psicopedagogia2011

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Forum didattico del corso di Psicopedagogia dei linguaggi a.a.2011-12 a cura di F. Briganti Stanza di collaborazione del gruppo classe


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    ES.n. 1 AUTISMO (chiude 27 febbraio x esami 29 e sessione estiva)

    Maria Santoro
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    ES.n. 1 AUTISMO (chiude 27 febbraio x esami 29 e sessione estiva) - Pagina 10 Empty Re: ES.n. 1 AUTISMO (chiude 27 febbraio x esami 29 e sessione estiva)

    Messaggio  Maria Santoro Lun Gen 30, 2012 6:06 pm

    scelgo 1.Le cause dell'autismo e le sue basi biologiche, lo screening precoce, la diagnosi.
    Di Meo Livia Rosa
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    ES.n. 1 AUTISMO (chiude 27 febbraio x esami 29 e sessione estiva) - Pagina 10 Empty Dal testo “Facciamo il punto sull’autismo” – Capitolo 1: Le cause dell'autismo e le sue basi biologiche, lo screening precoce, la diagnosi.

    Messaggio  Di Meo Livia Rosa Lun Gen 30, 2012 6:16 pm

    Gruppo formato da: De Lucia Stefania, Di Meo Livia Rosa, Criscuolo Maria Assunta, Barbato Delia.



    L’autismo viene definito come un disturbo evolutivo o pervasivo dello sviluppo che può essere osservato fin dall’infanzia, in quanto compare molto precocemente nel bambino. Secondo il DSM IV, il disturbo autistico è rappresentato dalle seguenti caratteristiche: la presenza di uno sviluppo notevolmente anomalo o deficitario dell'interazione sociale e della comunicazione; una notevole ristrettezza del repertorio di attività e di interessi; la presenza di comportamenti ripetitivi e stereotipati. L’autismo è caratterizzato quindi da evidenti alterazioni nella sfera comportamentale e biologica che variano ampiamente a seconda del livello di sviluppo e dell'età cronologica del soggetto. Normalmente i sintomi sono rilevabili entro il secondo o terzo anno di età. Circa il 75% dei bambini affetti da autismo presenta anche un ritardo cognitivo che va da lieve a grave. Inoltre, l’autismo si presenta molte volte in comorbidità con altre patologie: l’iperattività, lo scarso mantenimento dell'attenzione, l’impulsività, l’aggressività, gli atteggiamenti autolesivi, gli attacchi di rabbia, l’ipersensibilità ai suoni o all'essere toccato, le reazioni esagerate alla luce o agli odori. Molto si è scritto in passato sull’origine dell’autismo, ma oggi risulta ancora poco chiara l’eziologia e la patogenesi e, la stessa denominazione più accettata di disturbo dello sviluppo psichico, è vaga ed imprecisa. Recentemente, le teorie eziologiche dell’autismo hanno visto dar importanza a diversi aspetti: sociali e relazionali, genetici biologici e, ambientali. Secondo i primi, il disturbo autistico avrebbe un’eziologia genetica ovvero sarebbe causato da un’anomalia nella programmazione genetica: gli studi di genetica si stanno attualmente concentrando su alcune regioni dei cromosomi 7 e 15 e su alcune delezioni a loro carico. Invece secondo la prospettiva sociale, il disturbo autistico si innesterebbe su una base biologica “sana” ed emergerebbe a seguito di un’esposizione ad un ambiente psicologico “povero”, oltre che ad un ambiente educativo inadeguato e sfavorevole che non permetterebbe uno sviluppo integro e completo del soggetto. Secondo le teorie ambientali viene ipotizzata l'insorgenza di nuovi fattori capaci di innescare una sindrome autistica, fattori non solo e non più di tipo genetico, ma in grado di agire a livello prenatale già durante la gestazione. Tali fattori possono essere sostanzialmente identificabili nelle seguenti tre aree: alterazioni del sistema immunitario, danni gastrointestinali, intossicazioni da metalli pesanti. Forse oggi il modello multifattoriale bio-psico-sociale potrebbe essere quello può dare i risultati migliori in quanto presuppone l’esistenza di una base genetica e di uno sviluppo che non dipenderebbe solo in maniera deterministica da quanto scritto nel DNA, ma sarebbe determinato anche dall’ambiente relazionale e socio-culturale con cui il bambino vive , agisce ed interagisce. Per quanto riguarda l’eziologia del disturbo, molti e diversi sono i fattori osservati che possono contribuire allo sviluppo della sindrome autistica. Sono state infatti riscontrate anomalie strutturali cerebrali nelle zone del cervelletto,dell’amigdala, dell’ippocampo, del setto e dei corpi mammillari e anomalie a livello di molecole, come la serotonina e le beta-endorfine, aventi un ruolo nella trasmissione degli impulsi nervosi nel cervello. L'autismo può inoltre presentarsi insieme ad altre sindromi già note: sindrome dell'X-fragile, sclerosi tuberosa, fenilchetonuria e rosolia congenita. Benché la sindrome autistica sia oggi più conosciuta rispetto al passato, vi sono molti bambini ai quali la malattia viene diagnosticata con un certo ritardo. A differenza di molti altri disturbi, l’autismo può essere identificato mediante un’appropriata conoscenza, prima dei 18 mesi di età. Un ruolo importante e fondamentale riveste la figura del pediatra, soprattutto nell’ottica della diagnosi precoce. Approfittando dell’opportunità di seguire in modo longitudinale lo sviluppo del suo piccolo paziente, il pediatra dovrebbe cercare di cogliere, sin dal loro primo insorgere, variazioni qualitative oltre che quantitative di sviluppo. L’identificazione precoce dell’autismo rappresenta una sfida importante poiché apre delle possibilità di presa a carico ad un’età dove alcuni processi di sviluppo possono ancora essere modificati. Le ricerche che valutano gli effetti di un intervento precoce mostrano che i bambini beneficiari di tali interventi presentano dei progressi significativi sul piano cognitivo, emotivo e sociale. Si riscontra, presso i bambini, un’accelerazione del ritmo di sviluppo con una crescita del quoziente d’intelligenza, dei progressi nel linguaggio, un miglioramento dei comportamenti e una diminuzione dei sintomi del disturbo autistico. Questi progressi sopravvengono in 1 o 2 anni d’intervento precoce e intensivo, e la maggioranza dei bambini presi a carico (73 %) accede ad un linguaggio funzionale alla fine del periodo d’intervento (in generale attorno ai 5 anni).
    Le scarse conoscenze sulle basi neurofisiologiche dell'autismo fanno sì che l'approccio farmacologico a questa patologia sia ancora principalmente sintomatico, volto a favorire comportamenti più adeguati e socialmente accettabili, oppure sia mirato a contenere manifestazioni associate in comorbidità. I dati attuali indicano che l'intervento farmacologico incide in modo molto marginale sulla storia naturale del disturbo autistico. La molteplicità fenomenica dei "quadri autistici" e le scarse conoscenze circa la patogenesi di tale disturbo giustificano i molteplici tentativi terapeutici con sostanze farmacologicamente anche molto diverse tra di loro di cui si è cercato di volta in volta di sfruttare l'attività specifica su un sintomo. Obiettivo prevalente dell'intervento farmacologico diviene quindi quello del controllo di manifestazioni sintomatiche che possono negativamente influenzare la qualità della vita e gli altri interventi terapeutici. Il trattamento deve essere preceduto da una attenta analisi funzionale che evidenzi i sintomi bersaglio, che possono essere molto diversi nei vari soggetti (stereotipie e condotte aggressive, disturbi dell'attenzione, alterazioni dell'umore, disturbi del sonno). L'impiego di determinate sostanze in età evolutiva richiede particolare attenzione per l'insorgenza di possibili effetti collaterali evidenziamole insieme:
    - Stereotipie e aggressività:
    Aloperidolo: é un neurolettico da tempo noto. Sono riportati miglioramenti nelle stereotipie, sull'aggressività, nella chiusura relazionale, e, più dubbi, in alcuni parametri cognitivi. Il dosaggio utilizzato è da 0,25 a 4 mg / die (da 0,05 a 0,15 mg/Kg/die). I principali effetti collaterali sono: sedazione, manifestazioni distoniche o parkinsoniane, e, a più lungo termine, acatisia, comparsa di discinesie, in particolare al momento della sospensione.
    Pimozide: produce un discreto effetto su manifestazioni comportamentali e condotte di ritiro. Il dosaggio usato è di 2 - 4 mg / die (non superiore 0,3 mg / kg / die). Sono necessari controlli cardiologici. E' segnalata maggiore risposta nei soggetti con maggiore componente di apatia ed anergia.
    Amilsulpiride: a basso dosaggio produce riduzione delle condotte di chiusura relazionale.
    Neurolettici usati in modo aspecifico per contenimento nel caso di disturbi comportamentali, come impulsività, auto/eteroaggressività, iperattività, sono: Tioridazina, Clorpromazina, Flufenazina.
    I dati in favore della loro utilizzazione sono scarsi, con la parziale eccezione della Tioridazina, e comunque inferiori a quelli circa l'Aloperidolo. Sono da usarsi, a causa della loro azione sedativa e degli effetti a lungo termine come farmaci di seconda scelta, con uso limitato a condizioni di marcato eccitamento comportamentale, al dosaggio più basso efficace. E' opportuno inoltre valutare una loro sospensione al di fuori delle fasi acute.
    Sono in aumento le indicazioni all'utilizzo dei neurolettici atipici, sia nelle forme resistenti ai neurolitici tradizionali, sia come intervento di prima scelta. Hanno incidenza di effetti extrapiramidali molto inferiore rispetto all'aloperidolo e azione positiva nel ritiro relazionale, l'apatia e l'anergia. Il Risperidone (antagonista sia serotoninergico che dopaminergico) risulta efficace nel ridurre comportamenti stereotipati, aggressività, impulsività, chiusura relazionale (in minor grado). Il dosaggio è 1,5 - 2 mg (bambino), 4 - 5 mg (adolescenti). La somministrazione deve essere graduale con incrementi di 0,25 - 0,50 mg ogni 5-7giorni.
    L'Olanzapina presenta azione antagonista verso i recettori della serotonina e della dopamina. I pochi studi, ancora in corso, sul suo impiego, a dosaggi di 0,22 mg/kg/die, in bambini con differenti diagnosi, tra le quali disturbi psicotici non meglio precisati, riferiscono miglioramenti nella regolarità del ritmo sonno-veglia e nel controllo dell'aggressività, Gli effetti collaterali finora riportati sono sedazione, incremento ponderale e acatisia.
    Farmaci che agiscono sul sistema degli oppiodi endogeni: il Naltrexone, antagonista degli oppiodi endogeni, è stato sperimentato a dosaggi di 0,5 mg/Kg per pazienti con manifestazioni aggressive. I risultati sono contraddittori.
    La Clonidina, agonista dei recettori a 2 adrenergici, utilizzato come antiipertensivo, si è dimostrato molto efficace nel controllo delle crisi di rabbia, utilizzato nell'adolescente a dosaggi non ipotensivi, iniziando da 0,05 mg/die e salendo fino al controllo del sintomo (0,05 mg 2-3 volte /die). La scarsa sperimentazione ne fa sconsigliare comunque l'utilizzo.
    Il Propranololo è un B bloccante utilizzato negli USA per il controllo delle crisi di rabbia a dosaggi di 50-150 mg/die, somministrabili al di sopra dei 12 anni in ambiente ospedaliero. I suoi effetti collaterali, ipotensione e bradicardia, richiedono un monitoraggio della frequenza cardiaca e della pressione arteriosa; è controindicato nei soggetti asmatici per il rischio di crisi dispnoiche.
    Tutt’oggi nonostante i tantissimi studi effettuati e, gli autori che si sono impeganti nella ricerca non sappiamo con certezza quali sono le cause che provocano l’insorgenza dell’autismo. Molti autori sostengono la teoria neurobiologica: Bauman e Kemper (1994) evidenziò un’ anormalità a livello del cervelletto nei bambini e negli adulti con autismo.
    Il neuroscienziato Eric Courchesne (1996) rilevò che nel cervelletto le cellule del Purkinje sono scarse numericamente.
    Il cervelletto, dice Courchense, è uno dei centri più attivi del cervello e le cellule del Purkinje sono elementi critici per l’integrazione delle informazioni. Senza queste cellule, il cervelletto è incapace di ricevere informazioni sul mondo esterno, di computarne il significato e di preparare altre aree cerebrali a rispondere ad esse in modo appropriato.
    Courchesne propose per tanto un’altra idea: il cervello dei bambini con autismo, alla nascita, ha un volume normale, però intorno ai 2-3 anni i loro cervelli sono più grandi rispetto a bambini normo-dotati della stessa età.
    Attraverso la tecnologia della fRMI, Courchesne e coll. (2001) hanno potuto identificare due aree in cui appariva un aumento di crescita più pronunciato.
    Queste sono la materia grigia della corteccia cerebrale, e la materia bianca che contiene le fibre che connettono la corteccia cerebrale con il cervelletto.
    Un importante ruolo del cervelletto, congiuntamente ai lobi frontali, è il controllo dell’attenzione in particolare lo spostamento dell’attenzione. E’ pertanto possibile quindi, che le anomalie cerebellari siano collegate con le peculiarità dell’attenzione nell’autismo.
    L’autismo è stato associato a numerose infezioni virali: rosolia, citomegalovirus (CMV), Varicella zoster (VZV), sifilide, toxoplasmosi, herpes simplex (HSV).
    Recentemente è stata avanzata l’ipotesi che l’insorgenza dell’autismo fosse correlata eziologicamente con la somministrazione del vaccino contro morbillo, parotite e rosolia (vaccino Trivalente, MMR), poiché da uno studio era emersa l’evidenza che alcuni bambini manifestavano i sintomi della malattia entro pochi giorni dalla somministrazione del vaccino .
    Le condizioni pre-natali e le complicanze alla nascita sono fattori di rischio che possono portare a un danno cerebrale.
    Nei bambini con autismo spesso il parto è difficile e può verificarsi anossia.
    In uno studio Kolvin (1971suddivise un gruppo di autistici in base all’età di insorgenza del disturbo cioè prima e dopo i 3 anni; nel primo gruppo di bambini si sono riscontrati con maggior frequenza i seguenti fattori: rosolia e toxoplasmosi in gravidanza, prematurità, taglio cesareo, encefalite e spasmi infantili.
Altresì i risultati di uno studio giapponese permisero di concludere che vi è un’alta incidenza di soggetti con autismo nei sopravvissuti alle cure di terapia intensiva neonatale e che una storia di sindrome da aspirazione di meconio è significativamente più presente nei bambini con disturbi dello spettro autistico che nei sani, suggerendone un possibile ruolo causale per lo sviluppo della malattia.
    I problemi durante la gravidanza o il parto possono causare danni al cervello del bambino. Quindi concludiamo dicendo che numerosi sono i fattori di rischio a determinare l’autismo ex:
    donne che al momento del parto hanno più di 35 anni;
    medicazioni durante la gravidanza, l’introduzione di farmaci per debellare malattie infettive si rivela devastante per il sistema immunitario, metabolico e neurologico; oppure semplicemente
    l’incompatibilità tra il gruppo sanguigno della madre e quello del bambino.


    Lavoro ben fatto e complesso.
    le richieste dell'esercizio sono state esaurite e
    la sintesi è coerente e significativa.
    Si vede che il gruppo ha lavorato in modo critico.
    La tutor Dott.ssa Nunzia Giglio
    Di Meo Livia Rosa
    Di Meo Livia Rosa


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    ES.n. 1 AUTISMO (chiude 27 febbraio x esami 29 e sessione estiva) - Pagina 10 Empty Re: ES.n. 1 AUTISMO (chiude 27 febbraio x esami 29 e sessione estiva)

    Messaggio  Di Meo Livia Rosa Lun Gen 30, 2012 6:28 pm

    Di Meo Livia Rosa ha scritto:Gruppo formato da: De Lucia Stefania, Di Meo Livia Rosa, Criscuolo Maria Assunta, Barbato Delia.



