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Forum didattico del corso di Psicopedagogia dei linguaggi a.a.2011-12 a cura di F. Briganti Stanza di collaborazione del gruppo classe


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    ES.n. 1 AUTISMO (chiude 27 febbraio x esami 29 e sessione estiva)

    liviazampella2
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    ES.n. 1 AUTISMO (chiude 27 febbraio x esami 29 e sessione estiva) - Pagina 15 Empty Re: ES.n. 1 AUTISMO (chiude 27 febbraio x esami 29 e sessione estiva)

    Messaggio  liviazampella2 Gio Feb 02, 2012 6:35 pm

    Cap. 2: Interventi psicoeducativi e abilitativi/riabilitativi.
    gruppo :
    ZAMPELLA LIVIA
    CARMELLINO MARILENA
    FELACE VALENTINA
    UCCIERO LOREDANA
    DI FRAIA ROSA

    I metodi educativi e le terapie sono raggruppate in base alle: sulle dinamiche relative alla psicologia dello sviluppo, sulla strutturazione dell’ambiente per via visiva, sulla comunicazione aumentativa e alternativa e sull’analisi comportamentale.
    Dinamiche relative alla psicologia dello sviluppo centrate sugli obiettivi socie-educativi tra cui il DIR/FLORTIME di Greenspan e il metodo Denver e il metodo AERC/Attivazione Emotiva con Reciprocità Corporea che è stato adottato ai bambini/e piccoli con DSA ( disturbi dello spettro autistico) in possesso di un certo grado di capacità esecutive .
    Il protocollo educativo AERC ha il compito di colmare il deficit dell’interazione sociale relazionale, e far si che il bambino autistico posso accettare proposte interattive diverse, attraverso giochi fisici, metodo Portage che stabilisce un recupero di relazioni tra il bambino autistico e il genitore al fine di recuperare un rapporto che spesso risulta essere fallimentare.
    Un altro metodo di recupero è il TEACCH di tipo cognitivo-comportamentale ideato da Shopler, dove si individuano le tappe principali per un intervento psico-educativo individualizzato.
    La strutturazione deve riguardare sia gli spazi sia i tempi di lavoro e si occupa del disturbo della comunicazione dei diversi gradi infatti proprio per questo esso è personalizzato, perché se viene generalizzato il bambino rischia di avere grandi difficoltà.
    Un altro protocollo fondamentale è La Comunicazione Aumentativa e Alternativa, essa mira allo sviluppo di migliorare le capacità comunicative. Il termine Aumentativa indica l’uso di strumenti che supportano e aumentano il linguaggio del soggetto, quando questo è presente seppur in maniera limitata. Il genitore, l’insegnante, l’operatore utilizzano tale codice con lo scopo di farsi comprendere meglio. Il termine Alternativa si riferisce invece all’uso di un certo codice come alternativa al linguaggio, offrendo implicazioni non solo sulla comunicazione, ma anche sull’interazione sciale e l’apprendimento.
    Infine possiamo citare L’ABA un metodo complesso che prevede l’applicazione di precise tecniche secondo una progettazione specifica e analitica dell’intervento.colui che per primo ha utilizzato questo metodo con soggetti autistici è Lovaas proponendo il Discrete Trial Training (DTT) o insegnamento per sessioni separate, che prevede che le competenze da apprendere siano suddivise in sequenze di sotto obiettivi e con l’ intervento con l’adulto in un rapporto uno a uno.
    Le tecniche e le strategie educative tipiche di questo approccio, possono essere così sintetizzate:
    Task analysis: consiste nello scomporre un’attività complessa da compiere in sotto-obiettivi più semplici e accessibili; Prompting e fading: basata sull’uso di istruzioni, aiuti gestuali, esempi e modelli e altri stimoli aggiuntivi di vario genere; Modeling: si basa sull’apprendimento osservativo di un modello competente.;Uso di rinforzi positivi; Modellaggio: (shaping) e il concatenamento (chaining). Tutte queste strategie menzionate permettono di trovare miglioramenti per capire le difficoltà comportamentali del bambino autistico .

    Lavoro ben fatto,
    le richieste dell'esercizio sono state esaurite e
    la sintesi è coerente e significativa.
    Non Emergono le considerazioni critiche del gruppo.
    la tutor Dott.ssa Nunzia Giglio
    capuano luigia
    capuano luigia


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    ES.n. 1 AUTISMO (chiude 27 febbraio x esami 29 e sessione estiva) - Pagina 15 Empty facciamo il punto sull'autismo cap 3

    Messaggio  capuano luigia Gio Feb 02, 2012 6:38 pm

    Nonostante siano stati definiti criteri diagnostici per l'autismo, le sue cause sono ancora ignote, inoltre, le manifestazioni cliniche della malattia sono sostanzialmente eterogenee ed è questa una delle ragioni che contribuiscono alla mancanza di un "consenso" specificatamente neurologico.
    I dati che ne studiano le possibili cause riguardano, infatti, l'ambito genetico, neurologico, immunologico, metabolico ed altro e vanno uniti a ricerche in ambito cognitivo, comportamentale, farmacologico, psicodinamico, neuropsicologico.
    L'autismo non ha una singola causa ma nasce, allora, da un insieme di fattori: genetici, organici e biochimici, che interferiscono creando una frattura nello sviluppo cerebrale normale, in una fase precoce della vita fetale e la componente genetica sembra responsabile solo di una maggiore vulnerabilità a sviluppare la malattia. Il puzzle, insomma, non ci da ancora una immagine precisa, ma di certo si è sfatata una delle prime ipotesi i genitori con il loro comportamento, non sono in alcun modo responsabili della malattia dei loro figli.
    L'autismo può essere primario, oppure secondario quando si manifesta in conseguenza di anomalie genetiche (fenilchetonuria, sclerosi tuberosa), cromosomiche (X-fragile), malattie infettive (rosolia, citomegalovirus) o traumi che colpiscono precocemente il SNC (Sistema Nervoso Centrale). I sintomi hanno un esordio precoce, prima dei tre anni di età.
    L'autismo infatti compare entro il trentesimo mese di vita e la comparsa di alcuni segni principali orienta verso una possibile diagnosi sul bambino. Certi segni possono essere riscontrabili fin dalla nascita o comparire successivamente, in quest'ultimo caso, spesso perde le competenze gestuali e linguistiche cha aveva già acquisito. I sintomi, in generale, possono essere così riassunti:


    Compromissione sell’interazione sociale
    Sfuggono allo sguardo e non riescono ad esprimere le emozioni che ci si aspetterebbe da loro.
    Difficoltà comportamentali - Disfunzione dell'attività immaginativa
    Il comportamento, gli interessi e le attività sono ristretti, ripetitivi e stereotipati.
    Compromissione della capacità di organizzare ed integrare le funzioni cerebrali
    In molti di loro sembra compresa la capacità di organizzare ed integrare le funzioni cerebrali in rapporto all'agire sulla realtà, secondaria verosimilmente ad una compromissione dei sistemi cerebrali di processazione delle informazioni.
    Carenza dell'immaginazione e dell'imitazione
    La carenza dell'immaginazione e dell'imitazione non consentono il normale gioco infantile, che viene sostituito da movimenti stereotipati e privi di senso o sviluppo delle relazioni sociali, della comunicazione e dei meccanismi emozionali.
    Perciò sembrano assenti ma possono essere ipersensibili a particolari stimoli.
    Ciò li rende passivi ed incapaci di sviluppare una adeguata iniziativa ed analisi rispetto al contesto i di relazione, pur comprendendo spesso i rapporti che intercorrono tra le persone e gli avvenimenti.
    Comunicazione verbale
    Incapacità a comunicare in quanto non rispondono alla voce dei genitori
    Il linguaggio, quando è presente (circa il 50% dei casi) è ripetitivo (ecolalico), è caratterizzato dall'uso scorretto della prima e della seconda persona, viene usata in forma non adeguata a comunicare per esempio con frasi senza significato o fuori dal contesto.
    Sin dai primi mesi, infatti, possono mostrare fastidio, e di conseguenza ansia e nervosismo, per un odore, un suono, il contatto fisico da cui si ritraggono
    L'autismo è un disturbo ad andamento cronico, ma con molte varianti all'interno dei vari quadri clinici, a cui corrispondono tante differenze evolutive.
    In ogni caso la malattia altera lo sviluppo psicologico e comportamentale, con esiti, che generalmente perdurano nel corso della vita intera, pur con le modificazioni che il progredire dell'età solitamente comporta.
    Sicuramente i soggetti con autismo risentono favorevolmente di un intervento precoce, integrato tra famiglia, scuola - istituzione e riabilitazione che va adattato alle caratteristiche soggettive, ricercate con una attenta valutazione per ogni individuo. Tuttavia esistono dei casi definiti “off autism” in cui i soggetti sembrano recuperare pienamente le abilità riguardanti la sfera cognitiva e linguistica pur continuando a manifestare determinati sintomi, quali comportamenti bizzarri, isolamento e disturbo da deficit di attenzione e di iperattività. A tal proposito Wing ha elaborato tre categorie di possibile evoluzione dell’autismo nell’età adulta:
    - un gruppo che continua ad essere caratterizzato dall’isolamento e dall’evitamento sociale;
    - un gruppo di amichevoli e passivi, che accettano la compagnia a patto che tutto ciò non sovverta le loro routine;
    - un gruppo di soggetti attivi e bizzarri con comportamenti sociali inadeguati.
    Bisogna tener presente che il comportamento dei bambini autistici non nasce da una precisa volontà di isolamento ma dalla loro percezione del mondo esterno che è distorta o carente.
    Molte cose importanti si possono e si riescono a fare per
    migliorare la condizione, le competenze e la qualità di vita delle persone con
    autismo, a patto, appunto, di conoscere questa patologia. Il nucleo profondo
    dell’autismo, invece, quello più direttamente legato al biologico, permane,
    pur declinandosi in modi diversi, tutta la vita.
    cominciano a comparire evidenze, per la verità ancora deboli, che interventi
    abilitativi precoci e continuati coerentemente nel tempo, in un’atmosfera
    complessiva di sostegno, possano sortire esiti lievemente migliori;
    tuttavia la disabilità sociale emerge chiaramente
    come il nucleo duro e profondo dell’evoluzione dell’autismo
    nell’età adulta, che permane persino a prescindere dalle performance
    cognitive e dalle abilità acquisite. Ciò significa che l’“integrazione” delle
    persone autistiche presenta dunque difficoltà connesse non solo ai deficit
    cognitivi o alla messa in atto o meno di adeguate tecniche psicoeducative
    o di supporti sociali, ma proprio al loro essere autistiche, ai problemi
    comunicativi e sociali. Si tratta allora di progettare non solo “tecniche”
    (dai risultati spesso instabili e non generalizzabili), ma “contesti” di vita
    pensati sulle caratteristiche dell’autismo in cui anche quelle tecniche possano
    trovare migliore efficacia.





    Dario Ianes, Michele Zappella- Facciamo il punto su... L'autismo

    Lavoro ben fatto,
    le richieste dell'esercizio sono state esaurite e
    la sintesi è coerente e significativa.
    È un lavoro personalizzato.
    la tutor Dott.ssa Nunzia Giglio
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    Francesca Manfellotti


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    ES.n. 1 AUTISMO (chiude 27 febbraio x esami 29 e sessione estiva) - Pagina 15 Empty Re: ES.n. 1 AUTISMO (chiude 27 febbraio x esami 29 e sessione estiva)

    Messaggio  Francesca Manfellotti Gio Feb 02, 2012 6:39 pm

    1.Le cause dell'autismo e le sue basi biologiche, lo screening precoce, la diagnosi.

    La necessità di individuare i fattori causali dell’autismo, legata alla grande complessità e varietà dei sintomi con cui si manifesta, ha portato nel corso degli anni all’elaborazione di modelli interpretativi, spesso, molto contrastanti tra loro.
    Le interpretazioni più recenti attribuiscono un ruolo fondamentale, nella genesi dell’autismo, a fattori neurofisiologici e genetici.
    Rispetto all’eziologia dell’autismo, la teoria oggi comunemente accettata è che elementi genetici e ambientali agiscano nelle fasi precoci dello sviluppo del bambino.
    Pertanto, lo spettro autistico può essere individuato in: differenti combinazioni genetiche, variazione del numero di copie di geni, forme di riarrangiamento del materiale cromosomico.
    Anche l’età avanzata dei genitori può accrescere le probabilità di autismo nei figli.
    Nella maggioranza dei casi solo uno dei figli può avere tale disturbo, ma non si esclude la possibilità di avere un altro bambino autistico.
    Altre cause dell’autismo possono essere riscontrate nei fattori ambientali, come ad esempio: un’infezione intrauterina, intossicazioni da talidomane o uso di farmaci anticonvulsivi nella terza settimana di gravidanza.
    Vi è infine un’ulteriore ipotesi sull’eziologia dello spettro autistico, che può essere collegata a situazioni di estrema deprivazione di: cure, cibo, luce; riconducibili a bambini tenuti in istituto dalla nascita.
    Le basi neurobiologiche dell’autismo sono state studiate sia con la neuropatologia, ovvero lo studio al microscopio del cervello, sia con esami radiografici, sia attraverso la valutazione degli aspetti elettrofisiologici.
    La neuropatologia ha dato risultati discordanti: alcuni dati evidenziano che nell’autismo l’alterazione è soprattutto nel divenire dello sviluppo del cervello più che in un danno finale.
    Gli studi di risonanza magnetica funzionali hanno individuato che alterazioni della rete amigdala-area fusiforme sottendono le carenze relazionali della persona affetta da DSA.
    Tale relazione fornisce spiegazioni in merito alle modalità ripetitive e stereotipate caratterizzanti lo spettro autistico.
    Gli studi di neuropatologia, radiologia, ed elettrofisiologia hanno consentito di comprendere meglio le basi neurobiologiche dell’autismo.
    L’autismo può, inoltre, essere associato anche ad altre patologie:
    nella sindrome di Down, nella sindrome dell’X fragile o in casi di gigantismo cerebrale.
    E' accertato il dato che l'autismo si sviluppi precocemente, pertanto è possibile fare uno screening precoce per riconoscerne l'eventuale condizione.
    Allo stato attuale, molti sono i vantaggi derivanti da una diagnosi precoce di autismo;
    essi includono: la pianificazione e i trattamenti educativi precoci, il provvedere all'aiuto e all'educazione della famiglia, la riduzione dello stress e delle preoccupazioni familiari e la messa in atto di appropriate cure mediche per il bambino. (Cox et al, 1999).
    Sebbene i sintomi di autismo possano essere presenti durante il primo anno di vita, alcuni autori suggeriscono di parlare di "comportamenti o difese di tipo autistico", piuttosto che esprimersi con una diagnosi precisa.
    Molto spesso l'autismo non è diagnosticato fino a due o tre anni dopo la comparsa dei primi sintomi.
    Gli individui autistici a volte non hanno diagnosi o non vengono diagnosticati accuratamente.
    Le attività di screening sono cruciali per le diagnosi precoci.
    Lo scopo dello screening è l'identificazione, il prima possibile, dei bambini a rischio di autismo, affinché possano essere indirizzati rapidamente a valutazioni diagnostiche complete e agli interventi necessari.
    La prima indagine sul bambino autistico deve essere svolta dai genitori e dal pediatra.
    Sono questi, infatti, a svolgere un primo screening individuando, attraverso l’osservazione, atteggiamenti e comportamenti del bambino.
    Questi ultimi sono portati ad osservare:
    - se il bambino sorride quando si gioca con lui;
    - se sembra vivere in un suo mondo;
    - se è eccessivamente indipendente;
    - se preferisce giocare da solo e non ama condividere giochi con gli altri;
    - se non risponde quando lo si chiama per nome;
    - se mette in fila le cose;
    - se cammina sulle punte;
    - se si mostra insensibile a ustioni e contusioni.
    Pertanto, lo screening precoce si formula principalmente attraverso l'osservazione dei comportamenti.
    Particolarmente importanti risultano i criteri di standardizzazione e classificazione del DSM IV-TR (APA,2002) e dell' ICD-IO (OMS,1992).
    Entrambi i due criteri confluiscono nel ricercare la diagnosi dell'autismo, nel momento in cui sono compromesse le aree dell'interazione sociale, del linguaggio usato nella comunicazione sociale e quelle del gioco simbolico o dell'immaginazione.
    Il passaggio dalla diagnosi clinica alla diagnosi funzionale, vede la collaborazione di un'equipe sanitaria e riabilitativa, famiglia e scuola.
    L'importanza della diagnosi funzionale risiede nel comprendere il reale funzionamento del soggetto nei diversi contesti di vita, definendone: i punti di forza e di debolezza, utilizzando i concetti di capacità, performance, fattori di mediazione facilitante o barricante, tratti dalla classificazione dell'ICF-CY (OMS, 2007).
    Gli autori Howlin & Moore (1997) concludono che:
    1) le preoccupazioni precoci genitoriali sullo sviluppo del bambino dovrebbero essere prese in considerazione più seriamente, sia dal pediatra di base che dai professionisti specializzati, con rapidi referti ed appropriate strutture di riferimento;
    2) etichette, come 'tendenze autistiche' o 'tratti autistici' dovrebbero essere evitate se si è incapaci di dare una specifica diagnosi di autismo;
    3) la diagnosi in se stessa può essere un gradino importante ma non migliorerà la prognosi se non combinata con aiuto pratico e supporto assistenziale ai genitori nell'ottenere trattamenti per il bambino, indirizzati allo sviluppo di abilità e strategie applicabili durante tutta la vita del soggetto.
    Lo studio dello spettro autistico ci ha permesso di riscontrare grandi difficoltà in merito all'individuazione dei fattori causali, pertanto risultano significativi i riferimenti ai fattori neurobiologici.
    Inoltre, le ricerche sullo screening precoce, in particolare sulle metodologie di osservazione dei comportamenti che rimandano alla condizione autistica, risultano essenziali, soprattutto per coloro che non hanno competenze appropriate.
    Ponendoci nell'ottica di future docenti di sostegno, ci impegneremo a prestarne le dovute attenzioni affinchè si possa intervenire rapidamente nel processo abilitativo.

    Tiziana Piscitelli
    Roberta Maddaloni
    Francesca Manfellotti
    Simona Lamberti

    Lavoro molto ben strutturato,
    le richieste dell'esercizio sono state esaurite e superate
    la sintesi è arricchita da un confronto coerente con il quadro teorico.
    Il lavoro si presenta personalizzato e ricco di suggestioni.
    la tutor Dott.ssa Nunzia Giglio
    Marilena Carmellino
    Marilena Carmellino


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    ES.n. 1 AUTISMO (chiude 27 febbraio x esami 29 e sessione estiva) - Pagina 15 Empty Re: ES.n. 1 AUTISMO (chiude 27 febbraio x esami 29 e sessione estiva)

    Messaggio  Marilena Carmellino Gio Feb 02, 2012 6:44 pm

    Cap. 2: Interventi psicoeducativi e abilitativi/riabilitativi.
    gruppo :
    ZAMPELLA LIVIA
    CARMELLINO MARILENA
    FELACE VALENTINA
    UCCIERO LOREDANA
    DI FRAIA ROSA

    I metodi educativi e le terapie sono raggruppate in base alle: sulle dinamiche relative alla psicologia dello sviluppo, sulla strutturazione dell’ambiente per via visiva, sulla comunicazione aumentativa e alternativa e sull’analisi comportamentale.
    Dinamiche relative alla psicologia dello sviluppo centrate sugli obiettivi socie-educativi tra cui il DIR/FLORTIME di Greenspan e il metodo Denver e il metodo AERC/Attivazione Emotiva con Reciprocità Corporea che è stato adottato ai bambini/e piccoli con DSA ( disturbi dello spettro autistico) in possesso di un certo grado di capacità esecutive .
    Il protocollo educativo AERC ha il compito di colmare il deficit dell’interazione sociale relazionale, e far si che il bambino autistico posso accettare proposte interattive diverse, attraverso giochi fisici, metodo Portage che stabilisce un recupero di relazioni tra il bambino autistico e il genitore al fine di recuperare un rapporto che spesso risulta essere fallimentare.
    Un altro metodo di recupero è il TEACCH di tipo cognitivo-comportamentale ideato da Shopler, dove si individuano le tappe principali per un intervento psico-educativo individualizzato.
    La strutturazione deve riguardare sia gli spazi sia i tempi di lavoro e si occupa del disturbo della comunicazione dei diversi gradi infatti proprio per questo esso è personalizzato, perché se viene generalizzato il bambino rischia di avere grandi difficoltà.
    Un altro protocollo fondamentale è La Comunicazione Aumentativa e Alternativa, essa mira allo sviluppo di migliorare le capacità comunicative. Il termine Aumentativa indica l’uso di strumenti che supportano e aumentano il linguaggio del soggetto, quando questo è presente seppur in maniera limitata. Il genitore, l’insegnante, l’operatore utilizzano tale codice con lo scopo di farsi comprendere meglio. Il termine Alternativa si riferisce invece all’uso di un certo codice come alternativa al linguaggio, offrendo implicazioni non solo sulla comunicazione, ma anche sull’interazione sciale e l’apprendimento.
    Infine possiamo citare L’ABA un metodo complesso che prevede l’applicazione di precise tecniche secondo una progettazione specifica e analitica dell’intervento.colui che per primo ha utilizzato questo metodo con soggetti autistici è Lovaas proponendo il Discrete Trial Training (DTT) o insegnamento per sessioni separate, che prevede che le competenze da apprendere siano suddivise in sequenze di sotto obiettivi e con l’ intervento con l’adulto in un rapporto uno a uno.
    Le tecniche e le strategie educative tipiche di questo approccio, possono essere così sintetizzate:
    Task analysis: consiste nello scomporre un’attività complessa da compiere in sotto-obiettivi più semplici e accessibili; Prompting e fading: basata sull’uso di istruzioni, aiuti gestuali, esempi e modelli e altri stimoli aggiuntivi di vario genere; Modeling: si basa sull’apprendimento osservativo di un modello competente.;Uso di rinforzi positivi; Modellaggio: (shaping) e il concatenamento (chaining). Tutte queste strategie menzionate permettono di trovare miglioramenti per capire le difficoltà comportamentali del bambino autistico .

