero ritornare indietro, rientrando purtroppo nello spettro.
    Possiamo affermare che queste persone stanno continuando a guarire? Questo suppone che un giorno non abbiano più alcun bisogno di assistenza speciale, modifiche dei programmi scolastici, sostegno e trattamenti di ogni genere e che possano vivere una vita accettabile in autonomia senza doversi appoggiare ad altri?
    Sebbene i disordini dello spettro autistico (ASD) perdurino generalmente per tutta la vita, abbiamo verificato l'evidenza che tra il 3 e il 25 % dei bambini perdono la diagnosi di autismo (ASD) ed entrano nel normale range di abilità cognitive, di adattamento e sociali. Segnali premonitori del recupero includono intelligenza relativamente alta, linguaggio recettivo, imitazione verbale e motoria e sviluppo motorio, anche in presenza di una complessiva gravità dei sintomi. Sono anche segnali favorevoli una età di diagnosi precoce e una diagnosi di Disordine Pervasivo dello Sviluppo – non altrimenti specificato. La presenza di crisi epilettiche, ritardo mentale e sindromi genetiche sono invece segnali sfavorevoli, mentre un aumento del volume della testa non preannuncia conseguenze. Studi controllati riportano che la maggior parte dei recuperi avvengono dopo l’uso di tecniche comportamentali. Vulnerabilità residue interessano la comunicazione più complessa e l’attenzione. Frequenti comorbidità residue dopo il recupero sono tic, depressione e fobie. Possibili meccanismi di recupero comprendono: normalizzare l’apprendimento forzando l’attenzione verso l’esterno o arricchendo l’ambiente, favorire il valore rinforzante degli stimoli sociali, prevenire i comportamenti che interferiscono negativamente, esercitare massicciamente le capacità deboli, ridurre lo stress e stabilizzare l’interesse attivo.
    Al contrario di quanto sentito dai medici tradizionali o letto su libri , con un intervento medico multidisciplinare personalizzato e l’adozione intensiva dell’Analisi Comportamentale Applicata (ABA), i bambini possono compiere enormi progressi. Prima i bambini riceveranno le giuste cure, migliore sarà la loro prognosi. secondo noi, la tempestività di intervento è un parametro fondamentale e determinante per poter parlare di “uscita” dall’autismo o off autism.
    Riportiamo di seguito una testimonianza del metodo ABA (analisi comportamentale applicata)che prevede esercizi in ambiente naturale tutti i giorni per sviluppare nel bambino le abilità cognitive e comportamentali che non esprime,come linguaggio, gioco, interazione sociale,l’intervento deve essere precoce e intensivo.



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    Messaggio  raffaellatesoro Lun Feb 20, 2012 3:23 pm

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    Cap 3.Evoluzione dei disturbi dello spettro autistico.I bambini che escono dall'autismo (off autism)

    Si ritiene comunemente che l’autismo sia una condizione che duri tutta la vita e che i trattamenti possibili debbano essere indirizzati soprattutto a ridurre i sintomi comportamentali (autolesionismo, aggressività, ecc) e ad aumentare le capacità cognitivo/comportamentali (comportamenti sociali, linguaggio, ecc). Cosa accade però quando questi trattamenti riescono ad eliminare i sintomi fino al punto in cui il soggetto non incontra più i criteri per l’autismo?
    In un numero abbastanza alto di casi, la guarigione è una evidenza incontestabile, ma, così come la definizione di “normalità” ha diverse accezioni significative, anche la parola “guarigione” può avere diverse interpretazioni.
    Il significato più comune della parola guarire è ”ritornare ad una condizione normale, ad uno stato originario di salute”. Ricordando che gli attuali criteri diagnostici per un disordine nello spettro autistico sono:
    • problemi nella interazione sociale
    • problemi nella comunicazione
    • comportamenti ripetitivi e interessi ristretti
    Potremmo considerare che una persona sta guarendo quando le manifestazioni di queste caratteristiche si riducono di intensità e frequenza. Siccome per i disordini dell’autismo parliamo di uno spettro, potremmo dire che c’è uno spettro o un continuum anche per la guarigione dell’autismo.
    Alcuni professionisti ritengono che una volta che un bambino viene diagnosticato nello spettro, ci rimanga per sempre: non c'è modo di guarire completamente dal disordine. Non dicono che una persona non possa migliorare, ma dicono solo che il disordine dello spettro autistico è una diagnosi che dura tutta la vita.
    Abbandonando vecchi e superati modelli della patologia e adottando un nuovo approccio che si focalizzi sia sulle problematiche che sui punti di forza degli autistici, crediamo che si possano migliorare i risultati e promuovere un nuovo paradigma di inclusione e rispetto.
    Molti bambini non sono tecnicamente più nello spettro (come definito negli attuali criteri diagnostici), ma hanno bisogno di usufruire ancora di servizi speciali (sostegno scolastico, programmi di modificazione comportamentale, ecc) e/o di trattamenti medici per rimanere al di fuori dello spettro o per eliminare le rimanenti difficoltà. Dal momento che potrebbero perdere il diritto a questi servizi speciali nel caso in cui non avessero più la loro diagnosi iniziale, molti genitori sono costretti ad aggravare i profili delle condizioni dei loro bambini, peggiorandoli, per continuare ad usufruire dell'assistenza necessaria. Questi bambini possono non incontrare più i criteri per la diagnosi di ASD, ma potrebbero avere “problemi residui” come deficit di attenzione e iperattività spesso associato a tic motori e vocali. Con il supporto delle terapie comportamentali, del sostegno in classe, dell'intervento biomedico, di diete restrittive e supplementi possono apparire normalissimi: molti di questi bambini sono estremamente vulnerabili e senza questi supporti potrebbero ritornare indietro, rientrando purtroppo nello spettro.
    Possiamo affermare che queste persone stanno continuando a guarire? Questo suppone che un giorno non abbiano più alcun bisogno di assistenza speciale, modifiche dei programmi scolastici, sostegno e trattamenti di ogni genere e che possano vivere una vita accettabile in autonomia senza doversi appoggiare ad altri?
    Sebbene i disordini dello spettro autistico (ASD) perdurino generalmente per tutta la vita, abbiamo verificato l'evidenza che tra il 3 e il 25 % dei bambini perdono la diagnosi di autismo (ASD) ed entrano nel normale range di abilità cognitive, di adattamento e sociali. Segnali premonitori del recupero includono intelligenza relativamente alta, linguaggio recettivo, imitazione verbale e motoria e sviluppo motorio, anche in presenza di una complessiva gravità dei sintomi. Sono anche segnali favorevoli una età di diagnosi precoce e una diagnosi di Disordine Pervasivo dello Sviluppo – non altrimenti specificato. La presenza di crisi epilettiche, ritardo mentale e sindromi genetiche sono invece segnali sfavorevoli, mentre un aumento del volume della testa non preannuncia conseguenze. Studi controllati riportano che la maggior parte dei recuperi avvengono dopo l’uso di tecniche comportamentali. Vulnerabilità residue interessano la comunicazione più complessa e l’attenzione. Frequenti comorbidità residue dopo il recupero sono tic, depressione e fobie. Possibili meccanismi di recupero comprendono: normalizzare l’apprendimento forzando l’attenzione verso l’esterno o arricchendo l’ambiente, favorire il valore rinforzante degli stimoli sociali, prevenire i comportamenti che interferiscono negativamente, esercitare massicciamente le capacità deboli, ridurre lo stress e stabilizzare l’interesse attivo.
    Al contrario di quanto sentito dai medici tradizionali o letto su libri , con un intervento medico multidisciplinare personalizzato e l’adozione intensiva dell’Analisi Comportamentale Applicata (ABA), i bambini possono compiere enormi progressi. Prima i bambini riceveranno le giuste cure, migliore sarà la loro prognosi. secondo noi, la tempestività di intervento è un parametro fondamentale e determinante per poter parlare di “uscita” dall’autismo o off autism.
    Riportiamo di seguito una testimonianza del metodo ABA (analisi comportamentale applicata)che prevede esercizi in ambiente naturale tutti i giorni per sviluppare nel bambino le abilità cognitive e comportamentali che non esprime,come linguaggio, gioco, interazione sociale,l’intervento deve essere precoce e intensivo.