    L’autismo viene definito come un disturbo evolutivo o pervasivo dello sviluppo che può essere osservato fin dall’infanzia, in quanto compare molto precocemente nel bambino. Secondo il DSM IV, il disturbo autistico è rappresentato dalle seguenti caratteristiche: la presenza di uno sviluppo notevolmente anomalo o deficitario dell'interazione sociale e della comunicazione; una notevole ristrettezza del repertorio di attività e di interessi; la presenza di comportamenti ripetitivi e stereotipati. L’autismo è caratterizzato quindi da evidenti alterazioni nella sfera comportamentale e biologica che variano ampiamente a seconda del livello di sviluppo e dell'età cronologica del soggetto. Normalmente i sintomi sono rilevabili entro il secondo o terzo anno di età. Circa il 75% dei bambini affetti da autismo presenta anche un ritardo cognitivo che va da lieve a grave. Inoltre, l’autismo si presenta molte volte in comorbidità con altre patologie: l’iperattività, lo scarso mantenimento dell'attenzione, l’impulsività, l’aggressività, gli atteggiamenti autolesivi, gli attacchi di rabbia, l’ipersensibilità ai suoni o all'essere toccato, le reazioni esagerate alla luce o agli odori. Molto si è scritto in passato sull’origine dell’autismo, ma oggi risulta ancora poco chiara l’eziologia e la patogenesi e, la stessa denominazione più accettata di disturbo dello sviluppo psichico, è vaga ed imprecisa. Recentemente, le teorie eziologiche dell’autismo hanno visto dar importanza a diversi aspetti: sociali e relazionali, genetici biologici e, ambientali. Secondo i primi, il disturbo autistico avrebbe un’eziologia genetica ovvero sarebbe causato da un’anomalia nella programmazione genetica: gli studi di genetica si stanno attualmente concentrando su alcune regioni dei cromosomi 7 e 15 e su alcune delezioni a loro carico. Invece secondo la prospettiva sociale, il disturbo autistico si innesterebbe su una base biologica “sana” ed emergerebbe a seguito di un’esposizione ad un ambiente psicologico “povero”, oltre che ad un ambiente educativo inadeguato e sfavorevole che non permetterebbe uno sviluppo integro e completo del soggetto. Secondo le teorie ambientali viene ipotizzata l'insorgenza di nuovi fattori capaci di innescare una sindrome autistica, fattori non solo e non più di tipo genetico, ma in grado di agire a livello prenatale già durante la gestazione. Tali fattori possono essere sostanzialmente identificabili nelle seguenti tre aree: alterazioni del sistema immunitario, danni gastrointestinali, intossicazioni da metalli pesanti. Forse oggi il modello multifattoriale bio-psico-sociale potrebbe essere quello può dare i risultati migliori in quanto presuppone l’esistenza di una base genetica e di uno sviluppo che non dipenderebbe solo in maniera deterministica da quanto scritto nel DNA, ma sarebbe determinato anche dall’ambiente relazionale e socio-culturale con cui il bambino vive , agisce ed interagisce. Per quanto riguarda l’eziologia del disturbo, molti e diversi sono i fattori osservati che possono contribuire allo sviluppo della sindrome autistica. Sono state infatti riscontrate anomalie strutturali cerebrali nelle zone del cervelletto,dell’amigdala, dell’ippocampo, del setto e dei corpi mammillari e anomalie a livello di molecole, come la serotonina e le beta-endorfine, aventi un ruolo nella trasmissione degli impulsi nervosi nel cervello. L'autismo può inoltre presentarsi insieme ad altre sindromi già note: sindrome dell'X-fragile, sclerosi tuberosa, fenilchetonuria e rosolia congenita. Benché la sindrome autistica sia oggi più conosciuta rispetto al passato, vi sono molti bambini ai quali la malattia viene diagnosticata con un certo ritardo. A differenza di molti altri disturbi, l’autismo può essere identificato mediante un’appropriata conoscenza, prima dei 18 mesi di età. Un ruolo importante e fondamentale riveste la figura del pediatra, soprattutto nell’ottica della diagnosi precoce. Approfittando dell’opportunità di seguire in modo longitudinale lo sviluppo del suo piccolo paziente, il pediatra dovrebbe cercare di cogliere, sin dal loro primo insorgere, variazioni qualitative oltre che quantitative di sviluppo. L’identificazione precoce dell’autismo rappresenta una sfida importante poiché apre delle possibilità di presa a carico ad un’età dove alcuni processi di sviluppo possono ancora essere modificati. Le ricerche che valutano gli effetti di un intervento precoce mostrano che i bambini beneficiari di tali interventi presentano dei progressi significativi sul piano cognitivo, emotivo e sociale. Si riscontra, presso i bambini, un’accelerazione del ritmo di sviluppo con una crescita del quoziente d’intelligenza, dei progressi nel linguaggio, un miglioramento dei comportamenti e una diminuzione dei sintomi del disturbo autistico. Questi progressi sopravvengono in 1 o 2 anni d’intervento precoce e intensivo, e la maggioranza dei bambini presi a carico (73 %) accede ad un linguaggio funzionale alla fine del periodo d’intervento (in generale attorno ai 5 anni).
    Le scarse conoscenze sulle basi neurofisiologiche dell'autismo fanno sì che l'approccio farmacologico a questa patologia sia ancora principalmente sintomatico, volto a favorire comportamenti più adeguati e socialmente accettabili, oppure sia mirato a contenere manifestazioni associate in comorbidità. I dati attuali indicano che l'intervento farmacologico incide in modo molto marginale sulla storia naturale del disturbo autistico. La molteplicità fenomenica dei "quadri autistici" e le scarse conoscenze circa la patogenesi di tale disturbo giustificano i molteplici tentativi terapeutici con sostanze farmacologicamente anche molto diverse tra di loro di cui si è cercato di volta in volta di sfruttare l'attività specifica su un sintomo. Obiettivo prevalente dell'intervento farmacologico diviene quindi quello del controllo di manifestazioni sintomatiche che possono negativamente influenzare la qualità della vita e gli altri interventi terapeutici. Il trattamento deve essere preceduto da una attenta analisi funzionale che evidenzi i sintomi bersaglio, che possono essere molto diversi nei vari soggetti (stereotipie e condotte aggressive, disturbi dell'attenzione, alterazioni dell'umore, disturbi del sonno). L'impiego di determinate sostanze in età evolutiva richiede particolare attenzione per l'insorgenza di possibili effetti collaterali evidenziamole insieme:
    - Stereotipie e aggressività:
    Aloperidolo: é un neurolettico da tempo noto. Sono riportati miglioramenti nelle stereotipie, sull'aggressività, nella chiusura relazionale, e, più dubbi, in alcuni parametri cognitivi. Il dosaggio utilizzato è da 0,25 a 4 mg / die (da 0,05 a 0,15 mg/Kg/die). I principali effetti collaterali sono: sedazione, manifestazioni distoniche o parkinsoniane, e, a più lungo termine, acatisia, comparsa di discinesie, in particolare al momento della sospensione.
    Pimozide: produce un discreto effetto su manifestazioni comportamentali e condotte di ritiro. Il dosaggio usato è di 2 - 4 mg / die (non superiore 0,3 mg / kg / die). Sono necessari controlli cardiologici. E' segnalata maggiore risposta nei soggetti con maggiore componente di apatia ed anergia.
    Amilsulpiride: a basso dosaggio produce riduzione delle condotte di chiusura relazionale.
    Neurolettici usati in modo aspecifico per contenimento nel caso di disturbi comportamentali, come impulsività, auto/eteroaggressività, iperattività, sono: Tioridazina, Clorpromazina, Flufenazina.
    I dati in favore della loro utilizzazione sono scarsi, con la parziale eccezione della Tioridazina, e comunque inferiori a quelli circa l'Aloperidolo. Sono da usarsi, a causa della loro azione sedativa e degli effetti a lungo termine come farmaci di seconda scelta, con uso limitato a condizioni di marcato eccitamento comportamentale, al dosaggio più basso efficace. E' opportuno inoltre valutare una loro sospensione al di fuori delle fasi acute.
    Sono in aumento le indicazioni all'utilizzo dei neurolettici atipici, sia nelle forme resistenti ai neurolitici tradizionali, sia come intervento di prima scelta. Hanno incidenza di effetti extrapiramidali molto inferiore rispetto all'aloperidolo e azione positiva nel ritiro relazionale, l'apatia e l'anergia. Il Risperidone (antagonista sia serotoninergico che dopaminergico) risulta efficace nel ridurre comportamenti stereotipati, aggressività, impulsività, chiusura relazionale (in minor grado). Il dosaggio è 1,5 - 2 mg (bambino), 4 - 5 mg (adolescenti). La somministrazione deve essere graduale con incrementi di 0,25 - 0,50 mg ogni 5-7giorni.
    L'Olanzapina presenta azione antagonista verso i recettori della serotonina e della dopamina. I pochi studi, ancora in corso, sul suo impiego, a dosaggi di 0,22 mg/kg/die, in bambini con differenti diagnosi, tra le quali disturbi psicotici non meglio precisati, riferiscono miglioramenti nella regolarità del ritmo sonno-veglia e nel controllo dell'aggressività, Gli effetti collaterali finora riportati sono sedazione, incremento ponderale e acatisia.
    Farmaci che agiscono sul sistema degli oppiodi endogeni: il Naltrexone, antagonista degli oppiodi endogeni, è stato sperimentato a dosaggi di 0,5 mg/Kg per pazienti con manifestazioni aggressive. I risultati sono contraddittori.
    La Clonidina, agonista dei recettori a 2 adrenergici, utilizzato come antiipertensivo, si è dimostrato molto efficace nel controllo delle crisi di rabbia, utilizzato nell'adolescente a dosaggi non ipotensivi, iniziando da 0,05 mg/die e salendo fino al controllo del sintomo (0,05 mg 2-3 volte /die). La scarsa sperimentazione ne fa sconsigliare comunque l'utilizzo.
    Il Propranololo è un B bloccante utilizzato negli USA per il controllo delle crisi di rabbia a dosaggi di 50-150 mg/die, somministrabili al di sopra dei 12 anni in ambiente ospedaliero. I suoi effetti collaterali, ipotensione e bradicardia, richiedono un monitoraggio della frequenza cardiaca e della pressione arteriosa; è controindicato nei soggetti asmatici per il rischio di crisi dispnoiche.
    Tutt’oggi nonostante i tantissimi studi effettuati e, gli autori che si sono impeganti nella ricerca non sappiamo con certezza quali sono le cause che provocano l’insorgenza dell’autismo. Molti autori sostengono la teoria neurobiologica: Bauman e Kemper (1994) evidenziò un’ anormalità a livello del cervelletto nei bambini e negli adulti con autismo.
    Il neuroscienziato Eric Courchesne (1996) rilevò che nel cervelletto le cellule del Purkinje sono scarse numericamente.
    Il cervelletto, dice Courchense, è uno dei centri più attivi del cervello e le cellule del Purkinje sono elementi critici per l’integrazione delle informazioni. Senza queste cellule, il cervelletto è incapace di ricevere informazioni sul mondo esterno, di computarne il significato e di preparare altre aree cerebrali a rispondere ad esse in modo appropriato.
    Courchesne propose per tanto un’altra idea: il cervello dei bambini con autismo, alla nascita, ha un volume normale, però intorno ai 2-3 anni i loro cervelli sono più grandi rispetto a bambini normo-dotati della stessa età.
    Attraverso la tecnologia della fRMI, Courchesne e coll. (2001) hanno potuto identificare due aree in cui appariva un aumento di crescita più pronunciato.
    Queste sono la materia grigia della corteccia cerebrale, e la materia bianca che contiene le fibre che connettono la corteccia cerebrale con il cervelletto.
    Un importante ruolo del cervelletto, congiuntamente ai lobi frontali, è il controllo dell’attenzione in particolare lo spostamento dell’attenzione. E’ pertanto possibile quindi, che le anomalie cerebellari siano collegate con le peculiarità dell’attenzione nell’autismo.
    L’autismo è stato associato a numerose infezioni virali: rosolia, citomegalovirus (CMV), Varicella zoster (VZV), sifilide, toxoplasmosi, herpes simplex (HSV).
    Recentemente è stata avanzata l’ipotesi che l’insorgenza dell’autismo fosse correlata eziologicamente con la somministrazione del vaccino contro morbillo, parotite e rosolia (vaccino Trivalente, MMR), poiché da uno studio era emersa l’evidenza che alcuni bambini manifestavano i sintomi della malattia entro pochi giorni dalla somministrazione del vaccino .
    Le condizioni pre-natali e le complicanze alla nascita sono fattori di rischio che possono portare a un danno cerebrale.
    Nei bambini con autismo spesso il parto è difficile e può verificarsi anossia.
    In uno studio Kolvin (1971suddivise un gruppo di autistici in base all’età di insorgenza del disturbo cioè prima e dopo i 3 anni; nel primo gruppo di bambini si sono riscontrati con maggior frequenza i seguenti fattori: rosolia e toxoplasmosi in gravidanza, prematurità, taglio cesareo, encefalite e spasmi infantili.
Altresì i risultati di uno studio giapponese permisero di concludere che vi è un’alta incidenza di soggetti con autismo nei sopravvissuti alle cure di terapia intensiva neonatale e che una storia di sindrome da aspirazione di meconio è significativamente più presente nei bambini con disturbi dello spettro autistico che nei sani, suggerendone un possibile ruolo causale per lo sviluppo della malattia.
    I problemi durante la gravidanza o il parto possono causare danni al cervello del bambino. Quindi concludiamo dicendo che numerosi sono i fattori di rischio a determinare l’autismo ex:
    donne che al momento del parto hanno più di 35 anni;
    medicazioni durante la gravidanza, l’introduzione di farmaci per debellare malattie infettive si rivela devastante per il sistema immunitario, metabolico e neurologico; oppure semplicemente
    l’incompatibilità tra il gruppo sanguigno della madre e quello del bambino.


    Lavoro ben fatto e complesso.
    le richieste dell'esercizio sono state esaurite e
    la sintesi è coerente e significativa.
    Si vede che il gruppo ha lavorato in modo critico.
    La tutor Dott.ssa Nunzia Giglio


    Grazie mille prooof!!! Very Happy
    benedettabonifazi
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    ES.n. 1 AUTISMO (chiude 27 febbraio x esami 29 e sessione estiva) - Pagina 10 Empty Re: ES.n. 1 AUTISMO (chiude 27 febbraio x esami 29 e sessione estiva)

    Messaggio  benedettabonifazi Lun Gen 30, 2012 6:59 pm

    benedettabonifazi ha scritto:"Facciamo il punto su l'autismo" il capitolo 4 : La costruzione dell'alleanza con la famiglia.


    La parola "autismo" deriva dal greco "autús" che significa "se stesso” e, come malattia o modello particolare di struttura psichica, si evidenzia drammaticamente per l’isolamento, l’anestesia affettiva, la scomparsa dell’iniziativa, le difficoltà psico-motorie, il mancato sviluppo del linguaggio.
    L'autismo può essere primario, oppure secondario quando si manifesta in conseguenza di anomalie genetiche (fenilchetonuria, sclerosi tuberosa), cromosomiche (X-fragile), malattie infettive (rosolia, citomegalovirus) o traumi che colpiscono precocemente il SNC (Sistema Nervoso Centrale).A livello di classificazione nosografica, nel DSM-IV è considerato nella categoria clinica dei "Disturbi Pervasivi dello Sviluppo", cui appartengono, fra le varie altre sindromi, anche la sindrome di Asperger, la sindrome di Rett e il Disturbo disintegrativo dell'infanzia.
    Grossolanamente si può dire che i bambini autistici fisicamente sono sani e si sviluppano come i loro coetanei, ma sono affetti da gravi anomalie nella comunicazioni e da un certo ritardo mentale.
    Sia nei soggetti ritardati che nei soggetti di normale intelligenza, infatti, il profilo delle prestazioni è spesso molto disomogeneo, con aree di grande abilità, come, memoria, calcolo, competenze spaziali e aree profondamente compromesse.
    L'autismo compare entro il trentesimo mese di vita oppure può manifestarsi verso il diciottesimo mese di vita. In una recente statistica abbiamo potuto notare che l'incidenza varia da 5 a 50 persone su 10.000e che colpisce prevalentemente i soggetti maschili con un tasso dalle due alle quattro volte superiore rispetto al sesso femminile. Kanner, famoso psichiatra considerato il fondatore della psichiatria infantile americana, descrisse i suoi pazienti come tendenti all’isolamento, poco reattivi in ambito relazionale. Alcuni apparivano muti o con un linguaggio ecolalico, altri, invece, mostravano una caratteristica inversione pronominale e avevano una paura ossessiva che avvenisse qualche cambiamento nell’ambiente circostante. Kanner e suoi collaboratori, partendo dall’analisi delle famiglie , arrivarono alla deduzione che i genitori (in particolar modo le madri), troppo freddi, distaccati e rigorosi, fossero, con il loro atteggiamento, la causa dell'autismo dei figli. Kanner, però, non aveva tenuto conto che le famiglie a cui faceva riferimento rappresentavano solo una ridotta parte di tale categoria. Per tale motivo, per molti anni i genitori sono stati ritenuti ingiustamente responsabili delle problematiche dei loro figli autistici. Con il TEACCH, oggi, si sono confutate queste considerazioni. Attraverso un esame della didattica aggiuntiva “ Trattamento pedagogico della disabilità” abbiamo approfondito l’efficacia e la conoscenza di tale programma.
    Il Teacch è un’organizzazione di servizi su base statale, creata nello Stato americano della Carolina del Nord, all’interno dell’Università, da Eric Schopler e dai suoi collaboratori. Esso è un servizio integrato di interventi offerto alle persone con autismo e alle loro famiglie. Offre ,inoltre, formazione e consulenza nelle scuole. Il Programma TEACCH comprende numerose attività di tipo educativo da effettuare con bambini con Disturbi Generalizzati dello Sviluppo o con disturbi della comunicazione.L'uso di tali attività va però di volta in volta contestualizzato ed individualizzato; la messa in atto di queste attività deve basarsi, in particolare su quattro criteri: modello di interazione, prospettive di sviluppo, relativismo comportamentale e gerarchia di addestramento Il Programma TEACCH è stato costruito per sviluppare abilità imitative, funzioni percettive, abilità motorie, capacità d'integrazione oculo-manuale, comprensione e produzione linguistica, gestione del comportamento (autonomie, abilità sociali e comportamentali).La conduzione del programma è affidata a genitori e insegnanti , che condividono le stesse strategie ed operano in stretta collaborazione.Una parte importante del programma è rappresentato dalla valutazione, che avviene attraverso tre modalità diverse. La prima che prevede l'utilizzo di test intellettivi e scale standardizzate per la valutazione dello sviluppo. La seconda modalità è quella dell'osservazione dei modelli di comportamento del bambino. La terza è rappresentata dalla raccolta di informazioni fatta nei colloqui con i genitori, in cui vengono anche individuate le loro aspettative nei confronti del bambino e i problemi principali che essi si trovano ad affrontare. La valutazione dello sviluppo si avvale di uno strumento specifico chiamato Profilo Psicoeducativo (P.E.P.): il P.E.P. consente di determinare lo sviluppo del bambino nelle aree dell'imitazione, della percezione, delle abilità motorie, dell' integrazione oculo-manuale, e delle capacità cognitive. Accanto al P.E.P. è stato predisposto un altro strumento chiamato A.A.P.E.P., che viene utilizzato per la valutazione di adolescenti e adulti autristici.Le aspettative e gli obiettivi che ci si attende di raggiungere, per ogni bambino, vengono distinte in : 1) aspettative a lungo termine, 2) aspettative intermedie tra 3 mesi ed un anno, e 3) gli obiettivi educativi immediati .
    Anche in questo programma le famiglie presentano un ruolo importante. La famiglia svolge un rilevante ruolo sociale in quanto costituisce un tramite tra il bambino e l’ambiente che lo circonda. I genitori delle persone con autismo, infatti, svolgono un compito certamente molto difficile: amare e accudire i loro figli aiutandoli a diventare soggetti sociali, ad integrarsi con l’ambiente circostante interagendo con altri individui . In alcuni momenti il genitore si sente demotivato e sfiduciato: ciò è dovuto anche ad una pessimistica proiezione sul futuro del proprio figlio che viene visto come un “eterno bambino” senza vasti margini di autonomia e indipendenza. E’ importante costruire un’ alleanza collaborativa tra operatori sociali e territoriali (Enti , Asl) , e i genitori. Il termine alleanza sottolinea il coinvolgimento delle due parti che collaborano per raggiungere un unico obiettivo nel rispetto dei diversi ruoli. I genitori che adempiono a tale alleanza hanno bisogno di un grande supporto poichè l’indifferenza del bambino autistico può portare i familiari a sentirsi rifiutati e ciò può causare uno sconforto da parte degli stessi. Infatti il sostegno emotivo ai genitori risulta indispensabile. L’operatore deve sviluppare l’empowerment e la giusta fiducia nelle capacità della famiglia.
    Tale obiettivo richiede l’utilizzo di diversi compiti strategici come: costruire una forte relazione di ascolto e sostegno, interpretare, guidare,usufruire dell’ empowerment , processo dell’azione sociale attraverso il quale le persone, le organizzazioni e le comunità acquisiscono competenza sulle proprie vite, al fine di cambiare il proprio ambiente sociale e politico per migliorare l’equità e la qualità di vita.La formazione dei genitori diviene, quindi, un aspetto molto importante.
    Progressivamente i genitori vanno coinvolti nelle varie attività vere e gli operatori non dovranno nutrire preconcetti sulle loro capacità. Di fondamentale importanza è l’osservazione sistematica, la quale può produrre efficaci conseguimenti nel percorso di educazione- formazione sul bambino. Il genitore dovrà divenire capace di misurare e definire i feedback che gli giungono dopo il proprio intervento , in particolar modo nelle mura domestiche dove non è presente il supporto materiale dell’operatore.
    Oggi molti approcci riconoscono al contesto- famiglia il ruolo di “spazio privilegiato” per raggiungere efficacemente obiettivi essenziali .Collaboratori e genitori puntano a migliorare l’adattamento dell’individuo al mondo in cui vive; ad incrementare le abilità esistenti ; a promuovere un insegnamento strutturato in grado di prevenire i comportamenti problema. Le innumerevoli difficoltà che un genitore di un bambino autistico incontra, sono fonti di stress. Per i genitori dei bambini autistici è difficile pensare che il proprio figlio con autismo una volta divenuto adulto possa condurre una vita normale. In età scolare un bambino incontra i coetanei nella scuola, mentre in età adulta alla scuola dovrebbe subentrare un posto di lavoro e luoghi dove poter trascorrere il proprio tempo libero.
    Consapevole del fatto che ogni bambino autistico crescerà diventando un adulto autistico, Schopler e i suoi collaboratori suggeriscono di iniziare precocemente a individuare la tipologia di attività lavorativa che il bambino potrebbe svolgere da adulto. Il tipo di attività possibile emerge dal profilo di abilità, dai punti di forza e dagli interessi, di ogni persona.
    A tal fine, Schopler parla di un “intervento psicoeducativo collaborativo” che deve prevedere l’adempimento di vari punti:
    1) il miglioramento delle condizioni di vita del soggetto;
    2) la promozione di interventi che limitino i comportamenti patologici;
    3) l’evidenziazione e l’ampliamento delle abilità esistenti;
    4) il rifacimento alle teorie cognitive e comportamentali, dimostrate le più efficienti
    Anche in questo scenario le famiglie svolgono un ruolo fondamentale in quanto sono ascoltate, aiutate ,tutelate, supportate a livello sociale . Numerose sono le associazioni create e fondate da genitori con bambini autistici i quali lottano per la creazione di un luogo di socializzazione e relazione nel quale poter promuovere interventi logopedici, comportamentali e cognitivi.


    Le famiglie che pianificano tali “Progetti di vita” per i loro figli sperano che essi possano aumentare sempre a livello territoriale.
    A nostro avviso il coinvolgimento attivo e partecipe della famiglia in un adeguato programma riabilitativo assume un’importante rilevanza personale e sociale: attraverso il lavoro e l’aiuto degli operatori e insegnanti, i genitori acquistano gli strumenti indispensabili per svolgere il proprio ruolo e riacquistando fiducia nelle proprie capacità.




    Bibliografia
    1. "Facciamo il punto su l'autismo" il capitolo 4 : La costruzione dell'alleanza con la famiglia.
    2. http://www.oltreilmuro.com/autismo.htm
    3. Lettura e ritardo mentale




    Componenti del gruppo:

    Benedetta Bonifazi
    Marianna Ciriillo
    Carla Sara Emolo
    Miriam Farina
    Daniela Maione


    Lavoro ben fatto,
    le richieste dell'esercizio sono state esaurite e
    la sintesi è coerente e significativa.
    la sintesi è arricchita da una veste critica e da un confronto coerente con il quadro teorico.
    Emergono però poco le considerazioni critiche del gruppo.
    la tutor Dott.ssa Nunzia Giglio





    aggiungiamo le considerazioni personali del gruppo:

    Dalla trattazione e dalle varie ricerche abbiamo compreso l'importanza delle famiglie, le quali sono considerate la fonte più attendibile di informazioni sul proprio bambino, ma vengono anche coinvolti nel programma di trattamento per consentire la generalizzazione delle competenze acquisite e per garantire una coerenza di approccio in ogni attività di vita della persona autistica. Il loro coinvolgimento contribuisce notevolmente al successo dell’intervento riabilitativo.
    La strutturazione e la prevedibilità dell’ambiente e l’adeguatezza delle richieste, nonché la chiarezza, la concretezza e la stabilità dei messaggi sono la prima condizione per evitare una situazione di stress permanente. Sarà inoltre necessario potenziare la capacità di comunicazione ed eventualmente utilizzare forme di comunicazione più adatte al bambino.
    Abbiamo compreso che è indispensabile una collaborazione attiva tra educatori, genitori, insegnanti e gli altri servizi.