    Lavoro ben fatto,
    le richieste dell'esercizio sono state esaurite e
    la sintesi è coerente e significativa.
    Non Emergono le considerazioni critiche del gruppo.
    la tutor Dott.ssa Nunzia Giglio
    Bonacci Rossana
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    ES.n. 1 AUTISMO (chiude 27 febbraio x esami 29 e sessione estiva) - Pagina 15 Empty Re: ES.n. 1 AUTISMO (chiude 27 febbraio x esami 29 e sessione estiva)

    Messaggio  Bonacci Rossana Gio Feb 02, 2012 7:04 pm

    Cap. 2: Interventi psicoeducativi e abilitativi/riabilitativi.

    I disturbi dello spettro autistico che, secondo le stime attuali, colpiscono un bambino su cinquecento, sconvolgendo la vita
    delle famiglie e pregiudicando quella di molti bambini, fino a metà del ventesimo secolo non avevano ancora un nome.

    Attualmente tali disturbi sono catalogati nel Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali (DSM-IV-TR Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders, quarta edizione, testo revisionato ), come due dei cinque Disturbi Pervasivi dello Sviluppo ( PDD – Pervasive Development Disorder), che attualmente sono più spesso definiti come Disturbi dello Spettro Autistico (ASD – Autism Spectrum Disorders). Tutti questi disturbi sono caratterizzati da disabilità di gravità diversa nell’ambito delle capacità comunicative e dell’interazione sociale, nonché da modelli di comportamento ristretti, ripetitivi e stereotipati.
    Il panorama delle varie metodologie di intervento per l'educazione e la ri-abilitazione delle persone con Autismo è molto ampio, ma prendendo spunto dalle ultime Linee guida per l'autismo della SINPIA, è venuto fuori il seguente schema che racchiude gran parte delle tecniche educative utilizzate e la metodologia a cui fanno riferimento.
    Approcci comportamentali e cognitivo-comportamentali Approcci evolutivi
    - Intervento comportamentale precoce di Lovaas
    - Interventi neocomportamentali:
    incidental learning
    LEAP
    - TEACCH - Denver Model
    - DIR Model
    - TED

    Oltre alle tecniche elencate dalla SINPIA ne esistono altre simili.
    Auditory Integration Training (AIT)
    Inizialmente tale tecnica è stata usata per il trattamento di vari problemi legati all'udito e per la sordità. E' stata elaborata da Guy Berad. Durante il training viene fatta ascoltare della musica filtrata da alcune cuffie che permetterebbe la correzione di alterazioni nel modo di sentire e correggere difetti come la dislessia, il deficit di attenzione e iperattività, la depressione e l'autismo. La tecnica prevede che il bambino ascolti musica per due volte al giorno, ogni volta per 30 minuti, per 10 giorni consecutivi. L'obiettivo è di esercitare l'udito alle frequenze in cui si riscontra una ipersensibilità, cercando di normalizzalo. Esistono inoltre vari metodi educativi e terapie che si possono raggruppare negli indirizzi basati: sulle dinamiche relative alla psicologia dello sviluppo, sulla strutturazione dell’ambiente per via visiva, sulla comunicazione aumentativa e alternativa e sull’analisi comportamentale. Nei metodi basati sulla psicologia dello sviluppo l’attenzione spesso centrata su obiettivi socio-comunicativi, sulla condivisione positiva degli affetti e sulle funzioni comunicative. Tra questi metodi compaiono il Metodo Denver e la TED/Therapie d’Exchange et the Developpement.
    Il Denver Model è un modello di presa in carico per bambini con disturbi dello spettro autistico in età prescolare, promosso dagli inizi degli anni Ottanta da Sally Rogers all’interno dei programmi per le Disabilità dello sviluppo dell’Università del Colorado Health Sciences Center (UCHSC).
    Il metodo AERC/ Attivazione emotiva con reciprocità corporea, elaborato e usato in Italia, ha il merito di aver messo al centro dell’intervento terapeutico la reciprocità. Michele Zappella parlando di “reciprocità” afferma che quest’ultima richiede tre momenti: guardarsi negli occhi, rispettare i turni e condividere, dare lo stesso significato ai messaggi che ci si scambia. L’AERC ritiene che il motore delle nostre azioni è nelle motivazioni, interne ed esterne, determinate nel contesto della vita della persona. L'attivazione emotiva consente la diminuzione dei comportamenti autistici responsabili dei ritardi nello sviluppo. Può essere considerato come un approccio evolutivo.
    L'attivazione emotiva consiste nell'aumento di alcuni stimoli con la conseguente proposta di un muovo modo di relazionarsi. In questo contesto sono molto importanti alcuni fattori, come la variazione del tono della voce, l'incontro degli sguardi, l'attività motoria, il contatto corporeo.
    L’intervento psicoeducativo migliore è quello che parte da una relazione fatta di ciò che il bambino propone e suggerisce: risorse personali, isole di abilità, distorsioni, difficoltà, interessi. Un programma di trattamento psicoeducativo parte da un’efficace valutazione delle abilità funzionali e prosegue con la stretta collaborazione tra professionisti e genitori che assumono il ruolo di co-terapeuti. Il modello di riferimento è quello dell’educazione strutturata, in particolare il TEACCH.
    Il Teacch può essere considerato come il sistema di interventi che comprende attività di ricerca, formazione ed un’organizzazione di servizi che prevede interventi lungo tutto il corso della vita delle persone colpite da Autismo e più in generale da Disturbi Generalizzati dello Sviluppo. Consiste in una valutazione individualizzata, in un progetto educativo “tagliato su misura” e gli interventi interessano terapie integrate e programmate in modo individualizzato a seconda dell’area da sviluppare; gli interventi vengono effettuati all’interno di diversi contesti: lavoro individuale, partecipazione del bambino alla costruzione dell’agenda, scelta dell’attività, lavoro in piccolo gruppo, la rete dei servizi, interventi educativi in famiglia e a scuola.
    La principale caratteristica che definisce i disturbi dello spettro autistico è caratterizzata dalla compromissione della comunicazione.
    La comunicazione può essere compromessa in vari modi e con differenti gradi di gravità. La tecnica della comunicazione aumentativa e alternativa (CAA) interviene a supporto di queste difficoltà. Il termine “aumentativa” indica l’uso di strumenti che supportano e “aumentano” il linguaggio del soggetto, dove questo è presente seppur in maniera limitata. A questo significato del temine “aumentativa”, che si è soliti indicare, ne va aggiunto un secondo, altrettanto importante, che riguarda l’uso che il partner comunicativo del bambino (il genitore, l’insegnante, l’operatore) fa di codici di comunicazione non verbale. Non è cioè solo il bambino che usa un codice in senso “aumentativo” a supporto del proprio linguaggio, ma è anche il partner comunicativo che lo utilizza, affiancandolo al proprio linguaggio, con lo scopo di farsi comprendere meglio. Il termine “alternativa” si riferisce invece all’uso di un certo codice come “alternativa” al linguaggio; l’assenza di linguaggio rappresenta infatti una grave disabilità. Offrire un metodo alternativo per farsi capire ha quindi implicazioni non solo sulla comunicazione, ma anche sull’interazione sociale e l’apprendimento, consentendo inoltre di prevenire molti problemi di comportamento.
    In una rassegna del 2001, Mirenda, fa il punto su ciò che sappiamo sulla CAA e l’autismo, distinguendo fra ausili che servono a favorire la comprensione (l’imput), come per esempio agende e altri aiuti visivi e ausili che facilitano l’espressione favorendo la comprensione.
    Mirenda distingue inoltre sistemi di CAA che si avvalgono di ausili per l’output: si tratta di metodologie di impostazione comportamentale che insegnano, attraverso l’utilizzo di immagini, a fare delle richieste e a sviluppare altre funzioni comunicative.
    Un’altra forma di CAA che viene descritta da Mirenda è il Training di Comunicazione Funzionale, che è centrato soprattutto sull’insegnamento di abilità di comunicazione il cui scopo principale è quello di ridurre problemi di comportamento che sono connessi proprio con la difficoltà di comunicare.
    Il recente documento di indirizzo sull’Integrazione scolastica degli alunni con disturbi dello spettro autistico (Società Italiana di Pedagogia Special, 2008) raccomanda anche a scuola l’utilizzo di aiuti visivi per la comunicazione.
    Gli interventi psicoeducativi: si articolano sulle conoscenze e le evidenze finora disponibili sulle peculiari caratteristiche di funzionamento del soggetto con disturbi dello spettro autistico; vengono scelti sulla base dell’evidenza di dati di efficacia ed efficienza riportati da studi internazionali accreditati e ora anche da riviste nazionali specifiche; sono scelti con cura rispetto alle caratteristiche del soggetto, alla sua età, agli obiettivi e alle varie caratteristiche dei contesti di vita e di relazione; vengono contestualizzati in un “sistema che si prende cura” globalmente e dia cronicamente, in un Progetto di Vita, in un sistema che coinvolge e corresponsabilizza i vari attori del prendersi cura per tutto l’arco della vita del soggetto con autismo; vengono attivati sempre più precocemente, ad età molto basse.
    Si parla dunque di “interventi psicoeducativi” perché la metodologia educativa speciale viene ancora più raffinata dalle conoscenze psicologiche.
    L’Applied Behavior Analysis (ABA) è finalizzata ad applicare I dati emersi dall’analisi sperimentale del comportamento per comprendere le relazioni che intercorrono fra i comportamenti e le varie condizioni esterne, formulando così delle ipotesi sul perché un dato comportamento si verifica in quel particolare contesto e, di conseguenza, mettere in atto una serie di interventi/strategie volti a modificare il comportamento e/o i fattori contestuali implicati.
    Lovaas (1979) è stato uno dei primi a utilizzare questo approccio con soggetti autistici e, negli anni, lo ha sempre più “raffinato”ed elaborato fino alla proposta del suo Discrete Trial Training.
    Il Discrete Trial Training (DTT) o insegnamento per sessioni separate prevede che le competenze da apprendere siano suddivise in sequenze di sotto-obiettivi e proposte all’interno di attività in rapporto uno-a-uno con l’adulto . la procedura d’insegnamento prevede che si tengano in considerazione tre componenti: l’istruzione, la risposta e la conseguenza.
    Le caratteristiche principali di tale procedura sono:
    - L’insegnamento è condotto dall’operatore;
    - L’operatore sceglie i materiali didattici, definisce il programma e prestabilisce quale sia la risposta corretta;
    - Il rinforza è estrinseco al compito;
    - Vengono ripetute più volte le stesse attività;
    - Il focus del trattamento è la risposta del bambino.
    Le caratteristiche principali di alcune delle tecniche/strategie educative tipiche dell’approccio ABA: Task analysis (analisi del compito); uso degli aiuti, tecniche di “prompting” e “fading”; apprendimento senza errori; uso di modelli competenti; uso di rinforzi positivi; uso di tecniche quali il modellaggio (shaping) e il concatenamento (chaining); favorire le strategie di generalizzazione e di mantenimento.

    GRUPPO UNISOB
    Bonacci Rossana
    Bovenzi Piero
    Maisto Cleta
    Severino Luisa

    Il lavoro è molto ben fatto.
    Le richieste dell'esercizio sono state esaurite.
    La sintesi è significativa e arricchita dal confronto teorico
    Il lavoro si presenta personalizzato
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    ES.n. 1 AUTISMO (chiude 27 febbraio x esami 29 e sessione estiva) - Pagina 15 Empty Re: ES.n. 1 AUTISMO (chiude 27 febbraio x esami 29 e sessione estiva)

    Messaggio  pierobovenzi Gio Feb 02, 2012 7:04 pm

    Cap. 2: Interventi psicoeducativi e abilitativi/riabilitativi.

    I disturbi dello spettro autistico che, secondo le stime attuali, colpiscono un bambino su cinquecento, sconvolgendo la vita
    delle famiglie e pregiudicando quella di molti bambini, fino a metà del ventesimo secolo non avevano ancora un nome.

    Attualmente tali disturbi sono catalogati nel Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali (DSM-IV-TR Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders, quarta edizione, testo revisionato ), come due dei cinque Disturbi Pervasivi dello Sviluppo ( PDD – Pervasive Development Disorder), che attualmente sono più spesso definiti come Disturbi dello Spettro Autistico (ASD – Autism Spectrum Disorders). Tutti questi disturbi sono caratterizzati da disabilità di gravità diversa nell’ambito delle capacità comunicative e dell’interazione sociale, nonché da modelli di comportamento ristretti, ripetitivi e stereotipati.
    Il panorama delle varie metodologie di intervento per l'educazione e la ri-abilitazione delle persone con Autismo è molto ampio, ma prendendo spunto dalle ultime Linee guida per l'autismo della SINPIA, è venuto fuori il seguente schema che racchiude gran parte delle tecniche educative utilizzate e la metodologia a cui fanno riferimento.
    Approcci comportamentali e cognitivo-comportamentali Approcci evolutivi
    - Intervento comportamentale precoce di Lovaas
    - Interventi neocomportamentali:
    incidental learning
    LEAP
    - TEACCH - Denver Model
    - DIR Model
    - TED

    Oltre alle tecniche elencate dalla SINPIA ne esistono altre simili.
    Auditory Integration Training (AIT)
    Inizialmente tale tecnica è stata usata per il trattamento di vari problemi legati all'udito e per la sordità. E' stata elaborata da Guy Berad. Durante il training viene fatta ascoltare della musica filtrata da alcune cuffie che permetterebbe la correzione di alterazioni nel modo di sentire e correggere difetti come la dislessia, il deficit di attenzione e iperattività, la depressione e l'autismo. La tecnica prevede che il bambino ascolti musica per due volte al giorno, ogni volta per 30 minuti, per 10 giorni consecutivi. L'obiettivo è di esercitare l'udito alle frequenze in cui si riscontra una ipersensibilità, cercando di normalizzalo. Esistono inoltre vari metodi educativi e terapie che si possono raggruppare negli indirizzi basati: sulle dinamiche relative alla psicologia dello sviluppo, sulla strutturazione dell’ambiente per via visiva, sulla comunicazione aumentativa e alternativa e sull’analisi comportamentale. Nei metodi basati sulla psicologia dello sviluppo l’attenzione spesso centrata su obiettivi socio-comunicativi, sulla condivisione positiva degli affetti e sulle funzioni comunicative. Tra questi metodi compaiono il Metodo Denver e la TED/Therapie d’Exchange et the Developpement.
    Il Denver Model è un modello di presa in carico per bambini con disturbi dello spettro autistico in età prescolare, promosso dagli inizi degli anni Ottanta da Sally Rogers all’interno dei programmi per le Disabilità dello sviluppo dell’Università del Colorado Health Sciences Center (UCHSC).
    Il metodo AERC/ Attivazione emotiva con reciprocità corporea, elaborato e usato in Italia, ha il merito di aver messo al centro dell’intervento terapeutico la reciprocità. Michele Zappella parlando di “reciprocità” afferma che quest’ultima richiede tre momenti: guardarsi negli occhi, rispettare i turni e condividere, dare lo stesso significato ai messaggi che ci si scambia. L’AERC ritiene che il motore delle nostre azioni è nelle motivazioni, interne ed esterne, determinate nel contesto della vita della persona. L'attivazione emotiva consente la diminuzione dei comportamenti autistici responsabili dei ritardi nello sviluppo. Può essere considerato come un approccio evolutivo.
    L'attivazione emotiva consiste nell'aumento di alcuni stimoli con la conseguente proposta di un muovo modo di relazionarsi. In questo contesto sono molto importanti alcuni fattori, come la variazione del tono della voce, l'incontro degli sguardi, l'attività motoria, il contatto corporeo.
    L’intervento psicoeducativo migliore è quello che parte da una relazione fatta di ciò che il bambino propone e suggerisce: risorse personali, isole di abilità, distorsioni, difficoltà, interessi. Un programma di trattamento psicoeducativo parte da un’efficace valutazione delle abilità funzionali e prosegue con la stretta collaborazione tra professionisti e genitori che assumono il ruolo di co-terapeuti. Il modello di riferimento è quello dell’educazione strutturata, in particolare il TEACCH.
    Il Teacch può essere considerato come il sistema di interventi che comprende attività di ricerca, formazione ed un’organizzazione di servizi che prevede interventi lungo tutto il corso della vita delle persone colpite da Autismo e più in generale da Disturbi Generalizzati dello Sviluppo. Consiste in una valutazione individualizzata, in un progetto educativo “tagliato su misura” e gli interventi interessano terapie integrate e programmate in modo individualizzato a seconda dell’area da sviluppare; gli interventi vengono effettuati all’interno di diversi contesti: lavoro individuale, partecipazione del bambino alla costruzione dell’agenda, scelta dell’attività, lavoro in piccolo gruppo, la rete dei servizi, interventi educativi in famiglia e a scuola.
    La principale caratteristica che definisce i disturbi dello spettro autistico è caratterizzata dalla compromissione della comunicazione.
    La comunicazione può essere compromessa in vari modi e con differenti gradi di gravità. La tecnica della comunicazione aumentativa e alternativa (CAA) interviene a supporto di queste difficoltà. Il termine “aumentativa” indica l’uso di strumenti che supportano e “aumentano” il linguaggio del soggetto, dove questo è presente seppur in maniera limitata. A questo significato del temine “aumentativa”, che si è soliti indicare, ne va aggiunto un secondo, altrettanto importante, che riguarda l’uso che il partner comunicativo del bambino (il genitore, l’insegnante, l’operatore) fa di codici di comunicazione non verbale. Non è cioè solo il bambino che usa un codice in senso “aumentativo” a supporto del proprio linguaggio, ma è anche il partner comunicativo che lo utilizza, affiancandolo al proprio linguaggio, con lo scopo di farsi comprendere meglio. Il termine “alternativa” si riferisce invece all’uso di un certo codice come “alternativa” al linguaggio; l’assenza di linguaggio rappresenta infatti una grave disabilità. Offrire un metodo alternativo per farsi capire ha quindi implicazioni non solo sulla comunicazione, ma anche sull’interazione sociale e l’apprendimento, consentendo inoltre di prevenire molti problemi di comportamento.
    In una rassegna del 2001, Mirenda, fa il punto su ciò che sappiamo sulla CAA e l’autismo, distinguendo fra ausili che servono a favorire la comprensione (l’imput), come per esempio agende e altri aiuti visivi e ausili che facilitano l’espressione favorendo la comprensione.
    Mirenda distingue inoltre sistemi di CAA che si avvalgono di ausili per l’output: si tratta di metodologie di impostazione comportamentale che insegnano, attraverso l’utilizzo di immagini, a fare delle richieste e a sviluppare altre funzioni comunicative.
    Un’altra forma di CAA che viene descritta da Mirenda è il Training di Comunicazione Funzionale, che è centrato soprattutto sull’insegnamento di abilità di comunicazione il cui scopo principale è quello di ridurre problemi di comportamento che sono connessi proprio con la difficoltà di comunicare.
    Il recente documento di indirizzo sull’Integrazione scolastica degli alunni con disturbi dello spettro autistico (Società Italiana di Pedagogia Special, 2008) raccomanda anche a scuola l’utilizzo di aiuti visivi per la comunicazione.
    Gli interventi psicoeducativi: si articolano sulle conoscenze e le evidenze finora disponibili sulle peculiari caratteristiche di funzionamento del soggetto con disturbi dello spettro autistico; vengono scelti sulla base dell’evidenza di dati di efficacia ed efficienza riportati da studi internazionali accreditati e ora anche da riviste nazionali specifiche; sono scelti con cura rispetto alle caratteristiche del soggetto, alla sua età, agli obiettivi e alle varie caratteristiche dei contesti di vita e di relazione; vengono contestualizzati in un “sistema che si prende cura” globalmente e dia cronicamente, in un Progetto di Vita, in un sistema che coinvolge e corresponsabilizza i vari attori del prendersi cura per tutto l’arco della vita del soggetto con autismo; vengono attivati sempre più precocemente, ad età molto basse.
    Si parla dunque di “interventi psicoeducativi” perché la metodologia educativa speciale viene ancora più raffinata dalle conoscenze psicologiche.
    L’Applied Behavior Analysis (ABA) è finalizzata ad applicare I dati emersi dall’analisi sperimentale del comportamento per comprendere le relazioni che intercorrono fra i comportamenti e le varie condizioni esterne, formulando così delle ipotesi sul perché un dato comportamento si verifica in quel particolare contesto e, di conseguenza, mettere in atto una serie di interventi/strategie volti a modificare il comportamento e/o i fattori contestuali implicati.
    Lovaas (1979) è stato uno dei primi a utilizzare questo approccio con soggetti autistici e, negli anni, lo ha sempre più “raffinato”ed elaborato fino alla proposta del suo Discrete Trial Training.
    Il Discrete Trial Training (DTT) o insegnamento per sessioni separate prevede che le competenze da apprendere siano suddivise in sequenze di sotto-obiettivi e proposte all’interno di attività in rapporto uno-a-uno con l’adulto . la procedura d’insegnamento prevede che si tengano in considerazione tre componenti: l’istruzione, la risposta e la conseguenza.
    Le caratteristiche principali di tale procedura sono:
    - L’insegnamento è condotto dall’operatore;
    - L’operatore sceglie i materiali didattici, definisce il programma e prestabilisce quale sia la risposta corretta;
    - Il rinforza è estrinseco al compito;
    - Vengono ripetute più volte le stesse attività;
    - Il focus del trattamento è la risposta del bambino.
    Le caratteristiche principali di alcune delle tecniche/strategie educative tipiche dell’approccio ABA: Task analysis (analisi del compito); uso degli aiuti, tecniche di “prompting” e “fading”; apprendimento senza errori; uso di modelli competenti; uso di rinforzi positivi; uso di tecniche quali il modellaggio (shaping) e il concatenamento (chaining); favorire le strategie di generalizzazione e di mantenimento.