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    Messaggio  danielatesone Lun Feb 20, 2012 3:24 pm

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    Cap 3.Evoluzione dei disturbi dello spettro autistico.I bambini che escono dall'autismo (off autism)

    Si ritiene comunemente che l’autismo sia una condizione che duri tutta la vita e che i trattamenti possibili debbano essere indirizzati soprattutto a ridurre i sintomi comportamentali (autolesionismo, aggressività, ecc) e ad aumentare le capacità cognitivo/comportamentali (comportamenti sociali, linguaggio, ecc). Cosa accade però quando questi trattamenti riescono ad eliminare i sintomi fino al punto in cui il soggetto non incontra più i criteri per l’autismo?
    In un numero abbastanza alto di casi, la guarigione è una evidenza incontestabile, ma, così come la definizione di “normalità” ha diverse accezioni significative, anche la parola “guarigione” può avere diverse interpretazioni.
    Il significato più comune della parola guarire è ”ritornare ad una condizione normale, ad uno stato originario di salute”. Ricordando che gli attuali criteri diagnostici per un disordine nello spettro autistico sono:
    • problemi nella interazione sociale
    • problemi nella comunicazione
    • comportamenti ripetitivi e interessi ristretti
    Potremmo considerare che una persona sta guarendo quando le manifestazioni di queste caratteristiche si riducono di intensità e frequenza. Siccome per i disordini dell’autismo parliamo di uno spettro, potremmo dire che c’è uno spettro o un continuum anche per la guarigione dell’autismo.
    Alcuni professionisti ritengono che una volta che un bambino viene diagnosticato nello spettro, ci rimanga per sempre: non c'è modo di guarire completamente dal disordine. Non dicono che una persona non possa migliorare, ma dicono solo che il disordine dello spettro autistico è una diagnosi che dura tutta la vita.
    Abbandonando vecchi e superati modelli della patologia e adottando un nuovo approccio che si focalizzi sia sulle problematiche che sui punti di forza degli autistici, crediamo che si possano migliorare i risultati e promuovere un nuovo paradigma di inclusione e rispetto.
    Molti bambini non sono tecnicamente più nello spettro (come definito negli attuali criteri diagnostici), ma hanno bisogno di usufruire ancora di servizi speciali (sostegno scolastico, programmi di modificazione comportamentale, ecc) e/o di trattamenti medici per rimanere al di fuori dello spettro o per eliminare le rimanenti difficoltà. Dal momento che potrebbero perdere il diritto a questi servizi speciali nel caso in cui non avessero più la loro diagnosi iniziale, molti genitori sono costretti ad aggravare i profili delle condizioni dei loro bambini, peggiorandoli, per continuare ad usufruire dell'assistenza necessaria. Questi bambini possono non incontrare più i criteri per la diagnosi di ASD, ma potrebbero avere “problemi residui” come deficit di attenzione e iperattività spesso associato a tic motori e vocali. Con il supporto delle terapie comportamentali, del sostegno in classe, dell'intervento biomedico, di diete restrittive e supplementi possono apparire normalissimi: molti di questi bambini sono estremamente vulnerabili e senza questi supporti potrebbero ritornare indietro, rientrando purtroppo nello spettro.
    Possiamo affermare che queste persone stanno continuando a guarire? Questo suppone che un giorno non abbiano più alcun bisogno di assistenza speciale, modifiche dei programmi scolastici, sostegno e trattamenti di ogni genere e che possano vivere una vita accettabile in autonomia senza doversi appoggiare ad altri?
    Sebbene i disordini dello spettro autistico (ASD) perdurino generalmente per tutta la vita, abbiamo verificato l'evidenza che tra il 3 e il 25 % dei bambini perdono la diagnosi di autismo (ASD) ed entrano nel normale range di abilità cognitive, di adattamento e sociali. Segnali premonitori del recupero includono intelligenza relativamente alta, linguaggio recettivo, imitazione verbale e motoria e sviluppo motorio, anche in presenza di una complessiva gravità dei sintomi. Sono anche segnali favorevoli una età di diagnosi precoce e una diagnosi di Disordine Pervasivo dello Sviluppo – non altrimenti specificato. La presenza di crisi epilettiche, ritardo mentale e sindromi genetiche sono invece segnali sfavorevoli, mentre un aumento del volume della testa non preannuncia conseguenze. Studi controllati riportano che la maggior parte dei recuperi avvengono dopo l’uso di tecniche comportamentali. Vulnerabilità residue interessano la comunicazione più complessa e l’attenzione. Frequenti comorbidità residue dopo il recupero sono tic, depressione e fobie. Possibili meccanismi di recupero comprendono: normalizzare l’apprendimento forzando l’attenzione verso l’esterno o arricchendo l’ambiente, favorire il valore rinforzante degli stimoli sociali, prevenire i comportamenti che interferiscono negativamente, esercitare massicciamente le capacità deboli, ridurre lo stress e stabilizzare l’interesse attivo.
    Al contrario di quanto sentito dai medici tradizionali o letto su libri , con un intervento medico multidisciplinare personalizzato e l’adozione intensiva dell’Analisi Comportamentale Applicata (ABA), i bambini possono compiere enormi progressi. Prima i bambini riceveranno le giuste cure, migliore sarà la loro prognosi. secondo noi, la tempestività di intervento è un parametro fondamentale e determinante per poter parlare di “uscita” dall’autismo o off autism.
    Riportiamo di seguito una testimonianza del metodo ABA (analisi comportamentale applicata)che prevede esercizi in ambiente naturale tutti i giorni per sviluppare nel bambino le abilità cognitive e comportamentali che non esprime,come linguaggio, gioco, interazione sociale,l’intervento deve essere precoce e intensivo


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    ES.n. 1 AUTISMO (chiude 27 febbraio x esami 29 e sessione estiva) - Pagina 17 Empty Esercizio numero 1 Autismo.