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    ES.n. 1 AUTISMO (chiude 27 febbraio x esami 29 e sessione estiva) - Pagina 10 Empty Re: ES.n. 1 AUTISMO (chiude 27 febbraio x esami 29 e sessione estiva)

    Messaggio  carlasaraemolo Lun Gen 30, 2012 7:02 pm

    carlasaraemolo ha scritto:"Facciamo il punto su l'autismo" il capitolo 4 : La costruzione dell'alleanza con la famiglia.


    La parola "autismo" deriva dal greco "autús" che significa "se stesso” e, come malattia o modello particolare di struttura psichica, si evidenzia drammaticamente per l’isolamento, l’anestesia affettiva, la scomparsa dell’iniziativa, le difficoltà psico-motorie, il mancato sviluppo del linguaggio.
    L'autismo può essere primario, oppure secondario quando si manifesta in conseguenza di anomalie genetiche (fenilchetonuria, sclerosi tuberosa), cromosomiche (X-fragile), malattie infettive (rosolia, citomegalovirus) o traumi che colpiscono precocemente il SNC (Sistema Nervoso Centrale).A livello di classificazione nosografica, nel DSM-IV è considerato nella categoria clinica dei "Disturbi Pervasivi dello Sviluppo", cui appartengono, fra le varie altre sindromi, anche la sindrome di Asperger, la sindrome di Rett e il Disturbo disintegrativo dell'infanzia.
    Grossolanamente si può dire che i bambini autistici fisicamente sono sani e si sviluppano come i loro coetanei, ma sono affetti da gravi anomalie nella comunicazioni e da un certo ritardo mentale.
    Sia nei soggetti ritardati che nei soggetti di normale intelligenza, infatti, il profilo delle prestazioni è spesso molto disomogeneo, con aree di grande abilità, come, memoria, calcolo, competenze spaziali e aree profondamente compromesse.
    L'autismo compare entro il trentesimo mese di vita oppure può manifestarsi verso il diciottesimo mese di vita. In una recente statistica abbiamo potuto notare che l'incidenza varia da 5 a 50 persone su 10.000e che colpisce prevalentemente i soggetti maschili con un tasso dalle due alle quattro volte superiore rispetto al sesso femminile. Kanner, famoso psichiatra considerato il fondatore della psichiatria infantile americana, descrisse i suoi pazienti come tendenti all’isolamento, poco reattivi in ambito relazionale. Alcuni apparivano muti o con un linguaggio ecolalico, altri, invece, mostravano una caratteristica inversione pronominale e avevano una paura ossessiva che avvenisse qualche cambiamento nell’ambiente circostante. Kanner e suoi collaboratori, partendo dall’analisi delle famiglie , arrivarono alla deduzione che i genitori (in particolar modo le madri), troppo freddi, distaccati e rigorosi, fossero, con il loro atteggiamento, la causa dell'autismo dei figli. Kanner, però, non aveva tenuto conto che le famiglie a cui faceva riferimento rappresentavano solo una ridotta parte di tale categoria. Per tale motivo, per molti anni i genitori sono stati ritenuti ingiustamente responsabili delle problematiche dei loro figli autistici. Con il TEACCH, oggi, si sono confutate queste considerazioni. Attraverso un esame della didattica aggiuntiva “ Trattamento pedagogico della disabilità” abbiamo approfondito l’efficacia e la conoscenza di tale programma.
    Il Teacch è un’organizzazione di servizi su base statale, creata nello Stato americano della Carolina del Nord, all’interno dell’Università, da Eric Schopler e dai suoi collaboratori. Esso è un servizio integrato di interventi offerto alle persone con autismo e alle loro famiglie. Offre ,inoltre, formazione e consulenza nelle scuole. Il Programma TEACCH comprende numerose attività di tipo educativo da effettuare con bambini con Disturbi Generalizzati dello Sviluppo o con disturbi della comunicazione.L'uso di tali attività va però di volta in volta contestualizzato ed individualizzato; la messa in atto di queste attività deve basarsi, in particolare su quattro criteri: modello di interazione, prospettive di sviluppo, relativismo comportamentale e gerarchia di addestramento Il Programma TEACCH è stato costruito per sviluppare abilità imitative, funzioni percettive, abilità motorie, capacità d'integrazione oculo-manuale, comprensione e produzione linguistica, gestione del comportamento (autonomie, abilità sociali e comportamentali).La conduzione del programma è affidata a genitori e insegnanti , che condividono le stesse strategie ed operano in stretta collaborazione.Una parte importante del programma è rappresentato dalla valutazione, che avviene attraverso tre modalità diverse. La prima che prevede l'utilizzo di test intellettivi e scale standardizzate per la valutazione dello sviluppo. La seconda modalità è quella dell'osservazione dei modelli di comportamento del bambino. La terza è rappresentata dalla raccolta di informazioni fatta nei colloqui con i genitori, in cui vengono anche individuate le loro aspettative nei confronti del bambino e i problemi principali che essi si trovano ad affrontare. La valutazione dello sviluppo si avvale di uno strumento specifico chiamato Profilo Psicoeducativo (P.E.P.): il P.E.P. consente di determinare lo sviluppo del bambino nelle aree dell'imitazione, della percezione, delle abilità motorie, dell' integrazione oculo-manuale, e delle capacità cognitive. Accanto al P.E.P. è stato predisposto un altro strumento chiamato A.A.P.E.P., che viene utilizzato per la valutazione di adolescenti e adulti autristici.Le aspettative e gli obiettivi che ci si attende di raggiungere, per ogni bambino, vengono distinte in : 1) aspettative a lungo termine, 2) aspettative intermedie tra 3 mesi ed un anno, e 3) gli obiettivi educativi immediati .
    Anche in questo programma le famiglie presentano un ruolo importante. La famiglia svolge un rilevante ruolo sociale in quanto costituisce un tramite tra il bambino e l’ambiente che lo circonda. I genitori delle persone con autismo, infatti, svolgono un compito certamente molto difficile: amare e accudire i loro figli aiutandoli a diventare soggetti sociali, ad integrarsi con l’ambiente circostante interagendo con altri individui . In alcuni momenti il genitore si sente demotivato e sfiduciato: ciò è dovuto anche ad una pessimistica proiezione sul futuro del proprio figlio che viene visto come un “eterno bambino” senza vasti margini di autonomia e indipendenza. E’ importante costruire un’ alleanza collaborativa tra operatori sociali e territoriali (Enti , Asl) , e i genitori. Il termine alleanza sottolinea il coinvolgimento delle due parti che collaborano per raggiungere un unico obiettivo nel rispetto dei diversi ruoli. I genitori che adempiono a tale alleanza hanno bisogno di un grande supporto poichè l’indifferenza del bambino autistico può portare i familiari a sentirsi rifiutati e ciò può causare uno sconforto da parte degli stessi. Infatti il sostegno emotivo ai genitori risulta indispensabile. L’operatore deve sviluppare l’empowerment e la giusta fiducia nelle capacità della famiglia.
    Tale obiettivo richiede l’utilizzo di diversi compiti strategici come: costruire una forte relazione di ascolto e sostegno, interpretare, guidare,usufruire dell’ empowerment , processo dell’azione sociale attraverso il quale le persone, le organizzazioni e le comunità acquisiscono competenza sulle proprie vite, al fine di cambiare il proprio ambiente sociale e politico per migliorare l’equità e la qualità di vita.La formazione dei genitori diviene, quindi, un aspetto molto importante.
    Progressivamente i genitori vanno coinvolti nelle varie attività vere e gli operatori non dovranno nutrire preconcetti sulle loro capacità. Di fondamentale importanza è l’osservazione sistematica, la quale può produrre efficaci conseguimenti nel percorso di educazione- formazione sul bambino. Il genitore dovrà divenire capace di misurare e definire i feedback che gli giungono dopo il proprio intervento , in particolar modo nelle mura domestiche dove non è presente il supporto materiale dell’operatore.
    Oggi molti approcci riconoscono al contesto- famiglia il ruolo di “spazio privilegiato” per raggiungere efficacemente obiettivi essenziali .Collaboratori e genitori puntano a migliorare l’adattamento dell’individuo al mondo in cui vive; ad incrementare le abilità esistenti ; a promuovere un insegnamento strutturato in grado di prevenire i comportamenti problema. Le innumerevoli difficoltà che un genitore di un bambino autistico incontra, sono fonti di stress. Per i genitori dei bambini autistici è difficile pensare che il proprio figlio con autismo una volta divenuto adulto possa condurre una vita normale. In età scolare un bambino incontra i coetanei nella scuola, mentre in età adulta alla scuola dovrebbe subentrare un posto di lavoro e luoghi dove poter trascorrere il proprio tempo libero.
    Consapevole del fatto che ogni bambino autistico crescerà diventando un adulto autistico, Schopler e i suoi collaboratori suggeriscono di iniziare precocemente a individuare la tipologia di attività lavorativa che il bambino potrebbe svolgere da adulto. Il tipo di attività possibile emerge dal profilo di abilità, dai punti di forza e dagli interessi, di ogni persona.
    A tal fine, Schopler parla di un “intervento psicoeducativo collaborativo” che deve prevedere l’adempimento di vari punti:
    1) il miglioramento delle condizioni di vita del soggetto;
    2) la promozione di interventi che limitino i comportamenti patologici;
    3) l’evidenziazione e l’ampliamento delle abilità esistenti;
    4) il rifacimento alle teorie cognitive e comportamentali, dimostrate le più efficienti
    Anche in questo scenario le famiglie svolgono un ruolo fondamentale in quanto sono ascoltate, aiutate ,tutelate, supportate a livello sociale . Numerose sono le associazioni create e fondate da genitori con bambini autistici i quali lottano per la creazione di un luogo di socializzazione e relazione nel quale poter promuovere interventi logopedici, comportamentali e cognitivi.


    Le famiglie che pianificano tali “Progetti di vita” per i loro figli sperano che essi possano aumentare sempre a livello territoriale.
    A nostro avviso il coinvolgimento attivo e partecipe della famiglia in un adeguato programma riabilitativo assume un’importante rilevanza personale e sociale: attraverso il lavoro e l’aiuto degli operatori e insegnanti, i genitori acquistano gli strumenti indispensabili per svolgere il proprio ruolo e riacquistando fiducia nelle proprie capacità.




    Bibliografia
    1. "Facciamo il punto su l'autismo" il capitolo 4 : La costruzione dell'alleanza con la famiglia.
    2. http://www.oltreilmuro.com/autismo.htm
    3. Lettura e ritardo mentale

    I COMPONENTI DEL GRUPPO SONO :
    Benedetta Bonifazi
    Marianna Cirillo
    Carla Sara Emolo
    Miriam Farina
    Daniela Maione


    Lavoro ben fatto,
    le richieste dell'esercizio sono state esaurite e
    la sintesi è coerente e significativa.
    la sintesi è arricchita da una veste critica e da un confronto coerente con il quadro teorico.
    Emergono però poco le considerazioni critiche del gruppo.
    la tutor Dott.ssa Nunzia Giglio

    aggiungiamo le considerazioni personali del gruppo:

    Dalla trattazione e dalle varie ricerche abbiamo compreso l'importanza delle famiglie, le quali sono considerate la fonte più attendibile di informazioni sul proprio bambino, ma vengono anche coinvolti nel programma di trattamento per consentire la generalizzazione delle competenze acquisite e per garantire una coerenza di approccio in ogni attività di vita della persona autistica. Il loro coinvolgimento contribuisce notevolmente al successo dell’intervento riabilitativo.
    La strutturazione e la prevedibilità dell’ambiente e l’adeguatezza delle richieste, nonché la chiarezza, la concretezza e la stabilità dei messaggi sono la prima condizione per evitare una situazione di stress permanente. Sarà inoltre necessario potenziare la capacità di comunicazione ed eventualmente utilizzare forme di comunicazione più adatte al bambino.
    Abbiamo compreso che è indispensabile una collaborazione attiva tra educatori, genitori, insegnanti e gli altri servizi.

    Benissimo
    La tutor Dott.ssa Nunzia Giglio

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    ES.n. 1 AUTISMO (chiude 27 febbraio x esami 29 e sessione estiva) - Pagina 10 Empty Re: ES.n. 1 AUTISMO (chiude 27 febbraio x esami 29 e sessione estiva)

    Messaggio  danielamaione Lun Gen 30, 2012 7:04 pm

    danielamaione ha scritto:"Facciamo il punto su l'autismo" il capitolo 4 : La costruzione dell'alleanza con la famiglia.


    La parola "autismo" deriva dal greco "autús" che significa "se stesso” e, come malattia o modello particolare di struttura psichica, si evidenzia drammaticamente per l’isolamento, l’anestesia affettiva, la scomparsa dell’iniziativa, le difficoltà psico-motorie, il mancato sviluppo del linguaggio.
    L'autismo può essere primario, oppure secondario quando si manifesta in conseguenza di anomalie genetiche (fenilchetonuria, sclerosi tuberosa), cromosomiche (X-fragile), malattie infettive (rosolia, citomegalovirus) o traumi che colpiscono precocemente il SNC (Sistema Nervoso Centrale).A livello di classificazione nosografica, nel DSM-IV è considerato nella categoria clinica dei "Disturbi Pervasivi dello Sviluppo", cui appartengono, fra le varie altre sindromi, anche la sindrome di Asperger, la sindrome di Rett e il Disturbo disintegrativo dell'infanzia.
    Grossolanamente si può dire che i bambini autistici fisicamente sono sani e si sviluppano come i loro coetanei, ma sono affetti da gravi anomalie nella comunicazioni e da un certo ritardo mentale.
    Sia nei soggetti ritardati che nei soggetti di normale intelligenza, infatti, il profilo delle prestazioni è spesso molto disomogeneo, con aree di grande abilità, come, memoria, calcolo, competenze spaziali e aree profondamente compromesse.
    L'autismo compare entro il trentesimo mese di vita oppure può manifestarsi verso il diciottesimo mese di vita. In una recente statistica abbiamo potuto notare che l'incidenza varia da 5 a 50 persone su 10.000e che colpisce prevalentemente i soggetti maschili con un tasso dalle due alle quattro volte superiore rispetto al sesso femminile. Kanner, famoso psichiatra considerato il fondatore della psichiatria infantile americana, descrisse i suoi pazienti come tendenti all’isolamento, poco reattivi in ambito relazionale. Alcuni apparivano muti o con un linguaggio ecolalico, altri, invece, mostravano una caratteristica inversione pronominale e avevano una paura ossessiva che avvenisse qualche cambiamento nell’ambiente circostante. Kanner e suoi collaboratori, partendo dall’analisi delle famiglie , arrivarono alla deduzione che i genitori (in particolar modo le madri), troppo freddi, distaccati e rigorosi, fossero, con il loro atteggiamento, la causa dell'autismo dei figli. Kanner, però, non aveva tenuto conto che le famiglie a cui faceva riferimento rappresentavano solo una ridotta parte di tale categoria. Per tale motivo, per molti anni i genitori sono stati ritenuti ingiustamente responsabili delle problematiche dei loro figli autistici. Con il TEACCH, oggi, si sono confutate queste considerazioni. Attraverso un esame della didattica aggiuntiva “ Trattamento pedagogico della disabilità” abbiamo approfondito l’efficacia e la conoscenza di tale programma.
    Il Teacch è un’organizzazione di servizi su base statale, creata nello Stato americano della Carolina del Nord, all’interno dell’Università, da Eric Schopler e dai suoi collaboratori. Esso è un servizio integrato di interventi offerto alle persone con autismo e alle loro famiglie. Offre ,inoltre, formazione e consulenza nelle scuole. Il Programma TEACCH comprende numerose attività di tipo educativo da effettuare con bambini con Disturbi Generalizzati dello Sviluppo o con disturbi della comunicazione.L'uso di tali attività va però di volta in volta contestualizzato ed individualizzato; la messa in atto di queste attività deve basarsi, in particolare su quattro criteri: modello di interazione, prospettive di sviluppo, relativismo comportamentale e gerarchia di addestramento Il Programma TEACCH è stato costruito per sviluppare abilità imitative, funzioni percettive, abilità motorie, capacità d'integrazione oculo-manuale, comprensione e produzione linguistica, gestione del comportamento (autonomie, abilità sociali e comportamentali).La conduzione del programma è affidata a genitori e insegnanti , che condividono le stesse strategie ed operano in stretta collaborazione.Una parte importante del programma è rappresentato dalla valutazione, che avviene attraverso tre modalità diverse. La prima che prevede l'utilizzo di test intellettivi e scale standardizzate per la valutazione dello sviluppo. La seconda modalità è quella dell'osservazione dei modelli di comportamento del bambino. La terza è rappresentata dalla raccolta di informazioni fatta nei colloqui con i genitori, in cui vengono anche individuate le loro aspettative nei confronti del bambino e i problemi principali che essi si trovano ad affrontare. La valutazione dello sviluppo si avvale di uno strumento specifico chiamato Profilo Psicoeducativo (P.E.P.): il P.E.P. consente di determinare lo sviluppo del bambino nelle aree dell'imitazione, della percezione, delle abilità motorie, dell' integrazione oculo-manuale, e delle capacità cognitive. Accanto al P.E.P. è stato predisposto un altro strumento chiamato A.A.P.E.P., che viene utilizzato per la valutazione di adolescenti e adulti autristici.Le aspettative e gli obiettivi che ci si attende di raggiungere, per ogni bambino, vengono distinte in : 1) aspettative a lungo termine, 2) aspettative intermedie tra 3 mesi ed un anno, e 3) gli obiettivi educativi immediati .
    Anche in questo programma le famiglie presentano un ruolo importante. La famiglia svolge un rilevante ruolo sociale in quanto costituisce un tramite tra il bambino e l’ambiente che lo circonda. I genitori delle persone con autismo, infatti, svolgono un compito certamente molto difficile: amare e accudire i loro figli aiutandoli a diventare soggetti sociali, ad integrarsi con l’ambiente circostante interagendo con altri individui . In alcuni momenti il genitore si sente demotivato e sfiduciato: ciò è dovuto anche ad una pessimistica proiezione sul futuro del proprio figlio che viene visto come un “eterno bambino” senza vasti margini di autonomia e indipendenza. E’ importante costruire un’ alleanza collaborativa tra operatori sociali e territoriali (Enti , Asl) , e i genitori. Il termine alleanza sottolinea il coinvolgimento delle due parti che collaborano per raggiungere un unico obiettivo nel rispetto dei diversi ruoli. I genitori che adempiono a tale alleanza hanno bisogno di un grande supporto poichè l’indifferenza del bambino autistico può portare i familiari a sentirsi rifiutati e ciò può causare uno sconforto da parte degli stessi. Infatti il sostegno emotivo ai genitori risulta indispensabile. L’operatore deve sviluppare l’empowerment e la giusta fiducia nelle capacità della famiglia.
    Tale obiettivo richiede l’utilizzo di diversi compiti strategici come: costruire una forte relazione di ascolto e sostegno, interpretare, guidare,usufruire dell’ empowerment , processo dell’azione sociale attraverso il quale le persone, le organizzazioni e le comunità acquisiscono competenza sulle proprie vite, al fine di cambiare il proprio ambiente sociale e politico per migliorare l’equità e la qualità di vita.La formazione dei genitori diviene, quindi, un aspetto molto importante.
    Progressivamente i genitori vanno coinvolti nelle varie attività vere e gli operatori non dovranno nutrire preconcetti sulle loro capacità. Di fondamentale importanza è l’osservazione sistematica, la quale può produrre efficaci conseguimenti nel percorso di educazione- formazione sul bambino. Il genitore dovrà divenire capace di misurare e definire i feedback che gli giungono dopo il proprio intervento , in particolar modo nelle mura domestiche dove non è presente il supporto materiale dell’operatore.
    Oggi molti approcci riconoscono al contesto- famiglia il ruolo di “spazio privilegiato” per raggiungere efficacemente obiettivi essenziali .Collaboratori e genitori puntano a migliorare l’adattamento dell’individuo al mondo in cui vive; ad incrementare le abilità esistenti ; a promuovere un insegnamento strutturato in grado di prevenire i comportamenti problema. Le innumerevoli difficoltà che un genitore di un bambino autistico incontra, sono fonti di stress. Per i genitori dei bambini autistici è difficile pensare che il proprio figlio con autismo una volta divenuto adulto possa condurre una vita normale. In età scolare un bambino incontra i coetanei nella scuola, mentre in età adulta alla scuola dovrebbe subentrare un posto di lavoro e luoghi dove poter trascorrere il proprio tempo libero.
    Consapevole del fatto che ogni bambino autistico crescerà diventando un adulto autistico, Schopler e i suoi collaboratori suggeriscono di iniziare precocemente a individuare la tipologia di attività lavorativa che il bambino potrebbe svolgere da adulto. Il tipo di attività possibile emerge dal profilo di abilità, dai punti di forza e dagli interessi, di ogni persona.
    A tal fine, Schopler parla di un “intervento psicoeducativo collaborativo” che deve prevedere l’adempimento di vari punti:
    1) il miglioramento delle condizioni di vita del soggetto;
    2) la promozione di interventi che limitino i comportamenti patologici;
    3) l’evidenziazione e l’ampliamento delle abilità esistenti;
    4) il rifacimento alle teorie cognitive e comportamentali, dimostrate le più efficienti
    Anche in questo scenario le famiglie svolgono un ruolo fondamentale in quanto sono ascoltate, aiutate ,tutelate, supportate a livello sociale . Numerose sono le associazioni create e fondate da genitori con bambini autistici i quali lottano per la creazione di un luogo di socializzazione e relazione nel quale poter promuovere interventi logopedici, comportamentali e cognitivi.