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    Il lavoro è molto ben fatto.
    Le richieste dell'esercizio sono state esaurite.
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    Messaggio  Maisto Cleta Gio Feb 02, 2012 7:05 pm

    Cap. 2: Interventi psicoeducativi e abilitativi/riabilitativi.

    I disturbi dello spettro autistico che, secondo le stime attuali, colpiscono un bambino su cinquecento, sconvolgendo la vita
    delle famiglie e pregiudicando quella di molti bambini, fino a metà del ventesimo secolo non avevano ancora un nome.

    Attualmente tali disturbi sono catalogati nel Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali (DSM-IV-TR Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders, quarta edizione, testo revisionato ), come due dei cinque Disturbi Pervasivi dello Sviluppo ( PDD – Pervasive Development Disorder), che attualmente sono più spesso definiti come Disturbi dello Spettro Autistico (ASD – Autism Spectrum Disorders). Tutti questi disturbi sono caratterizzati da disabilità di gravità diversa nell’ambito delle capacità comunicative e dell’interazione sociale, nonché da modelli di comportamento ristretti, ripetitivi e stereotipati.
    Il panorama delle varie metodologie di intervento per l'educazione e la ri-abilitazione delle persone con Autismo è molto ampio, ma prendendo spunto dalle ultime Linee guida per l'autismo della SINPIA, è venuto fuori il seguente schema che racchiude gran parte delle tecniche educative utilizzate e la metodologia a cui fanno riferimento.
    Approcci comportamentali e cognitivo-comportamentali Approcci evolutivi
    - Intervento comportamentale precoce di Lovaas
    - Interventi neocomportamentali:
    incidental learning
    LEAP
    - TEACCH - Denver Model
    - DIR Model
    - TED

    Oltre alle tecniche elencate dalla SINPIA ne esistono altre simili.
    Auditory Integration Training (AIT)
    Inizialmente tale tecnica è stata usata per il trattamento di vari problemi legati all'udito e per la sordità. E' stata elaborata da Guy Berad. Durante il training viene fatta ascoltare della musica filtrata da alcune cuffie che permetterebbe la correzione di alterazioni nel modo di sentire e correggere difetti come la dislessia, il deficit di attenzione e iperattività, la depressione e l'autismo. La tecnica prevede che il bambino ascolti musica per due volte al giorno, ogni volta per 30 minuti, per 10 giorni consecutivi. L'obiettivo è di esercitare l'udito alle frequenze in cui si riscontra una ipersensibilità, cercando di normalizzalo. Esistono inoltre vari metodi educativi e terapie che si possono raggruppare negli indirizzi basati: sulle dinamiche relative alla psicologia dello sviluppo, sulla strutturazione dell’ambiente per via visiva, sulla comunicazione aumentativa e alternativa e sull’analisi comportamentale. Nei metodi basati sulla psicologia dello sviluppo l’attenzione spesso centrata su obiettivi socio-comunicativi, sulla condivisione positiva degli affetti e sulle funzioni comunicative. Tra questi metodi compaiono il Metodo Denver e la TED/Therapie d’Exchange et the Developpement.
    Il Denver Model è un modello di presa in carico per bambini con disturbi dello spettro autistico in età prescolare, promosso dagli inizi degli anni Ottanta da Sally Rogers all’interno dei programmi per le Disabilità dello sviluppo dell’Università del Colorado Health Sciences Center (UCHSC).
    Il metodo AERC/ Attivazione emotiva con reciprocità corporea, elaborato e usato in Italia, ha il merito di aver messo al centro dell’intervento terapeutico la reciprocità. Michele Zappella parlando di “reciprocità” afferma che quest’ultima richiede tre momenti: guardarsi negli occhi, rispettare i turni e condividere, dare lo stesso significato ai messaggi che ci si scambia. L’AERC ritiene che il motore delle nostre azioni è nelle motivazioni, interne ed esterne, determinate nel contesto della vita della persona. L'attivazione emotiva consente la diminuzione dei comportamenti autistici responsabili dei ritardi nello sviluppo. Può essere considerato come un approccio evolutivo.
    L'attivazione emotiva consiste nell'aumento di alcuni stimoli con la conseguente proposta di un muovo modo di relazionarsi. In questo contesto sono molto importanti alcuni fattori, come la variazione del tono della voce, l'incontro degli sguardi, l'attività motoria, il contatto corporeo.
    L’intervento psicoeducativo migliore è quello che parte da una relazione fatta di ciò che il bambino propone e suggerisce: risorse personali, isole di abilità, distorsioni, difficoltà, interessi. Un programma di trattamento psicoeducativo parte da un’efficace valutazione delle abilità funzionali e prosegue con la stretta collaborazione tra professionisti e genitori che assumono il ruolo di co-terapeuti. Il modello di riferimento è quello dell’educazione strutturata, in particolare il TEACCH.
    Il Teacch può essere considerato come il sistema di interventi che comprende attività di ricerca, formazione ed un’organizzazione di servizi che prevede interventi lungo tutto il corso della vita delle persone colpite da Autismo e più in generale da Disturbi Generalizzati dello Sviluppo. Consiste in una valutazione individualizzata, in un progetto educativo “tagliato su misura” e gli interventi interessano terapie integrate e programmate in modo individualizzato a seconda dell’area da sviluppare; gli interventi vengono effettuati all’interno di diversi contesti: lavoro individuale, partecipazione del bambino alla costruzione dell’agenda, scelta dell’attività, lavoro in piccolo gruppo, la rete dei servizi, interventi educativi in famiglia e a scuola.
    La principale caratteristica che definisce i disturbi dello spettro autistico è caratterizzata dalla compromissione della comunicazione.
    La comunicazione può essere compromessa in vari modi e con differenti gradi di gravità. La tecnica della comunicazione aumentativa e alternativa (CAA) interviene a supporto di queste difficoltà. Il termine “aumentativa” indica l’uso di strumenti che supportano e “aumentano” il linguaggio del soggetto, dove questo è presente seppur in maniera limitata. A questo significato del temine “aumentativa”, che si è soliti indicare, ne va aggiunto un secondo, altrettanto importante, che riguarda l’uso che il partner comunicativo del bambino (il genitore, l’insegnante, l’operatore) fa di codici di comunicazione non verbale. Non è cioè solo il bambino che usa un codice in senso “aumentativo” a supporto del proprio linguaggio, ma è anche il partner comunicativo che lo utilizza, affiancandolo al proprio linguaggio, con lo scopo di farsi comprendere meglio. Il termine “alternativa” si riferisce invece all’uso di un certo codice come “alternativa” al linguaggio; l’assenza di linguaggio rappresenta infatti una grave disabilità. Offrire un metodo alternativo per farsi capire ha quindi implicazioni non solo sulla comunicazione, ma anche sull’interazione sociale e l’apprendimento, consentendo inoltre di prevenire molti problemi di comportamento.
    In una rassegna del 2001, Mirenda, fa il punto su ciò che sappiamo sulla CAA e l’autismo, distinguendo fra ausili che servono a favorire la comprensione (l’imput), come per esempio agende e altri aiuti visivi e ausili che facilitano l’espressione favorendo la comprensione.
    Mirenda distingue inoltre sistemi di CAA che si avvalgono di ausili per l’output: si tratta di metodologie di impostazione comportamentale che insegnano, attraverso l’utilizzo di immagini, a fare delle richieste e a sviluppare altre funzioni comunicative.
    Un’altra forma di CAA che viene descritta da Mirenda è il Training di Comunicazione Funzionale, che è centrato soprattutto sull’insegnamento di abilità di comunicazione il cui scopo principale è quello di ridurre problemi di comportamento che sono connessi proprio con la difficoltà di comunicare.
    Il recente documento di indirizzo sull’Integrazione scolastica degli alunni con disturbi dello spettro autistico (Società Italiana di Pedagogia Special, 2008) raccomanda anche a scuola l’utilizzo di aiuti visivi per la comunicazione.
    Gli interventi psicoeducativi: si articolano sulle conoscenze e le evidenze finora disponibili sulle peculiari caratteristiche di funzionamento del soggetto con disturbi dello spettro autistico; vengono scelti sulla base dell’evidenza di dati di efficacia ed efficienza riportati da studi internazionali accreditati e ora anche da riviste nazionali specifiche; sono scelti con cura rispetto alle caratteristiche del soggetto, alla sua età, agli obiettivi e alle varie caratteristiche dei contesti di vita e di relazione; vengono contestualizzati in un “sistema che si prende cura” globalmente e dia cronicamente, in un Progetto di Vita, in un sistema che coinvolge e corresponsabilizza i vari attori del prendersi cura per tutto l’arco della vita del soggetto con autismo; vengono attivati sempre più precocemente, ad età molto basse.
    Si parla dunque di “interventi psicoeducativi” perché la metodologia educativa speciale viene ancora più raffinata dalle conoscenze psicologiche.
    L’Applied Behavior Analysis (ABA) è finalizzata ad applicare I dati emersi dall’analisi sperimentale del comportamento per comprendere le relazioni che intercorrono fra i comportamenti e le varie condizioni esterne, formulando così delle ipotesi sul perché un dato comportamento si verifica in quel particolare contesto e, di conseguenza, mettere in atto una serie di interventi/strategie volti a modificare il comportamento e/o i fattori contestuali implicati.
    Lovaas (1979) è stato uno dei primi a utilizzare questo approccio con soggetti autistici e, negli anni, lo ha sempre più “raffinato”ed elaborato fino alla proposta del suo Discrete Trial Training.
    Il Discrete Trial Training (DTT) o insegnamento per sessioni separate prevede che le competenze da apprendere siano suddivise in sequenze di sotto-obiettivi e proposte all’interno di attività in rapporto uno-a-uno con l’adulto . la procedura d’insegnamento prevede che si tengano in considerazione tre componenti: l’istruzione, la risposta e la conseguenza.
    Le caratteristiche principali di tale procedura sono:
    - L’insegnamento è condotto dall’operatore;
    - L’operatore sceglie i materiali didattici, definisce il programma e prestabilisce quale sia la risposta corretta;
    - Il rinforza è estrinseco al compito;
    - Vengono ripetute più volte le stesse attività;
    - Il focus del trattamento è la risposta del bambino.
    Le caratteristiche principali di alcune delle tecniche/strategie educative tipiche dell’approccio ABA: Task analysis (analisi del compito); uso degli aiuti, tecniche di “prompting” e “fading”; apprendimento senza errori; uso di modelli competenti; uso di rinforzi positivi; uso di tecniche quali il modellaggio (shaping) e il concatenamento (chaining); favorire le strategie di generalizzazione e di mantenimento.

    GRUPPO UNISOB
    Bonacci Rossana
    Bovenzi Piero
    Maisto Cleta
    Severino Luisa

    Il lavoro è molto ben fatto.
    Le richieste dell'esercizio sono state esaurite.
    La sintesi è significativa e arricchita dal confronto teorico
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    Rosa Di Fraia


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    ES.n. 1 AUTISMO (chiude 27 febbraio x esami 29 e sessione estiva) - Pagina 15 Empty Re: ES.n. 1 AUTISMO (chiude 3 febbraio)

    Messaggio  Rosa Di Fraia Gio Feb 02, 2012 7:10 pm

    Cap. 2: Interventi psicoeducativi e abilitativi/riabilitativi.
    gruppo :
    ZAMPELLA LIVIA
    CARMELLINO MARILENA
    FELACE VALENTINA
    UCCIERO LOREDANA
    DI FRAIA ROSA

    I metodi educativi e le terapie sono raggruppate in base alle: sulle dinamiche relative alla psicologia dello sviluppo, sulla strutturazione dell’ambiente per via visiva, sulla comunicazione aumentativa e alternativa e sull’analisi comportamentale.
    Dinamiche relative alla psicologia dello sviluppo centrate sugli obiettivi socie-educativi tra cui il DIR/FLORTIME di Greenspan e il metodo Denver e il metodo AERC/Attivazione Emotiva con Reciprocità Corporea che è stato adottato ai bambini/e piccoli con DSA ( disturbi dello spettro autistico) in possesso di un certo grado di capacità esecutive .
    Il protocollo educativo AERC ha il compito di colmare il deficit dell’interazione sociale relazionale, e far si che il bambino autistico posso accettare proposte interattive diverse, attraverso giochi fisici, metodo Portage che stabilisce un recupero di relazioni tra il bambino autistico e il genitore al fine di recuperare un rapporto che spesso risulta essere fallimentare.
    Un altro metodo di recupero è il TEACCH di tipo cognitivo-comportamentale ideato da Shopler, dove si individuano le tappe principali per un intervento psico-educativo individualizzato.
    La strutturazione deve riguardare sia gli spazi sia i tempi di lavoro e si occupa del disturbo della comunicazione dei diversi gradi infatti proprio per questo esso è personalizzato, perché se viene generalizzato il bambino rischia di avere grandi difficoltà.
    Un altro protocollo fondamentale è La Comunicazione Aumentativa e Alternativa, essa mira allo sviluppo di migliorare le capacità comunicative. Il termine Aumentativa indica l’uso di strumenti che supportano e aumentano il linguaggio del soggetto, quando questo è presente seppur in maniera limitata. Il genitore, l’insegnante, l’operatore utilizzano tale codice con lo scopo di farsi comprendere meglio. Il termine Alternativa si riferisce invece all’uso di un certo codice come alternativa al linguaggio, offrendo implicazioni non solo sulla comunicazione, ma anche sull’interazione sciale e l’apprendimento.
    Infine possiamo citare L’ABA un metodo complesso che prevede l’applicazione di precise tecniche secondo una progettazione specifica e analitica dell’intervento.colui che per primo ha utilizzato questo metodo con soggetti autistici è Lovaas proponendo il Discrete Trial Training (DTT) o insegnamento per sessioni separate, che prevede che le competenze da apprendere siano suddivise in sequenze di sotto obiettivi e con l’ intervento con l’adulto in un rapporto uno a uno.
    Le tecniche e le strategie educative tipiche di questo approccio, possono essere così sintetizzate:
    Task analysis: consiste nello scomporre un’attività complessa da compiere in sotto-obiettivi più semplici e accessibili; Prompting e fading: basata sull’uso di istruzioni, aiuti gestuali, esempi e modelli e altri stimoli aggiuntivi di vario genere; Modeling: si basa sull’apprendimento osservativo di un modello competente.;Uso di rinforzi positivi; Modellaggio: (shaping) e il concatenamento (chaining). Tutte queste strategie menzionate permettono di trovare miglioramenti per capire le difficoltà comportamentali del bambino autistico .

    Lavoro ben fatto,
    le richieste dell'esercizio sono state esaurite e
    la sintesi è coerente e significativa.
    Non Emergono le considerazioni critiche del gruppo.
    la tutor Dott.ssa Nunzia Giglio
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    ES.n. 1 AUTISMO (chiude 27 febbraio x esami 29 e sessione estiva) - Pagina 15 Empty Re: ES.n. 1 AUTISMO (chiude 27 febbraio x esami 29 e sessione estiva)

    Messaggio  mariabuonincontro Gio Feb 02, 2012 7:12 pm

    Relazione sul cap. 4: "l'alleanza con la famiglia" dal testo: facciamo il punto sull'autismo.


    Il termine autismo identifica una disabilità permanente complessa, di natura neurobiologica, che si manifesta ed è identificabile nella prima infanzia sulla base di difficoltà di comunicazione, interazione e modalità comportamentali. Seppur a volte sia difficile, è molto importante diagnosticare l’autismo in età precoce identificando i segnali di rischio perché un intervento precoce può migliorare sensibilmente la qualità della vita della persona autistica. Per quanto fin qui esposto, appare indispensabile in questa prima fase la collaborazione dei genitori con gli operatori per l'elaborazione di un programma d'intervento. Proprio i genitori e in particolare le madri sono stati considerati responsabili delle problematiche dei loro figli autistici. Oggi fortunatamente gli approcci affermano la centralità della famiglia riconoscendone il valore di uno spazio privilegiato, in cui il soggetto possa interagire e partecipare. Risulta quindi molto importante creare una sorta di alleanza con gli operatori al fine di conseguire obiettivi positivi. Gli interventi rivolti alla famiglia si prefiggono, quindi, in primis che i genitori raggiungano un adeguato livello di conoscenza dell’autismo. Ciò comporta che i genitori del bambino siano informati su che cos’è l’autismo, sulle cause del disturbo, sulle ricerche che vengono effettuate. Inoltre, è importante informarli sulle terapie proposte a livello internazionale, illustrare loro il percorso terapeutico che si prospetta a breve e medio termine e dunque sulle risorse territoriali, in relazione al territorio di appartenenza. La famiglia nella gestione quotidiana del bambino autistico necessita di disporre di una rete di servizi accessibili già dai primi anni di vita. A tal proposito esiste la TEACCH che è un’organizzazione di servizi su base statale creata da Eric Shopler e dai suoi collaboratori. Questa offre servizi alle persone con l’autismo e alle loro famiglie e formazione e consulenza alle scuole. Secondo Shopler i genitori sono i migliori esperti del loro bambino; essi sono capaci di individuare per lui le priorità e scoprire forme di educazione efficaci. Gli operatoti professionali, d’altro canto, sono esperti di bambini in generale di autismo e di trattamenti educativi speciali. I migliori risultati quindi provngono da un’efficace collaborazione tra i due esperti.