    Messaggio  giannilamontagna Mar Feb 21, 2012 7:08 pm

    Relazione capitolo terzo, Evoluzione dei disturbi dello spettro autistico. I bambini che escono dall’ autismo (off autism). Testo, Ianes D., Zampella M., Facciamo il punto su....l'autismo, Erickson, 2009.

    L’ autismo è un disturbo dello sviluppo mentale dovuto ad una patologia dell’ ontogensi del sistema nervoso centrale. Il termine è stato fondato da Bleuler il quale chiamava “chiusura autistica” la difficoltà di relazione sociale delle persone colpite da schizofrenia.
    I primi a ipotizzare l’ esistenza di una sindrome autistica sono stati Kanner e Asperger. La sindrome di Asperger e l’ autismo sono parte di un insieme di disturbi che nei paesi di lingua inglese vengono denominati Autistic Spectrum Disorders (DSA).
    Sul piano comportamentale i disturbi caratterizzanti il quadro clinico sono riconducibili alla compromissione di tre aree principali rappresentate da a) l’ interazione sociale, b)la comunicazione verbale e non verbale, c) il repertorio di attività ed interessi. A questa triade spesso si associa: il ritardo mentale e l’ epilessia. Dal quadro clinico appena descritto, (prendendo in considerazione
    l’ erea interpersonale quella che più mi interessa per l’ elaborazione della reazione) risulta che i bambini con autismo mostrano una certa difficoltà nel gestire i rapporti interpersonali perché presantano incapacità di relazione sociale, abilità linguistica sviluppata con ritardo senza funzioni comunicative, panico per i rumori e gli oggetti in movimento, ripetitività monotona (il cambiamento provoca disagio, terrore e panico). Il bambino con autismo manca di comportamenti sociali, cioè quei comportamenti che consentirebbero l’ acquisizione delle competenze definite di intersoggettività. Dove, per intersoggettività si intende l’ abilità di riconoscere l’ esistenza dell’ altro e di se stessi come persone che interagiscono. Inoltre ha evidenti difficoltà nel comprendere e interpretare i pensieri e le intenzioni altrui.
    Nel capitolo da me scelto, si parla di Off autism, bambini che escono dall’ autismo, cioè si ha un miglioramento spiccato e inaspettato delle abilità cognitive e linguistiche.(…) E si afferma, il pregiudizio per cui <<dall’ autismo non si esce>>, da quasi quarant’ anni in contrasto con i vari studi di follow up, è oggi difficilmente difendibile. E’ sempre più evidente, invece, che i bambini che possono guarire appartengono a quadri clinici ben precisi. E’ stato osservato che non c’ è differenza nella quantità di ore di terapia tra i bambini che rimangono autistici e quelli che guariscono . Questa lunga citazione, per introdurre quello che ho capito da alcune ricerche. Nel corso del tempo, il quadro clinico presenta sensibili modificazioni in termini di apertura/chiusura alle relazioni, arricchimento/regressione del linguaggio, attenuazione/accettazione dei disturbi comportamentali. Però tali modifiche si iscrivono all’ interno di un funzionamento mentale che continua ad essere di tipo autistico, sono legate alla maturazione, allo sviluppo e all’ azione di fattori esterni, sia di quelli con finalità terapeutiche che più in generale di quelli che appartangono all’ ecosistema (famiglia, scuola, attività di tempo libero).
    Per quanto riguarda l’ evoluzione a lungo termine, alcune ricerche hanno messo in evidenza che, in una percentuale variabile dal 5 al 17% dei casi, si ha un’ evoluzione soddisfacente con adeguata integrazione sociale, nonostante la persistenza di comportamenti bizarri e modalità relazionali tendenti all’ isolamento. Infine, si ha per un numero limitato di casi la possibilità di una “guarigione”. Ma comunque è importate sapere che l’ evoluzione dipende da una serie di fattori quali: livello cognitivo, la presenza di condizioni patologiche associate, l’ espressività della sintomatologia autistica, (cioè i soggetti che fin dalle prime fasi dello sviluppo presentano una chiusura molto accentuata presentano un evoluzione peggiore).

    Le note che avevo messo non escono. Ma comunque ripoto i testi e il numero di pag.

    Militerni R., Neuropsichiatria infantile, Edilson-Gnocchi, Napoli, 2006, pag 276.
    Ianes D., Zampella M., Facciamo il punto su....l'autismo, Erickson, 2009. pag. 116.



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    Messaggio  idabarone Mer Feb 22, 2012 11:49 am

    Capito 1 del testo “Facciamo il punto su l’Autismo”
    GRUPPO Barone Ida, Fruttaldo Rossana

    Una corrente di pensiero, che si sviluppa principalmente dagli anni ’80
    in poi, è quella costituita dalle teorie genetico-bio-psico-sociali che integrano tra
    loro diversi aspetti già analizzati rispettivamente dalle teorie genetiche,
    biologiche, psicologiche, sociali.
    Questo nuovo approccio rappresenta il passaggio da un modello lineare di tipo
    deterministico ad un modello complesso di tipo probabilistico che tiene conto di
    tutte le possibili variabili interagenti. Tale corrente si basa pertanto
    sull’interazione di molteplici fattori che concorrono nel determinare l’eziologia
    dell’autismo.
    Una delle caratteristiche principali che emerge nei soggetti autistici è la
    capacità assai limitata di instaurare un contatto affettivo con altre persone. Esiste
    attualmente una quantità di prove sperimentali sempre più crescente, nonché una
    forte evidenza delle prove cliniche, che indicano la presenza di menomazioni
    specifiche nella produzione e nella percezione delle espressioni affettive del
    corpo, oltre che nella comprensione dei concetti emotivi connessi e nella
    comunicazione dei sentimenti degli autistici .
    Inoltre, è necessario considerare il livello di gravità a cui tali soggetti risultano danneggiati
    nel riconoscimento delle altre persone come soggetti portatori di esperienze.
    Nonostante i bambini autistici possano formulare richieste per ottenere oggetti ed azioni e capire i gesti che le altre persone utilizzano per dare istruzioni, loro raramente manifestano gesti come mostrare, dare o indicare per condividere la consapevolezza di un oggetto o comprendere tali gesti quando sono espressi da altri Inoltre, è probabile che gli autistici mostrino segni di
    anormalità presso numerosi altri aspetti di socialità .
    In questo contesto, è interessante notare come questi soggetti
    mostrino grandi capacità di comprensione delle prospettive visuo-spaziali delle
    altre persone, abilità dedotte attraverso processi relativamente indipendenti delle esperienze di intersoggettività dei bambini. Gli autistici, infine, incontrano difficoltà nel comprendere i concetti
    relativi agli stati mentali come la credenza o la conoscenza nel riconoscere le funzioni mentali
    del cervello e nell'individuare le differenze tra l’apparenza e la realtà.
    Sarebbe quindi presente una grave carenza da parte degli individui
    autistici nella comprensione degli orientamenti psicologici delle altre persone e
    del mondo, oltre che un’incapacità nell'autoconsapevolezza riflessiva e nel
    riconoscimento degli aspetti comuni tra sé e gli altri. Pertanto è
    necessario incrementare le varie forme di comunicazione emotiva tra queste
    persone, se si desiderano comprendere la natura del loro pensiero e dello sviluppo
    umano e sociale.
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    Messaggio  rossanafruttaldo Mer Feb 22, 2012 12:56 pm