    Le famiglie che pianificano tali “Progetti di vita” per i loro figli sperano che essi possano aumentare sempre a livello territoriale.
    A nostro avviso il coinvolgimento attivo e partecipe della famiglia in un adeguato programma riabilitativo assume un’importante rilevanza personale e sociale: attraverso il lavoro e l’aiuto degli operatori e insegnanti, i genitori acquistano gli strumenti indispensabili per svolgere il proprio ruolo e riacquistando fiducia nelle proprie capacità.




    Bibliografia
    1. "Facciamo il punto su l'autismo" il capitolo 4 : La costruzione dell'alleanza con la famiglia.
    2. http://www.oltreilmuro.com/autismo.htm
    3. Lettura e ritardo mentale

    I COMPONENTI DEL GRUPPO SONO :
    Benedetta Bonifazi
    Marianna Cirillo
    Carla Sara Emolo
    Miriam Farina
    Daniela Maione

    Lavoro ben fatto,
    le richieste dell'esercizio sono state esaurite e
    la sintesi è coerente e significativa.
    la sintesi è arricchita da una veste critica e da un confronto coerente con il quadro teorico.
    Emergono però poco le considerazioni critiche del gruppo.
    la tutor Dott.ssa Nunzia Giglio



    aggiungiamo le considerazioni personali del gruppo:

    Dalla trattazione e dalle varie ricerche abbiamo compreso l'importanza delle famiglie, le quali sono considerate la fonte più attendibile di informazioni sul proprio bambino, ma vengono anche coinvolti nel programma di trattamento per consentire la generalizzazione delle competenze acquisite e per garantire una coerenza di approccio in ogni attività di vita della persona autistica. Il loro coinvolgimento contribuisce notevolmente al successo dell’intervento riabilitativo.
    La strutturazione e la prevedibilità dell’ambiente e l’adeguatezza delle richieste, nonché la chiarezza, la concretezza e la stabilità dei messaggi sono la prima condizione per evitare una situazione di stress permanente. Sarà inoltre necessario potenziare la capacità di comunicazione ed eventualmente utilizzare forme di comunicazione più adatte al bambino.
    Abbiamo compreso che è indispensabile una collaborazione attiva tra educatori, genitori, insegnanti e gli altri servizi.

    Benissimo
    La tutor Dott.ssa Nunzia Giglio



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    ES.n. 1 AUTISMO (chiude 27 febbraio x esami 29 e sessione estiva) - Pagina 10 Empty Re: ES.n. 1 AUTISMO (chiude 27 febbraio x esami 29 e sessione estiva)

    Messaggio  marianna cirillo Lun Gen 30, 2012 7:04 pm

    marianna cirillo ha scritto:"Facciamo il punto su l'autismo" il capitolo 4 : La costruzione dell'alleanza con la famiglia.


    La parola "autismo" deriva dal greco "autús" che significa "se stesso” e, come malattia o modello particolare di struttura psichica, si evidenzia drammaticamente per l’isolamento, l’anestesia affettiva, la scomparsa dell’iniziativa, le difficoltà psico-motorie, il mancato sviluppo del linguaggio.
    L'autismo può essere primario, oppure secondario quando si manifesta in conseguenza di anomalie genetiche (fenilchetonuria, sclerosi tuberosa), cromosomiche (X-fragile), malattie infettive (rosolia, citomegalovirus) o traumi che colpiscono precocemente il SNC (Sistema Nervoso Centrale).A livello di classificazione nosografica, nel DSM-IV è considerato nella categoria clinica dei "Disturbi Pervasivi dello Sviluppo", cui appartengono, fra le varie altre sindromi, anche la sindrome di Asperger, la sindrome di Rett e il Disturbo disintegrativo dell'infanzia.
    Grossolanamente si può dire che i bambini autistici fisicamente sono sani e si sviluppano come i loro coetanei, ma sono affetti da gravi anomalie nella comunicazioni e da un certo ritardo mentale.
    Sia nei soggetti ritardati che nei soggetti di normale intelligenza, infatti, il profilo delle prestazioni è spesso molto disomogeneo, con aree di grande abilità, come, memoria, calcolo, competenze spaziali e aree profondamente compromesse.
    L'autismo compare entro il trentesimo mese di vita oppure può manifestarsi verso il diciottesimo mese di vita. In una recente statistica abbiamo potuto notare che l'incidenza varia da 5 a 50 persone su 10.000e che colpisce prevalentemente i soggetti maschili con un tasso dalle due alle quattro volte superiore rispetto al sesso femminile. Kanner, famoso psichiatra considerato il fondatore della psichiatria infantile americana, descrisse i suoi pazienti come tendenti all’isolamento, poco reattivi in ambito relazionale. Alcuni apparivano muti o con un linguaggio ecolalico, altri, invece, mostravano una caratteristica inversione pronominale e avevano una paura ossessiva che avvenisse qualche cambiamento nell’ambiente circostante. Kanner e suoi collaboratori, partendo dall’analisi delle famiglie , arrivarono alla deduzione che i genitori (in particolar modo le madri), troppo freddi, distaccati e rigorosi, fossero, con il loro atteggiamento, la causa dell'autismo dei figli. Kanner, però, non aveva tenuto conto che le famiglie a cui faceva riferimento rappresentavano solo una ridotta parte di tale categoria. Per tale motivo, per molti anni i genitori sono stati ritenuti ingiustamente responsabili delle problematiche dei loro figli autistici. Con il TEACCH, oggi, si sono confutate queste considerazioni. Attraverso un esame della didattica aggiuntiva “ Trattamento pedagogico della disabilità” abbiamo approfondito l’efficacia e la conoscenza di tale programma.
    Il Teacch è un’organizzazione di servizi su base statale, creata nello Stato americano della Carolina del Nord, all’interno dell’Università, da Eric Schopler e dai suoi collaboratori. Esso è un servizio integrato di interventi offerto alle persone con autismo e alle loro famiglie. Offre ,inoltre, formazione e consulenza nelle scuole. Il Programma TEACCH comprende numerose attività di tipo educativo da effettuare con bambini con Disturbi Generalizzati dello Sviluppo o con disturbi della comunicazione.L'uso di tali attività va però di volta in volta contestualizzato ed individualizzato; la messa in atto di queste attività deve basarsi, in particolare su quattro criteri: modello di interazione, prospettive di sviluppo, relativismo comportamentale e gerarchia di addestramento Il Programma TEACCH è stato costruito per sviluppare abilità imitative, funzioni percettive, abilità motorie, capacità d'integrazione oculo-manuale, comprensione e produzione linguistica, gestione del comportamento (autonomie, abilità sociali e comportamentali).La conduzione del programma è affidata a genitori e insegnanti , che condividono le stesse strategie ed operano in stretta collaborazione.Una parte importante del programma è rappresentato dalla valutazione, che avviene attraverso tre modalità diverse. La prima che prevede l'utilizzo di test intellettivi e scale standardizzate per la valutazione dello sviluppo. La seconda modalità è quella dell'osservazione dei modelli di comportamento del bambino. La terza è rappresentata dalla raccolta di informazioni fatta nei colloqui con i genitori, in cui vengono anche individuate le loro aspettative nei confronti del bambino e i problemi principali che essi si trovano ad affrontare. La valutazione dello sviluppo si avvale di uno strumento specifico chiamato Profilo Psicoeducativo (P.E.P.): il P.E.P. consente di determinare lo sviluppo del bambino nelle aree dell'imitazione, della percezione, delle abilità motorie, dell' integrazione oculo-manuale, e delle capacità cognitive. Accanto al P.E.P. è stato predisposto un altro strumento chiamato A.A.P.E.P., che viene utilizzato per la valutazione di adolescenti e adulti autristici.Le aspettative e gli obiettivi che ci si attende di raggiungere, per ogni bambino, vengono distinte in : 1) aspettative a lungo termine, 2) aspettative intermedie tra 3 mesi ed un anno, e 3) gli obiettivi educativi immediati .
    Anche in questo programma le famiglie presentano un ruolo importante. La famiglia svolge un rilevante ruolo sociale in quanto costituisce un tramite tra il bambino e l’ambiente che lo circonda. I genitori delle persone con autismo, infatti, svolgono un compito certamente molto difficile: amare e accudire i loro figli aiutandoli a diventare soggetti sociali, ad integrarsi con l’ambiente circostante interagendo con altri individui . In alcuni momenti il genitore si sente demotivato e sfiduciato: ciò è dovuto anche ad una pessimistica proiezione sul futuro del proprio figlio che viene visto come un “eterno bambino” senza vasti margini di autonomia e indipendenza. E’ importante costruire un’ alleanza collaborativa tra operatori sociali e territoriali (Enti , Asl) , e i genitori. Il termine alleanza sottolinea il coinvolgimento delle due parti che collaborano per raggiungere un unico obiettivo nel rispetto dei diversi ruoli. I genitori che adempiono a tale alleanza hanno bisogno di un grande supporto poichè l’indifferenza del bambino autistico può portare i familiari a sentirsi rifiutati e ciò può causare uno sconforto da parte degli stessi. Infatti il sostegno emotivo ai genitori risulta indispensabile. L’operatore deve sviluppare l’empowerment e la giusta fiducia nelle capacità della famiglia.
    Tale obiettivo richiede l’utilizzo di diversi compiti strategici come: costruire una forte relazione di ascolto e sostegno, interpretare, guidare,usufruire dell’ empowerment , processo dell’azione sociale attraverso il quale le persone, le organizzazioni e le comunità acquisiscono competenza sulle proprie vite, al fine di cambiare il proprio ambiente sociale e politico per migliorare l’equità e la qualità di vita.La formazione dei genitori diviene, quindi, un aspetto molto importante.
    Progressivamente i genitori vanno coinvolti nelle varie attività vere e gli operatori non dovranno nutrire preconcetti sulle loro capacità. Di fondamentale importanza è l’osservazione sistematica, la quale può produrre efficaci conseguimenti nel percorso di educazione- formazione sul bambino. Il genitore dovrà divenire capace di misurare e definire i feedback che gli giungono dopo il proprio intervento , in particolar modo nelle mura domestiche dove non è presente il supporto materiale dell’operatore.
    Oggi molti approcci riconoscono al contesto- famiglia il ruolo di “spazio privilegiato” per raggiungere efficacemente obiettivi essenziali .Collaboratori e genitori puntano a migliorare l’adattamento dell’individuo al mondo in cui vive; ad incrementare le abilità esistenti ; a promuovere un insegnamento strutturato in grado di prevenire i comportamenti problema. Le innumerevoli difficoltà che un genitore di un bambino autistico incontra, sono fonti di stress. Per i genitori dei bambini autistici è difficile pensare che il proprio figlio con autismo una volta divenuto adulto possa condurre una vita normale. In età scolare un bambino incontra i coetanei nella scuola, mentre in età adulta alla scuola dovrebbe subentrare un posto di lavoro e luoghi dove poter trascorrere il proprio tempo libero.
    Consapevole del fatto che ogni bambino autistico crescerà diventando un adulto autistico, Schopler e i suoi collaboratori suggeriscono di iniziare precocemente a individuare la tipologia di attività lavorativa che il bambino potrebbe svolgere da adulto. Il tipo di attività possibile emerge dal profilo di abilità, dai punti di forza e dagli interessi, di ogni persona.
    A tal fine, Schopler parla di un “intervento psicoeducativo collaborativo” che deve prevedere l’adempimento di vari punti:
    1) il miglioramento delle condizioni di vita del soggetto;
    2) la promozione di interventi che limitino i comportamenti patologici;
    3) l’evidenziazione e l’ampliamento delle abilità esistenti;
    4) il rifacimento alle teorie cognitive e comportamentali, dimostrate le più efficienti
    Anche in questo scenario le famiglie svolgono un ruolo fondamentale in quanto sono ascoltate, aiutate ,tutelate, supportate a livello sociale . Numerose sono le associazioni create e fondate da genitori con bambini autistici i quali lottano per la creazione di un luogo di socializzazione e relazione nel quale poter promuovere interventi logopedici, comportamentali e cognitivi.


    Le famiglie che pianificano tali “Progetti di vita” per i loro figli sperano che essi possano aumentare sempre a livello territoriale.
    A nostro avviso il coinvolgimento attivo e partecipe della famiglia in un adeguato programma riabilitativo assume un’importante rilevanza personale e sociale: attraverso il lavoro e l’aiuto degli operatori e insegnanti, i genitori acquistano gli strumenti indispensabili per svolgere il proprio ruolo e riacquistando fiducia nelle proprie capacità.




    Bibliografia
    1. "Facciamo il punto su l'autismo" il capitolo 4 : La costruzione dell'alleanza con la famiglia.
    2. http://www.oltreilmuro.com/autismo.htm
    3. Lettura e ritardo mentale

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    Lavoro ben fatto,
    le richieste dell'esercizio sono state esaurite e
    la sintesi è coerente e significativa.
    la sintesi è arricchita da una veste critica e da un confronto coerente con il quadro teorico.
    Emergono però poco le considerazioni critiche del gruppo.
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    aggiungiamo le considerazioni personali del gruppo:

    Dalla trattazione e dalle varie ricerche abbiamo compreso l'importanza delle famiglie, le quali sono considerate la fonte più attendibile di informazioni sul proprio bambino, ma vengono anche coinvolti nel programma di trattamento per consentire la generalizzazione delle competenze acquisite e per garantire una coerenza di approccio in ogni attività di vita della persona autistica. Il loro coinvolgimento contribuisce notevolmente al successo dell’intervento riabilitativo.
    La strutturazione e la prevedibilità dell’ambiente e l’adeguatezza delle richieste, nonché la chiarezza, la concretezza e la stabilità dei messaggi sono la prima condizione per evitare una situazione di stress permanente. Sarà inoltre necessario potenziare la capacità di comunicazione ed eventualmente utilizzare forme di comunicazione più adatte al bambino.
    Abbiamo compreso che è indispensabile una collaborazione attiva tra educatori, genitori, insegnanti e gli altri servizi.

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    Messaggio  AuriemmaEmiliana Lun Gen 30, 2012 7:09 pm

    Mi prenoto per il capitolo 1. " le cause dell'autismo, le sue basi biologiche, lo screening precoce, la diagnosi. Dal testo facciamo il punto su l'autismo.
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    ES.n. 1 AUTISMO (chiude 27 febbraio x esami 29 e sessione estiva) - Pagina 10 Empty ESERCIZIO n. 1 AUTISMO

    Messaggio  giuseppina martino Lun Gen 30, 2012 7:11 pm

    mi prenoto per il cap.3 "raccomandazioni per l'intervento psicoeducativo nella scuola", del testo "integrazione scolastica degli alunni con disturbi dello spettro autistico"
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    Messaggio  Diana Angela Lun Gen 30, 2012 7:13 pm

    Mi prenoto per il capitolo 1. "Le cause dell'autismo, le sue basi biologiche, lo screening precoce, la diagnosi.Dal testo: facciamo il punto su l'autismo.
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    Messaggio  deliabarbato Lun Gen 30, 2012 7:25 pm

    Gruppo formato da: De Lucia Stefania, Di Meo Livia Rosa, Criscuolo Maria Assunta, Barbato Delia.