    Per sconfiggere l’idea che la consulenza ai genitori con figli autistici possa poi tradursi in indicazioni frammentarie su cosa si potrebbe fare, oppure nella consegna di strumenti utili ma lasciati alla lettura degli interessati e all’applicazione senza guida e senza verifiche di ciò che poi accade nell’ambiente di vita, è utile conoscere alcuni metodi maggiormente diffusi nei programmi strutturati di formazione con i genitori. Un primo approccio può essere quello di fornire ai genitori un quadro organizzativo che presenta alcune idee generali, non esageratamente dettagliato che illustri ciò che sarà appreso in modo da favorire la partecipazione e la collaborazione. E’ importante che le informazioni siano fornite in modo positivo, senza concentrarsi troppo sulle cose che i genitori non devono fare evitando di creare su di loro una pressione negativa eccessiva; non bisogna dare per scontato che i genitori sappiano fare tutto e siano esperti di tutte le situazioni. L’osservatore deve fornire dimostrazioni concrete sul da farsi strutturando sessioni di role play dove viene fatto impersonare ai genitori la parte del figlio: in tal modo i genitori possono concretamente osservare il comportamento dell’operatore di fronte a determinate situazioni in cui il figlio è solito trovarsi. Questo è un punto fondamentale perché così facendo non si mettono minimamente in discussione l’identità e il proprio valore come genitore e come persona evitando inutili frustrazioni e abbattimenti. Compito dell’operatore è quindi quello di incoraggiare i genitori ad applicare concretamente con il loro figlio determinate abilità valutandone i feedback durante lo svolgimento delle varie azioni e non a conclusione della simulazione per favorire eventuali aggiornamenti o modifiche in itinere. Un altro punto importante è l’assegnazione da parte dell’operatore di compiti educativi da svolgere a casa attraverso i quali i genitori possono esercitarsi e mettere in pratica le nuove abilità acquisite. E’ importante che gli operatori siano molto chiari nelle consegne, sul come e quando applicare tali tecniche perché in quelle occasioni l’operatore non sarà presente per dare feedback.

    Di fondamentale importanza nell’esperienza dei genitori è il sostegno psicologico dell’operatore che cerca di creare una solida alleanza psicoeducativa, tenendo conto di numerosi fattori come lo stress che possono ostacolare questa relazione. Per cui, deve distinguere i due momenti: quelli della formazione e quelli del sostegno emotivo, cioè deve elaborare congiuntamente le reazioni emotive e cognitive dei genitori rispetto al focus di intervento. In questo modo si può comprendere principalmente “che cosa i genitori dicono e pensano su ciò che fanno”.
    Cavell individua due modalità nel processo di elaborazione congiunta:
    1) Lasciare che i genitori raccontino la loro storia, e quindi ascoltare come le problematiche del figlio hanno influenzato la loro vita;
    2) Esplorare i “miti” dei genitori, chiedendo il loro punto di vista sul ruolo del genitore stilando una lista.

    Idea diffusa nelle famiglie con bambini autistici è il non poter immaginare una vita normale per il loro figlio quando sarà adulto. Infatti molti genitori sono più concentrati su ciò che gli è davanti ora, sulle preoccupazioni quotidiane che sul domani: cercano di proteggerlo dall’autoconsapevolezza della propria situazione perché hanno paura della delusione che avrà il loro figlio quando conoscerà i propri limiti e si accorgerà di “essere diverso”. Diversamente, in una nuova prospettiva di un Progetto di vita adulta, sempre più famiglie riescono a guardare oltre, ad uscire da quegli stereotipi che vedono nella famiglia l’unica risorsa per la vita futura del figlio. Pertanto, molte famiglie provvedono a dare al figlio esperienze di vita, attraverso diverse iniziative, che lo aiutino ad avere quel minimo di autonomia per avere la sua indipendenza. Di fatti, in questa nuova ottica i “programmi respiro” preparano le famiglie al distacco tra loro e il figlio: offrono ai bambini, agli adolescenti ed agli adulti autistici la possibilità di trascorrere dei periodi lontani da casa in ambienti accoglienti e “su misura” per le difficoltà tipiche dell’autismo e, contemporaneamente, offrono alle famiglie “un po’ di respiro”, un po’ di tempo libero. Grazie ai programmi psicoeducativi ed ai diversi accorgimenti posti nell’arredo, questi ambienti mirano principalmente ad avvicinare gradualmente la persona autistica ad una vita più autonoma e indipendente.

    Negli ultimi vent’anni sono aumentate le associazioni di famiglie e di persone con disturbi autistici che hanno il merito di aver apportato un cambiamento culturale e nella sensibilità diffusa rispetto a questi disturbi. Sono associazioni che operano sull’informazione, sulla sensibilizzazione e sulla tutela dei diritti. Le iniziative proposte sono numerose, anche nel nostro Paese, ma spesso i risultati non sono buoni di qualità per cui le associazioni intervengono attraverso l’impegno nelle microcomunità abitative per il sollievo familiare, nei percorsi di integrazione lavorativa, ecc.

    Conclusioni
    E’ importante che i genitori imparino a leggere tutti gli episodi, anche quelli negativi, con occhi nuovi, capaci di prevedere i bisogni del bambino e le conseguenze che derivano da certi comportamenti disturbanti. Non è possibile pretendere di modificare completamente situazioni familiari complesse, ma bisogna essere in grado di scomporre i problemi e riuscire ad affrontarli in maniera separata, comprendendo le peculiarità del bambino. Crediamo che non esista una ricetta universale e infallibile proprio perché ogni bambino è diverso dall’altro e inoltre, le storie familiari sono così peculiari che non consentono di trarre generalizzazioni; tuttavia condividiamo alcune informazioni tratte dalla lettura di questo capitolo, in primis l’importanza di dare frequenti informazioni di ritorno, feedback sulla qualità dei comportamenti messi in atto dal bambino e la necessità per i genitori di acquisire familiarità con le tecniche coinvolgendo direttamente il figlio.

    Schopler e al.: Strategie educative nell’autismo, Milano, Masson, 1991; Attività didattiche per autistici, Milano, Masson, 1995.

    Gruppo: La Ventura Mariagloria, Robustelli Amalia, Buonincontro Maria Maddalena, Maione Caterina.

    Lavoro complesso e ottimamente articolato,
    le richieste dell'esercizio sono state esaurite e superate
    la sintesi è arricchita da una veste critica e da un confronto coerente con il quadro teorico.
    Si vede che il gruppo ha lavorato attraverso riflessioni originali
    da una base teorica.
    la tutor Dott.ssa Nunzia Giglio


    Ultima modifica di mariabuonincontro il Gio Feb 02, 2012 7:16 pm - modificato 1 volta.
    Luisa Severino
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    ES.n. 1 AUTISMO (chiude 27 febbraio x esami 29 e sessione estiva) - Pagina 15 Empty Re: ES.n. 1 AUTISMO (chiude 27 febbraio x esami 29 e sessione estiva)

    Messaggio  Luisa Severino Gio Feb 02, 2012 7:13 pm

    Cap. 2: Interventi psicoeducativi e abilitativi/riabilitativi.

    I disturbi dello spettro autistico che, secondo le stime attuali, colpiscono un bambino su cinquecento, sconvolgendo la vita
    delle famiglie e pregiudicando quella di molti bambini, fino a metà del ventesimo secolo non avevano ancora un nome.

    Attualmente tali disturbi sono catalogati nel Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali (DSM-IV-TR Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders, quarta edizione, testo revisionato ), come due dei cinque Disturbi Pervasivi dello Sviluppo ( PDD – Pervasive Development Disorder), che attualmente sono più spesso definiti come Disturbi dello Spettro Autistico (ASD – Autism Spectrum Disorders). Tutti questi disturbi sono caratterizzati da disabilità di gravità diversa nell’ambito delle capacità comunicative e dell’interazione sociale, nonché da modelli di comportamento ristretti, ripetitivi e stereotipati.
    Il panorama delle varie metodologie di intervento per l'educazione e la ri-abilitazione delle persone con Autismo è molto ampio, ma prendendo spunto dalle ultime Linee guida per l'autismo della SINPIA, è venuto fuori il seguente schema che racchiude gran parte delle tecniche educative utilizzate e la metodologia a cui fanno riferimento.
    Approcci comportamentali e cognitivo-comportamentali Approcci evolutivi
    - Intervento comportamentale precoce di Lovaas
    - Interventi neocomportamentali:
    incidental learning
    LEAP
    - TEACCH - Denver Model
    - DIR Model
    - TED

    Oltre alle tecniche elencate dalla SINPIA ne esistono altre simili.
    Auditory Integration Training (AIT)
    Inizialmente tale tecnica è stata usata per il trattamento di vari problemi legati all'udito e per la sordità. E' stata elaborata da Guy Berad. Durante il training viene fatta ascoltare della musica filtrata da alcune cuffie che permetterebbe la correzione di alterazioni nel modo di sentire e correggere difetti come la dislessia, il deficit di attenzione e iperattività, la depressione e l'autismo. La tecnica prevede che il bambino ascolti musica per due volte al giorno, ogni volta per 30 minuti, per 10 giorni consecutivi. L'obiettivo è di esercitare l'udito alle frequenze in cui si riscontra una ipersensibilità, cercando di normalizzalo. Esistono inoltre vari metodi educativi e terapie che si possono raggruppare negli indirizzi basati: sulle dinamiche relative alla psicologia dello sviluppo, sulla strutturazione dell’ambiente per via visiva, sulla comunicazione aumentativa e alternativa e sull’analisi comportamentale. Nei metodi basati sulla psicologia dello sviluppo l’attenzione spesso centrata su obiettivi socio-comunicativi, sulla condivisione positiva degli affetti e sulle funzioni comunicative. Tra questi metodi compaiono il Metodo Denver e la TED/Therapie d’Exchange et the Developpement.
    Il Denver Model è un modello di presa in carico per bambini con disturbi dello spettro autistico in età prescolare, promosso dagli inizi degli anni Ottanta da Sally Rogers all’interno dei programmi per le Disabilità dello sviluppo dell’Università del Colorado Health Sciences Center (UCHSC).
    Il metodo AERC/ Attivazione emotiva con reciprocità corporea, elaborato e usato in Italia, ha il merito di aver messo al centro dell’intervento terapeutico la reciprocità. Michele Zappella parlando di “reciprocità” afferma che quest’ultima richiede tre momenti: guardarsi negli occhi, rispettare i turni e condividere, dare lo stesso significato ai messaggi che ci si scambia. L’AERC ritiene che il motore delle nostre azioni è nelle motivazioni, interne ed esterne, determinate nel contesto della vita della persona. L'attivazione emotiva consente la diminuzione dei comportamenti autistici responsabili dei ritardi nello sviluppo. Può essere considerato come un approccio evolutivo.
    L'attivazione emotiva consiste nell'aumento di alcuni stimoli con la conseguente proposta di un muovo modo di relazionarsi. In questo contesto sono molto importanti alcuni fattori, come la variazione del tono della voce, l'incontro degli sguardi, l'attività motoria, il contatto corporeo.
    L’intervento psicoeducativo migliore è quello che parte da una relazione fatta di ciò che il bambino propone e suggerisce: risorse personali, isole di abilità, distorsioni, difficoltà, interessi. Un programma di trattamento psicoeducativo parte da un’efficace valutazione delle abilità funzionali e prosegue con la stretta collaborazione tra professionisti e genitori che assumono il ruolo di co-terapeuti. Il modello di riferimento è quello dell’educazione strutturata, in particolare il TEACCH.
    Il Teacch può essere considerato come il sistema di interventi che comprende attività di ricerca, formazione ed un’organizzazione di servizi che prevede interventi lungo tutto il corso della vita delle persone colpite da Autismo e più in generale da Disturbi Generalizzati dello Sviluppo. Consiste in una valutazione individualizzata, in un progetto educativo “tagliato su misura” e gli interventi interessano terapie integrate e programmate in modo individualizzato a seconda dell’area da sviluppare; gli interventi vengono effettuati all’interno di diversi contesti: lavoro individuale, partecipazione del bambino alla costruzione dell’agenda, scelta dell’attività, lavoro in piccolo gruppo, la rete dei servizi, interventi educativi in famiglia e a scuola.
    La principale caratteristica che definisce i disturbi dello spettro autistico è caratterizzata dalla compromissione della comunicazione.
    La comunicazione può essere compromessa in vari modi e con differenti gradi di gravità. La tecnica della comunicazione aumentativa e alternativa (CAA) interviene a supporto di queste difficoltà. Il termine “aumentativa” indica l’uso di strumenti che supportano e “aumentano” il linguaggio del soggetto, dove questo è presente seppur in maniera limitata. A questo significato del temine “aumentativa”, che si è soliti indicare, ne va aggiunto un secondo, altrettanto importante, che riguarda l’uso che il partner comunicativo del bambino (il genitore, l’insegnante, l’operatore) fa di codici di comunicazione non verbale. Non è cioè solo il bambino che usa un codice in senso “aumentativo” a supporto del proprio linguaggio, ma è anche il partner comunicativo che lo utilizza, affiancandolo al proprio linguaggio, con lo scopo di farsi comprendere meglio. Il termine “alternativa” si riferisce invece all’uso di un certo codice come “alternativa” al linguaggio; l’assenza di linguaggio rappresenta infatti una grave disabilità. Offrire un metodo alternativo per farsi capire ha quindi implicazioni non solo sulla comunicazione, ma anche sull’interazione sociale e l’apprendimento, consentendo inoltre di prevenire molti problemi di comportamento.
    In una rassegna del 2001, Mirenda, fa il punto su ciò che sappiamo sulla CAA e l’autismo, distinguendo fra ausili che servono a favorire la comprensione (l’imput), come per esempio agende e altri aiuti visivi e ausili che facilitano l’espressione favorendo la comprensione.
    Mirenda distingue inoltre sistemi di CAA che si avvalgono di ausili per l’output: si tratta di metodologie di impostazione comportamentale che insegnano, attraverso l’utilizzo di immagini, a fare delle richieste e a sviluppare altre funzioni comunicative.
    Un’altra forma di CAA che viene descritta da Mirenda è il Training di Comunicazione Funzionale, che è centrato soprattutto sull’insegnamento di abilità di comunicazione il cui scopo principale è quello di ridurre problemi di comportamento che sono connessi proprio con la difficoltà di comunicare.
    Il recente documento di indirizzo sull’Integrazione scolastica degli alunni con disturbi dello spettro autistico (Società Italiana di Pedagogia Special, 2008) raccomanda anche a scuola l’utilizzo di aiuti visivi per la comunicazione.
    Gli interventi psicoeducativi: si articolano sulle conoscenze e le evidenze finora disponibili sulle peculiari caratteristiche di funzionamento del soggetto con disturbi dello spettro autistico; vengono scelti sulla base dell’evidenza di dati di efficacia ed efficienza riportati da studi internazionali accreditati e ora anche da riviste nazionali specifiche; sono scelti con cura rispetto alle caratteristiche del soggetto, alla sua età, agli obiettivi e alle varie caratteristiche dei contesti di vita e di relazione; vengono contestualizzati in un “sistema che si prende cura” globalmente e dia cronicamente, in un Progetto di Vita, in un sistema che coinvolge e corresponsabilizza i vari attori del prendersi cura per tutto l’arco della vita del soggetto con autismo; vengono attivati sempre più precocemente, ad età molto basse.
    Si parla dunque di “interventi psicoeducativi” perché la metodologia educativa speciale viene ancora più raffinata dalle conoscenze psicologiche.
    L’Applied Behavior Analysis (ABA) è finalizzata ad applicare I dati emersi dall’analisi sperimentale del comportamento per comprendere le relazioni che intercorrono fra i comportamenti e le varie condizioni esterne, formulando così delle ipotesi sul perché un dato comportamento si verifica in quel particolare contesto e, di conseguenza, mettere in atto una serie di interventi/strategie volti a modificare il comportamento e/o i fattori contestuali implicati.
    Lovaas (1979) è stato uno dei primi a utilizzare questo approccio con soggetti autistici e, negli anni, lo ha sempre più “raffinato”ed elaborato fino alla proposta del suo Discrete Trial Training.
    Il Discrete Trial Training (DTT) o insegnamento per sessioni separate prevede che le competenze da apprendere siano suddivise in sequenze di sotto-obiettivi e proposte all’interno di attività in rapporto uno-a-uno con l’adulto . la procedura d’insegnamento prevede che si tengano in considerazione tre componenti: l’istruzione, la risposta e la conseguenza.
    Le caratteristiche principali di tale procedura sono:
    - L’insegnamento è condotto dall’operatore;
    - L’operatore sceglie i materiali didattici, definisce il programma e prestabilisce quale sia la risposta corretta;
    - Il rinforza è estrinseco al compito;
    - Vengono ripetute più volte le stesse attività;
    - Il focus del trattamento è la risposta del bambino.
    Le caratteristiche principali di alcune delle tecniche/strategie educative tipiche dell’approccio ABA: Task analysis (analisi del compito); uso degli aiuti, tecniche di “prompting” e “fading”; apprendimento senza errori; uso di modelli competenti; uso di rinforzi positivi; uso di tecniche quali il modellaggio (shaping) e il concatenamento (chaining); favorire le strategie di generalizzazione e di mantenimento.

    GRUPPO UNISOB
    Bonacci Rossana
    Bovenzi Piero
    Maisto Cleta
    Severino Luisa

    Il lavoro è molto ben fatto.
    Le richieste dell'esercizio sono state esaurite.
    La sintesi è significativa e arricchita dal confronto teorico
    Il lavoro si presenta personalizzato
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    valentina.felace


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    Messaggio  valentina.felace Gio Feb 02, 2012 7:14 pm

    Cap. 2: Interventi psicoeducativi e abilitativi/riabilitativi.
    gruppo :
    ZAMPELLA LIVIA
    CARMELLINO MARILENA
    FELACE VALENTINA
    UCCIERO LOREDANA
    DI FRAIA ROSA

    I metodi educativi e le terapie sono raggruppate in base alle: sulle dinamiche relative alla psicologia dello sviluppo, sulla strutturazione dell’ambiente per via visiva, sulla comunicazione aumentativa e alternativa e sull’analisi comportamentale.
    Dinamiche relative alla psicologia dello sviluppo centrate sugli obiettivi socie-educativi tra cui il DIR/FLORTIME di Greenspan e il metodo Denver e il metodo AERC/Attivazione Emotiva con Reciprocità Corporea che è stato adottato ai bambini/e piccoli con DSA ( disturbi dello spettro autistico) in possesso di un certo grado di capacità esecutive .
    Il protocollo educativo AERC ha il compito di colmare il deficit dell’interazione sociale relazionale, e far si che il bambino autistico posso accettare proposte interattive diverse, attraverso giochi fisici, metodo Portage che stabilisce un recupero di relazioni tra il bambino autistico e il genitore al fine di recuperare un rapporto che spesso risulta essere fallimentare.
    Un altro metodo di recupero è il TEACCH di tipo cognitivo-comportamentale ideato da Shopler, dove si individuano le tappe principali per un intervento psico-educativo individualizzato.
    La strutturazione deve riguardare sia gli spazi sia i tempi di lavoro e si occupa del disturbo della comunicazione dei diversi gradi infatti proprio per questo esso è personalizzato, perché se viene generalizzato il bambino rischia di avere grandi difficoltà.
    Un altro protocollo fondamentale è La Comunicazione Aumentativa e Alternativa, essa mira allo sviluppo di migliorare le capacità comunicative. Il termine Aumentativa indica l’uso di strumenti che supportano e aumentano il linguaggio del soggetto, quando questo è presente seppur in maniera limitata. Il genitore, l’insegnante, l’operatore utilizzano tale codice con lo scopo di farsi comprendere meglio. Il termine Alternativa si riferisce invece all’uso di un certo codice come alternativa al linguaggio, offrendo implicazioni non solo sulla comunicazione, ma anche sull’interazione sciale e l’apprendimento.
    Infine possiamo citare L’ABA un metodo complesso che prevede l’applicazione di precise tecniche secondo una progettazione specifica e analitica dell’intervento.colui che per primo ha utilizzato questo metodo con soggetti autistici è Lovaas proponendo il Discrete Trial Training (DTT) o insegnamento per sessioni separate, che prevede che le competenze da apprendere siano suddivise in sequenze di sotto obiettivi e con l’ intervento con l’adulto in un rapporto uno a uno.
    Le tecniche e le strategie educative tipiche di questo approccio, possono essere così sintetizzate:
    Task analysis: consiste nello scomporre un’attività complessa da compiere in sotto-obiettivi più semplici e accessibili; Prompting e fading: basata sull’uso di istruzioni, aiuti gestuali, esempi e modelli e altri stimoli aggiuntivi di vario genere; Modeling: si basa sull’apprendimento osservativo di un modello competente.;Uso di rinforzi positivi; Modellaggio: (shaping) e il concatenamento (chaining). Tutte queste strategie menzionate permettono di trovare miglioramenti per capire le difficoltà comportamentali del bambino autistico .