    Capitolo 1 del testo “Facciamo il punto su l’Autismo”
    GRUPPO Barone Ida, Fruttaldo Rossana

    Una corrente di pensiero, che si sviluppa principalmente dagli anni ’80
    in poi, è quella costituita dalle teorie genetico-bio-psico-sociali che integrano tra
    loro diversi aspetti già analizzati rispettivamente dalle teorie genetiche,
    biologiche, psicologiche, sociali.
    Questo nuovo approccio rappresenta il passaggio da un modello lineare di tipo
    deterministico ad un modello complesso di tipo probabilistico che tiene conto di
    tutte le possibili variabili interagenti. Tale corrente si basa pertanto
    sull’interazione di molteplici fattori che concorrono nel determinare l’eziologia
    dell’autismo.
    Una delle caratteristiche principali che emerge nei soggetti autistici è la
    capacità assai limitata di instaurare un contatto affettivo con altre persone. Esiste
    attualmente una quantità di prove sperimentali sempre più crescente, nonché una
    forte evidenza delle prove cliniche, che indicano la presenza di menomazioni
    specifiche nella produzione e nella percezione delle espressioni affettive del
    corpo, oltre che nella comprensione dei concetti emotivi connessi e nella
    comunicazione dei sentimenti degli autistici .
    Inoltre, è necessario considerare il livello di gravità a cui tali soggetti risultano danneggiati
    nel riconoscimento delle altre persone come soggetti portatori di esperienze.
    Nonostante i bambini autistici possano formulare richieste per ottenere oggetti ed azioni e capire i gesti che le altre persone utilizzano per dare istruzioni, loro raramente manifestano gesti come mostrare, dare o indicare per condividere la consapevolezza di un oggetto o comprendere tali gesti quando sono espressi da altri Inoltre, è probabile che gli autistici mostrino segni di
    anormalità presso numerosi altri aspetti di socialità .
    In questo contesto, è interessante notare come questi soggetti
    mostrino grandi capacità di comprensione delle prospettive visuo-spaziali delle
    altre persone, abilità dedotte attraverso processi relativamente indipendenti delle esperienze di intersoggettività dei bambini. Gli autistici, infine, incontrano difficoltà nel comprendere i concetti
    relativi agli stati mentali come la credenza o la conoscenza nel riconoscere le funzioni mentali
    del cervello e nell'individuare le differenze tra l’apparenza e la realtà.
    Sarebbe quindi presente una grave carenza da parte degli individui
    autistici nella comprensione degli orientamenti psicologici delle altre persone e
    del mondo, oltre che un’incapacità nell'autoconsapevolezza riflessiva e nel
    riconoscimento degli aspetti comuni tra sé e gli altri. Pertanto è
    necessario incrementare le varie forme di comunicazione emotiva tra queste
    persone, se si desiderano comprendere la natura del loro pensiero e dello sviluppo
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    Messaggio  severinamangiacapra Gio Feb 23, 2012 4:07 pm

    severinamangiacapra ha scritto:Gruppo:Cancello Federica, Cangiano Raffaella, Della Corte Lucia, De Marco Marialaura Anna, Mangiacapra Severina.
    Testo:”Facciamo il punto su…L’Autismo”, cap: 4 “La costruzione dell’alleanza con la famiglia”.
    L’Autismo è un disturbo cronico dello sviluppo che va da un livello moderato a severo. L'autismo è considerato dalla comunità scientifica internazionale un disturbo che interessa la funzione cerebrale; la persona affetta da tale patologia mostra una marcata diminuzione dell'integrazione sociale e della comunicazione. Attualmente risultano ancora sconosciute le cause di tale manifestazione.
    Più precisamente, data la varietà di sintomatologie e la complessità nel fornirne una definizione clinica coerente e unitaria, è recentemente invalso l'uso di parlare, più correttamente, di Disturbi dello Spettro Autistico. A livello di classificazione nosografica, nel DSM-IV è considerato rientrare nella categoria clinica dei "Disturbi Pervasivi dello Sviluppo", cui appartengono, fra le varie altre sindromi, anche la sindrome di Asperger, la sindrome di Rett e il Disturbo disintegrativo dell'infanzia.
    Le sue caratteristiche causano condizioni di stress soprattutto per i genitori. Questi ultimi hanno un compito molto difficile: da loro ci si aspetta sia che amino incondizionatamente i loro figli, sia che possiedano anche competenze e abilità che permettano loro di interagire efficacemente con il figlio. Spesso i genitori sono stati ritenuti responsabili delle problematiche dei loro figli autistici. Dall’esperienza di molto operatori e grazie a specifici approcci quali ad esempio il TEACCH , ha dimostrato che l’autismo era legato a cause che nulla avevano a che fare con i genitori. Questi ultimi infatti possono diventare parte essenziale dell’intervento. Costruire un’alleanza significativa e collaborativa tra operatori e genitori è uno degli obiettivi più importanti e difficili allo stesso tempo. È necessario infatti, che ci sia una collaborazione tra servizi, istituzioni e famiglie un programma che crei una continuità di aiuti e servizi per tutto l’arco dell’esistenza. Per la famiglia le vacanze non esistono, ammalarsi è un lusso, riposarsi è impossibile. Questa, viene così messa a dura prova, e spesso porta alla discordia e al divorzio coniugale. Per alcuni genitori la forza di tale alleanza dipende da cosa e da come possono fare determinate cose, dalle conoscenze acquisite per la gestione delle problematiche che coinvolgono il loro figlio/familiare. Per gli operatori, il punto di vista dei genitori dovrebbe essere, quindi, quello più importante, nel gruppo di lavoro dovrebbe definirsi una relazione paritaria. Nell’approccio teacch, tutte le fasi del programma vengono quindi concordate insieme. Schopler ha concettualizzato alcuni principi dell’intervento psicoeducativo collaborativo:
    • Migliorare l’adattamento dell’individuo al mondo in cui vive;
    • Dare priorità all’incremento delle abilità esistenti;
    • Promuovere un insegnamento in grado di prevenire i comportamenti problema.
    Ci sono molti modi per aiutare i genitori ad acquisire nuove abilità e conoscenze, quali: esempio
    il modellamento il valore del mostrare direttamente come utilizzare un’abilità genitoriale non deve essere sottovalutato, spesso,infatti, vengono strutturate sessioni di role-play dove viene fatto impersonare ai genitori la parte del figlio e vedendo come si comporta l’operatore di fronte a determinati comportamenti che il figlio è solito emettere, i genitori acquisiscono una prima familiarità con le tecniche in questione.