    L’autismo viene definito come un disturbo evolutivo o pervasivo dello sviluppo che può essere osservato fin dall’infanzia, in quanto compare molto precocemente nel bambino. Secondo il DSM IV, il disturbo autistico è rappresentato dalle seguenti caratteristiche: la presenza di uno sviluppo notevolmente anomalo o deficitario dell'interazione sociale e della comunicazione; una notevole ristrettezza del repertorio di attività e di interessi; la presenza di comportamenti ripetitivi e stereotipati. L’autismo è caratterizzato quindi da evidenti alterazioni nella sfera comportamentale e biologica che variano ampiamente a seconda del livello di sviluppo e dell'età cronologica del soggetto. Normalmente i sintomi sono rilevabili entro il secondo o terzo anno di età. Circa il 75% dei bambini affetti da autismo presenta anche un ritardo cognitivo che va da lieve a grave. Inoltre, l’autismo si presenta molte volte in comorbidità con altre patologie: l’iperattività, lo scarso mantenimento dell'attenzione, l’impulsività, l’aggressività, gli atteggiamenti autolesivi, gli attacchi di rabbia, l’ipersensibilità ai suoni o all'essere toccato, le reazioni esagerate alla luce o agli odori. Molto si è scritto in passato sull’origine dell’autismo, ma oggi risulta ancora poco chiara l’eziologia e la patogenesi e, la stessa denominazione più accettata di disturbo dello sviluppo psichico, è vaga ed imprecisa. Recentemente, le teorie eziologiche dell’autismo hanno visto dar importanza a diversi aspetti: sociali e relazionali, genetici biologici e, ambientali. Secondo i primi, il disturbo autistico avrebbe un’eziologia genetica ovvero sarebbe causato da un’anomalia nella programmazione genetica: gli studi di genetica si stanno attualmente concentrando su alcune regioni dei cromosomi 7 e 15 e su alcune delezioni a loro carico. Invece secondo la prospettiva sociale, il disturbo autistico si innesterebbe su una base biologica “sana” ed emergerebbe a seguito di un’esposizione ad un ambiente psicologico “povero”, oltre che ad un ambiente educativo inadeguato e sfavorevole che non permetterebbe uno sviluppo integro e completo del soggetto. Secondo le teorie ambientali viene ipotizzata l'insorgenza di nuovi fattori capaci di innescare una sindrome autistica, fattori non solo e non più di tipo genetico, ma in grado di agire a livello prenatale già durante la gestazione. Tali fattori possono essere sostanzialmente identificabili nelle seguenti tre aree: alterazioni del sistema immunitario, danni gastrointestinali, intossicazioni da metalli pesanti. Forse oggi il modello multifattoriale bio-psico-sociale potrebbe essere quello può dare i risultati migliori in quanto presuppone l’esistenza di una base genetica e di uno sviluppo che non dipenderebbe solo in maniera deterministica da quanto scritto nel DNA, ma sarebbe determinato anche dall’ambiente relazionale e socio-culturale con cui il bambino vive , agisce ed interagisce. Per quanto riguarda l’eziologia del disturbo, molti e diversi sono i fattori osservati che possono contribuire allo sviluppo della sindrome autistica. Sono state infatti riscontrate anomalie strutturali cerebrali nelle zone del cervelletto,dell’amigdala, dell’ippocampo, del setto e dei corpi mammillari e anomalie a livello di molecole, come la serotonina e le beta-endorfine, aventi un ruolo nella trasmissione degli impulsi nervosi nel cervello. L'autismo può inoltre presentarsi insieme ad altre sindromi già note: sindrome dell'X-fragile, sclerosi tuberosa, fenilchetonuria e rosolia congenita. Benché la sindrome autistica sia oggi più conosciuta rispetto al passato, vi sono molti bambini ai quali la malattia viene diagnosticata con un certo ritardo. A differenza di molti altri disturbi, l’autismo può essere identificato mediante un’appropriata conoscenza, prima dei 18 mesi di età. Un ruolo importante e fondamentale riveste la figura del pediatra, soprattutto nell’ottica della diagnosi precoce. Approfittando dell’opportunità di seguire in modo longitudinale lo sviluppo del suo piccolo paziente, il pediatra dovrebbe cercare di cogliere, sin dal loro primo insorgere, variazioni qualitative oltre che quantitative di sviluppo. L’identificazione precoce dell’autismo rappresenta una sfida importante poiché apre delle possibilità di presa a carico ad un’età dove alcuni processi di sviluppo possono ancora essere modificati. Le ricerche che valutano gli effetti di un intervento precoce mostrano che i bambini beneficiari di tali interventi presentano dei progressi significativi sul piano cognitivo, emotivo e sociale. Si riscontra, presso i bambini, un’accelerazione del ritmo di sviluppo con una crescita del quoziente d’intelligenza, dei progressi nel linguaggio, un miglioramento dei comportamenti e una diminuzione dei sintomi del disturbo autistico. Questi progressi sopravvengono in 1 o 2 anni d’intervento precoce e intensivo, e la maggioranza dei bambini presi a carico (73 %) accede ad un linguaggio funzionale alla fine del periodo d’intervento (in generale attorno ai 5 anni).
    Le scarse conoscenze sulle basi neurofisiologiche dell'autismo fanno sì che l'approccio farmacologico a questa patologia sia ancora principalmente sintomatico, volto a favorire comportamenti più adeguati e socialmente accettabili, oppure sia mirato a contenere manifestazioni associate in comorbidità. I dati attuali indicano che l'intervento farmacologico incide in modo molto marginale sulla storia naturale del disturbo autistico. La molteplicità fenomenica dei "quadri autistici" e le scarse conoscenze circa la patogenesi di tale disturbo giustificano i molteplici tentativi terapeutici con sostanze farmacologicamente anche molto diverse tra di loro di cui si è cercato di volta in volta di sfruttare l'attività specifica su un sintomo. Obiettivo prevalente dell'intervento farmacologico diviene quindi quello del controllo di manifestazioni sintomatiche che possono negativamente influenzare la qualità della vita e gli altri interventi terapeutici. Il trattamento deve essere preceduto da una attenta analisi funzionale che evidenzi i sintomi bersaglio, che possono essere molto diversi nei vari soggetti (stereotipie e condotte aggressive, disturbi dell'attenzione, alterazioni dell'umore, disturbi del sonno). L'impiego di determinate sostanze in età evolutiva richiede particolare attenzione per l'insorgenza di possibili effetti collaterali evidenziamole insieme:
    - Stereotipie e aggressività:
    Aloperidolo: é un neurolettico da tempo noto. Sono riportati miglioramenti nelle stereotipie, sull'aggressività, nella chiusura relazionale, e, più dubbi, in alcuni parametri cognitivi. Il dosaggio utilizzato è da 0,25 a 4 mg / die (da 0,05 a 0,15 mg/Kg/die). I principali effetti collaterali sono: sedazione, manifestazioni distoniche o parkinsoniane, e, a più lungo termine, acatisia, comparsa di discinesie, in particolare al momento della sospensione.
    Pimozide: produce un discreto effetto su manifestazioni comportamentali e condotte di ritiro. Il dosaggio usato è di 2 - 4 mg / die (non superiore 0,3 mg / kg / die). Sono necessari controlli cardiologici. E' segnalata maggiore risposta nei soggetti con maggiore componente di apatia ed anergia.
    Amilsulpiride: a basso dosaggio produce riduzione delle condotte di chiusura relazionale.
    Neurolettici usati in modo aspecifico per contenimento nel caso di disturbi comportamentali, come impulsività, auto/eteroaggressività, iperattività, sono: Tioridazina, Clorpromazina, Flufenazina.
    I dati in favore della loro utilizzazione sono scarsi, con la parziale eccezione della Tioridazina, e comunque inferiori a quelli circa l'Aloperidolo. Sono da usarsi, a causa della loro azione sedativa e degli effetti a lungo termine come farmaci di seconda scelta, con uso limitato a condizioni di marcato eccitamento comportamentale, al dosaggio più basso efficace. E' opportuno inoltre valutare una loro sospensione al di fuori delle fasi acute.
    Sono in aumento le indicazioni all'utilizzo dei neurolettici atipici, sia nelle forme resistenti ai neurolitici tradizionali, sia come intervento di prima scelta. Hanno incidenza di effetti extrapiramidali molto inferiore rispetto all'aloperidolo e azione positiva nel ritiro relazionale, l'apatia e l'anergia. Il Risperidone (antagonista sia serotoninergico che dopaminergico) risulta efficace nel ridurre comportamenti stereotipati, aggressività, impulsività, chiusura relazionale (in minor grado). Il dosaggio è 1,5 - 2 mg (bambino), 4 - 5 mg (adolescenti). La somministrazione deve essere graduale con incrementi di 0,25 - 0,50 mg ogni 5-7giorni.
    L'Olanzapina presenta azione antagonista verso i recettori della serotonina e della dopamina. I pochi studi, ancora in corso, sul suo impiego, a dosaggi di 0,22 mg/kg/die, in bambini con differenti diagnosi, tra le quali disturbi psicotici non meglio precisati, riferiscono miglioramenti nella regolarità del ritmo sonno-veglia e nel controllo dell'aggressività, Gli effetti collaterali finora riportati sono sedazione, incremento ponderale e acatisia.
    Farmaci che agiscono sul sistema degli oppiodi endogeni: il Naltrexone, antagonista degli oppiodi endogeni, è stato sperimentato a dosaggi di 0,5 mg/Kg per pazienti con manifestazioni aggressive. I risultati sono contraddittori.
    La Clonidina, agonista dei recettori a 2 adrenergici, utilizzato come antiipertensivo, si è dimostrato molto efficace nel controllo delle crisi di rabbia, utilizzato nell'adolescente a dosaggi non ipotensivi, iniziando da 0,05 mg/die e salendo fino al controllo del sintomo (0,05 mg 2-3 volte /die). La scarsa sperimentazione ne fa sconsigliare comunque l'utilizzo.
    Il Propranololo è un B bloccante utilizzato negli USA per il controllo delle crisi di rabbia a dosaggi di 50-150 mg/die, somministrabili al di sopra dei 12 anni in ambiente ospedaliero. I suoi effetti collaterali, ipotensione e bradicardia, richiedono un monitoraggio della frequenza cardiaca e della pressione arteriosa; è controindicato nei soggetti asmatici per il rischio di crisi dispnoiche.
    Tutt’oggi nonostante i tantissimi studi effettuati e, gli autori che si sono impeganti nella ricerca non sappiamo con certezza quali sono le cause che provocano l’insorgenza dell’autismo. Molti autori sostengono la teoria neurobiologica: Bauman e Kemper (1994) evidenziò un’ anormalità a livello del cervelletto nei bambini e negli adulti con autismo.
    Il neuroscienziato Eric Courchesne (1996) rilevò che nel cervelletto le cellule del Purkinje sono scarse numericamente.
    Il cervelletto, dice Courchense, è uno dei centri più attivi del cervello e le cellule del Purkinje sono elementi critici per l’integrazione delle informazioni. Senza queste cellule, il cervelletto è incapace di ricevere informazioni sul mondo esterno, di computarne il significato e di preparare altre aree cerebrali a rispondere ad esse in modo appropriato.
    Courchesne propose per tanto un’altra idea: il cervello dei bambini con autismo, alla nascita, ha un volume normale, però intorno ai 2-3 anni i loro cervelli sono più grandi rispetto a bambini normo-dotati della stessa età.
    Attraverso la tecnologia della fRMI, Courchesne e coll. (2001) hanno potuto identificare due aree in cui appariva un aumento di crescita più pronunciato.
    Queste sono la materia grigia della corteccia cerebrale, e la materia bianca che contiene le fibre che connettono la corteccia cerebrale con il cervelletto.
    Un importante ruolo del cervelletto, congiuntamente ai lobi frontali, è il controllo dell’attenzione in particolare lo spostamento dell’attenzione. E’ pertanto possibile quindi, che le anomalie cerebellari siano collegate con le peculiarità dell’attenzione nell’autismo.
    L’autismo è stato associato a numerose infezioni virali: rosolia, citomegalovirus (CMV), Varicella zoster (VZV), sifilide, toxoplasmosi, herpes simplex (HSV).
    Recentemente è stata avanzata l’ipotesi che l’insorgenza dell’autismo fosse correlata eziologicamente con la somministrazione del vaccino contro morbillo, parotite e rosolia (vaccino Trivalente, MMR), poiché da uno studio era emersa l’evidenza che alcuni bambini manifestavano i sintomi della malattia entro pochi giorni dalla somministrazione del vaccino .
    Le condizioni pre-natali e le complicanze alla nascita sono fattori di rischio che possono portare a un danno cerebrale.
    Nei bambini con autismo spesso il parto è difficile e può verificarsi anossia.
    In uno studio Kolvin (1971suddivise un gruppo di autistici in base all’età di insorgenza del disturbo cioè prima e dopo i 3 anni; nel primo gruppo di bambini si sono riscontrati con maggior frequenza i seguenti fattori: rosolia e toxoplasmosi in gravidanza, prematurità, taglio cesareo, encefalite e spasmi infantili.
Altresì i risultati di uno studio giapponese permisero di concludere che vi è un’alta incidenza di soggetti con autismo nei sopravvissuti alle cure di terapia intensiva neonatale e che una storia di sindrome da aspirazione di meconio è significativamente più presente nei bambini con disturbi dello spettro autistico che nei sani, suggerendone un possibile ruolo causale per lo sviluppo della malattia.
    I problemi durante la gravidanza o il parto possono causare danni al cervello del bambino. Quindi concludiamo dicendo che numerosi sono i fattori di rischio a determinare l’autismo ex:
    donne che al momento del parto hanno più di 35 anni;
    medicazioni durante la gravidanza, l’introduzione di farmaci per debellare malattie infettive si rivela devastante per il sistema immunitario, metabolico e neurologico; oppure semplicemente
    l’incompatibilità tra il gruppo sanguigno della madre e quello del bambino.

    Lavoro ben fatto e complesso.
    le richieste dell'esercizio sono state esaurite e
    la sintesi è coerente e significativa.
    Si vede che il gruppo ha lavorato in modo critico.
    La tutor Dott.ssa Nunzia Giglio
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    ES.n. 1 AUTISMO (chiude 27 febbraio x esami 29 e sessione estiva) - Pagina 10 Empty Dal testo "Facciamo il punto sull'Autismo".Capitolo 1: Le cause dell'Autismo e le sue basi biologiche,lo screening precoce,la diagnosi

    Messaggio  deliabarbato Lun Gen 30, 2012 7:35 pm

    Gruppo formato da: De Lucia Stefania, Di Meo Livia Rosa, Criscuolo Maria Assunta, Barbato Delia.



    L’autismo viene definito come un disturbo evolutivo o pervasivo dello sviluppo che può essere osservato fin dall’infanzia, in quanto compare molto precocemente nel bambino. Secondo il DSM IV, il disturbo autistico è rappresentato dalle seguenti caratteristiche: la presenza di uno sviluppo notevolmente anomalo o deficitario dell'interazione sociale e della comunicazione; una notevole ristrettezza del repertorio di attività e di interessi; la presenza di comportamenti ripetitivi e stereotipati. L’autismo è caratterizzato quindi da evidenti alterazioni nella sfera comportamentale e biologica che variano ampiamente a seconda del livello di sviluppo e dell'età cronologica del soggetto. Normalmente i sintomi sono rilevabili entro il secondo o terzo anno di età. Circa il 75% dei bambini affetti da autismo presenta anche un ritardo cognitivo che va da lieve a grave. Inoltre, l’autismo si presenta molte volte in comorbidità con altre patologie: l’iperattività, lo scarso mantenimento dell'attenzione, l’impulsività, l’aggressività, gli atteggiamenti autolesivi, gli attacchi di rabbia, l’ipersensibilità ai suoni o all'essere toccato, le reazioni esagerate alla luce o agli odori. Molto si è scritto in passato sull’origine dell’autismo, ma oggi risulta ancora poco chiara l’eziologia e la patogenesi e, la stessa denominazione più accettata di disturbo dello sviluppo psichico, è vaga ed imprecisa. Recentemente, le teorie eziologiche dell’autismo hanno visto dar importanza a diversi aspetti: sociali e relazionali, genetici biologici e, ambientali. Secondo i primi, il disturbo autistico avrebbe un’eziologia genetica ovvero sarebbe causato da un’anomalia nella programmazione genetica: gli studi di genetica si stanno attualmente concentrando su alcune regioni dei cromosomi 7 e 15 e su alcune delezioni a loro carico. Invece secondo la prospettiva sociale, il disturbo autistico si innesterebbe su una base biologica “sana” ed emergerebbe a seguito di un’esposizione ad un ambiente psicologico “povero”, oltre che ad un ambiente educativo inadeguato e sfavorevole che non permetterebbe uno sviluppo integro e completo del soggetto. Secondo le teorie ambientali viene ipotizzata l'insorgenza di nuovi fattori capaci di innescare una sindrome autistica, fattori non solo e non più di tipo genetico, ma in grado di agire a livello prenatale già durante la gestazione. Tali fattori possono essere sostanzialmente identificabili nelle seguenti tre aree: alterazioni del sistema immunitario, danni gastrointestinali, intossicazioni da metalli pesanti. Forse oggi il modello multifattoriale bio-psico-sociale potrebbe essere quello può dare i risultati migliori in quanto presuppone l’esistenza di una base genetica e di uno sviluppo che non dipenderebbe solo in maniera deterministica da quanto scritto nel DNA, ma sarebbe determinato anche dall’ambiente relazionale e socio-culturale con cui il bambino vive , agisce ed interagisce. Per quanto riguarda l’eziologia del disturbo, molti e diversi sono i fattori osservati che possono contribuire allo sviluppo della sindrome autistica. Sono state infatti riscontrate anomalie strutturali cerebrali nelle zone del cervelletto,dell’amigdala, dell’ippocampo, del setto e dei corpi mammillari e anomalie a livello di molecole, come la serotonina e le beta-endorfine, aventi un ruolo nella trasmissione degli impulsi nervosi nel cervello. L'autismo può inoltre presentarsi insieme ad altre sindromi già note: sindrome dell'X-fragile, sclerosi tuberosa, fenilchetonuria e rosolia congenita. Benché la sindrome autistica sia oggi più conosciuta rispetto al passato, vi sono molti bambini ai quali la malattia viene diagnosticata con un certo ritardo. A differenza di molti altri disturbi, l’autismo può essere identificato mediante un’appropriata conoscenza, prima dei 18 mesi di età. Un ruolo importante e fondamentale riveste la figura del pediatra, soprattutto nell’ottica della diagnosi precoce. Approfittando dell’opportunità di seguire in modo longitudinale lo sviluppo del suo piccolo paziente, il pediatra dovrebbe cercare di cogliere, sin dal loro primo insorgere, variazioni qualitative oltre che quantitative di sviluppo. L’identificazione precoce dell’autismo rappresenta una sfida importante poiché apre delle possibilità di presa a carico ad un’età dove alcuni processi di sviluppo possono ancora essere modificati. Le ricerche che valutano gli effetti di un intervento precoce mostrano che i bambini beneficiari di tali interventi presentano dei progressi significativi sul piano cognitivo, emotivo e sociale. Si riscontra, presso i bambini, un’accelerazione del ritmo di sviluppo con una crescita del quoziente d’intelligenza, dei progressi nel linguaggio, un miglioramento dei comportamenti e una diminuzione dei sintomi del disturbo autistico. Questi progressi sopravvengono in 1 o 2 anni d’intervento precoce e intensivo, e la maggioranza dei bambini presi a carico (73 %) accede ad un linguaggio funzionale alla fine del periodo d’intervento (in generale attorno ai 5 anni).
    Le scarse conoscenze sulle basi neurofisiologiche dell'autismo fanno sì che l'approccio farmacologico a questa patologia sia ancora principalmente sintomatico, volto a favorire comportamenti più adeguati e socialmente accettabili, oppure sia mirato a contenere manifestazioni associate in comorbidità. I dati attuali indicano che l'intervento farmacologico incide in modo molto marginale sulla storia naturale del disturbo autistico. La molteplicità fenomenica dei "quadri autistici" e le scarse conoscenze circa la patogenesi di tale disturbo giustificano i molteplici tentativi terapeutici con sostanze farmacologicamente anche molto diverse tra di loro di cui si è cercato di volta in volta di sfruttare l'attività specifica su un sintomo. Obiettivo prevalente dell'intervento farmacologico diviene quindi quello del controllo di manifestazioni sintomatiche che possono negativamente influenzare la qualità della vita e gli altri interventi terapeutici. Il trattamento deve essere preceduto da una attenta analisi funzionale che evidenzi i sintomi bersaglio, che possono essere molto diversi nei vari soggetti (stereotipie e condotte aggressive, disturbi dell'attenzione, alterazioni dell'umore, disturbi del sonno). L'impiego di determinate sostanze in età evolutiva richiede particolare attenzione per l'insorgenza di possibili effetti collaterali evidenziamole insieme:
    - Stereotipie e aggressività:
    Aloperidolo: é un neurolettico da tempo noto. Sono riportati miglioramenti nelle stereotipie, sull'aggressività, nella chiusura relazionale, e, più dubbi, in alcuni parametri cognitivi. Il dosaggio utilizzato è da 0,25 a 4 mg / die (da 0,05 a 0,15 mg/Kg/die). I principali effetti collaterali sono: sedazione, manifestazioni distoniche o parkinsoniane, e, a più lungo termine, acatisia, comparsa di discinesie, in particolare al momento della sospensione.
    Pimozide: produce un discreto effetto su manifestazioni comportamentali e condotte di ritiro. Il dosaggio usato è di 2 - 4 mg / die (non superiore 0,3 mg / kg / die). Sono necessari controlli cardiologici. E' segnalata maggiore risposta nei soggetti con maggiore componente di apatia ed anergia.
    Amilsulpiride: a basso dosaggio produce riduzione delle condotte di chiusura relazionale.
    Neurolettici usati in modo aspecifico per contenimento nel caso di disturbi comportamentali, come impulsività, auto/eteroaggressività, iperattività, sono: Tioridazina, Clorpromazina, Flufenazina.
    I dati in favore della loro utilizzazione sono scarsi, con la parziale eccezione della Tioridazina, e comunque inferiori a quelli circa l'Aloperidolo. Sono da usarsi, a causa della loro azione sedativa e degli effetti a lungo termine come farmaci di seconda scelta, con uso limitato a condizioni di marcato eccitamento comportamentale, al dosaggio più basso efficace. E' opportuno inoltre valutare una loro sospensione al di fuori delle fasi acute.
    Sono in aumento le indicazioni all'utilizzo dei neurolettici atipici, sia nelle forme resistenti ai neurolitici tradizionali, sia come intervento di prima scelta. Hanno incidenza di effetti extrapiramidali molto inferiore rispetto all'aloperidolo e azione positiva nel ritiro relazionale, l'apatia e l'anergia. Il Risperidone (antagonista sia serotoninergico che dopaminergico) risulta efficace nel ridurre comportamenti stereotipati, aggressività, impulsività, chiusura relazionale (in minor grado). Il dosaggio è 1,5 - 2 mg (bambino), 4 - 5 mg (adolescenti). La somministrazione deve essere graduale con incrementi di 0,25 - 0,50 mg ogni 5-7giorni.
    L'Olanzapina presenta azione antagonista verso i recettori della serotonina e della dopamina. I pochi studi, ancora in corso, sul suo impiego, a dosaggi di 0,22 mg/kg/die, in bambini con differenti diagnosi, tra le quali disturbi psicotici non meglio precisati, riferiscono miglioramenti nella regolarità del ritmo sonno-veglia e nel controllo dell'aggressività, Gli effetti collaterali finora riportati sono sedazione, incremento ponderale e acatisia.
    Farmaci che agiscono sul sistema degli oppiodi endogeni: il Naltrexone, antagonista degli oppiodi endogeni, è stato sperimentato a dosaggi di 0,5 mg/Kg per pazienti con manifestazioni aggressive. I risultati sono contraddittori.
    La Clonidina, agonista dei recettori a 2 adrenergici, utilizzato come antiipertensivo, si è dimostrato molto efficace nel controllo delle crisi di rabbia, utilizzato nell'adolescente a dosaggi non ipotensivi, iniziando da 0,05 mg/die e salendo fino al controllo del sintomo (0,05 mg 2-3 volte /die). La scarsa sperimentazione ne fa sconsigliare comunque l'utilizzo.
    Il Propranololo è un B bloccante utilizzato negli USA per il controllo delle crisi di rabbia a dosaggi di 50-150 mg/die, somministrabili al di sopra dei 12 anni in ambiente ospedaliero. I suoi effetti collaterali, ipotensione e bradicardia, richiedono un monitoraggio della frequenza cardiaca e della pressione arteriosa; è controindicato nei soggetti asmatici per il rischio di crisi dispnoiche.
    Tutt’oggi nonostante i tantissimi studi effettuati e, gli autori che si sono impeganti nella ricerca non sappiamo con certezza quali sono le cause che provocano l’insorgenza dell’autismo. Molti autori sostengono la teoria neurobiologica: Bauman e Kemper (1994) evidenziò un’ anormalità a livello del cervelletto nei bambini e negli adulti con autismo.
    Il neuroscienziato Eric Courchesne (1996) rilevò che nel cervelletto le cellule del Purkinje sono scarse numericamente.
    Il cervelletto, dice Courchense, è uno dei centri più attivi del cervello e le cellule del Purkinje sono elementi critici per l’integrazione delle informazioni. Senza queste cellule, il cervelletto è incapace di ricevere informazioni sul mondo esterno, di computarne il significato e di preparare altre aree cerebrali a rispondere ad esse in modo appropriato.
    Courchesne propose per tanto un’altra idea: il cervello dei bambini con autismo, alla nascita, ha un volume normale, però intorno ai 2-3 anni i loro cervelli sono più grandi rispetto a bambini normo-dotati della stessa età.
    Attraverso la tecnologia della fRMI, Courchesne e coll. (2001) hanno potuto identificare due aree in cui appariva un aumento di crescita più pronunciato.
    Queste sono la materia grigia della corteccia cerebrale, e la materia bianca che contiene le fibre che connettono la corteccia cerebrale con il cervelletto.
    Un importante ruolo del cervelletto, congiuntamente ai lobi frontali, è il controllo dell’attenzione in particolare lo spostamento dell’attenzione. E’ pertanto possibile quindi, che le anomalie cerebellari siano collegate con le peculiarità dell’attenzione nell’autismo.
    L’autismo è stato associato a numerose infezioni virali: rosolia, citomegalovirus (CMV), Varicella zoster (VZV), sifilide, toxoplasmosi, herpes simplex (HSV).
    Recentemente è stata avanzata l’ipotesi che l’insorgenza dell’autismo fosse correlata eziologicamente con la somministrazione del vaccino contro morbillo, parotite e rosolia (vaccino Trivalente, MMR), poiché da uno studio era emersa l’evidenza che alcuni bambini manifestavano i sintomi della malattia entro pochi giorni dalla somministrazione del vaccino .
    Le condizioni pre-natali e le complicanze alla nascita sono fattori di rischio che possono portare a un danno cerebrale.
    Nei bambini con autismo spesso il parto è difficile e può verificarsi anossia.
    In uno studio Kolvin (1971suddivise un gruppo di autistici in base all’età di insorgenza del disturbo cioè prima e dopo i 3 anni; nel primo gruppo di bambini si sono riscontrati con maggior frequenza i seguenti fattori: rosolia e toxoplasmosi in gravidanza, prematurità, taglio cesareo, encefalite e spasmi infantili.
Altresì i risultati di uno studio giapponese permisero di concludere che vi è un’alta incidenza di soggetti con autismo nei sopravvissuti alle cure di terapia intensiva neonatale e che una storia di sindrome da aspirazione di meconio è significativamente più presente nei bambini con disturbi dello spettro autistico che nei sani, suggerendone un possibile ruolo causale per lo sviluppo della malattia.
    I problemi durante la gravidanza o il parto possono causare danni al cervello del bambino. Quindi concludiamo dicendo che numerosi sono i fattori di rischio a determinare l’autismo ex:
    donne che al momento del parto hanno più di 35 anni;
    medicazioni durante la gravidanza, l’introduzione di farmaci per debellare malattie infettive si rivela devastante per il sistema immunitario, metabolico e neurologico; oppure semplicemente
    l’incompatibilità tra il gruppo sanguigno della madre e quello del bambino.