    Lavoro ben fatto,
    le richieste dell'esercizio sono state esaurite e
    la sintesi è coerente e significativa.
    Non Emergono le considerazioni critiche del gruppo.
    la tutor Dott.ssa Nunzia Giglio.
    Erika Hoffmann
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    ES.n. 1 AUTISMO (chiude 27 febbraio x esami 29 e sessione estiva) - Pagina 15 Empty Re: ES.n. 1 AUTISMO (chiude 27 febbraio x esami 29 e sessione estiva)

    Messaggio  Erika Hoffmann Gio Feb 02, 2012 7:14 pm

    "Evoluzione dello spettro autistico. I bambini che escono dall'autismo."

    Kanner nel 1975 ebbe modo di sconfessare se stesso chiedendo scusa ai genitori americani riuniti in un'assemblea per averli ingiustaemnte accusati di aver provocato l'autismo dei figli. Come lui molti altri studiosi rifacendosi alla tesi psicogena,sostenevano erroneamente che l'autismo fosse causato dal comportamento della famiglia e in particolae della madre. Oggi sappiamo che esso è un disturbo psichiatrico in cui la componente genetica risulta essere determinante. Le difficoltà genereate riguardano :l'interazione e comunicazione con l'altro,cognitive,di comprensione degli stati mentali propri e altrui,percettive,la comparsa di comportamenti aggressivi,ripetitivi,stereotipati,difficoltà di organizzazine dei comportamenti,nella postura,nella gestualità. Nella maggior parte dei casi,la sintomatologia resta tale per tutta la vita,in altri,i geni responsabili del comportamento autistico vengono silenziati da altri geni nel corso dello sviluppo,tanto da consentire un miglioramento inaspettato delle abilità cognitive e linguistiche. Nella prospettiva di un miglioramento(seppur talvolta accompagnato dalla persistenza di alcuni sintomi),e consapevole del potere di facilitatori che gli interventi medici e psicopedagogici hanno sul recupero di questi bambini,considero deleteria la rassegnazione con la quale a volte si viene accettata la mancata scolarizzazione ,che può essere "giustificata " solo nell'ambito della società francese ,dove la scuola effettua una selezione meritocratica che poi durerà tutta la vita. Allo stesso modo risulta per me inaccettabile la condotta psicoanalitica classica, fatta di pazienti attese ,di piccoli segni come «gesti, parole, suoni inarticolati, linee tracciate sul foglio... tracce di comunicazione, che si tirano come un filo e possono farlo uscire dal labirinto dove si è nascosto, se ha voglia di uscirne». Diversa è la condotta terapeutica di pedagogisti, di psicopedagogisti, di etologi e di alcuni genitori ormai famosi, come Clara Claiborne Park ,che tendono a forzare il bambino con stimolazioni continue verso una sua sempre maggiore socializzazione. Le forzature, compresi i meccanismi di premi e castighi, traggono legittimità dalla consapevolezza che il bambino autistico è molto malato e che, lasciato a se stesso, quasi sempre peggiora fino a confondersi con tutti gli altri malati mentali gravi, irrecuperabili al vivere sociale.
    A mio avviso,al dilà del problema della scolarizzazione che riguarda solo una parte del percorso "abilitante" che un bambino autistico dovrebbe seguire,sarebbe opportuno tenere in considerazione l'approccio evolutivo,la quale peculiarità assoluta non è soltanto l’aspetto performante del bambino ,ma la preparazione al “mondo reale”,
    affinchè non sia un soggetto solo nel suo mondo, ma abbia un' attenzione sociale e poter cosi “stare”in un contesto sociale in modo significativo. L'approccio evolutivo non attende che determinate abilità e competenze emergano nel tempo,ma va alla ricerca di esse per svilupparle e potenziarle. Esso agisce :
    sul comportamento, sul linguaggio, sull’attenzione sociale, sull’orientamento sociale, sull’autonomia e sul tempo libero, fornendogli strategie e quindi preparandolo ad affrontare la quotidianità, ad interagire nei diversi contesti sociali. Si interviene affinchè abbia un comportamento adattivo che gli consenta di adeguarsi alle diverse situazioni e di capire cosa è sconveniente in certi contesti,un linguaggio funzionale alla comunicazione, un'attenzione e un orientamento tali da potersi dirigere socialmente,sufficienti abilità di modo che possa avere degli amici e che sia sufficientemente autonomo da non dipendere dall’adulto di riferimento.

    Lavoro sufficiente,
    le richieste dell'esercizio sono state esaurite e
    la sintesi è stringata ma completa.
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    ES.n. 1 AUTISMO (chiude 27 febbraio x esami 29 e sessione estiva) - Pagina 15 Empty Re: ES.n. 1 AUTISMO (chiude 27 febbraio x esami 29 e sessione estiva)

    Messaggio  amaliarobustelli Gio Feb 02, 2012 7:18 pm

    Relazione sul cap. 4: "l'alleanza con la famiglia" dal testo: facciamo il punto sull'autismo.


    Il termine autismo identifica una disabilità permanente complessa, di natura neurobiologica, che si manifesta ed è identificabile nella prima infanzia sulla base di difficoltà di comunicazione, interazione e modalità comportamentali. Seppur a volte sia difficile, è molto importante diagnosticare l’autismo in età precoce identificando i segnali di rischio perché un intervento precoce può migliorare sensibilmente la qualità della vita della persona autistica. Per quanto fin qui esposto, appare indispensabile in questa prima fase la collaborazione dei genitori con gli operatori per l'elaborazione di un programma d'intervento. Proprio i genitori e in particolare le madri sono stati considerati responsabili delle problematiche dei loro figli autistici. Oggi fortunatamente gli approcci affermano la centralità della famiglia riconoscendone il valore di uno spazio privilegiato, in cui il soggetto possa interagire e partecipare. Risulta quindi molto importante creare una sorta di alleanza con gli operatori al fine di conseguire obiettivi positivi. Gli interventi rivolti alla famiglia si prefiggono, quindi, in primis che i genitori raggiungano un adeguato livello di conoscenza dell’autismo. Ciò comporta che i genitori del bambino siano informati su che cos’è l’autismo, sulle cause del disturbo, sulle ricerche che vengono effettuate. Inoltre, è importante informarli sulle terapie proposte a livello internazionale, illustrare loro il percorso terapeutico che si prospetta a breve e medio termine e dunque sulle risorse territoriali, in relazione al territorio di appartenenza. La famiglia nella gestione quotidiana del bambino autistico necessita di disporre di una rete di servizi accessibili già dai primi anni di vita. A tal proposito esiste la TEACCH che è un’organizzazione di servizi su base statale creata da Eric Shopler e dai suoi collaboratori. Questa offre servizi alle persone con l’autismo e alle loro famiglie e formazione e consulenza alle scuole. Secondo Shopler i genitori sono i migliori esperti del loro bambino; essi sono capaci di individuare per lui le priorità e scoprire forme di educazione efficaci. Gli operatoti professionali, d’altro canto, sono esperti di bambini in generale di autismo e di trattamenti educativi speciali. I migliori risultati quindi provngono da un’efficace collaborazione tra i due esperti.

    Per sconfiggere l’idea che la consulenza ai genitori con figli autistici possa poi tradursi in indicazioni frammentarie su cosa si potrebbe fare, oppure nella consegna di strumenti utili ma lasciati alla lettura degli interessati e all’applicazione senza guida e senza verifiche di ciò che poi accade nell’ambiente di vita, è utile conoscere alcuni metodi maggiormente diffusi nei programmi strutturati di formazione con i genitori. Un primo approccio può essere quello di fornire ai genitori un quadro organizzativo che presenta alcune idee generali, non esageratamente dettagliato che illustri ciò che sarà appreso in modo da favorire la partecipazione e la collaborazione. E’ importante che le informazioni siano fornite in modo positivo, senza concentrarsi troppo sulle cose che i genitori non devono fare evitando di creare su di loro una pressione negativa eccessiva; non bisogna dare per scontato che i genitori sappiano fare tutto e siano esperti di tutte le situazioni. L’osservatore deve fornire dimostrazioni concrete sul da farsi strutturando sessioni di role play dove viene fatto impersonare ai genitori la parte del figlio: in tal modo i genitori possono concretamente osservare il comportamento dell’operatore di fronte a determinate situazioni in cui il figlio è solito trovarsi. Questo è un punto fondamentale perché così facendo non si mettono minimamente in discussione l’identità e il proprio valore come genitore e come persona evitando inutili frustrazioni e abbattimenti. Compito dell’operatore è quindi quello di incoraggiare i genitori ad applicare concretamente con il loro figlio determinate abilità valutandone i feedback durante lo svolgimento delle varie azioni e non a conclusione della simulazione per favorire eventuali aggiornamenti o modifiche in itinere. Un altro punto importante è l’assegnazione da parte dell’operatore di compiti educativi da svolgere a casa attraverso i quali i genitori possono esercitarsi e mettere in pratica le nuove abilità acquisite. E’ importante che gli operatori siano molto chiari nelle consegne, sul come e quando applicare tali tecniche perché in quelle occasioni l’operatore non sarà presente per dare feedback.

    Di fondamentale importanza nell’esperienza dei genitori è il sostegno psicologico dell’operatore che cerca di creare una solida alleanza psicoeducativa, tenendo conto di numerosi fattori come lo stress che possono ostacolare questa relazione. Per cui, deve distinguere i due momenti: quelli della formazione e quelli del sostegno emotivo, cioè deve elaborare congiuntamente le reazioni emotive e cognitive dei genitori rispetto al focus di intervento. In questo modo si può comprendere principalmente “che cosa i genitori dicono e pensano su ciò che fanno”.
    Cavell individua due modalità nel processo di elaborazione congiunta:
    1) Lasciare che i genitori raccontino la loro storia, e quindi ascoltare come le problematiche del figlio hanno influenzato la loro vita;
    2) Esplorare i “miti” dei genitori, chiedendo il loro punto di vista sul ruolo del genitore stilando una lista.

    Idea diffusa nelle famiglie con bambini autistici è il non poter immaginare una vita normale per il loro figlio quando sarà adulto. Infatti molti genitori sono più concentrati su ciò che gli è davanti ora, sulle preoccupazioni quotidiane che sul domani: cercano di proteggerlo dall’autoconsapevolezza della propria situazione perché hanno paura della delusione che avrà il loro figlio quando conoscerà i propri limiti e si accorgerà di “essere diverso”. Diversamente, in una nuova prospettiva di un Progetto di vita adulta, sempre più famiglie riescono a guardare oltre, ad uscire da quegli stereotipi che vedono nella famiglia l’unica risorsa per la vita futura del figlio. Pertanto, molte famiglie provvedono a dare al figlio esperienze di vita, attraverso diverse iniziative, che lo aiutino ad avere quel minimo di autonomia per avere la sua indipendenza. Di fatti, in questa nuova ottica i “programmi respiro” preparano le famiglie al distacco tra loro e il figlio: offrono ai bambini, agli adolescenti ed agli adulti autistici la possibilità di trascorrere dei periodi lontani da casa in ambienti accoglienti e “su misura” per le difficoltà tipiche dell’autismo e, contemporaneamente, offrono alle famiglie “un po’ di respiro”, un po’ di tempo libero. Grazie ai programmi psicoeducativi ed ai diversi accorgimenti posti nell’arredo, questi ambienti mirano principalmente ad avvicinare gradualmente la persona autistica ad una vita più autonoma e indipendente.

    Negli ultimi vent’anni sono aumentate le associazioni di famiglie e di persone con disturbi autistici che hanno il merito di aver apportato un cambiamento culturale e nella sensibilità diffusa rispetto a questi disturbi. Sono associazioni che operano sull’informazione, sulla sensibilizzazione e sulla tutela dei diritti. Le iniziative proposte sono numerose, anche nel nostro Paese, ma spesso i risultati non sono buoni di qualità per cui le associazioni intervengono attraverso l’impegno nelle microcomunità abitative per il sollievo familiare, nei percorsi di integrazione lavorativa, ecc.

    Conclusioni
    E’ importante che i genitori imparino a leggere tutti gli episodi, anche quelli negativi, con occhi nuovi, capaci di prevedere i bisogni del bambino e le conseguenze che derivano da certi comportamenti disturbanti. Non è possibile pretendere di modificare completamente situazioni familiari complesse, ma bisogna essere in grado di scomporre i problemi e riuscire ad affrontarli in maniera separata, comprendendo le peculiarità del bambino. Crediamo che non esista una ricetta universale e infallibile proprio perché ogni bambino è diverso dall’altro e inoltre, le storie familiari sono così peculiari che non consentono di trarre generalizzazioni; tuttavia condividiamo alcune informazioni tratte dalla lettura di questo capitolo, in primis l’importanza di dare frequenti informazioni di ritorno, feedback sulla qualità dei comportamenti messi in atto dal bambino e la necessità per i genitori di acquisire familiarità con le tecniche coinvolgendo direttamente il figlio.

    Schopler e al.: Strategie educative nell’autismo, Milano, Masson, 1991; Attività didattiche per autistici, Milano, Masson, 1995.

    Gruppo: La Ventura Mariagloria, Robustelli Amalia, Buonincontro Maria Maddalena, Maione Caterina.


    Lavoro complesso e ottimamente articolato,
    le richieste dell'esercizio sono state esaurite e superate
    la sintesi è arricchita da una veste critica e da un confronto coerente con il quadro teorico.
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    ES.n. 1 AUTISMO (chiude 27 febbraio x esami 29 e sessione estiva) - Pagina 15 Empty Esercizio 1 - Autismo

    Messaggio  mariaglorialaventura Gio Feb 02, 2012 7:21 pm

    Relazione sul cap. 4: "l'alleanza con la famiglia" dal testo: facciamo il punto sull'autismo.


    Il termine autismo identifica una disabilità permanente complessa, di natura neurobiologica, che si manifesta ed è identificabile nella prima infanzia sulla base di difficoltà di comunicazione, interazione e modalità comportamentali. Seppur a volte sia difficile, è molto importante diagnosticare l’autismo in età precoce identificando i segnali di rischio perché un intervento precoce può migliorare sensibilmente la qualità della vita della persona autistica. Per quanto fin qui esposto, appare indispensabile in questa prima fase la collaborazione dei genitori con gli operatori per l'elaborazione di un programma d'intervento. Proprio i genitori e in particolare le madri sono stati considerati responsabili delle problematiche dei loro figli autistici. Oggi fortunatamente gli approcci affermano la centralità della famiglia riconoscendone il valore di uno spazio privilegiato, in cui il soggetto possa interagire e partecipare. Risulta quindi molto importante creare una sorta di alleanza con gli operatori al fine di conseguire obiettivi positivi. Gli interventi rivolti alla famiglia si prefiggono, quindi, in primis che i genitori raggiungano un adeguato livello di conoscenza dell’autismo. Ciò comporta che i genitori del bambino siano informati su che cos’è l’autismo, sulle cause del disturbo, sulle ricerche che vengono effettuate. Inoltre, è importante informarli sulle terapie proposte a livello internazionale, illustrare loro il percorso terapeutico che si prospetta a breve e medio termine e dunque sulle risorse territoriali, in relazione al territorio di appartenenza. La famiglia nella gestione quotidiana del bambino autistico necessita di disporre di una rete di servizi accessibili già dai primi anni di vita. A tal proposito esiste la TEACCH che è un’organizzazione di servizi su base statale creata da Eric Shopler e dai suoi collaboratori. Questa offre servizi alle persone con l’autismo e alle loro famiglie e formazione e consulenza alle scuole. Secondo Shopler i genitori sono i migliori esperti del loro bambino; essi sono capaci di individuare per lui le priorità e scoprire forme di educazione efficaci. Gli operatoti professionali, d’altro canto, sono esperti di bambini in generale di autismo e di trattamenti educativi speciali. I migliori risultati quindi provngono da un’efficace collaborazione tra i due esperti.

    Per sconfiggere l’idea che la consulenza ai genitori con figli autistici possa poi tradursi in indicazioni frammentarie su cosa si potrebbe fare, oppure nella consegna di strumenti utili ma lasciati alla lettura degli interessati e all’applicazione senza guida e senza verifiche di ciò che poi accade nell’ambiente di vita, è utile conoscere alcuni metodi maggiormente diffusi nei programmi strutturati di formazione con i genitori. Un primo approccio può essere quello di fornire ai genitori un quadro organizzativo che presenta alcune idee generali, non esageratamente dettagliato che illustri ciò che sarà appreso in modo da favorire la partecipazione e la collaborazione. E’ importante che le informazioni siano fornite in modo positivo, senza concentrarsi troppo sulle cose che i genitori non devono fare evitando di creare su di loro una pressione negativa eccessiva; non bisogna dare per scontato che i genitori sappiano fare tutto e siano esperti di tutte le situazioni. L’osservatore deve fornire dimostrazioni concrete sul da farsi strutturando sessioni di role play dove viene fatto impersonare ai genitori la parte del figlio: in tal modo i genitori possono concretamente osservare il comportamento dell’operatore di fronte a determinate situazioni in cui il figlio è solito trovarsi. Questo è un punto fondamentale perché così facendo non si mettono minimamente in discussione l’identità e il proprio valore come genitore e come persona evitando inutili frustrazioni e abbattimenti. Compito dell’operatore è quindi quello di incoraggiare i genitori ad applicare concretamente con il loro figlio determinate abilità valutandone i feedback durante lo svolgimento delle varie azioni e non a conclusione della simulazione per favorire eventuali aggiornamenti o modifiche in itinere. Un altro punto importante è l’assegnazione da parte dell’operatore di compiti educativi da svolgere a casa attraverso i quali i genitori possono esercitarsi e mettere in pratica le nuove abilità acquisite. E’ importante che gli operatori siano molto chiari nelle consegne, sul come e quando applicare tali tecniche perché in quelle occasioni l’operatore non sarà presente per dare feedback.

    Di fondamentale importanza nell’esperienza dei genitori è il sostegno psicologico dell’operatore che cerca di creare una solida alleanza psicoeducativa, tenendo conto di numerosi fattori come lo stress che possono ostacolare questa relazione. Per cui, deve distinguere i due momenti: quelli della formazione e quelli del sostegno emotivo, cioè deve elaborare congiuntamente le reazioni emotive e cognitive dei genitori rispetto al focus di intervento. In questo modo si può comprendere principalmente “che cosa i genitori dicono e pensano su ciò che fanno”.
    Cavell individua due modalità nel processo di elaborazione congiunta:
    1) Lasciare che i genitori raccontino la loro storia, e quindi ascoltare come le problematiche del figlio hanno influenzato la loro vita;
    2) Esplorare i “miti” dei genitori, chiedendo il loro punto di vista sul ruolo del genitore stilando una lista.

    Idea diffusa nelle famiglie con bambini autistici è il non poter immaginare una vita normale per il loro figlio quando sarà adulto. Infatti molti genitori sono più concentrati su ciò che gli è davanti ora, sulle preoccupazioni quotidiane che sul domani: cercano di proteggerlo dall’autoconsapevolezza della propria situazione perché hanno paura della delusione che avrà il loro figlio quando conoscerà i propri limiti e si accorgerà di “essere diverso”. Diversamente, in una nuova prospettiva di un Progetto di vita adulta, sempre più famiglie riescono a guardare oltre, ad uscire da quegli stereotipi che vedono nella famiglia l’unica risorsa per la vita futura del figlio. Pertanto, molte famiglie provvedono a dare al figlio esperienze di vita, attraverso diverse iniziative, che lo aiutino ad avere quel minimo di autonomia per avere la sua indipendenza. Di fatti, in questa nuova ottica i “programmi respiro” preparano le famiglie al distacco tra loro e il figlio: offrono ai bambini, agli adolescenti ed agli adulti autistici la possibilità di trascorrere dei periodi lontani da casa in ambienti accoglienti e “su misura” per le difficoltà tipiche dell’autismo e, contemporaneamente, offrono alle famiglie “un po’ di respiro”, un po’ di tempo libero. Grazie ai programmi psicoeducativi ed ai diversi accorgimenti posti nell’arredo, questi ambienti mirano principalmente ad avvicinare gradualmente la persona autistica ad una vita più autonoma e indipendente.