    Altra modalità è
    La simulazione e il feedback uno degli obiettivi principali degli operatori è quello di incoraggiare i genitori ad applicare con il loro figlio determinate abilità e valutarne i feedback .
    Un altro punto importante è
    L’assegnazione di compiti educativi da svolgere a casa i cosiddetti esercizi per casa richiedono ai genitori di esercitare e mettere in pratica anche nel contesto domestico le nuove abilità acquisite.
    Importante è l’apporto e il sostegno psicologico per i familiari dei soggetti autistici. Secondo Cavell una delle modalità più efficaci nel processo di elaborazione congiunta è semplicemente quella di ascoltare i genitori e di stilare con essi una lista di affermazioni sul ruolo di genitore, discutendo il loro punto di vista per ciascun’affermazione. Molto importante per un genitore è infine pensare al futuro del proprio figlio. Immaginare il proprio figlio con autismo adulto autonomo, in grado di condurre una vita normale non è certo facile per un genitore. Questo, infatti, hanno la percezione che vedano i loro figli sempre uguali, sempre bambini e lo si vuole continuamente proteggere dal dolore. Bisogna, invece, guardare con forza più lontano, nella prospettiva di un progetto di vita adulta. A tal proposito i “Programmi respiro” intendono offrire ai bambini, agli adolescenti e agli adulti con autismo, la possibilità di trascorrere dei periodi lontani da casa in ambienti strutturati per le difficoltà e le caratteristiche tipiche dell’autismo. Questi ambienti possono definirsi “Speciali” per i numerosi accorgimenti posti nell’arredo, per la strutturazione degli spazi. Uno degli obiettivi principali è quello di avvicinare pian piano la persona autistica ad una vita autonoma ed indipendente.
    Esistono molte Associazioni di famiglie e di persone con disturbi autistici. La loro opera è centrata sull’informazione, la sensibilizzazione e la tutela dei diritti. Tra queste ricordiamo:
    l’Associazione “Autistimando”, associazione genitori, bambini con autismo di Brescia, un gruppo di genitori che si rivolge ad altri genitori che stanno vivendo l’esperienza di avere un figlio con autismo;
    l’Associazione “Oltre il muro”, nata a Napoli nel 2000 ,che comprende 30 famiglie che si battono per tutelare i diritti delle persone con diagnosi di disturbo generalizzato dello sviluppo.


    Lavoro sufficiente,
    le richieste dell'esercizio sono state esaurite e
    la sintesi è coerente
    Emergono poco le considerazioni critiche del gruppo.
    La tutor Dott.ssa Nunzia Giglio


    Il gruppo aggiunge le seguenti considerazioni:
    abbiamo a lungo riflettuto sul "problema dell'autismo" e pensiamo che in realta non ci sono bambini diversi, come spesso noi li facciamo sentire, ma siamo tutti uguali. Si, è vero, ci sono persone svantaggiate da alcuni punti di vista ma questo non significa che debbano stare un passo dietro di noi. Oggi si può e si deve fare molto per gli altri, soprattutto per coloro che hanno bisogno d'aiuto, di assistenza e volere è potere. Non ci sono limiti, non devono esserci, grazie anche alle nuove tecnologie che danno la possibilità a tutti di raggiungere le mete desiderate. Spero dunque per questi bambini un futuro migliore e noi, nel nostro piccolo, da future docenti speriamo di essere all'altezza di ricoprire soprattutto in questi casi il nostro ruolo nel migliore dei modi.
    Daniela Rocchetti
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    Messaggio  Daniela Rocchetti Gio Feb 23, 2012 4:22 pm

    Gruppo formato da: Cascone Maria Assunta, Guida Antonella, Rocchetti Daniela, Traettino Angela e Zobel Marika.

    Relazione del capitolo Interventi psicoeducativi e abilitativi/riabilitativi.