    Lavoro ben fatto e complesso.
    le richieste dell'esercizio sono state esaurite e
    la sintesi è coerente e significativa.
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    Messaggio  benedettabonifazi Lun Gen 30, 2012 7:50 pm

    benedettabonifazi ha scritto:"Facciamo il punto su l'autismo" il capitolo 4 : La costruzione dell'alleanza con la famiglia.


    La parola "autismo" deriva dal greco "autús" che significa "se stesso” e, come malattia o modello particolare di struttura psichica, si evidenzia drammaticamente per l’isolamento, l’anestesia affettiva, la scomparsa dell’iniziativa, le difficoltà psico-motorie, il mancato sviluppo del linguaggio.
    L'autismo può essere primario, oppure secondario quando si manifesta in conseguenza di anomalie genetiche (fenilchetonuria, sclerosi tuberosa), cromosomiche (X-fragile), malattie infettive (rosolia, citomegalovirus) o traumi che colpiscono precocemente il SNC (Sistema Nervoso Centrale).A livello di classificazione nosografica, nel DSM-IV è considerato nella categoria clinica dei "Disturbi Pervasivi dello Sviluppo", cui appartengono, fra le varie altre sindromi, anche la sindrome di Asperger, la sindrome di Rett e il Disturbo disintegrativo dell'infanzia.
    Grossolanamente si può dire che i bambini autistici fisicamente sono sani e si sviluppano come i loro coetanei, ma sono affetti da gravi anomalie nella comunicazioni e da un certo ritardo mentale.
    Sia nei soggetti ritardati che nei soggetti di normale intelligenza, infatti, il profilo delle prestazioni è spesso molto disomogeneo, con aree di grande abilità, come, memoria, calcolo, competenze spaziali e aree profondamente compromesse.
    L'autismo compare entro il trentesimo mese di vita oppure può manifestarsi verso il diciottesimo mese di vita. In una recente statistica abbiamo potuto notare che l'incidenza varia da 5 a 50 persone su 10.000e che colpisce prevalentemente i soggetti maschili con un tasso dalle due alle quattro volte superiore rispetto al sesso femminile. Kanner, famoso psichiatra considerato il fondatore della psichiatria infantile americana, descrisse i suoi pazienti come tendenti all’isolamento, poco reattivi in ambito relazionale. Alcuni apparivano muti o con un linguaggio ecolalico, altri, invece, mostravano una caratteristica inversione pronominale e avevano una paura ossessiva che avvenisse qualche cambiamento nell’ambiente circostante. Kanner e suoi collaboratori, partendo dall’analisi delle famiglie , arrivarono alla deduzione che i genitori (in particolar modo le madri), troppo freddi, distaccati e rigorosi, fossero, con il loro atteggiamento, la causa dell'autismo dei figli. Kanner, però, non aveva tenuto conto che le famiglie a cui faceva riferimento rappresentavano solo una ridotta parte di tale categoria. Per tale motivo, per molti anni i genitori sono stati ritenuti ingiustamente responsabili delle problematiche dei loro figli autistici. Con il TEACCH, oggi, si sono confutate queste considerazioni. Attraverso un esame della didattica aggiuntiva “ Trattamento pedagogico della disabilità” abbiamo approfondito l’efficacia e la conoscenza di tale programma.
    Il Teacch è un’organizzazione di servizi su base statale, creata nello Stato americano della Carolina del Nord, all’interno dell’Università, da Eric Schopler e dai suoi collaboratori. Esso è un servizio integrato di interventi offerto alle persone con autismo e alle loro famiglie. Offre ,inoltre, formazione e consulenza nelle scuole. Il Programma TEACCH comprende numerose attività di tipo educativo da effettuare con bambini con Disturbi Generalizzati dello Sviluppo o con disturbi della comunicazione.L'uso di tali attività va però di volta in volta contestualizzato ed individualizzato; la messa in atto di queste attività deve basarsi, in particolare su quattro criteri: modello di interazione, prospettive di sviluppo, relativismo comportamentale e gerarchia di addestramento Il Programma TEACCH è stato costruito per sviluppare abilità imitative, funzioni percettive, abilità motorie, capacità d'integrazione oculo-manuale, comprensione e produzione linguistica, gestione del comportamento (autonomie, abilità sociali e comportamentali).La conduzione del programma è affidata a genitori e insegnanti , che condividono le stesse strategie ed operano in stretta collaborazione.Una parte importante del programma è rappresentato dalla valutazione, che avviene attraverso tre modalità diverse. La prima che prevede l'utilizzo di test intellettivi e scale standardizzate per la valutazione dello sviluppo. La seconda modalità è quella dell'osservazione dei modelli di comportamento del bambino. La terza è rappresentata dalla raccolta di informazioni fatta nei colloqui con i genitori, in cui vengono anche individuate le loro aspettative nei confronti del bambino e i problemi principali che essi si trovano ad affrontare. La valutazione dello sviluppo si avvale di uno strumento specifico chiamato Profilo Psicoeducativo (P.E.P.): il P.E.P. consente di determinare lo sviluppo del bambino nelle aree dell'imitazione, della percezione, delle abilità motorie, dell' integrazione oculo-manuale, e delle capacità cognitive. Accanto al P.E.P. è stato predisposto un altro strumento chiamato A.A.P.E.P., che viene utilizzato per la valutazione di adolescenti e adulti autristici.Le aspettative e gli obiettivi che ci si attende di raggiungere, per ogni bambino, vengono distinte in : 1) aspettative a lungo termine, 2) aspettative intermedie tra 3 mesi ed un anno, e 3) gli obiettivi educativi immediati .
    Anche in questo programma le famiglie presentano un ruolo importante. La famiglia svolge un rilevante ruolo sociale in quanto costituisce un tramite tra il bambino e l’ambiente che lo circonda. I genitori delle persone con autismo, infatti, svolgono un compito certamente molto difficile: amare e accudire i loro figli aiutandoli a diventare soggetti sociali, ad integrarsi con l’ambiente circostante interagendo con altri individui . In alcuni momenti il genitore si sente demotivato e sfiduciato: ciò è dovuto anche ad una pessimistica proiezione sul futuro del proprio figlio che viene visto come un “eterno bambino” senza vasti margini di autonomia e indipendenza. E’ importante costruire un’ alleanza collaborativa tra operatori sociali e territoriali (Enti , Asl) , e i genitori. Il termine alleanza sottolinea il coinvolgimento delle due parti che collaborano per raggiungere un unico obiettivo nel rispetto dei diversi ruoli. I genitori che adempiono a tale alleanza hanno bisogno di un grande supporto poichè l’indifferenza del bambino autistico può portare i familiari a sentirsi rifiutati e ciò può causare uno sconforto da parte degli stessi. Infatti il sostegno emotivo ai genitori risulta indispensabile. L’operatore deve sviluppare l’empowerment e la giusta fiducia nelle capacità della famiglia.
    Tale obiettivo richiede l’utilizzo di diversi compiti strategici come: costruire una forte relazione di ascolto e sostegno, interpretare, guidare,usufruire dell’ empowerment , processo dell’azione sociale attraverso il quale le persone, le organizzazioni e le comunità acquisiscono competenza sulle proprie vite, al fine di cambiare il proprio ambiente sociale e politico per migliorare l’equità e la qualità di vita.La formazione dei genitori diviene, quindi, un aspetto molto importante.
    Progressivamente i genitori vanno coinvolti nelle varie attività vere e gli operatori non dovranno nutrire preconcetti sulle loro capacità. Di fondamentale importanza è l’osservazione sistematica, la quale può produrre efficaci conseguimenti nel percorso di educazione- formazione sul bambino. Il genitore dovrà divenire capace di misurare e definire i feedback che gli giungono dopo il proprio intervento , in particolar modo nelle mura domestiche dove non è presente il supporto materiale dell’operatore.
    Oggi molti approcci riconoscono al contesto- famiglia il ruolo di “spazio privilegiato” per raggiungere efficacemente obiettivi essenziali .Collaboratori e genitori puntano a migliorare l’adattamento dell’individuo al mondo in cui vive; ad incrementare le abilità esistenti ; a promuovere un insegnamento strutturato in grado di prevenire i comportamenti problema. Le innumerevoli difficoltà che un genitore di un bambino autistico incontra, sono fonti di stress. Per i genitori dei bambini autistici è difficile pensare che il proprio figlio con autismo una volta divenuto adulto possa condurre una vita normale. In età scolare un bambino incontra i coetanei nella scuola, mentre in età adulta alla scuola dovrebbe subentrare un posto di lavoro e luoghi dove poter trascorrere il proprio tempo libero.
    Consapevole del fatto che ogni bambino autistico crescerà diventando un adulto autistico, Schopler e i suoi collaboratori suggeriscono di iniziare precocemente a individuare la tipologia di attività lavorativa che il bambino potrebbe svolgere da adulto. Il tipo di attività possibile emerge dal profilo di abilità, dai punti di forza e dagli interessi, di ogni persona.
    A tal fine, Schopler parla di un “intervento psicoeducativo collaborativo” che deve prevedere l’adempimento di vari punti:
    1) il miglioramento delle condizioni di vita del soggetto;
    2) la promozione di interventi che limitino i comportamenti patologici;
    3) l’evidenziazione e l’ampliamento delle abilità esistenti;
    4) il rifacimento alle teorie cognitive e comportamentali, dimostrate le più efficienti
    Anche in questo scenario le famiglie svolgono un ruolo fondamentale in quanto sono ascoltate, aiutate ,tutelate, supportate a livello sociale . Numerose sono le associazioni create e fondate da genitori con bambini autistici i quali lottano per la creazione di un luogo di socializzazione e relazione nel quale poter promuovere interventi logopedici, comportamentali e cognitivi.


    Le famiglie che pianificano tali “Progetti di vita” per i loro figli sperano che essi possano aumentare sempre a livello territoriale.
    A nostro avviso il coinvolgimento attivo e partecipe della famiglia in un adeguato programma riabilitativo assume un’importante rilevanza personale e sociale: attraverso il lavoro e l’aiuto degli operatori e insegnanti, i genitori acquistano gli strumenti indispensabili per svolgere il proprio ruolo e riacquistando fiducia nelle proprie capacità.




    Bibliografia
    1. "Facciamo il punto su l'autismo" il capitolo 4 : La costruzione dell'alleanza con la famiglia.
    2. http://www.oltreilmuro.com/autismo.htm
    3. Lettura e ritardo mentale




    Componenti del gruppo:

    Benedetta Bonifazi
    Marianna Ciriillo
    Carla Sara Emolo
    Miriam Farina
    Daniela Maione


    Lavoro ben fatto,
    le richieste dell'esercizio sono state esaurite e
    la sintesi è coerente e significativa.
    la sintesi è arricchita da una veste critica e da un confronto coerente con il quadro teorico.
    Emergono però poco le considerazioni critiche del gruppo.
    la tutor Dott.ssa Nunzia Giglio






    aggiungiamo le considerazioni personali del gruppo:

    Dalla trattazione e dalle varie ricerche abbiamo compreso l'importanza delle famiglie, le quali sono considerate la fonte più attendibile di informazioni sul proprio bambino, ma vengono anche coinvolti nel programma di trattamento per consentire la generalizzazione delle competenze acquisite e per garantire una coerenza di approccio in ogni attività di vita della persona autistica. Il loro coinvolgimento contribuisce notevolmente al successo dell’intervento riabilitativo.
    La strutturazione e la prevedibilità dell’ambiente e l’adeguatezza delle richieste, nonché la chiarezza, la concretezza e la stabilità dei messaggi sono la prima condizione per evitare una situazione di stress permanente. E' necessario potenziare la capacità di comunicazione ed utilizzare forme di comunicazione più adatte al bambino.
    Abbiamo compreso che è indispensabile una collaborazione attiva tra educatori, genitori, insegnanti e gli altri servizi.
    Le persone affette da autismo hanno bisogno di protezione, di una continuità dei servizi specializzati e di opportunità di vita adulta. Inoltre consideriamo che nessuna persona con autismo dovrebbe essere privata della libertà di sviluppare le capacità indispensabili a condurre una vita indipendente nei limiti delle proprie possibilità.


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    ES.n. 1 AUTISMO (chiude 27 febbraio x esami 29 e sessione estiva) - Pagina 10 Empty Re: ES.n. 1 AUTISMO (chiude 27 febbraio x esami 29 e sessione estiva)

    Messaggio  varunicarmela Lun Gen 30, 2012 8:16 pm

    Relazione capitolo “ la costruzione dell’alleanza con la famiglia” di Varuni Carmela

    Per molti anni i genitori del bambino autistico sono stati considerati responsabili delle problematiche dei loro figli per aver instaurato una inefficace relazione educativa (specialmente la mamma) con atteggiamenti troppo freddi, distaccati, perfezionisti e privi di umorismo determinando nel bambino atteggiamenti di freddezza e di distacco emotivo. Grazie al TEACCH, fondato da schopler, queste credenze si sono rivelate errate e la famiglia può essere considerata come luogo di cura nel cui ambito strutturare progetti di rieducazione grazie alla costruzione di un’alleanza significativa e collaborativa tra operatori e genitori. Tale alleanza deve coinvolgere entrambe le parti per il proseguimento di obiettivi comuni.
    Proprio perché una delle maggiori difficoltà del bambino autistico sta nella strutturazione della relazione con gli altri, il genitore può fungere da mediatore con gli operatori e collaborare per la riabilitazione.
    Per schopler un” intervento psicoeducativo collaborativo” deve prevedere:
    1) Il miglioramento delle condizioni di vita del soggetto
    2) La promozione di interventi che limitino i comportamenti patologici
    3) L’evidenziazione e l’ampliamento delle abilità esistenti
    4) Il rifacimento alle teorie cognitive e comportamentali.
    I genitori che partecipano a questo tipo di alleanza hanno bisogno di essere formati e di un grande sostegno emotivo poiché il loro ruolo non è affatto semplice: cosa fare o non fare, come farsi accettare dal proprio figlio quando questo mostra verso di loro indifferenza, come ottenere attenzione e collaborazione, come affrontare i problemi comportamentali, come comprendere i suoi bisogni e i suoi desideri… come affrontare l’angoscia per l’incertezza sul futuro del loro bambino.
    Tutti questi dubbi , incertezze possono essere alleviati , a mio avviso,
    se si costruisce un’alleanza collaborativa tra famiglia, operatore e scuola e i genitori hanno la possibilità di confrontarsi con gli operatori e con i docenti sugli obiettivi formativi, sui tempi, sulle strategie da adottare per il fine comune che è sviluppare al massimo le potenzialità del bambino.
    Coinvolgendo in modo attivo la famiglia in un adeguato programma riabilitativo con una corretta informazione sulle caratteristiche della sindrome si offrono ai genitori gli strumenti indispensabili per svolgere il proprio ruolo, sviluppare l’empowerment e riacquistare fiducia nelle proprie capacità.
    Importante da parte della famiglia sarebbe anche poter organizzare esperienze per il proprio figlio autistico al di fuori del nido familiare e coinvolgerlo in “Progetti di vita” per il raggiungimento di sua maggiore autonomia.
    In tal caso ne migliorerebbe anche la qualità della vita familiare perché si avrebbe la percezione che il proprio figlio autistico ha una strada futura più delineata.
    Criscuolo Maria Assunta
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    ES.n. 1 AUTISMO (chiude 27 febbraio x esami 29 e sessione estiva) - Pagina 10 Empty Re: ES.n. 1 AUTISMO (chiude 27 febbraio x esami 29 e sessione estiva)

    Messaggio  Criscuolo Maria Assunta Lun Gen 30, 2012 8:37 pm

    Di Meo Livia Rosa ha scritto:Gruppo formato da: De Lucia Stefania, Di Meo Livia Rosa, Criscuolo Maria Assunta, Barbato Delia.