    Negli ultimi vent’anni sono aumentate le associazioni di famiglie e di persone con disturbi autistici che hanno il merito di aver apportato un cambiamento culturale e nella sensibilità diffusa rispetto a questi disturbi. Sono associazioni che operano sull’informazione, sulla sensibilizzazione e sulla tutela dei diritti. Le iniziative proposte sono numerose, anche nel nostro Paese, ma spesso i risultati non sono buoni di qualità per cui le associazioni intervengono attraverso l’impegno nelle microcomunità abitative per il sollievo familiare, nei percorsi di integrazione lavorativa, ecc.

    Conclusioni
    E’ importante che i genitori imparino a leggere tutti gli episodi, anche quelli negativi, con occhi nuovi, capaci di prevedere i bisogni del bambino e le conseguenze che derivano da certi comportamenti disturbanti. Non è possibile pretendere di modificare completamente situazioni familiari complesse, ma bisogna essere in grado di scomporre i problemi e riuscire ad affrontarli in maniera separata, comprendendo le peculiarità del bambino. Crediamo che non esista una ricetta universale e infallibile proprio perché ogni bambino è diverso dall’altro e inoltre, le storie familiari sono così peculiari che non consentono di trarre generalizzazioni; tuttavia condividiamo alcune informazioni tratte dalla lettura di questo capitolo, in primis l’importanza di dare frequenti informazioni di ritorno, feedback sulla qualità dei comportamenti messi in atto dal bambino e la necessità per i genitori di acquisire familiarità con le tecniche coinvolgendo direttamente il figlio.

    Schopler e al.: Strategie educative nell’autismo, Milano, Masson, 1991; Attività didattiche per autistici, Milano, Masson, 1995.

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    Lavoro complesso e ottimamente articolato,
    le richieste dell'esercizio sono state esaurite e superate
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    Messaggio  cristinamallardo Gio Feb 02, 2012 7:33 pm

    Evoluzione dello spettro autistico. I bambini che escono dall'autismo." Cap 3

    Lavoro svolto in gruppo da D'auria Margherita e Maria Cristina Mallardo




    Alessandro ha cinque anni, la pelle scura e dei bellissimi occhi neri che penetrano lo sguardo . I suoi occhi ti guardano ma la sua mente è altrove. Se gli chiedi il suo nome lui risponde”voglio mamma” e batte le mani incessantemente dondolandosi con ritmo continuo. All’improvviso sorride e ripete “ mani in alto, mani in alto”, la frase del film visto il giorno prima. E’ impossibile capire cosa c’è nella sua mente e cosa sta pensando….Poi quando meno te lo aspetti ti chiama” maestra” e non ti sembra vero. Alessandro è un bambino autistico che parla a stento e lo fa con continue ecolalie, i suoi movimenti sono stereotipati, è chiuso nel suo mondo …e la porta di questo mondo è chiusa a chiave. Ho conosciuto Alessandro tre anni fa e lo rivisto qualche giorno fa, i suoi miglioramenti in questi anni sono stati notevoli , ma la strada da percorrere è ancora lunga. Alcuni autori definiscono l’autismo come “una sindrome comportamentale causata da un disordine dello sviluppo biologicamente determinato, con esordio nei primi tre anni di vita. Le aree prevalentemente interessate sono quelle relative all’interazione sociale reciproca, all’abilità di comunicare idee e sentimenti e alla capacità di stabilire relazioni con gli altri “(Baird e coll., 2003; Berney, 2000; Szatmari, 2003). Più complicato è capire le cause di questo disturbo. Gli studi di area americana puntano il dito contro una sostanza contenuta nei vaccini, il cosiddetto timesoral, una sostanza a base di mercurio che, insieme ad una predisposizione genetica sarebbe la causa di numerosi casi di bambini affetti da questo disturbo. Fino a qualche tempo fa, invece, erano le madri fredde e poco affettuose considerate colpevoli di aver scatenato questo disturbo. In realtà non vi è ancora certezza scientifica di tutto ciò, pertanto è più giusto definire l’autismo come disturbo multifattoriale. Come già accennato, l’autismo è diffuso principalmente tra soggetti di sesso maschile e compare entro i tre anni. Le aree compromesse da tale disturbo riguardano : abilità di relazione, il linguaggio, area psico-sensoriale. Studi recenti hanno dimostrato che una piccola quantità di bambini riesce a “guarire” dall’autismo, nel senso che riescono a recuperare molto soprattutto per quanto concerne l’area linguistica. Questi bambini , definiti off autism , talvolta manifestano altri sintomi legati ai disturbo dello sviluppo come la disattenzione e l’iperattività. Pertanto le terapie sono fondamentali , il lavoro sinergico di famiglie scuole e centri di riabilitazione contribuisce notevolmente alla buona riuscita e al raggiungimento di risultati soddisfacenti, Ma tutto questo non è facile, spesso l’inesperienza o la convinzione che l’autismo è senza ritorno porta a non impegnarsi abbastanza e arrendersi prima del tempo. La madre di Alessandro era convinta che suo figlio poteva guarire e lotta con le unghie e con i denti per aiutarlo.. Ma quanti lo fanno?Oggi c’è finalmente una speranza per questi bambini . Qualsiasi sia la forma di autismo o qualsiasi siano le aree compromesse l’importante è non arrendersi, cosi come non si è arresa l’autrice di un bellissimo libro sull’autismo. Scrive Hilde de Clercq , mamma di un bambino autistico, nel suo libro [i]Il labirinto dei [i]dettagli “le persone autistiche sembrano smarrite nel tempo…per loro elaborare informazioni è difficile perché sono per loro natura astratta e il tempo è la dimensione astratta per eccellenza”, per questo la strutturazione dei tempi e degli spazi è fondamentale per ogni bambino affetto da questo disturbo. Le immagini al posto delle parole, questo è uno dei segreti per entrare in contatto con il mondo autistico. Ma questo non basta ancora. E allora entrano in gioco la tenacia di insegnanti, di genitori e terapisti, tutti insieme per uno scopo audace e che può essere possibile, con la consapevolezza che il tempo può cambiare le cose che il “miracolo” è possibile, ma allo stesso tempo che non tutti escono dall’autismo.

    BIBLIOGRAFIA
    M. Borghese- Bambini Usciti dall'autismo.- Centro Studio Diagnosi e Terapia dell’Autismo. Napoli. Milano
    Dario Ianes, Michele Zappella- Facciamo il punto su... L'autismo
    Hilde Clercq, il labirinto dei dettagli, Erickson edizioni

    Lavoro ben fatto,
    le richieste dell'esercizio sono state esaurite e
    la sintesi è coerente e significativa.
    Emergono le considerazioni critiche del gruppo.
    È un lavoro personalizzato.
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    ES.n. 1 AUTISMO (chiude 27 febbraio x esami 29 e sessione estiva) - Pagina 15 Empty Re: ES.n. 1 AUTISMO (chiude 27 febbraio x esami 29 e sessione estiva)

    Messaggio  Amitrano Rossana Gio Feb 02, 2012 7:35 pm

    Gruppo formato da: Amitrano Rossana, De Prisco Rita,Di Carluccio Federica, Pelella Francesca
    Dal libro""Facciamo il punto su l'autismo" cap 3
    Evoluzione dei disturbi dello spettro autistico. I bambini che escono dall'autismo (off autism)

    Considerando l'eterogeneità e la complessità dei quadri clinici che si configurano all'interno dei Disturbi Pervasivi dello Sviluppo, risulta evidente che non esiste LA terapia dell'Autismo. Esistono una serie di possibilità terapeutiche che vanno di volta in volta considerate e selezionate per rispondere ai bisogni specifici di un dato bambino in una determinata fase di sviluppo. Il concetto fondamentale da tenere in considerazione è che, determinate proposte terapeutiche, valide per un determinato bambino, possono non essere altrettanto valide per un altro;così come determinate proposte valide per un bambino, in una determinata fase del suo sviluppo, possono non essere più valide in un'altra fase. Le proposte terapeutiche attualmente disponibili sono di diverso tipo: terapie farmacologiche, interventi abilitativi, interventi psicopedagogici, interventi psicoterapeutici, interventi comportamentali. Per quanto riguarda l'evoluzione a lungo termine , non esistono dati sufficientemente attendibili. Ciò dipende dall' eterogeneità delle casistiche messe a confronto; un'eterogeneità che riguarda la terminologia e la metodologia. Tenendo conto di queste limitazioni, varie ricerche avrebbero messo in evidenza che una percentuale variabile dal 61% al 73% dei casi presenta una prognosi severa, per l'incapacità di acquisire le competenze minime per un adattamento sociale. In una percentuale variabile dal 5% al 17% dei casi, è descritta un'evoluzione soddisfacente con un'adeguata integrazione sociale, nonostante la persistenza di comportamenti bizzarri e modalità relazionali tendenti all'isolamento. Viene descritta,infine, per un numero limitato di casi la possibilità di una “guarigione”. L'evoluzione dipende da vari fattori, quali: il livello cognitivo(la prognosi è decisamente migliore nei soggetti con Quoziente intellettivo più elevato), la presenza di condizioni patologiche associate, l'espressività della sintomatologia autistica ( i soggetti che fin dalle prime fasi di sviluppo presentano una chiusura molto accentuata,presentano un'evoluzione peggiore). Le diverse indagini effettuate sembrano concordare sul fatto che i fattori con maggiore significato predittivo sono il livello cognitivo e lo sviluppo linguistico.
    Lorna Wing nel 1986 descrive la prognosi dei bambini autistici che non si discosta molto da quella descritta da Kanner nel 1943: il 5-10% dei soggetti diverrebbe autosufficiente;
    il 25-30% avrebbe bisogno di una supervisione per tutta la vita;
    per il 60-70% si imporrebbe l'istituzionalizzazione a causa della totale dipendenza degli altri.
    L'intervento precoce e intensivo che coinvolge le funzioni comunicative, cognitive, ed emotive, ha dimostrato un significativo incremento in questi soggetti del linguaggio e delle capacità cognitive e una significativa remissione dei sintomi.
    L’autismo resta una condizione cronica per i bambini, ma le prospettive di oggi sono superiori a quelle di una generazione fa. A quel tempo, la maggior parte delle persone con autismo restavano collocate negli istituti. Oggi, con la giusta terapia, molti dei sintomi dell’autismo possono essere migliorati, anche se la maggior parte delle persone avrà alcuni sintomi per tutta la vita. La maggior parte delle persone con autismo sono in grado di vivere con le loro famiglie o in comunità. Le prospettive dipendono dalla gravità dell’autismo e dal livello di terapia che la persona riceve. Possibili complicazioni sono disturbi associati al cervello come: sindrome dell’ X-fragile; ritardo mentale; sclerosi tuberosa; convulsioni.
    Uno studio britannico del 2004 svolto su 68 adulti, a cui prima del 1980 è stato diagnosticato l'autismo con QI superiore a 50, ha rilevato che il 12% ha raggiunto un alto livello di indipendenza come adulti, il 10% ha alcuni amici e, in genere, lavorano, ma hanno bisogno di un sostegno, il 19% ha una certa indipendenza, vivono a casa e hanno bisogno di un notevole sostegno e supervisione nella vita quotidiana, il 46% necessita di impianti specializzati in cui ricevono un elevato livello di supporto e hanno un'autonomia molto limitata, e il 12% necessita ad alto livello di cure ospedaliere.
    Uno studio svedese del 2005 su 78 adulti con basso quoziente intellettivo ha avuto una prognosi peggiore, ad esempio, solo il 4% ha raggiunto l'indipendenza.




    Fonti

    R.Militerni, Neuropsichiatria infantile, Idelson-Gnocchi,Napoli,2004
    P. Vio, (a cura di). Autismo,Vannini, Gussago, 2005
    http://www.medicinalive.com/autismo/

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    Emergono poco le considerazioni critiche del gruppo.
    È un lavoro personalizzato.
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    http://www.news-medical.net/health/Autism-Prognosis-(Italian).aspx
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    ES.n. 1 AUTISMO (chiude 27 febbraio x esami 29 e sessione estiva) - Pagina 15 Empty Re: ES.n. 1 AUTISMO (chiude 3 febbraio)

    Messaggio  lory.ucciero@libero.it Gio Feb 02, 2012 7:54 pm

    Cap. 2: Interventi psicoeducativi e abilitativi/riabilitativi.
    gruppo :
    ZAMPELLA LIVIA
    CARMELLINO MARILENA
    FELACE VALENTINA
    UCCIERO LOREDANA
    DI FRAIA ROSA

    I metodi educativi e le terapie sono raggruppate in base alle: sulle dinamiche relative alla psicologia dello sviluppo, sulla strutturazione dell’ambiente per via visiva, sulla comunicazione aumentativa e alternativa e sull’analisi comportamentale.
    Dinamiche relative alla psicologia dello sviluppo centrate sugli obiettivi socie-educativi tra cui il DIR/FLORTIME di Greenspan e il metodo Denver e il metodo AERC/Attivazione Emotiva con Reciprocità Corporea che è stato adottato ai bambini/e piccoli con DSA ( disturbi dello spettro autistico) in possesso di un certo grado di capacità esecutive .
    Il protocollo educativo AERC ha il compito di colmare il deficit dell’interazione sociale relazionale, e far si che il bambino autistico posso accettare proposte interattive diverse, attraverso giochi fisici, metodo Portage che stabilisce un recupero di relazioni tra il bambino autistico e il genitore al fine di recuperare un rapporto che spesso risulta essere fallimentare.
    Un altro metodo di recupero è il TEACCH di tipo cognitivo-comportamentale ideato da Shopler, dove si individuano le tappe principali per un intervento psico-educativo individualizzato.
    La strutturazione deve riguardare sia gli spazi sia i tempi di lavoro e si occupa del disturbo della comunicazione dei diversi gradi infatti proprio per questo esso è personalizzato, perché se viene generalizzato il bambino rischia di avere grandi difficoltà.
    Un altro protocollo fondamentale è La Comunicazione Aumentativa e Alternativa, essa mira allo sviluppo di migliorare le capacità comunicative. Il termine Aumentativa indica l’uso di strumenti che supportano e aumentano il linguaggio del soggetto, quando questo è presente seppur in maniera limitata. Il genitore, l’insegnante, l’operatore utilizzano tale codice con lo scopo di farsi comprendere meglio. Il termine Alternativa si riferisce invece all’uso di un certo codice come alternativa al linguaggio, offrendo implicazioni non solo sulla comunicazione, ma anche sull’interazione sciale e l’apprendimento.
    Infine possiamo citare L’ABA un metodo complesso che prevede l’applicazione di precise tecniche secondo una progettazione specifica e analitica dell’intervento.colui che per primo ha utilizzato questo metodo con soggetti autistici è Lovaas proponendo il Discrete Trial Training (DTT) o insegnamento per sessioni separate, che prevede che le competenze da apprendere siano suddivise in sequenze di sotto obiettivi e con l’ intervento con l’adulto in un rapporto uno a uno.
    Le tecniche e le strategie educative tipiche di questo approccio, possono essere così sintetizzate:
    Task analysis: consiste nello scomporre un’attività complessa da compiere in sotto-obiettivi più semplici e accessibili; Prompting e fading: basata sull’uso di istruzioni, aiuti gestuali, esempi e modelli e altri stimoli aggiuntivi di vario genere; Modeling: si basa sull’apprendimento osservativo di un modello competente.;Uso di rinforzi positivi; Modellaggio: (shaping) e il concatenamento (chaining). Tutte queste strategie menzionate permettono di trovare miglioramenti per capire le difficoltà comportamentali del bambino autistico

    Lavoro ben fatto,
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    Non Emergono le considerazioni critiche del gruppo.
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    ES.n. 1 AUTISMO (chiude 27 febbraio x esami 29 e sessione estiva) - Pagina 15 Empty Re: ES.n. 1 AUTISMO (chiude 27 febbraio x esami 29 e sessione estiva)

    Messaggio  golino iolanda Gio Feb 02, 2012 8:10 pm

    Gruppo formato da: Francese Concetta, Martino Giuseppina, Fontana Maria Lucia, Massaro Angela, Golino Iolanda.

    Relazione sul cap. 4: "l'alleanza con la famiglia" dal testo: facciamo il punto sull'autismo.


    L’Autismo è una sindrome comportamentale causata da un disordine dello sviluppo biologicamente determinato, con esordio nei primi tre anni di vita. Le aree prevalentemente interessate sono quelle relative all’interazione sociale reciproca, all’abilità di comunicare idee e sentimenti e alla capacità di stabilire relazioni con gli altri (Baird e coll., 2003; Berney, 2000; Szatmari, 2003).
    L’Autismo, pertanto, si configura come una disabilità “permanente” che accompagna il soggetto nel suo ciclo vitale, anche se le caratteristiche del deficit sociale assumono un’espressività variabile nel tempo. La capacità di interagire con l’altro è solitamente compromessa: emozioni, interessi, attività e stili di comportamento propri del gruppo d’appartenenza, sono deficitari. Al bambino autistico spesso viene attribuito un’incapacità ad interessarsi a ciò che lo circonda e difficilmente attiva relazioni con i pari.
    Nel primo anno di vita, i comportamenti che indicano una compromissione qualitativa dell’interazione sociale sono: lo sguardo sfuggente, l’assenza di sorriso sociale, difficoltà a tenerlo in braccio e difficoltà nel richiamare la sua attenzione su un oggetto o su un evento interessante.
    Fra il secondo ed il quinto anno di età, questo deficit è caratterizzato principalmente da comportamenti espliciti: tende ad isolarsi, non risponde al suo nome, non rende partecipe l’altro ad attività per lui interessanti e non partecipa alle attività degli altri, usando gli altri per soddisfare i propri bisogni.
    La compromissione qualitativa dell’interazione sociale non si limita a considerare la presenza o l’assenza di un comportamento quanto il reale piacere di un soggetto di condividere con l’altro esperienze, affetti ed interessi. Ne consegue che le persone affette da autismo hanno bisogno per tutta l’esistenza di protezione e di livelli differenziati di aiuto, di una continuità di servizi specializzati e di opportunità di vita adulta indipendente dalla famiglia. Vera o apparente che sia, l'indifferenza del bambino autistico verso i familiari che già hanno investito amore e dedizione nel loro piccolo apparentemente perfetto costituisce precocemente una vera tragedia affettiva: i genitori si sentono rifiutati da un bambino che non corrisponde ai loro sentimenti e che tuttavia non possono ne vogliono abbandonare a se stesso. Il senso di responsabilità verso la loro creatura che capiscono indifesa di fronte al mondo e di cui ben presto intuiscono la sofferenza li sprona a cercare in tutti i modi di aiutarla, senza riuscire a tradurne l'attaccamento in partecipazione emotiva alla vita di famiglia o in apprendimento. Nessuna persona con autismo dovrebbe essere privata della libertà di sviluppare le capacità indispensabili a condurre una vita indipendente nei limiti delle proprie possibilità. A nostro parere il futuro delle persone con autismo dipende più dal livello di consapevolezza di genitori e professionisti, dall’adattamento dell’ambiente e dalla disponibilità di servizi specializzati che dalla gravità individuale della disabilità. La conseguenza logica è la necessità di una collaborazione fra servizi, istituzioni e famiglie, e un programma politico per l’autismo, che preveda la creazione di una continuità di aiuti e servizi per tutto l’arco dell’esistenza. Speriamo fermamente che tutte le famiglie di persone affette da autismo abbiano la possibilità di disporre di una rete di servizi accessibili già dai primi anni di vita del bambino, specifici, rigorosi, flessibili e coerenti.