    L’autismo fu studiato, per la prima volta, nel 1943 dal Dr. Leo Kanner. Egli sosteneva che i bambini autistici nascono con una incapacità congenita di stabilire contatti normali con le persone. La parola autismo ci riporta ai concetti di mutismo, isolamento e indifferenza nei confronti dell'ambiente esterno. Tuttavia non dobbiamo pensare all’autismo solo come un qualcosa di negativo, ma anche di positivo, poiché ci sono alcuni casi in cui i bambini presentano doti particolari, superiori alla norma. La medicina classifica la sindrome autistica all'interno della categoria dei Disturbi pervasivi dello sviluppo. L’autismo è un disturbo dall’esordio precoce, infatti si manifesta a partire dall’età di tre anni. Può presentarsi con un andamento cronico oppure con molte varianti all'interno dei vari quadri clinici. I principali sintomi di tale disturbo sono: le stereotipie, le crisi di panico, la non-interazione sociale, la non totale comunicazione verbale e non, le difficoltà comportamentali, la carenza dell'immaginazione e dell'imitazione. Certi sintomi possono essere riscontrabili fin dalla nascita o comparire successivamente. In ogni caso la malattia altera lo sviluppo psicologico e comportamentale, con esiti, che generalmente persistono nel corso della vita, pur con i cambiamenti che il progredire dell'età sovente comporta.
    Questo disturbo provoca, all’interno delle famiglie, trasformazioni sostanziali e difficoltà che attualmente sono attenuate dai numerosi interventi psicoeducativi e abilitativi/riabilitativi.
    Molte sono le tecniche utilizzate dagli esperti per quanto concerne la riuscita dell’integrazione dei bambini con autismo. L'attivazione emotiva con reciprocità motoria, in sigla AERC, è un protocollo educativo ideato da Zappella, in cui l’area emotiva diventa il canale preferenziale come inizio di un percorso educativo del bambino autistico alla vita sociale ed emotiva. L’AERC ritiene che il motore delle azioni è nelle motivazioni interne ed esterne, determinate nel contesto della vita della persona. L’intervento propone una modalità di rapporto faccia a faccia che aiuta ad avviare la comunicazione verbale la quale è spesso compressa. Ciò lo si attua attraverso giochi fisici come: solletico; corse; cavalluccio; vola vola; far finta di spaventare, di attaccare o di volerlo/a mangiare. Da come possiamo notare, questo tipo di intervento, è particolarmente adatto per i bambini piccoli, quali posseggono un certo grado di capacità esecutive. Per raggiungere la massima efficacia terapeutica occorre attuarlo fino ai 7 anni e con la collaborazione congiunta della famiglia, degli insegnanti e dei terapisti. Un esempio di tale intervento è il metodo TEACCH, il quale consiste in una valutazione individualizzata e in un progetto educativo tagliato su misura. È prevista la collaborazione tra i genitori e gli operatori. L’insegante competente fornisce al bambino dei programmi individualizzati, flessibili, creativi e modificabili.
    Altro intervento utile per la riabilitazione dei bambini con autismo è la Comunicazione Aumentativa e Alternativa, in sigla CAA. Esso interviene a supporto delle difficoltà nella comunicazione. Il termine “aumentativa” indica l’uso di strumenti che supportano e aumentano il linguaggio del soggetto. Il termine “alternativa” si riferisce, invece, all’uso di un certo codice come alternativa al linguaggio. La CAA si avvale di strumenti di tipo visivo iconico, come fotografie, disegni e pittogrammi. Questo tipo di Comunicazione parte dalla valutazione funzionale delle abilità del soggetto, stabilendo gli strumenti più idonei per l’individuo. L’utilizzo di questi ultimi deve essere condiviso e diffuso in tutti i contesti di vita dei bambini.
    L’applied Behavior Analysis (ABA) agisce sul comportamento per comprendere le relazioni che intercorrono fra essi e le varie condizioni esterne. È una metodologia molto articolata, essa prevede l’applicazione di precise tecniche secondo una progettazione specifica e analitica dell’intervento. Uno dei primi a utilizzare questo approccio con gli autistici è Lovaas, proponendo, nel corso degli anni, il Discrete Trial Training (DTT) o insegnamento per sessioni separate. Quest’ultimo prevede che le competenze da apprendere siano suddivise in sequenze di sotto obiettivi e proposte all’interno di attività in un rapporto uno a uno con l’adulto. I miglioramenti del bambino vengono valutati costantemente, attraverso la rilevazione dei dati. Questo metodo comporta un coinvolgimento della famiglia e una buona progettazione. Il principale obiettivo è quello di far si che il bambino acquisisca delle abilità socialmente significative e riduca quelle problematiche. Altro obiettivo fondamentale è quello di adattare e organizzare l’ambiente in modo tale che questo sia rinforzante i nuovi comportamenti appresi. Le caratteristiche principali di alcune tecniche e strategie educative, tipiche di questo approccio, sono: la task analysis; il prompting, il fading e il modellaggio.
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    Messaggio  antonellaguida Gio Feb 23, 2012 4:25 pm

    Gruppo formato da: Cascone Maria Assunta, Guida Antonella, Rocchetti Daniela, Traettino Angela e Zobel Marika.

    Relazione del capitolo Interventi psicoeducativi e abilitativi/riabilitativi.

    L’autismo fu studiato, per la prima volta, nel 1943 dal Dr. Leo Kanner. Egli sosteneva che i bambini autistici nascono con una incapacità congenita di stabilire contatti normali con le persone. La parola autismo ci riporta ai concetti di mutismo, isolamento e indifferenza nei confronti dell'ambiente esterno. Tuttavia non dobbiamo pensare all’autismo solo come un qualcosa di negativo, ma anche di positivo, poiché ci sono alcuni casi in cui i bambini presentano doti particolari, superiori alla norma. La medicina classifica la sindrome autistica all'interno della categoria dei Disturbi pervasivi dello sviluppo. L’autismo è un disturbo dall’esordio precoce, infatti si manifesta a partire dall’età di tre anni. Può presentarsi con un andamento cronico oppure con molte varianti all'interno dei vari quadri clinici. I principali sintomi di tale disturbo sono: le stereotipie, le crisi di panico, la non-interazione sociale, la non totale comunicazione verbale e non, le difficoltà comportamentali, la carenza dell'immaginazione e dell'imitazione. Certi sintomi possono essere riscontrabili fin dalla nascita o comparire successivamente. In ogni caso la malattia altera lo sviluppo psicologico e comportamentale, con esiti, che generalmente persistono nel corso della vita, pur con i cambiamenti che il progredire dell'età sovente comporta.
    Questo disturbo provoca, all’interno delle famiglie, trasformazioni sostanziali e difficoltà che attualmente sono attenuate dai numerosi interventi psicoeducativi e abilitativi/riabilitativi.
    Molte sono le tecniche utilizzate dagli esperti per quanto concerne la riuscita dell’integrazione dei bambini con autismo. L'attivazione emotiva con reciprocità motoria, in sigla AERC, è un protocollo educativo ideato da Zappella, in cui l’area emotiva diventa il canale preferenziale come inizio di un percorso educativo del bambino autistico alla vita sociale ed emotiva. L’AERC ritiene che il motore delle azioni è nelle motivazioni interne ed esterne, determinate nel contesto della vita della persona. L’intervento propone una modalità di rapporto faccia a faccia che aiuta ad avviare la comunicazione verbale la quale è spesso compressa. Ciò lo si attua attraverso giochi fisici come: solletico; corse; cavalluccio; vola vola; far finta di spaventare, di attaccare o di volerlo/a mangiare. Da come possiamo notare, questo tipo di intervento, è particolarmente adatto per i bambini piccoli, quali posseggono un certo grado di capacità esecutive. Per raggiungere la massima efficacia terapeutica occorre attuarlo fino ai 7 anni e con la collaborazione congiunta della famiglia, degli insegnanti e dei terapisti. Un esempio di tale intervento è il metodo TEACCH, il quale consiste in una valutazione individualizzata e in un progetto educativo tagliato su misura. È prevista la collaborazione tra i genitori e gli operatori. L’insegante competente fornisce al bambino dei programmi individualizzati, flessibili, creativi e modificabili.
    Altro intervento utile per la riabilitazione dei bambini con autismo è la Comunicazione Aumentativa e Alternativa, in sigla CAA. Esso interviene a supporto delle difficoltà nella comunicazione. Il termine “aumentativa” indica l’uso di strumenti che supportano e aumentano il linguaggio del soggetto. Il termine “alternativa” si riferisce, invece, all’uso di un certo codice come alternativa al linguaggio. La CAA si avvale di strumenti di tipo visivo iconico, come fotografie, disegni e pittogrammi. Questo tipo di Comunicazione parte dalla valutazione funzionale delle abilità del soggetto, stabilendo gli strumenti più idonei per l’individuo. L’utilizzo di questi ultimi deve essere condiviso e diffuso in tutti i contesti di vita dei bambini.
    L’applied Behavior Analysis (ABA) agisce sul comportamento per comprendere le relazioni che intercorrono fra essi e le varie condizioni esterne. È una metodologia molto articolata, essa prevede l’applicazione di precise tecniche secondo una progettazione specifica e analitica dell’intervento. Uno dei primi a utilizzare questo approccio con gli autistici è Lovaas, proponendo, nel corso degli anni, il Discrete Trial Training (DTT) o insegnamento per sessioni separate. Quest’ultimo prevede che le competenze da apprendere siano suddivise in sequenze di sotto obiettivi e proposte all’interno di attività in un rapporto uno a uno con l’adulto. I miglioramenti del bambino vengono valutati costantemente, attraverso la rilevazione dei dati. Questo metodo comporta un coinvolgimento della famiglia e una buona progettazione. Il principale obiettivo è quello di far si che il bambino acquisisca delle abilità socialmente significative e riduca quelle problematiche. Altro obiettivo fondamentale è quello di adattare e organizzare l’ambiente in modo tale che questo sia rinforzante i nuovi comportamenti appresi. Le caratteristiche principali di alcune tecniche e strategie educative, tipiche di questo approccio, sono: la task analysis; il prompting, il fading e il modellaggio.
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    Messaggio  marialaura de marco Gio Feb 23, 2012 4:28 pm