    L’autismo viene definito come un disturbo evolutivo o pervasivo dello sviluppo che può essere osservato fin dall’infanzia, in quanto compare molto precocemente nel bambino. Secondo il DSM IV, il disturbo autistico è rappresentato dalle seguenti caratteristiche: la presenza di uno sviluppo notevolmente anomalo o deficitario dell'interazione sociale e della comunicazione; una notevole ristrettezza del repertorio di attività e di interessi; la presenza di comportamenti ripetitivi e stereotipati. L’autismo è caratterizzato quindi da evidenti alterazioni nella sfera comportamentale e biologica che variano ampiamente a seconda del livello di sviluppo e dell'età cronologica del soggetto. Normalmente i sintomi sono rilevabili entro il secondo o terzo anno di età. Circa il 75% dei bambini affetti da autismo presenta anche un ritardo cognitivo che va da lieve a grave. Inoltre, l’autismo si presenta molte volte in comorbidità con altre patologie: l’iperattività, lo scarso mantenimento dell'attenzione, l’impulsività, l’aggressività, gli atteggiamenti autolesivi, gli attacchi di rabbia, l’ipersensibilità ai suoni o all'essere toccato, le reazioni esagerate alla luce o agli odori. Molto si è scritto in passato sull’origine dell’autismo, ma oggi risulta ancora poco chiara l’eziologia e la patogenesi e, la stessa denominazione più accettata di disturbo dello sviluppo psichico, è vaga ed imprecisa. Recentemente, le teorie eziologiche dell’autismo hanno visto dar importanza a diversi aspetti: sociali e relazionali, genetici biologici e, ambientali. Secondo i primi, il disturbo autistico avrebbe un’eziologia genetica ovvero sarebbe causato da un’anomalia nella programmazione genetica: gli studi di genetica si stanno attualmente concentrando su alcune regioni dei cromosomi 7 e 15 e su alcune delezioni a loro carico. Invece secondo la prospettiva sociale, il disturbo autistico si innesterebbe su una base biologica “sana” ed emergerebbe a seguito di un’esposizione ad un ambiente psicologico “povero”, oltre che ad un ambiente educativo inadeguato e sfavorevole che non permetterebbe uno sviluppo integro e completo del soggetto. Secondo le teorie ambientali viene ipotizzata l'insorgenza di nuovi fattori capaci di innescare una sindrome autistica, fattori non solo e non più di tipo genetico, ma in grado di agire a livello prenatale già durante la gestazione. Tali fattori possono essere sostanzialmente identificabili nelle seguenti tre aree: alterazioni del sistema immunitario, danni gastrointestinali, intossicazioni da metalli pesanti. Forse oggi il modello multifattoriale bio-psico-sociale potrebbe essere quello può dare i risultati migliori in quanto presuppone l’esistenza di una base genetica e di uno sviluppo che non dipenderebbe solo in maniera deterministica da quanto scritto nel DNA, ma sarebbe determinato anche dall’ambiente relazionale e socio-culturale con cui il bambino vive , agisce ed interagisce. Per quanto riguarda l’eziologia del disturbo, molti e diversi sono i fattori osservati che possono contribuire allo sviluppo della sindrome autistica. Sono state infatti riscontrate anomalie strutturali cerebrali nelle zone del cervelletto,dell’amigdala, dell’ippocampo, del setto e dei corpi mammillari e anomalie a livello di molecole, come la serotonina e le beta-endorfine, aventi un ruolo nella trasmissione degli impulsi nervosi nel cervello. L'autismo può inoltre presentarsi insieme ad altre sindromi già note: sindrome dell'X-fragile, sclerosi tuberosa, fenilchetonuria e rosolia congenita. Benché la sindrome autistica sia oggi più conosciuta rispetto al passato, vi sono molti bambini ai quali la malattia viene diagnosticata con un certo ritardo. A differenza di molti altri disturbi, l’autismo può essere identificato mediante un’appropriata conoscenza, prima dei 18 mesi di età. Un ruolo importante e fondamentale riveste la figura del pediatra, soprattutto nell’ottica della diagnosi precoce. Approfittando dell’opportunità di seguire in modo longitudinale lo sviluppo del suo piccolo paziente, il pediatra dovrebbe cercare di cogliere, sin dal loro primo insorgere, variazioni qualitative oltre che quantitative di sviluppo. L’identificazione precoce dell’autismo rappresenta una sfida importante poiché apre delle possibilità di presa a carico ad un’età dove alcuni processi di sviluppo possono ancora essere modificati. Le ricerche che valutano gli effetti di un intervento precoce mostrano che i bambini beneficiari di tali interventi presentano dei progressi significativi sul piano cognitivo, emotivo e sociale. Si riscontra, presso i bambini, un’accelerazione del ritmo di sviluppo con una crescita del quoziente d’intelligenza, dei progressi nel linguaggio, un miglioramento dei comportamenti e una diminuzione dei sintomi del disturbo autistico. Questi progressi sopravvengono in 1 o 2 anni d’intervento precoce e intensivo, e la maggioranza dei bambini presi a carico (73 %) accede ad un linguaggio funzionale alla fine del periodo d’intervento (in generale attorno ai 5 anni).
    Le scarse conoscenze sulle basi neurofisiologiche dell'autismo fanno sì che l'approccio farmacologico a questa patologia sia ancora principalmente sintomatico, volto a favorire comportamenti più adeguati e socialmente accettabili, oppure sia mirato a contenere manifestazioni associate in comorbidità. I dati attuali indicano che l'intervento farmacologico incide in modo molto marginale sulla storia naturale del disturbo autistico. La molteplicità fenomenica dei "quadri autistici" e le scarse conoscenze circa la patogenesi di tale disturbo giustificano i molteplici tentativi terapeutici con sostanze farmacologicamente anche molto diverse tra di loro di cui si è cercato di volta in volta di sfruttare l'attività specifica su un sintomo. Obiettivo prevalente dell'intervento farmacologico diviene quindi quello del controllo di manifestazioni sintomatiche che possono negativamente influenzare la qualità della vita e gli altri interventi terapeutici. Il trattamento deve essere preceduto da una attenta analisi funzionale che evidenzi i sintomi bersaglio, che possono essere molto diversi nei vari soggetti (stereotipie e condotte aggressive, disturbi dell'attenzione, alterazioni dell'umore, disturbi del sonno). L'impiego di determinate sostanze in età evolutiva richiede particolare attenzione per l'insorgenza di possibili effetti collaterali evidenziamole insieme:
    - Stereotipie e aggressività:
    Aloperidolo: é un neurolettico da tempo noto. Sono riportati miglioramenti nelle stereotipie, sull'aggressività, nella chiusura relazionale, e, più dubbi, in alcuni parametri cognitivi. Il dosaggio utilizzato è da 0,25 a 4 mg / die (da 0,05 a 0,15 mg/Kg/die). I principali effetti collaterali sono: sedazione, manifestazioni distoniche o parkinsoniane, e, a più lungo termine, acatisia, comparsa di discinesie, in particolare al momento della sospensione.
    Pimozide: produce un discreto effetto su manifestazioni comportamentali e condotte di ritiro. Il dosaggio usato è di 2 - 4 mg / die (non superiore 0,3 mg / kg / die). Sono necessari controlli cardiologici. E' segnalata maggiore risposta nei soggetti con maggiore componente di apatia ed anergia.
    Amilsulpiride: a basso dosaggio produce riduzione delle condotte di chiusura relazionale.
    Neurolettici usati in modo aspecifico per contenimento nel caso di disturbi comportamentali, come impulsività, auto/eteroaggressività, iperattività, sono: Tioridazina, Clorpromazina, Flufenazina.
    I dati in favore della loro utilizzazione sono scarsi, con la parziale eccezione della Tioridazina, e comunque inferiori a quelli circa l'Aloperidolo. Sono da usarsi, a causa della loro azione sedativa e degli effetti a lungo termine come farmaci di seconda scelta, con uso limitato a condizioni di marcato eccitamento comportamentale, al dosaggio più basso efficace. E' opportuno inoltre valutare una loro sospensione al di fuori delle fasi acute.
    Sono in aumento le indicazioni all'utilizzo dei neurolettici atipici, sia nelle forme resistenti ai neurolitici tradizionali, sia come intervento di prima scelta. Hanno incidenza di effetti extrapiramidali molto inferiore rispetto all'aloperidolo e azione positiva nel ritiro relazionale, l'apatia e l'anergia. Il Risperidone (antagonista sia serotoninergico che dopaminergico) risulta efficace nel ridurre comportamenti stereotipati, aggressività, impulsività, chiusura relazionale (in minor grado). Il dosaggio è 1,5 - 2 mg (bambino), 4 - 5 mg (adolescenti). La somministrazione deve essere graduale con incrementi di 0,25 - 0,50 mg ogni 5-7giorni.
    L'Olanzapina presenta azione antagonista verso i recettori della serotonina e della dopamina. I pochi studi, ancora in corso, sul suo impiego, a dosaggi di 0,22 mg/kg/die, in bambini con differenti diagnosi, tra le quali disturbi psicotici non meglio precisati, riferiscono miglioramenti nella regolarità del ritmo sonno-veglia e nel controllo dell'aggressività, Gli effetti collaterali finora riportati sono sedazione, incremento ponderale e acatisia.
    Farmaci che agiscono sul sistema degli oppiodi endogeni: il Naltrexone, antagonista degli oppiodi endogeni, è stato sperimentato a dosaggi di 0,5 mg/Kg per pazienti con manifestazioni aggressive. I risultati sono contraddittori.
    La Clonidina, agonista dei recettori a 2 adrenergici, utilizzato come antiipertensivo, si è dimostrato molto efficace nel controllo delle crisi di rabbia, utilizzato nell'adolescente a dosaggi non ipotensivi, iniziando da 0,05 mg/die e salendo fino al controllo del sintomo (0,05 mg 2-3 volte /die). La scarsa sperimentazione ne fa sconsigliare comunque l'utilizzo.
    Il Propranololo è un B bloccante utilizzato negli USA per il controllo delle crisi di rabbia a dosaggi di 50-150 mg/die, somministrabili al di sopra dei 12 anni in ambiente ospedaliero. I suoi effetti collaterali, ipotensione e bradicardia, richiedono un monitoraggio della frequenza cardiaca e della pressione arteriosa; è controindicato nei soggetti asmatici per il rischio di crisi dispnoiche.
    Tutt’oggi nonostante i tantissimi studi effettuati e, gli autori che si sono impeganti nella ricerca non sappiamo con certezza quali sono le cause che provocano l’insorgenza dell’autismo. Molti autori sostengono la teoria neurobiologica: Bauman e Kemper (1994) evidenziò un’ anormalità a livello del cervelletto nei bambini e negli adulti con autismo.
    Il neuroscienziato Eric Courchesne (1996) rilevò che nel cervelletto le cellule del Purkinje sono scarse numericamente.
    Il cervelletto, dice Courchense, è uno dei centri più attivi del cervello e le cellule del Purkinje sono elementi critici per l’integrazione delle informazioni. Senza queste cellule, il cervelletto è incapace di ricevere informazioni sul mondo esterno, di computarne il significato e di preparare altre aree cerebrali a rispondere ad esse in modo appropriato.
    Courchesne propose per tanto un’altra idea: il cervello dei bambini con autismo, alla nascita, ha un volume normale, però intorno ai 2-3 anni i loro cervelli sono più grandi rispetto a bambini normo-dotati della stessa età.
    Attraverso la tecnologia della fRMI, Courchesne e coll. (2001) hanno potuto identificare due aree in cui appariva un aumento di crescita più pronunciato.
    Queste sono la materia grigia della corteccia cerebrale, e la materia bianca che contiene le fibre che connettono la corteccia cerebrale con il cervelletto.
    Un importante ruolo del cervelletto, congiuntamente ai lobi frontali, è il controllo dell’attenzione in particolare lo spostamento dell’attenzione. E’ pertanto possibile quindi, che le anomalie cerebellari siano collegate con le peculiarità dell’attenzione nell’autismo.
    L’autismo è stato associato a numerose infezioni virali: rosolia, citomegalovirus (CMV), Varicella zoster (VZV), sifilide, toxoplasmosi, herpes simplex (HSV).
    Recentemente è stata avanzata l’ipotesi che l’insorgenza dell’autismo fosse correlata eziologicamente con la somministrazione del vaccino contro morbillo, parotite e rosolia (vaccino Trivalente, MMR), poiché da uno studio era emersa l’evidenza che alcuni bambini manifestavano i sintomi della malattia entro pochi giorni dalla somministrazione del vaccino .
    Le condizioni pre-natali e le complicanze alla nascita sono fattori di rischio che possono portare a un danno cerebrale.
    Nei bambini con autismo spesso il parto è difficile e può verificarsi anossia.
    In uno studio Kolvin (1971suddivise un gruppo di autistici in base all’età di insorgenza del disturbo cioè prima e dopo i 3 anni; nel primo gruppo di bambini si sono riscontrati con maggior frequenza i seguenti fattori: rosolia e toxoplasmosi in gravidanza, prematurità, taglio cesareo, encefalite e spasmi infantili.
Altresì i risultati di uno studio giapponese permisero di concludere che vi è un’alta incidenza di soggetti con autismo nei sopravvissuti alle cure di terapia intensiva neonatale e che una storia di sindrome da aspirazione di meconio è significativamente più presente nei bambini con disturbi dello spettro autistico che nei sani, suggerendone un possibile ruolo causale per lo sviluppo della malattia.
    I problemi durante la gravidanza o il parto possono causare danni al cervello del bambino. Quindi concludiamo dicendo che numerosi sono i fattori di rischio a determinare l’autismo ex:
    donne che al momento del parto hanno più di 35 anni;
    medicazioni durante la gravidanza, l’introduzione di farmaci per debellare malattie infettive si rivela devastante per il sistema immunitario, metabolico e neurologico; oppure semplicemente
    l’incompatibilità tra il gruppo sanguigno della madre e quello del bambino.


    Lavoro ben fatto e complesso.
    le richieste dell'esercizio sono state esaurite e
    la sintesi è coerente e significativa.
    Si vede che il gruppo ha lavorato in modo critico.
    La tutor Dott.ssa Nunzia Giglio
    Stefania De Lucia
    Stefania De Lucia


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    ES.n. 1 AUTISMO (chiude 27 febbraio x esami 29 e sessione estiva) - Pagina 10 Empty Re: ES.n. 1 AUTISMO (chiude 27 febbraio x esami 29 e sessione estiva)

    Messaggio  Stefania De Lucia Lun Gen 30, 2012 8:39 pm

    Di Meo Livia Rosa ha scritto:Gruppo formato da: De Lucia Stefania, Di Meo Livia Rosa, Criscuolo Maria Assunta, Barbato Delia.



    L’autismo viene definito come un disturbo evolutivo o pervasivo dello sviluppo che può essere osservato fin dall’infanzia, in quanto compare molto precocemente nel bambino. Secondo il DSM IV, il disturbo autistico è rappresentato dalle seguenti caratteristiche: la presenza di uno sviluppo notevolmente anomalo o deficitario dell'interazione sociale e della comunicazione; una notevole ristrettezza del repertorio di attività e di interessi; la presenza di comportamenti ripetitivi e stereotipati. L’autismo è caratterizzato quindi da evidenti alterazioni nella sfera comportamentale e biologica che variano ampiamente a seconda del livello di sviluppo e dell'età cronologica del soggetto. Normalmente i sintomi sono rilevabili entro il secondo o terzo anno di età. Circa il 75% dei bambini affetti da autismo presenta anche un ritardo cognitivo che va da lieve a grave. Inoltre, l’autismo si presenta molte volte in comorbidità con altre patologie: l’iperattività, lo scarso mantenimento dell'attenzione, l’impulsività, l’aggressività, gli atteggiamenti autolesivi, gli attacchi di rabbia, l’ipersensibilità ai suoni o all'essere toccato, le reazioni esagerate alla luce o agli odori. Molto si è scritto in passato sull’origine dell’autismo, ma oggi risulta ancora poco chiara l’eziologia e la patogenesi e, la stessa denominazione più accettata di disturbo dello sviluppo psichico, è vaga ed imprecisa. Recentemente, le teorie eziologiche dell’autismo hanno visto dar importanza a diversi aspetti: sociali e relazionali, genetici biologici e, ambientali. Secondo i primi, il disturbo autistico avrebbe un’eziologia genetica ovvero sarebbe causato da un’anomalia nella programmazione genetica: gli studi di genetica si stanno attualmente concentrando su alcune regioni dei cromosomi 7 e 15 e su alcune delezioni a loro carico. Invece secondo la prospettiva sociale, il disturbo autistico si innesterebbe su una base biologica “sana” ed emergerebbe a seguito di un’esposizione ad un ambiente psicologico “povero”, oltre che ad un ambiente educativo inadeguato e sfavorevole che non permetterebbe uno sviluppo integro e completo del soggetto. Secondo le teorie ambientali viene ipotizzata l'insorgenza di nuovi fattori capaci di innescare una sindrome autistica, fattori non solo e non più di tipo genetico, ma in grado di agire a livello prenatale già durante la gestazione. Tali fattori possono essere sostanzialmente identificabili nelle seguenti tre aree: alterazioni del sistema immunitario, danni gastrointestinali, intossicazioni da metalli pesanti. Forse oggi il modello multifattoriale bio-psico-sociale potrebbe essere quello può dare i risultati migliori in quanto presuppone l’esistenza di una base genetica e di uno sviluppo che non dipenderebbe solo in maniera deterministica da quanto scritto nel DNA, ma sarebbe determinato anche dall’ambiente relazionale e socio-culturale con cui il bambino vive , agisce ed interagisce. Per quanto riguarda l’eziologia del disturbo, molti e diversi sono i fattori osservati che possono contribuire allo sviluppo della sindrome autistica. Sono state infatti riscontrate anomalie strutturali cerebrali nelle zone del cervelletto,dell’amigdala, dell’ippocampo, del setto e dei corpi mammillari e anomalie a livello di molecole, come la serotonina e le beta-endorfine, aventi un ruolo nella trasmissione degli impulsi nervosi nel cervello. L'autismo può inoltre presentarsi insieme ad altre sindromi già note: sindrome dell'X-fragile, sclerosi tuberosa, fenilchetonuria e rosolia congenita. Benché la sindrome autistica sia oggi più conosciuta rispetto al passato, vi sono molti bambini ai quali la malattia viene diagnosticata con un certo ritardo. A differenza di molti altri disturbi, l’autismo può essere identificato mediante un’appropriata conoscenza, prima dei 18 mesi di età. Un ruolo importante e fondamentale riveste la figura del pediatra, soprattutto nell’ottica della diagnosi precoce. Approfittando dell’opportunità di seguire in modo longitudinale lo sviluppo del suo piccolo paziente, il pediatra dovrebbe cercare di cogliere, sin dal loro primo insorgere, variazioni qualitative oltre che quantitative di sviluppo. L’identificazione precoce dell’autismo rappresenta una sfida importante poiché apre delle possibilità di presa a carico ad un’età dove alcuni processi di sviluppo possono ancora essere modificati. Le ricerche che valutano gli effetti di un intervento precoce mostrano che i bambini beneficiari di tali interventi presentano dei progressi significativi sul piano cognitivo, emotivo e sociale. Si riscontra, presso i bambini, un’accelerazione del ritmo di sviluppo con una crescita del quoziente d’intelligenza, dei progressi nel linguaggio, un miglioramento dei comportamenti e una diminuzione dei sintomi del disturbo autistico. Questi progressi sopravvengono in 1 o 2 anni d’intervento precoce e intensivo, e la maggioranza dei bambini presi a carico (73 %) accede ad un linguaggio funzionale alla fine del periodo d’intervento (in generale attorno ai 5 anni).
    Le scarse conoscenze sulle basi neurofisiologiche dell'autismo fanno sì che l'approccio farmacologico a questa patologia sia ancora principalmente sintomatico, volto a favorire comportamenti più adeguati e socialmente accettabili, oppure sia mirato a contenere manifestazioni associate in comorbidità. I dati attuali indicano che l'intervento farmacologico incide in modo molto marginale sulla storia naturale del disturbo autistico. La molteplicità fenomenica dei "quadri autistici" e le scarse conoscenze circa la patogenesi di tale disturbo giustificano i molteplici tentativi terapeutici con sostanze farmacologicamente anche molto diverse tra di loro di cui si è cercato di volta in volta di sfruttare l'attività specifica su un sintomo. Obiettivo prevalente dell'intervento farmacologico diviene quindi quello del controllo di manifestazioni sintomatiche che possono negativamente influenzare la qualità della vita e gli altri interventi terapeutici. Il trattamento deve essere preceduto da una attenta analisi funzionale che evidenzi i sintomi bersaglio, che possono essere molto diversi nei vari soggetti (stereotipie e condotte aggressive, disturbi dell'attenzione, alterazioni dell'umore, disturbi del sonno). L'impiego di determinate sostanze in età evolutiva richiede particolare attenzione per l'insorgenza di possibili effetti collaterali evidenziamole insieme:
    - Stereotipie e aggressività:
    Aloperidolo: é un neurolettico da tempo noto. Sono riportati miglioramenti nelle stereotipie, sull'aggressività, nella chiusura relazionale, e, più dubbi, in alcuni parametri cognitivi. Il dosaggio utilizzato è da 0,25 a 4 mg / die (da 0,05 a 0,15 mg/Kg/die). I principali effetti collaterali sono: sedazione, manifestazioni distoniche o parkinsoniane, e, a più lungo termine, acatisia, comparsa di discinesie, in particolare al momento della sospensione.
    Pimozide: produce un discreto effetto su manifestazioni comportamentali e condotte di ritiro. Il dosaggio usato è di 2 - 4 mg / die (non superiore 0,3 mg / kg / die). Sono necessari controlli cardiologici. E' segnalata maggiore risposta nei soggetti con maggiore componente di apatia ed anergia.
    Amilsulpiride: a basso dosaggio produce riduzione delle condotte di chiusura relazionale.
    Neurolettici usati in modo aspecifico per contenimento nel caso di disturbi comportamentali, come impulsività, auto/eteroaggressività, iperattività, sono: Tioridazina, Clorpromazina, Flufenazina.
    I dati in favore della loro utilizzazione sono scarsi, con la parziale eccezione della Tioridazina, e comunque inferiori a quelli circa l'Aloperidolo. Sono da usarsi, a causa della loro azione sedativa e degli effetti a lungo termine come farmaci di seconda scelta, con uso limitato a condizioni di marcato eccitamento comportamentale, al dosaggio più basso efficace. E' opportuno inoltre valutare una loro sospensione al di fuori delle fasi acute.
    Sono in aumento le indicazioni all'utilizzo dei neurolettici atipici, sia nelle forme resistenti ai neurolitici tradizionali, sia come intervento di prima scelta. Hanno incidenza di effetti extrapiramidali molto inferiore rispetto all'aloperidolo e azione positiva nel ritiro relazionale, l'apatia e l'anergia. Il Risperidone (antagonista sia serotoninergico che dopaminergico) risulta efficace nel ridurre comportamenti stereotipati, aggressività, impulsività, chiusura relazionale (in minor grado). Il dosaggio è 1,5 - 2 mg (bambino), 4 - 5 mg (adolescenti). La somministrazione deve essere graduale con incrementi di 0,25 - 0,50 mg ogni 5-7giorni.
    L'Olanzapina presenta azione antagonista verso i recettori della serotonina e della dopamina. I pochi studi, ancora in corso, sul suo impiego, a dosaggi di 0,22 mg/kg/die, in bambini con differenti diagnosi, tra le quali disturbi psicotici non meglio precisati, riferiscono miglioramenti nella regolarità del ritmo sonno-veglia e nel controllo dell'aggressività, Gli effetti collaterali finora riportati sono sedazione, incremento ponderale e acatisia.
    Farmaci che agiscono sul sistema degli oppiodi endogeni: il Naltrexone, antagonista degli oppiodi endogeni, è stato sperimentato a dosaggi di 0,5 mg/Kg per pazienti con manifestazioni aggressive. I risultati sono contraddittori.
    La Clonidina, agonista dei recettori a 2 adrenergici, utilizzato come antiipertensivo, si è dimostrato molto efficace nel controllo delle crisi di rabbia, utilizzato nell'adolescente a dosaggi non ipotensivi, iniziando da 0,05 mg/die e salendo fino al controllo del sintomo (0,05 mg 2-3 volte /die). La scarsa sperimentazione ne fa sconsigliare comunque l'utilizzo.
    Il Propranololo è un B bloccante utilizzato negli USA per il controllo delle crisi di rabbia a dosaggi di 50-150 mg/die, somministrabili al di sopra dei 12 anni in ambiente ospedaliero. I suoi effetti collaterali, ipotensione e bradicardia, richiedono un monitoraggio della frequenza cardiaca e della pressione arteriosa; è controindicato nei soggetti asmatici per il rischio di crisi dispnoiche.
    Tutt’oggi nonostante i tantissimi studi effettuati e, gli autori che si sono impeganti nella ricerca non sappiamo con certezza quali sono le cause che provocano l’insorgenza dell’autismo. Molti autori sostengono la teoria neurobiologica: Bauman e Kemper (1994) evidenziò un’ anormalità a livello del cervelletto nei bambini e negli adulti con autismo.
    Il neuroscienziato Eric Courchesne (1996) rilevò che nel cervelletto le cellule del Purkinje sono scarse numericamente.
    Il cervelletto, dice Courchense, è uno dei centri più attivi del cervello e le cellule del Purkinje sono elementi critici per l’integrazione delle informazioni. Senza queste cellule, il cervelletto è incapace di ricevere informazioni sul mondo esterno, di computarne il significato e di preparare altre aree cerebrali a rispondere ad esse in modo appropriato.
    Courchesne propose per tanto un’altra idea: il cervello dei bambini con autismo, alla nascita, ha un volume normale, però intorno ai 2-3 anni i loro cervelli sono più grandi rispetto a bambini normo-dotati della stessa età.
    Attraverso la tecnologia della fRMI, Courchesne e coll. (2001) hanno potuto identificare due aree in cui appariva un aumento di crescita più pronunciato.
    Queste sono la materia grigia della corteccia cerebrale, e la materia bianca che contiene le fibre che connettono la corteccia cerebrale con il cervelletto.
    Un importante ruolo del cervelletto, congiuntamente ai lobi frontali, è il controllo dell’attenzione in particolare lo spostamento dell’attenzione. E’ pertanto possibile quindi, che le anomalie cerebellari siano collegate con le peculiarità dell’attenzione nell’autismo.
    L’autismo è stato associato a numerose infezioni virali: rosolia, citomegalovirus (CMV), Varicella zoster (VZV), sifilide, toxoplasmosi, herpes simplex (HSV).
    Recentemente è stata avanzata l’ipotesi che l’insorgenza dell’autismo fosse correlata eziologicamente con la somministrazione del vaccino contro morbillo, parotite e rosolia (vaccino Trivalente, MMR), poiché da uno studio era emersa l’evidenza che alcuni bambini manifestavano i sintomi della malattia entro pochi giorni dalla somministrazione del vaccino .
    Le condizioni pre-natali e le complicanze alla nascita sono fattori di rischio che possono portare a un danno cerebrale.
    Nei bambini con autismo spesso il parto è difficile e può verificarsi anossia.
    In uno studio Kolvin (1971suddivise un gruppo di autistici in base all’età di insorgenza del disturbo cioè prima e dopo i 3 anni; nel primo gruppo di bambini si sono riscontrati con maggior frequenza i seguenti fattori: rosolia e toxoplasmosi in gravidanza, prematurità, taglio cesareo, encefalite e spasmi infantili.
Altresì i risultati di uno studio giapponese permisero di concludere che vi è un’alta incidenza di soggetti con autismo nei sopravvissuti alle cure di terapia intensiva neonatale e che una storia di sindrome da aspirazione di meconio è significativamente più presente nei bambini con disturbi dello spettro autistico che nei sani, suggerendone un possibile ruolo causale per lo sviluppo della malattia.
    I problemi durante la gravidanza o il parto possono causare danni al cervello del bambino. Quindi concludiamo dicendo che numerosi sono i fattori di rischio a determinare l’autismo ex:
    donne che al momento del parto hanno più di 35 anni;
    medicazioni durante la gravidanza, l’introduzione di farmaci per debellare malattie infettive si rivela devastante per il sistema immunitario, metabolico e neurologico; oppure semplicemente
    l’incompatibilità tra il gruppo sanguigno della madre e quello del bambino.