    Lavoro sufficiente,
    le richieste dell'esercizio sono state esaurite e
    la sintesi è stringata ma completa.
    Emergono le considerazioni critiche del gruppo.
    la tutor Dott.ssa Nunzia Giglio
    concilio maria domenica
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    ES.n. 1 AUTISMO (chiude 27 febbraio x esami 29 e sessione estiva) - Pagina 15 Empty Re: ES.n. 1 AUTISMO (chiude 27 febbraio x esami 29 e sessione estiva)

    Messaggio  concilio maria domenica Gio Feb 02, 2012 8:19 pm

    Gruppo composto da: Cuozzo Giuseppina, Concilio Maria Domenica

    capitolo 2 di "facciamo il punto sull'autismo"

    La parola autismo deriva dal greco autòs (se stesso) ed è stata usata per la prima volta da Eugen Bleuler per definire il particolare ripiegamento su se stessi e sul proprio mondo interno che caratterizza alcuni soggetti schizofrenici.
    L’autismo è uno dei disturbi psichiatrici nei quali la componente genetica ha la massima importanza e si diagnostica in presenza di tre aree sintomatiche:
    •Disturbo dell’interazione sociale reciproca;
    •Disturbo della comunicazione sia verbale che non verbale,
    •Il comportamento ripetitivo e stereotipato.
    Le difficoltà che incontra un bambino con autismo sono legate alle varie capacità di intersoggettività quali: attenzione congiunta, imitazione, emozione congiunta, intenzione congiunta, scambi di turni e interazione sociale.
    In seguito alla diagnosi di autismo, vengono effettuati degli interventi psicoeducativi e abilitativi/riabilitativi con lo scopo di modificare il comportamento ed insegnare l’autocontrollo. Tali interventi si possono raggruppare negli indirizzi basati sulle dinamiche relative alla psicologia dello sviluppo, sulla strutturazione dell’ambiente per via visiva, sulla comunicazione aumentativa e alternativa e sull’analisi comportamentale. Fra i vari metodi diffusi in Italia abbiamo l’AERC (attivazione emotiva e reciprocità corporea). Questo metodo si basa sulla reciprocità tra l’adulto e il bambino con autismo attraverso la creazione di un canale comunicativo altamente significativo sul piano emozionale, in modo da poter attivare il bambino su diversi livelli interattivi (motorio, percettivo) in modo da favorire una rapida crescita delle sue capacità.
    Il motore d’azione di questo metodo è la motivazione, interna ed esterna, usando metodi che rendono il bambino autistico curioso. Come afferma Zappella, la reciprocità è una modalità che nei bambini autistici non è spontanea come nei bambini sani di pochi mesi. Essa può essere sviluppata, per esempio, prendendo il bambino per mano, facendolo correre, avviando una reciprocità mimica, tutto questo per creare una sintonia emotiva come premessa di una collaborazione.
    Queste modalità di reciprocità sono utili per avviare la comunicazione verbale quando questa è ridotta o assente e rappresentano un aspetto importante di intervento relativo all’intersoggettività primaria, e cioè al rapporto diretto tra il bambino e l’adulto. Inoltre, queste modalità favoriscono lo sviluppo della relazione diretta aiutando il bambino a superare l’evitamento visivo, uditivo e tattile in modo da facilitarne la relazione con l’adulto.
    Quest’intervento può essere utilizzato solo se il bambino con DSA presenta un certo grado di capacità esecutiva. Se, però, si presentano situazioni di bambini con una scarsa capacità esecutiva l’intervento deve seguire altre strategie strutturate per via visiva.
    Un esempio di AERC è il programma TEACCH, un servizio integrato di interventi. Tale programma è stato costruito per sviluppare le abilità imitative, le funzioni percettive, le abilità motorie, la capacità d’integrazione oculo-manuale, comprensione e produzione linguistica, gestione del comportamento. La finalità di tale programma è quella di sviluppare il miglior grado possibile di autonomia nella vita personale, sociale e lavorativa, attraverso strategie educative che potenzino le capacità della persona autistica.
    Una delle caratteristiche che definiscono i disturbi dello spettro autistico è la compromissione della comunicazione. A supporto di questa difficoltà interviene la comunicazione aumentativa e alternativa (CAA).
    Il termine “aumentativo” indica l’uso di strumenti che supportano e “aumentano” il linguaggio del soggetto, dove questo è presente seppur in maniera limitata. Non è solo, però, il bambino che usa un codice in senso aumentativo ma è anche il partner comunicativo che lo utilizza, affiancandolo al proprio linguaggio con lo scopo di farsi comprendere meglio.
    Il termine “alternativo” si riferisce all’uso di un certo codice come “alternativa” al linguaggio; l’assenza di linguaggio rappresenta una grave disabilità che condiziona l’apprendimento ed è alla base di molti problemi di comportamento. La CAA interviene, quindi, fornendo un codice di comunicazione alternativo al linguaggio. Essa si avvale di strumenti di tipo visivo iconico come fotografie, disegni e pittogrammi.
    Un esempio di sistema che si avvale di ausili per l’output è rappresentato dal Picture Exchange Communication System (PECS), un programma d’intervento comportamentale che parte dall’insegnamento della richiesta attraverso lo scambio di un’immagine con l’oggetto (per esempio un cibo o un gioco) corrispondente.
    Un’altra forma di CAA è il Training di Comunicazione funzionale che si basa sull’insegnamento di abilità di comunicazione il cui scopo principale è quello di ridurre i problemi di comportamento che sono connessi proprio alla difficoltà di comunicare.
    L’Applied Behavior Analysis (ABA) è finalizzata ad applicare i dati emersi dall’analisi sperimentale del comportamento per comprendere le relazioni che intercorrono fra i comportamenti e le varie condizioni esterne. Lovaas (1979) è stato uno dei primi ad utilizzare quest’approccio con soggetti autistici e lo ha raffinato ed elaborato fino alla proposta del suo Discrete Trial Training (DTT). Questo metodo prevede che le competenze da apprendere siano suddivise in sequenze di sotto-obiettivi e proposte all’interno di attività in un rapporto uno a uno con l’adulto. La procedura d’insegnamento prevede che si tengano in considerazione tre componenti: l’istruzione, la risposta e la conseguenza.
    L’analisi delle cause relative alla messa in atto di determinati comportamenti problema non è così evidente, semplice e immediata. Essa richiede un lavoro quanti-qualitativo molto attento dei vari comportamenti da prendere in esame.
    In particolare vanno presi in considerazione e analizzati:
    •Gli antecedenti;
    •Il comportamento;
    •Il contesto.
    Grazie a questa attenta e accurata analisi sarà possibile impostare l’intervento più adatto:
    •Intervento positivo sostitutivo, basato su tre linee guida fondamentali: proattivo, positivo, sostitutivo;
    •Intervento positivo punitivo, basato su punizioni di primo tipo e/o punizioni di secondo tipo.
    Le caratteristiche principali di alcune delle tecniche/strategie educative tipiche dell’apprendimento ABA sono:
    •Task analysis: insieme di metodi che consente di scomporre in sotto-obiettivi più semplici un compito-obiettivo;
    •Uso degli aiuti, tecniche di prompting e fading: l’acquisizione di un’abilità è facilitata dall’uso di istruzioni, aiuti gestuali e altri stimoli aggiuntivi di vario genere;
    •Apprendimento senza errori: insieme di tecniche che cercano di facilitare apprendimenti discriminativi di varia natura, senza fare incorrere in errori il soggetto;
    •Uso di modelli competenti: l’apprendimento di nuove competenze attraverso la tecnica del modelling si basa sull’apprendimento osservativo;
    •Uso di rinforzi positivi;
    •Uso di tecniche quali il modellaggio (shaping) e il concatenamento (chaining). Lo shaping è una tecnica comportamentale per lo sviluppo di comportamenti complessi. Si attua tramite l’aiuto e il rinforzo sistematico di approssimazioni sempre più vicine al comportamento finale. Nel chaining il comportamento finale viene descritto nei suoi micro comportamenti con la task analysis, e diventa così simile a una catena di unità di risposte singole e facilmente accessibili;
    •Favorire le strategie di generalizzazione e di mantenimento.
    Dal nostro punto di vista, risulta importante la collaborazione dei genitori del bambino autistico con le istituzioni scolastiche e con i centri riabilitativi, comprendendo i loro atteggiamenti, comportamenti e problemi che spesso rendono difficile il rapporto tra genitori e figli.
    Per quanto riguarda l’ambiente scolastico, in cui un giorno speriamo di operare, l’obiettivo principale deve essere quello di rendere autonomo il soggetto in modo da garantirne l’integrazione nel lavoro e nella società. Infine, nonostante i metodi di riabilitazione e di recupero e i progressi compiuti nella ricerca, la possibilità di garantire al soggetto l’autonomia personale e l’integrazione sociale risulta ancora molto difficile, perché l’autismo è un tipi di handicap il cui studio deve essere ancora approfondito per arrivare a conoscerne le cause.


    Lavoro complesso e ottimamente articolato,
    le richieste dell'esercizio sono state esaurite e superate
    la sintesi è arricchita da una veste critica e da un confronto coerente con il quadro teorico.
    il lavoro si presenta ricco e personalizzato
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    ES.n. 1 AUTISMO (chiude 27 febbraio x esami 29 e sessione estiva) - Pagina 15 Empty Re: ES.n. 1 AUTISMO (chiude 27 febbraio x esami 29 e sessione estiva)

    Messaggio  CUOZZO GIUSEPPINA Gio Feb 02, 2012 8:20 pm

    Gruppo composto da: Cuozzo Giuseppina, Concilio Maria Domenica

    capitolo 2 di "facciamo il punto sull'autismo"

    La parola autismo deriva dal greco autòs (se stesso) ed è stata usata per la prima volta da Eugen Bleuler per definire il particolare ripiegamento su se stessi e sul proprio mondo interno che caratterizza alcuni soggetti schizofrenici.
    L’autismo è uno dei disturbi psichiatrici nei quali la componente genetica ha la massima importanza e si diagnostica in presenza di tre aree sintomatiche:
    •Disturbo dell’interazione sociale reciproca;
    •Disturbo della comunicazione sia verbale che non verbale,
    •Il comportamento ripetitivo e stereotipato.
    Le difficoltà che incontra un bambino con autismo sono legate alle varie capacità di intersoggettività quali: attenzione congiunta, imitazione, emozione congiunta, intenzione congiunta, scambi di turni e interazione sociale.
    In seguito alla diagnosi di autismo, vengono effettuati degli interventi psicoeducativi e abilitativi/riabilitativi con lo scopo di modificare il comportamento ed insegnare l’autocontrollo. Tali interventi si possono raggruppare negli indirizzi basati sulle dinamiche relative alla psicologia dello sviluppo, sulla strutturazione dell’ambiente per via visiva, sulla comunicazione aumentativa e alternativa e sull’analisi comportamentale. Fra i vari metodi diffusi in Italia abbiamo l’AERC (attivazione emotiva e reciprocità corporea). Questo metodo si basa sulla reciprocità tra l’adulto e il bambino con autismo attraverso la creazione di un canale comunicativo altamente significativo sul piano emozionale, in modo da poter attivare il bambino su diversi livelli interattivi (motorio, percettivo) in modo da favorire una rapida crescita delle sue capacità.
    Il motore d’azione di questo metodo è la motivazione, interna ed esterna, usando metodi che rendono il bambino autistico curioso. Come afferma Zappella, la reciprocità è una modalità che nei bambini autistici non è spontanea come nei bambini sani di pochi mesi. Essa può essere sviluppata, per esempio, prendendo il bambino per mano, facendolo correre, avviando una reciprocità mimica, tutto questo per creare una sintonia emotiva come premessa di una collaborazione.
    Queste modalità di reciprocità sono utili per avviare la comunicazione verbale quando questa è ridotta o assente e rappresentano un aspetto importante di intervento relativo all’intersoggettività primaria, e cioè al rapporto diretto tra il bambino e l’adulto. Inoltre, queste modalità favoriscono lo sviluppo della relazione diretta aiutando il bambino a superare l’evitamento visivo, uditivo e tattile in modo da facilitarne la relazione con l’adulto.
    Quest’intervento può essere utilizzato solo se il bambino con DSA presenta un certo grado di capacità esecutiva. Se, però, si presentano situazioni di bambini con una scarsa capacità esecutiva l’intervento deve seguire altre strategie strutturate per via visiva.
    Un esempio di AERC è il programma TEACCH, un servizio integrato di interventi. Tale programma è stato costruito per sviluppare le abilità imitative, le funzioni percettive, le abilità motorie, la capacità d’integrazione oculo-manuale, comprensione e produzione linguistica, gestione del comportamento. La finalità di tale programma è quella di sviluppare il miglior grado possibile di autonomia nella vita personale, sociale e lavorativa, attraverso strategie educative che potenzino le capacità della persona autistica.
    Una delle caratteristiche che definiscono i disturbi dello spettro autistico è la compromissione della comunicazione. A supporto di questa difficoltà interviene la comunicazione aumentativa e alternativa (CAA).
    Il termine “aumentativo” indica l’uso di strumenti che supportano e “aumentano” il linguaggio del soggetto, dove questo è presente seppur in maniera limitata. Non è solo, però, il bambino che usa un codice in senso aumentativo ma è anche il partner comunicativo che lo utilizza, affiancandolo al proprio linguaggio con lo scopo di farsi comprendere meglio.
    Il termine “alternativo” si riferisce all’uso di un certo codice come “alternativa” al linguaggio; l’assenza di linguaggio rappresenta una grave disabilità che condiziona l’apprendimento ed è alla base di molti problemi di comportamento. La CAA interviene, quindi, fornendo un codice di comunicazione alternativo al linguaggio. Essa si avvale di strumenti di tipo visivo iconico come fotografie, disegni e pittogrammi.
    Un esempio di sistema che si avvale di ausili per l’output è rappresentato dal Picture Exchange Communication System (PECS), un programma d’intervento comportamentale che parte dall’insegnamento della richiesta attraverso lo scambio di un’immagine con l’oggetto (per esempio un cibo o un gioco) corrispondente.
    Un’altra forma di CAA è il Training di Comunicazione funzionale che si basa sull’insegnamento di abilità di comunicazione il cui scopo principale è quello di ridurre i problemi di comportamento che sono connessi proprio alla difficoltà di comunicare.
    L’Applied Behavior Analysis (ABA) è finalizzata ad applicare i dati emersi dall’analisi sperimentale del comportamento per comprendere le relazioni che intercorrono fra i comportamenti e le varie condizioni esterne. Lovaas (1979) è stato uno dei primi ad utilizzare quest’approccio con soggetti autistici e lo ha raffinato ed elaborato fino alla proposta del suo Discrete Trial Training (DTT). Questo metodo prevede che le competenze da apprendere siano suddivise in sequenze di sotto-obiettivi e proposte all’interno di attività in un rapporto uno a uno con l’adulto. La procedura d’insegnamento prevede che si tengano in considerazione tre componenti: l’istruzione, la risposta e la conseguenza.
    L’analisi delle cause relative alla messa in atto di determinati comportamenti problema non è così evidente, semplice e immediata. Essa richiede un lavoro quanti-qualitativo molto attento dei vari comportamenti da prendere in esame.
    In particolare vanno presi in considerazione e analizzati:
    •Gli antecedenti;
    •Il comportamento;
    •Il contesto.
    Grazie a questa attenta e accurata analisi sarà possibile impostare l’intervento più adatto:
    •Intervento positivo sostitutivo, basato su tre linee guida fondamentali: proattivo, positivo, sostitutivo;
    •Intervento positivo punitivo, basato su punizioni di primo tipo e/o punizioni di secondo tipo.
    Le caratteristiche principali di alcune delle tecniche/strategie educative tipiche dell’apprendimento ABA sono:
    •Task analysis: insieme di metodi che consente di scomporre in sotto-obiettivi più semplici un compito-obiettivo;
    •Uso degli aiuti, tecniche di prompting e fading: l’acquisizione di un’abilità è facilitata dall’uso di istruzioni, aiuti gestuali e altri stimoli aggiuntivi di vario genere;
    •Apprendimento senza errori: insieme di tecniche che cercano di facilitare apprendimenti discriminativi di varia natura, senza fare incorrere in errori il soggetto;
    •Uso di modelli competenti: l’apprendimento di nuove competenze attraverso la tecnica del modelling si basa sull’apprendimento osservativo;
    •Uso di rinforzi positivi;
    •Uso di tecniche quali il modellaggio (shaping) e il concatenamento (chaining). Lo shaping è una tecnica comportamentale per lo sviluppo di comportamenti complessi. Si attua tramite l’aiuto e il rinforzo sistematico di approssimazioni sempre più vicine al comportamento finale. Nel chaining il comportamento finale viene descritto nei suoi micro comportamenti con la task analysis, e diventa così simile a una catena di unità di risposte singole e facilmente accessibili;
    •Favorire le strategie di generalizzazione e di mantenimento.
    Dal nostro punto di vista, risulta importante la collaborazione dei genitori del bambino autistico con le istituzioni scolastiche e con i centri riabilitativi, comprendendo i loro atteggiamenti, comportamenti e problemi che spesso rendono difficile il rapporto tra genitori e figli.
    Per quanto riguarda l’ambiente scolastico, in cui un giorno speriamo di operare, l’obiettivo principale deve essere quello di rendere autonomo il soggetto in modo da garantirne l’integrazione nel lavoro e nella società. Infine, nonostante i metodi di riabilitazione e di recupero e i progressi compiuti nella ricerca, la possibilità di garantire al soggetto l’autonomia personale e l’integrazione sociale risulta ancora molto difficile, perché l’autismo è un tipi di handicap il cui studio deve essere ancora approfondito per arrivare a conoscerne le cause.


    Lavoro complesso e ottimamente articolato,
    le richieste dell'esercizio sono state esaurite e superate
    la sintesi è arricchita da una veste critica e da un confronto coerente con il quadro teorico.
    il lavoro si presenta ricco e personalizzato
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    ES.n. 1 AUTISMO (chiude 27 febbraio x esami 29 e sessione estiva) - Pagina 15 Empty Re: ES.n. 1 AUTISMO (chiude 27 febbraio x esami 29 e sessione estiva)

    Messaggio  caterina.maione Gio Feb 02, 2012 8:48 pm

    Relazione sul cap. 4: "l'alleanza con la famiglia" dal testo: facciamo il punto sull'autismo.


    Il termine autismo identifica una disabilità permanente complessa, di natura neurobiologica, che si manifesta ed è identificabile nella prima infanzia sulla base di difficoltà di comunicazione, interazione e modalità comportamentali. Seppur a volte sia difficile, è molto importante diagnosticare l’autismo in età precoce identificando i segnali di rischio perché un intervento precoce può migliorare sensibilmente la qualità della vita della persona autistica. Per quanto fin qui esposto, appare indispensabile in questa prima fase la collaborazione dei genitori con gli operatori per l'elaborazione di un programma d'intervento. Proprio i genitori e in particolare le madri sono stati considerati responsabili delle problematiche dei loro figli autistici. Oggi fortunatamente gli approcci affermano la centralità della famiglia riconoscendone il valore di uno spazio privilegiato, in cui il soggetto possa interagire e partecipare. Risulta quindi molto importante creare una sorta di alleanza con gli operatori al fine di conseguire obiettivi positivi. Gli interventi rivolti alla famiglia si prefiggono, quindi, in primis che i genitori raggiungano un adeguato livello di conoscenza dell’autismo. Ciò comporta che i genitori del bambino siano informati su che cos’è l’autismo, sulle cause del disturbo, sulle ricerche che vengono effettuate. Inoltre, è importante informarli sulle terapie proposte a livello internazionale, illustrare loro il percorso terapeutico che si prospetta a breve e medio termine e dunque sulle risorse territoriali, in relazione al territorio di appartenenza. La famiglia nella gestione quotidiana del bambino autistico necessita di disporre di una rete di servizi accessibili già dai primi anni di vita. A tal proposito esiste la TEACCH che è un’organizzazione di servizi su base statale creata da Eric Shopler e dai suoi collaboratori. Questa offre servizi alle persone con l’autismo e alle loro famiglie e formazione e consulenza alle scuole. Secondo Shopler i genitori sono i migliori esperti del loro bambino; essi sono capaci di individuare per lui le priorità e scoprire forme di educazione efficaci. Gli operatoti professionali, d’altro canto, sono esperti di bambini in generale di autismo e di trattamenti educativi speciali. I migliori risultati quindi provngono da un’efficace collaborazione tra i due esperti.

    Per sconfiggere l’idea che la consulenza ai genitori con figli autistici possa poi tradursi in indicazioni frammentarie su cosa si potrebbe fare, oppure nella consegna di strumenti utili ma lasciati alla lettura degli interessati e all’applicazione senza guida e senza verifiche di ciò che poi accade nell’ambiente di vita, è utile conoscere alcuni metodi maggiormente diffusi nei programmi strutturati di formazione con i genitori. Un primo approccio può essere quello di fornire ai genitori un quadro organizzativo che presenta alcune idee generali, non esageratamente dettagliato che illustri ciò che sarà appreso in modo da favorire la partecipazione e la collaborazione. E’ importante che le informazioni siano fornite in modo positivo, senza concentrarsi troppo sulle cose che i genitori non devono fare evitando di creare su di loro una pressione negativa eccessiva; non bisogna dare per scontato che i genitori sappiano fare tutto e siano esperti di tutte le situazioni. L’osservatore deve fornire dimostrazioni concrete sul da farsi strutturando sessioni di role play dove viene fatto impersonare ai genitori la parte del figlio: in tal modo i genitori possono concretamente osservare il comportamento dell’operatore di fronte a determinate situazioni in cui il figlio è solito trovarsi. Questo è un punto fondamentale perché così facendo non si mettono minimamente in discussione l’identità e il proprio valore come genitore e come persona evitando inutili frustrazioni e abbattimenti. Compito dell’operatore è quindi quello di incoraggiare i genitori ad applicare concretamente con il loro figlio determinate abilità valutandone i feedback durante lo svolgimento delle varie azioni e non a conclusione della simulazione per favorire eventuali aggiornamenti o modifiche in itinere. Un altro punto importante è l’assegnazione da parte dell’operatore di compiti educativi da svolgere a casa attraverso i quali i genitori possono esercitarsi e mettere in pratica le nuove abilità acquisite. E’ importante che gli operatori siano molto chiari nelle consegne, sul come e quando applicare tali tecniche perché in quelle occasioni l’operatore non sarà presente per dare feedback.