    marialaura de marco ha scritto:Gruppo:Cancello Federica, Cangiano Raffaella, Della Corte Lucia, De Marco Marialaura Anna, Mangiacapra Severina.
    Testo:”Facciamo il punto su…L’Autismo”, cap: 4 “La costruzione dell’alleanza con la famiglia”.
    L’Autismo è un disturbo cronico dello sviluppo che va da un livello moderato a severo. L'autismo è considerato dalla comunità scientifica internazionale un disturbo che interessa la funzione cerebrale; la persona affetta da tale patologia mostra una marcata diminuzione dell'integrazione sociale e della comunicazione. Attualmente risultano ancora sconosciute le cause di tale manifestazione.
    Più precisamente, data la varietà di sintomatologie e la complessità nel fornirne una definizione clinica coerente e unitaria, è recentemente invalso l'uso di parlare, più correttamente, di Disturbi dello Spettro Autistico. A livello di classificazione nosografica, nel DSM-IV è considerato rientrare nella categoria clinica dei "Disturbi Pervasivi dello Sviluppo", cui appartengono, fra le varie altre sindromi, anche la sindrome di Asperger, la sindrome di Rett e il Disturbo disintegrativo dell'infanzia.
    Le sue caratteristiche causano condizioni di stress soprattutto per i genitori. Questi ultimi hanno un compito molto difficile: da loro ci si aspetta sia che amino incondizionatamente i loro figli, sia che possiedano anche competenze e abilità che permettano loro di interagire efficacemente con il figlio. Spesso i genitori sono stati ritenuti responsabili delle problematiche dei loro figli autistici. Dall’esperienza di molto operatori e grazie a specifici approcci quali ad esempio il TEACCH , ha dimostrato che l’autismo era legato a cause che nulla avevano a che fare con i genitori. Questi ultimi infatti possono diventare parte essenziale dell’intervento. Costruire un’alleanza significativa e collaborativa tra operatori e genitori è uno degli obiettivi più importanti e difficili allo stesso tempo. È necessario infatti, che ci sia una collaborazione tra servizi, istituzioni e famiglie un programma che crei una continuità di aiuti e servizi per tutto l’arco dell’esistenza. Per la famiglia le vacanze non esistono, ammalarsi è un lusso, riposarsi è impossibile. Questa, viene così messa a dura prova, e spesso porta alla discordia e al divorzio coniugale. Per alcuni genitori la forza di tale alleanza dipende da cosa e da come possono fare determinate cose, dalle conoscenze acquisite per la gestione delle problematiche che coinvolgono il loro figlio/familiare. Per gli operatori, il punto di vista dei genitori dovrebbe essere, quindi, quello più importante, nel gruppo di lavoro dovrebbe definirsi una relazione paritaria. Nell’approccio teacch, tutte le fasi del programma vengono quindi concordate insieme. Schopler ha concettualizzato alcuni principi dell’intervento psicoeducativo collaborativo:
    • Migliorare l’adattamento dell’individuo al mondo in cui vive;
    • Dare priorità all’incremento delle abilità esistenti;
    • Promuovere un insegnamento in grado di prevenire i comportamenti problema.
    Ci sono molti modi per aiutare i genitori ad acquisire nuove abilità e conoscenze, quali: esempio
    il modellamento il valore del mostrare direttamente come utilizzare un’abilità genitoriale non deve essere sottovalutato, spesso,infatti, vengono strutturate sessioni di role-play dove viene fatto impersonare ai genitori la parte del figlio e vedendo come si comporta l’operatore di fronte a determinati comportamenti che il figlio è solito emettere, i genitori acquisiscono una prima familiarità con le tecniche in questione.

    Altra modalità è
    La simulazione e il feedback uno degli obiettivi principali degli operatori è quello di incoraggiare i genitori ad applicare con il loro figlio determinate abilità e valutarne i feedback .
    Un altro punto importante è
    L’assegnazione di compiti educativi da svolgere a casa i cosiddetti esercizi per casa richiedono ai genitori di esercitare e mettere in pratica anche nel contesto domestico le nuove abilità acquisite.
    Importante è l’apporto e il sostegno psicologico per i familiari dei soggetti autistici. Secondo Cavell una delle modalità più efficaci nel processo di elaborazione congiunta è semplicemente quella di ascoltare i genitori e di stilare con essi una lista di affermazioni sul ruolo di genitore, discutendo il loro punto di vista per ciascun’affermazione. Molto importante per un genitore è infine pensare al futuro del proprio figlio. Immaginare il proprio figlio con autismo adulto autonomo, in grado di condurre una vita normale non è certo facile per un genitore. Questo, infatti, hanno la percezione che vedano i loro figli sempre uguali, sempre bambini e lo si vuole continuamente proteggere dal dolore. Bisogna, invece, guardare con forza più lontano, nella prospettiva di un progetto di vita adulta. A tal proposito i “Programmi respiro” intendono offrire ai bambini, agli adolescenti e agli adulti con autismo, la possibilità di trascorrere dei periodi lontani da casa in ambienti strutturati per le difficoltà e le caratteristiche tipiche dell’autismo. Questi ambienti possono definirsi “Speciali” per i numerosi accorgimenti posti nell’arredo, per la strutturazione degli spazi. Uno degli obiettivi principali è quello di avvicinare pian piano la persona autistica ad una vita autonoma ed indipendente.
    Esistono molte Associazioni di famiglie e di persone con disturbi autistici. La loro opera è centrata sull’informazione, la sensibilizzazione e la tutela dei diritti. Tra queste ricordiamo:
    l’Associazione “Autistimando”, associazione genitori, bambini con autismo di Brescia, un gruppo di genitori che si rivolge ad altri genitori che stanno vivendo l’esperienza di avere un figlio con autismo;
    l’Associazione “Oltre il muro”, nata a Napoli nel 2000 ,che comprende 30 famiglie che si battono per tutelare i diritti delle persone con diagnosi di disturbo generalizzato dello sviluppo.


    Lavoro sufficiente,
    le richieste dell'esercizio sono state esaurite e
    la sintesi è coerente
    Emergono poco le considerazioni critiche del gruppo.
    La tutor Dott.ssa Nunzia Giglio..
    Il gruppo aggiunge le seguenti considerazioni:
    abbiamo a lungo riflettuto sul "problema dell'autismo" e pensiamo che in realta non ci sono bambini diversi, come spesso noi li facciamo sentire, ma siamo tutti uguali. Si, è vero, ci sono persone svantaggiate da alcuni punti di vista ma questo non significa che debbano stare un passo dietro di noi. Oggi si può e si deve fare molto per gli altri, soprattutto per coloro che hanno bisogno d'aiuto, di assistenza e volere è potere. Non ci sono limiti, non devono esserci, grazie anche alle nuove tecnologie che danno la possibilità a tutti di raggiungere le mete desiderate. Spero dunque per questi bambini un futuro migliore e noi, nel nostro piccolo, da future docenti speriamo di essere all'altezza di ricoprire soprattutto in questi casi il nostro ruolo nel migliore dei modi..
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    ES.n. 1 AUTISMO (chiude 27 febbraio x esami 29 e sessione estiva) - Pagina 17 Empty Re: ES.n. 1 AUTISMO (chiude 27 febbraio x esami 29 e sessione estiva)

    Messaggio  angelatraettino Gio Feb 23, 2012 4:28 pm

    Gruppo formato da: Cascone Maria Assunta, Guida Antonella, Rocchetti Daniela, Traettino Angela e Zobel Marika.

    Relazione del capitolo Interventi psicoeducativi e abilitativi/riabilitativi.

    L’autismo fu studiato, per la prima volta, nel 1943 dal Dr. Leo Kanner. Egli sosteneva che i bambini autistici nascono con una incapacità congenita di stabilire contatti normali con le persone. La parola autismo ci riporta ai concetti di mutismo, isolamento e indifferenza nei confronti dell'ambiente esterno. Tuttavia non dobbiamo pensare all’autismo solo come un qualcosa di negativo, ma anche di positivo, poiché ci sono alcuni casi in cui i bambini presentano doti particolari, superiori alla norma. La medicina classifica la sindrome autistica all'interno della categoria dei Disturbi pervasivi dello sviluppo. L’autismo è un disturbo dall’esordio precoce, infatti si manifesta a partire dall’età di tre anni. Può presentarsi con un andamento cronico oppure con molte varianti all'interno dei vari quadri clinici. I principali sintomi di tale disturbo sono: le stereotipie, le crisi di panico, la non-interazione sociale, la non totale comunicazione verbale e non, le difficoltà comportamentali, la carenza dell'immaginazione e dell'imitazione. Certi sintomi possono essere riscontrabili fin dalla nascita o comparire successivamente. In ogni caso la malattia altera lo sviluppo psicologico e comportamentale, con esiti, che generalmente persistono nel corso della vita, pur con i cambiamenti che il progredire dell'età sovente comporta.
    Questo disturbo provoca, all’interno delle famiglie, trasformazioni sostanziali e difficoltà che attualmente sono attenuate dai numerosi interventi psicoeducativi e abilitativi/riabilitativi.
    Molte sono le tecniche utilizzate dagli esperti per quanto concerne la riuscita dell’integrazione dei bambini con autismo. L'attivazione emotiva con reciprocità motoria, in sigla AERC, è un protocollo educativo ideato da Zappella, in cui l’area emotiva diventa il canale preferenziale come inizio di un percorso educativo del bambino autistico alla vita sociale ed emotiva. L’AERC ritiene che il motore delle azioni è nelle motivazioni interne ed esterne, determinate nel contesto della vita della persona. L’intervento propone una modalità di rapporto faccia a faccia che aiuta ad avviare la comunicazione verbale la quale è spesso compressa. Ciò lo si attua attraverso giochi fisici come: solletico; corse; cavalluccio; vola vola; far finta di spaventare, di attaccare o di volerlo/a mangiare. Da come possiamo notare, questo tipo di intervento, è particolarmente adatto per i bambini piccoli, quali posseggono un certo grado di capacità esecutive. Per raggiungere la massima efficacia terapeutica occorre attuarlo fino ai 7 anni e con la collaborazione congiunta della famiglia, degli insegnanti e dei terapisti. Un esempio di tale intervento è il metodo TEACCH, il quale consiste in una valutazione individualizzata e in un progetto educativo tagliato su misura. È prevista la collaborazione tra i genitori e gli operatori. L’insegante competente fornisce al bambino dei programmi individualizzati, flessibili, creativi e modificabili.
    Altro intervento utile per la riabilitazione dei bambini con autismo è la Comunicazione Aumentativa e Alternativa, in sigla CAA. Esso interviene a supporto delle difficoltà nella comunicazione. Il termine “aumentativa” indica l’uso di strumenti che supportano e aumentano il linguaggio del soggetto. Il termine “alternativa” si riferisce, invece, all’uso di un certo codice come alternativa al linguaggio. La CAA si avvale di strumenti di tipo visivo iconico, come fotografie, disegni e pittogrammi. Questo tipo di Comunicazione parte dalla valutazione funzionale delle abilità del soggetto, stabilendo gli strumenti più idonei per l’individuo. L’utilizzo di questi ultimi deve essere condiviso e diffuso in tutti i contesti di vita dei bambini.
    L’applied Behavior Analysis (ABA) agisce sul comportamento per comprendere le relazioni che intercorrono fra essi e le varie condizioni esterne. È una metodologia molto articolata, essa prevede l’applicazione di precise tecniche secondo una progettazione specifica e analitica dell’intervento. Uno dei primi a utilizzare questo approccio con gli autistici è Lovaas, proponendo, nel corso degli anni, il Discrete Trial Training (DTT) o insegnamento per sessioni separate. Quest’ultimo prevede che le competenze da apprendere siano suddivise in sequenze di sotto obiettivi e proposte all’interno di attività in un rapporto uno a uno con l’adulto. I miglioramenti del bambino vengono valutati costantemente, attraverso la rilevazione dei dati. Questo metodo comporta un coinvolgimento della famiglia e una buona progettazione. Il principale obiettivo è quello di far si che il bambino acquisisca delle abilità socialmente significative e riduca quelle problematiche. Altro obiettivo fondamentale è quello di adattare e organizzare l’ambiente in modo tale che questo sia rinforzante i nuovi comportamenti appresi. Le caratteristiche principali di alcune tecniche e strategie educative, tipiche di questo approccio, sono: la task analysis; il prompting, il fading e il modellaggio.

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