    Di fondamentale importanza nell’esperienza dei genitori è il sostegno psicologico dell’operatore che cerca di creare una solida alleanza psicoeducativa, tenendo conto di numerosi fattori come lo stress che possono ostacolare questa relazione. Per cui, deve distinguere i due momenti: quelli della formazione e quelli del sostegno emotivo, cioè deve elaborare congiuntamente le reazioni emotive e cognitive dei genitori rispetto al focus di intervento. In questo modo si può comprendere principalmente “che cosa i genitori dicono e pensano su ciò che fanno”.
    Cavell individua due modalità nel processo di elaborazione congiunta:
    1) Lasciare che i genitori raccontino la loro storia, e quindi ascoltare come le problematiche del figlio hanno influenzato la loro vita;
    2) Esplorare i “miti” dei genitori, chiedendo il loro punto di vista sul ruolo del genitore stilando una lista.

    Idea diffusa nelle famiglie con bambini autistici è il non poter immaginare una vita normale per il loro figlio quando sarà adulto. Infatti molti genitori sono più concentrati su ciò che gli è davanti ora, sulle preoccupazioni quotidiane che sul domani: cercano di proteggerlo dall’autoconsapevolezza della propria situazione perché hanno paura della delusione che avrà il loro figlio quando conoscerà i propri limiti e si accorgerà di “essere diverso”. Diversamente, in una nuova prospettiva di un Progetto di vita adulta, sempre più famiglie riescono a guardare oltre, ad uscire da quegli stereotipi che vedono nella famiglia l’unica risorsa per la vita futura del figlio. Pertanto, molte famiglie provvedono a dare al figlio esperienze di vita, attraverso diverse iniziative, che lo aiutino ad avere quel minimo di autonomia per avere la sua indipendenza. Di fatti, in questa nuova ottica i “programmi respiro” preparano le famiglie al distacco tra loro e il figlio: offrono ai bambini, agli adolescenti ed agli adulti autistici la possibilità di trascorrere dei periodi lontani da casa in ambienti accoglienti e “su misura” per le difficoltà tipiche dell’autismo e, contemporaneamente, offrono alle famiglie “un po’ di respiro”, un po’ di tempo libero. Grazie ai programmi psicoeducativi ed ai diversi accorgimenti posti nell’arredo, questi ambienti mirano principalmente ad avvicinare gradualmente la persona autistica ad una vita più autonoma e indipendente.

    Negli ultimi vent’anni sono aumentate le associazioni di famiglie e di persone con disturbi autistici che hanno il merito di aver apportato un cambiamento culturale e nella sensibilità diffusa rispetto a questi disturbi. Sono associazioni che operano sull’informazione, sulla sensibilizzazione e sulla tutela dei diritti. Le iniziative proposte sono numerose, anche nel nostro Paese, ma spesso i risultati non sono buoni di qualità per cui le associazioni intervengono attraverso l’impegno nelle microcomunità abitative per il sollievo familiare, nei percorsi di integrazione lavorativa, ecc.

    Conclusioni
    E’ importante che i genitori imparino a leggere tutti gli episodi, anche quelli negativi, con occhi nuovi, capaci di prevedere i bisogni del bambino e le conseguenze che derivano da certi comportamenti disturbanti. Non è possibile pretendere di modificare completamente situazioni familiari complesse, ma bisogna essere in grado di scomporre i problemi e riuscire ad affrontarli in maniera separata, comprendendo le peculiarità del bambino. Crediamo che non esista una ricetta universale e infallibile proprio perché ogni bambino è diverso dall’altro e inoltre, le storie familiari sono così peculiari che non consentono di trarre generalizzazioni; tuttavia condividiamo alcune informazioni tratte dalla lettura di questo capitolo, in primis l’importanza di dare frequenti informazioni di ritorno, feedback sulla qualità dei comportamenti messi in atto dal bambino e la necessità per i genitori di acquisire familiarità con le tecniche coinvolgendo direttamente il figlio.

    Schopler e al.: Strategie educative nell’autismo, Milano, Masson, 1991; Attività didattiche per autistici, Milano, Masson, 1995.

    Gruppo: La Ventura Mariagloria, Robustelli Amalia, Buonincontro Maria Maddalena, Maione Caterina.

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    ES.n. 1 AUTISMO (chiude 27 febbraio x esami 29 e sessione estiva) - Pagina 15 Empty Re: ES.n. 1 AUTISMO (chiude 27 febbraio x esami 29 e sessione estiva)

    Messaggio  veronicavalentino Gio Feb 02, 2012 8:51 pm

    EVOLUZIONE DEI DISTURBI DELLO SPETTRO AUTISTICO dal testo FACCIAMO IL PUNTO SU L'AUTISMO

    L'autismo è una sindrome comportamentale causata da un disordine dello sviluppo biologicamente determinato,con esordio nei primi tre anni di vita.Tale sindrome si diagnostica in presenza di tre aree sintomatiche:-disturbo dell'interazione sociale reciproca- disturbo della comunicazione verbale e non verbale-comportamento ripetitivo e stereotipato.Anche se la diagnosi può essere effettuata a partire dai tre anni di vita,ciò non toglie che è possibile cogliere già nei primi mesi di vita del bambino comportamenti legati al disturbo autistico che meritano la giusta attenzione,in quanto possono rappresentare un campanello di allarme.Alcuni di questi comportamenti sono:l'assenza di sorriso(il bambino nei primi mesi di vita comunica con il sorriso,dimostrando di riconoscere l'altro),disinteresse per l'altro e per gli oggetti.Non è semplice prevedere l'evoluzione del diturbo,poichè molto spesso è associato ad altri disturbi,e purtroppo non sempre nel corso dell'esistenza di un soggetto autistico si presentano miglioramenti.Tuttavia una previsione dell'evoluzione deve esserci e per fare ciò si parte da due parametri:dal livello cognitivo e dal livello linguistico.Naturalmente bisogna tener conto di altri fattori,come d esmpio dei fattori ambientali,del vissuto del soggetto,delle cure e dell'affetto che ha ricevuto e riceve,degli stimoli dell'ambiente familiare e sociale nel quale vive.Ci sono diversi programmi e strategie di intervento per soggetti autistici,tra questi quello che ha mostrato maggiormante la sua efficacia è stato il programma TEACCH,la cui finalità è lo sviluppo del miglior grado possibile di autonomia nella vita personale,sociale e lavorativa attraverso strategie educative che potenziano le capacità dei soggetti autistici.Esistono dei casi definiti OFF AUTISM in cui i soggetti sembrano recuperare le abilità riguardanti la sfera cognitiva e linguistica,anche se continuano a manifestare altri sintomi,come ad esempio l'isolamento.Wings ha elaborato tre categorie di possibile evoluzione dell'autismo nell'età adulta:
    -un gruppo che continua ad essere caratterizzato dall'isolamento e dall'evitamento sociale
    -un gruppo di amichevoli e passivi,che accettano la compagnia a patto che tutto ciò non sovverta le loro routine
    -un grupo di soggetti attivi e bizzarri con comportamenti sociali inadeguati.
    Personalmente credo che quando si lavora con soggetti autistici,bambini o adulti,bisogna sempre prevedere e pianificare dei progressi,nonostante le difficoltà sono oggettive.E'fondamentale essere motivati,professionali,avere le giuste competenze e conoscenze per scoprire ciò su cui è più utile lavorare,ogni intervento infatti deve essere adeguato alla persona per la quale si pianifica l'intervento,ai suoi disturbi,alle sue potenzialità.Si perchè ognuno possiede qualità e capacità nascoste che anche minimamente,devono essre portate alla luce dando,ciascun,il nostro contributo,tenendo anche presente che l'evoluzione dei disturbi dello spettro autistico è condizionata da diversi fattori,come ad esempio dalla comparsa della sindrome, da fattori ambientali,personali.

    Lavoro sufficiente,
    le richieste dell'esercizio sono state esaurite e
    la sintesi è stringata ma completa.
    La tutor Dott.ssa Nunzia Giglio


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    ES.n. 1 AUTISMO (chiude 27 febbraio x esami 29 e sessione estiva) - Pagina 15 Empty Re: ES.n. 1 AUTISMO (chiude 27 febbraio x esami 29 e sessione estiva)

    Messaggio  depriscorita Gio Feb 02, 2012 8:52 pm

    Gruppo formato da: Amitrano Rossana, De Prisco Rita,Di Carluccio Federica, Pelella Francesca
    Dal libro""Facciamo il punto su l'autismo" cap 3
    Evoluzione dei disturbi dello spettro autistico. I bambini che escono dall'autismo (off autism)

    Considerando l'eterogeneità e la complessità dei quadri clinici che si configurano all'interno dei Disturbi Pervasivi dello Sviluppo, risulta evidente che non esiste LA terapia dell'Autismo. Esistono una serie di possibilità terapeutiche che vanno di volta in volta considerate e selezionate per rispondere ai bisogni specifici di un dato bambino in una determinata fase di sviluppo. Il concetto fondamentale da tenere in considerazione è che, determinate proposte terapeutiche, valide per un determinato bambino, possono non essere altrettanto valide per un altro;così come determinate proposte valide per un bambino, in una determinata fase del suo sviluppo, possono non essere più valide in un'altra fase. Le proposte terapeutiche attualmente disponibili sono di diverso tipo: terapie farmacologiche, interventi abilitativi, interventi psicopedagogici, interventi psicoterapeutici, interventi comportamentali. Per quanto riguarda l'evoluzione a lungo termine , non esistono dati sufficientemente attendibili. Ciò dipende dall' eterogeneità delle casistiche messe a confronto; un'eterogeneità che riguarda la terminologia e la metodologia. Tenendo conto di queste limitazioni, varie ricerche avrebbero messo in evidenza che una percentuale variabile dal 61% al 73% dei casi presenta una prognosi severa, per l'incapacità di acquisire le competenze minime per un adattamento sociale. In una percentuale variabile dal 5% al 17% dei casi, è descritta un'evoluzione soddisfacente con un'adeguata integrazione sociale, nonostante la persistenza di comportamenti bizzarri e modalità relazionali tendenti all'isolamento. Viene descritta,infine, per un numero limitato di casi la possibilità di una “guarigione”. L'evoluzione dipende da vari fattori, quali: il livello cognitivo(la prognosi è decisamente migliore nei soggetti con Quoziente intellettivo più elevato), la presenza di condizioni patologiche associate, l'espressività della sintomatologia autistica ( i soggetti che fin dalle prime fasi di sviluppo presentano una chiusura molto accentuata,presentano un'evoluzione peggiore). Le diverse indagini effettuate sembrano concordare sul fatto che i fattori con maggiore significato predittivo sono il livello cognitivo e lo sviluppo linguistico.
    Lorna Wing nel 1986 descrive la prognosi dei bambini autistici che non si discosta molto da quella descritta da Kanner nel 1943: il 5-10% dei soggetti diverrebbe autosufficiente;
    il 25-30% avrebbe bisogno di una supervisione per tutta la vita;
    per il 60-70% si imporrebbe l'istituzionalizzazione a causa della totale dipendenza degli altri.
    L'intervento precoce e intensivo che coinvolge le funzioni comunicative, cognitive, ed emotive, ha dimostrato un significativo incremento in questi soggetti del linguaggio e delle capacità cognitive e una significativa remissione dei sintomi.
    L’autismo resta una condizione cronica per i bambini, ma le prospettive di oggi sono superiori a quelle di una generazione fa. A quel tempo, la maggior parte delle persone con autismo restavano collocate negli istituti. Oggi, con la giusta terapia, molti dei sintomi dell’autismo possono essere migliorati, anche se la maggior parte delle persone avrà alcuni sintomi per tutta la vita. La maggior parte delle persone con autismo sono in grado di vivere con le loro famiglie o in comunità. Le prospettive dipendono dalla gravità dell’autismo e dal livello di terapia che la persona riceve. Possibili complicazioni sono disturbi associati al cervello come: sindrome dell’ X-fragile; ritardo mentale; sclerosi tuberosa; convulsioni.
    Uno studio britannico del 2004 svolto su 68 adulti, a cui prima del 1980 è stato diagnosticato l'autismo con QI superiore a 50, ha rilevato che il 12% ha raggiunto un alto livello di indipendenza come adulti, il 10% ha alcuni amici e, in genere, lavorano, ma hanno bisogno di un sostegno, il 19% ha una certa indipendenza, vivono a casa e hanno bisogno di un notevole sostegno e supervisione nella vita quotidiana, il 46% necessita di impianti specializzati in cui ricevono un elevato livello di supporto e hanno un'autonomia molto limitata, e il 12% necessita ad alto livello di cure ospedaliere.
    Uno studio svedese del 2005 su 78 adulti con basso quoziente intellettivo ha avuto una prognosi peggiore, ad esempio, solo il 4% ha raggiunto l'indipendenza.



    Fonti

    R.Militerni, Neuropsichiatria infantile, Idelson-Gnocchi,Napoli,2004
    P. Vio, (a cura di). Autismo,Vannini, Gussago, 2005
    http://www.medicinalive.com/autismo/
    http://www.news-medical.net/health/Autism-Prognosis-(Italian).aspx

    Lavoro ben fatto,
    le richieste dell'esercizio sono state esaurite e
    la sintesi è coerente e significativa.
    Emergono poco le considerazioni critiche del gruppo.
    È un lavoro personalizzato.
    la tutor Dott.ssa Nunzia Giglio
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    Messaggio  Angela Causa Gio Feb 02, 2012 8:59 pm

    Gruppo formato da: Angela Causa, Alessandra Cipollaro, Concetta Sarnelli.
    Dal testo “Facciamo il punto sull’autismo” – Capitolo 3 “Evoluzione dei disturbi dello spettro autistico. I bambini che escono dall’autismo (off autism).”


    La lettura del capitolo in questione ci fa riflettere sulla possibilità di “uscire” dall’autismo e sulle conseguenze legate a questo fenomeno; prima di parlare di off autism, però, è necessario chiarire cosa sia l’autismo e quali sono i sintomi attraverso cui si manifesta.
    L’autismo non è una malattia, ma è un disturbo dello sviluppo della funzione cerebrale, caratterizzato, nel suo aspetto tipico, da tre tipi di sintomi: interazione sociale alterata, problemi nella comunicazione verbale, non verbale e di immaginazione, attività e interessi insoliti o estremamente limitati. Tale disturbo impedisce, inoltre, di comprendere e organizzare le informazioni percepite dai sensi, per cui il soggetto autistico reagisce a queste aggressioni esterne con isolamento e stereotipie e, nei casi più gravi, con auto ed etero aggressività. L’evoluzione degli studi ha dato modo di pensare che le cause scatenanti siano di origine organica, in particolare del cromosoma 16 e forse del cromosoma 7, ma la possibilità dell’esistenza di concause, lascia ancora in sospeso questa discussione.
    Ma si può guarire dall’autismo?
    “Il decorso naturale del disturbo autistico prevede un miglioramento dei sintomi dopo i 5 anni. Dopo questa età si assiste a un miglioramento dei contatti sociali del bambino e dei suoi intenti comunicativi. […] La linea evolutiva globale di fondo sembrerebbe in relazione non tanto con le singole tipologie di interventi, quanto con la costanza, la sistematicità, la durata nel tempo dei trattamenti, la loro coerenza interna, la capacità di creare e mantenere comunque attorno al soggetto autistico un clima affettivo di sostegno con costanza di investimenti.” (http://www.lameridianaonlus.org/materiale/Alessandroni. pdf)
    Grazie a tali trattamenti, caratterizzati spesso da interventi comportamentali, i soggetti autistici col tempo migliorano le loro capacità cognitive e linguistiche, “silenziando” i geni responsabili dell’autismo, nonostante il substrato anatomopatologico (e ve ne sono tanti e diversi) che costituisce la base organica delle manifestazioni cliniche, può non cambiare completamente. Bisogna tener presente, però, che gli off autism posso presentare ulteriori disturbi come quelli relativi all’attenzione e all’iperattività. Potremmo dire, quindi, che la tempestività dell’intervento è uno dei fattori principali per far si che un bambino guarisca; tutto ciò non può non farci riflettere sull’importanza del ruolo del docente: quest’ultimo deve essere preparato e appunto tempestivo per dare quel contributo determinante nella vita del bambino autistico.

    Bibliografia
    - L. TRisciuzzi, "La pedagogia clinica", Laterza.
    - -Ianes D., Zampella M., Facciamo il punto su....l'autismo, Erickson, 2009

    Lavoro ben fatto,
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    Messaggio  Alessandra Cipollaro Gio Feb 02, 2012 9:06 pm

    Gruppo formato da: Angela Causa, Alessandra Cipollaro, Concetta Sarnelli.
    Dal testo “Facciamo il punto sull’autismo” – Capitolo 3 “Evoluzione dei disturbi dello spettro autistico. I bambini che escono dall’autismo (off autism).”


    La lettura del capitolo in questione ci fa riflettere sulla possibilità di “uscire” dall’autismo e sulle conseguenze legate a questo fenomeno; prima di parlare di off autism, però, è necessario chiarire cosa sia l’autismo e quali sono i sintomi attraverso cui si manifesta.
    L’autismo non è una malattia, ma è un disturbo dello sviluppo della funzione cerebrale, caratterizzato, nel suo aspetto tipico, da tre tipi di sintomi: interazione sociale alterata, problemi nella comunicazione verbale, non verbale e di immaginazione, attività e interessi insoliti o estremamente limitati. Tale disturbo impedisce, inoltre, di comprendere e organizzare le informazioni percepite dai sensi, per cui il soggetto autistico reagisce a queste aggressioni esterne con isolamento e stereotipie e, nei casi più gravi, con auto ed etero aggressività. L’evoluzione degli studi ha dato modo di pensare che le cause scatenanti siano di origine organica, in particolare del cromosoma 16 e forse del cromosoma 7, ma la possibilità dell’esistenza di concause, lascia ancora in sospeso questa discussione.
    Ma si può guarire dall’autismo?
    “Il decorso naturale del disturbo autistico prevede un miglioramento dei sintomi dopo i 5 anni. Dopo questa età si assiste a un miglioramento dei contatti sociali del bambino e dei suoi intenti comunicativi. […] La linea evolutiva globale di fondo sembrerebbe in relazione non tanto con le singole tipologie di interventi, quanto con la costanza, la sistematicità, la durata nel tempo dei trattamenti, la loro coerenza interna, la capacità di creare e mantenere comunque attorno al soggetto autistico un clima affettivo di sostegno con costanza di investimenti.” (http://www.lameridianaonlus.org/materiale/Alessandroni. pdf)
    Grazie a tali trattamenti, caratterizzati spesso da interventi comportamentali, i soggetti autistici col tempo migliorano le loro capacità cognitive e linguistiche, “silenziando” i geni responsabili dell’autismo, nonostante il substrato anatomopatologico (e ve ne sono tanti e diversi) che costituisce la base organica delle manifestazioni cliniche, può non cambiare completamente. Bisogna tener presente, però, che gli off autism posso presentare ulteriori disturbi come quelli relativi all’attenzione e all’iperattività. Potremmo dire, quindi, che la tempestività dell’intervento è uno dei fattori principali per far si che un bambino guarisca; tutto ciò non può non farci riflettere sull’importanza del ruolo del docente: quest’ultimo deve essere preparato e appunto tempestivo per dare quel contributo determinante nella vita del bambino autistico.

    Bibliografia
    - L. Trisciuzzi, "La pedagogia clinica", Laterza.
    - D. Ianes, M. Zampella, "Facciamo il punto su... l'autismo", Erickson.

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