    Lavoro ben fatto e complesso.
    le richieste dell'esercizio sono state esaurite e
    la sintesi è coerente e significativa.
    Si vede che il gruppo ha lavorato in modo critico.
    La tutor Dott.ssa Nunzia Giglio
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    golino iolanda


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    ES.n. 1 AUTISMO (chiude 27 febbraio x esami 29 e sessione estiva) - Pagina 10 Empty Re: ES.n. 1 AUTISMO (chiude 27 febbraio x esami 29 e sessione estiva)

    Messaggio  golino iolanda Lun Gen 30, 2012 8:48 pm

    MI PRENOTO PER IL 3 CAPITOLO: RACCOMANDAZIONI PER L'INTERVENTO PSICOEDUCATIVO NELLA SCUOLA, DEL TESTO INTEGRAZIONE SCOLASTICA DEGLI ALUNNI CON DISTURBI DELLO SPETTRO AUTISTICO.
    IOLANDA GOLINO
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    ES.n. 1 AUTISMO (chiude 27 febbraio x esami 29 e sessione estiva) - Pagina 10 Empty Re: ES.n. 1 AUTISMO (chiude 27 febbraio x esami 29 e sessione estiva)

    Messaggio  varunicarmela Lun Gen 30, 2012 8:54 pm

    Relazione capitolo “ la costruzione dell’alleanza con la famiglia” di Varuni Carmela

    Per molti anni i genitori del bambino autistico sono stati considerati responsabili delle problematiche dei loro figli per aver instaurato una inefficace relazione educativa (specialmente la mamma) con atteggiamenti troppo freddi, distaccati, perfezionisti e privi di umorismo determinando nel bambino atteggiamenti di freddezza e di distacco emotivo. Queste considerazioni si sono sviluppate in seguito alle osservazioni di Kanner, famoso psichiatra considerato il fondatore della psichiatria infantile americana, che descrisse i suoi pazienti come tendenti all’isolamento, poco reattivi in ambito relazionale. Alcuni apparivano muti o con un linguaggio ecolalico, altri, invece, mostravano una caratteristica inversione pronominale e avevano una paura ossessiva che avvenisse qualche cambiamento nell’ambiente circostante. Kanner e suoi collaboratori, partendo dall’analisi delle famiglie , arrivarono alla deduzione che i genitori troppo freddi, distaccati e rigorosi, fossero, con il loro atteggiamento, la causa dell'autismo dei figli. Kanner, però, non aveva tenuto conto che le famiglie a cui faceva riferimento rappresentavano solo una ridotta parte di tale categoria. Per tale motivo, per molti anni i genitori sono stati ritenuti ingiustamente responsabili delle problematiche dei loro figli autistici. Grazie al TEACCH, fondato da schopler, queste credenze si sono rivelate errate e la famiglia può essere considerata come luogo di cura nel cui ambito strutturare progetti di rieducazione se si costruisce un’alleanza significativa e collaborativa tra operatori e genitori. Tale alleanza deve coinvolgere entrambe le parti per il proseguimento di obiettivi comuni.
    Proprio perché una delle maggiori difficoltà del bambino autistico sta nella strutturazione della relazione con gli altri, il genitore può fungere da mediatore con gli operatori e collaborare per la riabilitazione.
    Per schopler un” intervento psicoeducativo collaborativo” deve prevedere:
    1) Il miglioramento delle condizioni di vita del soggetto
    2) La promozione di interventi che limitino i comportamenti patologici
    3) L’evidenziazione e l’ampliamento delle abilità esistenti
    4) Il rifacimento alle teorie cognitive e comportamentali.

    ll Programma TEACCH comprende numerose attività di tipo educativo da effettuare con bambini con Disturbi Generalizzati dello Sviluppo o con disturbi della comunicazione.L'uso di tali attività va però di volta in volta contestualizzato ed individualizzato; la messa in atto di queste attività deve basarsi, in particolare su quattro criteri: modello di interazione, prospettive di sviluppo, relativismo comportamentale e gerarchia di addestramento Il Programma TEACCH è stato costruito per sviluppare abilità imitative, funzioni percettive, abilità motorie, capacità d'integrazione oculo-manuale, comprensione e produzione linguistica, gestione del comportamento (autonomie, abilità sociali e comportamentali).La conduzione del programma è affidata a genitori e insegnanti , che condividono le stesse strategie ed operano in stretta collaborazione.

    I genitori che partecipano a questo tipo di iniziative hanno bisogno di essere formati e di un grande sostegno emotivo poiché il loro ruolo non è affatto semplice: cosa fare o non fare, come farsi accettare dal proprio figlio quando questo mostra verso di loro indifferenza, come ottenere attenzione e collaborazione, come affrontare i problemi comportamentali, come comprendere i suoi bisogni e i suoi desideri… come affrontare l’angoscia per l’incertezza sul futuro del loro bambino.
    Tutti questi dubbi , incertezze possono essere alleviati , a mio avviso,
    se si costruisce un’alleanza collaborativa tra famiglia, operatore e scuola e i genitori hanno la possibilità di confrontarsi con gli operatori e con i docenti sugli obiettivi formativi, sui tempi, sulle strategie da adottare per il fine comune che è sviluppare al massimo le potenzialità del bambino.
    Coinvolgendo in modo attivo la famiglia in un adeguato programma riabilitativo con una corretta informazione sulle caratteristiche della sindrome si offrono ai genitori gli strumenti indispensabili per svolgere il proprio ruolo, sviluppare l’empowerment e riacquistare fiducia nelle proprie capacità.
    Importante da parte della famiglia sarebbe anche poter organizzare esperienze per il proprio figlio autistico al di fuori del nido familiare e coinvolgerlo in “Progetti di vita” per il raggiungimento di sua maggiore autonomia.
    In tal caso ne migliorerebbe anche la qualità della vita familiare perché si avrebbe la percezione che il proprio figlio autistico ha una strada futura più delineata.

    Lavoro sufficiente,
    le richieste dell'esercizio sono state esaurite e
    la sintesi è stringata ma completa.
    Emergono poco le considerazioni critiche e le riflessioni.
    la tutor Dott.ssa Nunzia Giglio
    MIRYEPAS
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    ES.n. 1 AUTISMO (chiude 27 febbraio x esami 29 e sessione estiva) - Pagina 10 Empty Re: ES.n. 1 AUTISMO (chiude 27 febbraio x esami 29 e sessione estiva)

    Messaggio  MIRYEPAS Lun Gen 30, 2012 9:31 pm

    "Facciamo il punto su l'autismo" il capitolo 4 : La costruzione dell'alleanza con la famiglia.


    La parola "autismo" deriva dal greco "autús" che significa "se stesso” e, come malattia o modello particolare di struttura psichica, si evidenzia drammaticamente per l’isolamento, l’anestesia affettiva, la scomparsa dell’iniziativa, le difficoltà psico-motorie, il mancato sviluppo del linguaggio.
    L'autismo può essere primario, oppure secondario quando si manifesta in conseguenza di anomalie genetiche (fenilchetonuria, sclerosi tuberosa), cromosomiche (X-fragile), malattie infettive (rosolia, citomegalovirus) o traumi che colpiscono precocemente il SNC (Sistema Nervoso Centrale).A livello di classificazione nosografica, nel DSM-IV è considerato nella categoria clinica dei "Disturbi Pervasivi dello Sviluppo", cui appartengono, fra le varie altre sindromi, anche la sindrome di Asperger, la sindrome di Rett e il Disturbo disintegrativo dell'infanzia.
    Grossolanamente si può dire che i bambini autistici fisicamente sono sani e si sviluppano come i loro coetanei, ma sono affetti da gravi anomalie nella comunicazioni e da un certo ritardo mentale.
    Sia nei soggetti ritardati che nei soggetti di normale intelligenza, infatti, il profilo delle prestazioni è spesso molto disomogeneo, con aree di grande abilità, come, memoria, calcolo, competenze spaziali e aree profondamente compromesse.
    L'autismo compare entro il trentesimo mese di vita oppure può manifestarsi verso il diciottesimo mese di vita. In una recente statistica abbiamo potuto notare che l'incidenza varia da 5 a 50 persone su 10.000e che colpisce prevalentemente i soggetti maschili con un tasso dalle due alle quattro volte superiore rispetto al sesso femminile. Kanner, famoso psichiatra considerato il fondatore della psichiatria infantile americana, descrisse i suoi pazienti come tendenti all’isolamento, poco reattivi in ambito relazionale. Alcuni apparivano muti o con un linguaggio ecolalico, altri, invece, mostravano una caratteristica inversione pronominale e avevano una paura ossessiva che avvenisse qualche cambiamento nell’ambiente circostante. Kanner e suoi collaboratori, partendo dall’analisi delle famiglie , arrivarono alla deduzione che i genitori (in particolar modo le madri), troppo freddi, distaccati e rigorosi, fossero, con il loro atteggiamento, la causa dell'autismo dei figli. Kanner, però, non aveva tenuto conto che le famiglie a cui faceva riferimento rappresentavano solo una ridotta parte di tale categoria. Per tale motivo, per molti anni i genitori sono stati ritenuti ingiustamente responsabili delle problematiche dei loro figli autistici. Con il TEACCH, oggi, si sono confutate queste considerazioni. Attraverso un esame della didattica aggiuntiva “ Trattamento pedagogico della disabilità” abbiamo approfondito l’efficacia e la conoscenza di tale programma.
    Il Teacch è un’organizzazione di servizi su base statale, creata nello Stato americano della Carolina del Nord, all’interno dell’Università, da Eric Schopler e dai suoi collaboratori. Esso è un servizio integrato di interventi offerto alle persone con autismo e alle loro famiglie. Offre ,inoltre, formazione e consulenza nelle scuole. Il Programma TEACCH comprende numerose attività di tipo educativo da effettuare con bambini con Disturbi Generalizzati dello Sviluppo o con disturbi della comunicazione.L'uso di tali attività va però di volta in volta contestualizzato ed individualizzato; la messa in atto di queste attività deve basarsi, in particolare su quattro criteri: modello di interazione, prospettive di sviluppo, relativismo comportamentale e gerarchia di addestramento Il Programma TEACCH è stato costruito per sviluppare abilità imitative, funzioni percettive, abilità motorie, capacità d'integrazione oculo-manuale, comprensione e produzione linguistica, gestione del comportamento (autonomie, abilità sociali e comportamentali).La conduzione del programma è affidata a genitori e insegnanti , che condividono le stesse strategie ed operano in stretta collaborazione.Una parte importante del programma è rappresentato dalla valutazione, che avviene attraverso tre modalità diverse. La prima che prevede l'utilizzo di test intellettivi e scale standardizzate per la valutazione dello sviluppo. La seconda modalità è quella dell'osservazione dei modelli di comportamento del bambino. La terza è rappresentata dalla raccolta di informazioni fatta nei colloqui con i genitori, in cui vengono anche individuate le loro aspettative nei confronti del bambino e i problemi principali che essi si trovano ad affrontare. La valutazione dello sviluppo si avvale di uno strumento specifico chiamato Profilo Psicoeducativo (P.E.P.): il P.E.P. consente di determinare lo sviluppo del bambino nelle aree dell'imitazione, della percezione, delle abilità motorie, dell' integrazione oculo-manuale, e delle capacità cognitive. Accanto al P.E.P. è stato predisposto un altro strumento chiamato A.A.P.E.P., che viene utilizzato per la valutazione di adolescenti e adulti autristici.Le aspettative e gli obiettivi che ci si attende di raggiungere, per ogni bambino, vengono distinte in : 1) aspettative a lungo termine, 2) aspettative intermedie tra 3 mesi ed un anno, e 3) gli obiettivi educativi immediati .
    Anche in questo programma le famiglie presentano un ruolo importante. La famiglia svolge un rilevante ruolo sociale in quanto costituisce un tramite tra il bambino e l’ambiente che lo circonda. I genitori delle persone con autismo, infatti, svolgono un compito certamente molto difficile: amare e accudire i loro figli aiutandoli a diventare soggetti sociali, ad integrarsi con l’ambiente circostante interagendo con altri individui . In alcuni momenti il genitore si sente demotivato e sfiduciato: ciò è dovuto anche ad una pessimistica proiezione sul futuro del proprio figlio che viene visto come un “eterno bambino” senza vasti margini di autonomia e indipendenza. E’ importante costruire un’ alleanza collaborativa tra operatori sociali e territoriali (Enti , Asl) , e i genitori. Il termine alleanza sottolinea il coinvolgimento delle due parti che collaborano per raggiungere un unico obiettivo nel rispetto dei diversi ruoli. I genitori che adempiono a tale alleanza hanno bisogno di un grande supporto poichè l’indifferenza del bambino autistico può portare i familiari a sentirsi rifiutati e ciò può causare uno sconforto da parte degli stessi. Infatti il sostegno emotivo ai genitori risulta indispensabile. L’operatore deve sviluppare l’empowerment e la giusta fiducia nelle capacità della famiglia.
    Tale obiettivo richiede l’utilizzo di diversi compiti strategici come: costruire una forte relazione di ascolto e sostegno, interpretare, guidare,usufruire dell’ empowerment , processo dell’azione sociale attraverso il quale le persone, le organizzazioni e le comunità acquisiscono competenza sulle proprie vite, al fine di cambiare il proprio ambiente sociale e politico per migliorare l’equità e la qualità di vita.La formazione dei genitori diviene, quindi, un aspetto molto importante.
    Progressivamente i genitori vanno coinvolti nelle varie attività vere e gli operatori non dovranno nutrire preconcetti sulle loro capacità. Di fondamentale importanza è l’osservazione sistematica, la quale può produrre efficaci conseguimenti nel percorso di educazione- formazione sul bambino. Il genitore dovrà divenire capace di misurare e definire i feedback che gli giungono dopo il proprio intervento , in particolar modo nelle mura domestiche dove non è presente il supporto materiale dell’operatore.
    Oggi molti approcci riconoscono al contesto- famiglia il ruolo di “spazio privilegiato” per raggiungere efficacemente obiettivi essenziali .Collaboratori e genitori puntano a migliorare l’adattamento dell’individuo al mondo in cui vive; ad incrementare le abilità esistenti ; a promuovere un insegnamento strutturato in grado di prevenire i comportamenti problema. Le innumerevoli difficoltà che un genitore di un bambino autistico incontra, sono fonti di stress. Per i genitori dei bambini autistici è difficile pensare che il proprio figlio con autismo una volta divenuto adulto possa condurre una vita normale. In età scolare un bambino incontra i coetanei nella scuola, mentre in età adulta alla scuola dovrebbe subentrare un posto di lavoro e luoghi dove poter trascorrere il proprio tempo libero.
    Consapevole del fatto che ogni bambino autistico crescerà diventando un adulto autistico, Schopler e i suoi collaboratori suggeriscono di iniziare precocemente a individuare la tipologia di attività lavorativa che il bambino potrebbe svolgere da adulto. Il tipo di attività possibile emerge dal profilo di abilità, dai punti di forza e dagli interessi, di ogni persona.
    A tal fine, Schopler parla di un “intervento psicoeducativo collaborativo” che deve prevedere l’adempimento di vari punti:
    1) il miglioramento delle condizioni di vita del soggetto;
    2) la promozione di interventi che limitino i comportamenti patologici;
    3) l’evidenziazione e l’ampliamento delle abilità esistenti;
    4) il rifacimento alle teorie cognitive e comportamentali, dimostrate le più efficienti
    Anche in questo scenario le famiglie svolgono un ruolo fondamentale in quanto sono ascoltate, aiutate ,tutelate, supportate a livello sociale . Numerose sono le associazioni create e fondate da genitori con bambini autistici i quali lottano per la creazione di un luogo di socializzazione e relazione nel quale poter promuovere interventi logopedici, comportamentali e cognitivi.


    Le famiglie che pianificano tali “Progetti di vita” per i loro figli sperano che essi possano aumentare sempre a livello territoriale.
    A nostro avviso il coinvolgimento attivo e partecipe della famiglia in un adeguato programma riabilitativo assume un’importante rilevanza personale e sociale: attraverso il lavoro e l’aiuto degli operatori e insegnanti, i genitori acquistano gli strumenti indispensabili per svolgere il proprio ruolo e riacquistando fiducia nelle proprie capacità.

    aggiungiamo le considerazioni personali del gruppo:

    Dalla trattazione e dalle varie ricerche abbiamo compreso l'importanza delle famiglie, le quali sono considerate la fonte più attendibile di informazioni sul proprio bambino, ma vengono anche coinvolti nel programma di trattamento per consentire la generalizzazione delle competenze acquisite e per garantire una coerenza di approccio in ogni attività di vita della persona autistica. Il loro coinvolgimento contribuisce notevolmente al successo dell’intervento riabilitativo.
    La strutturazione e la prevedibilità dell’ambiente e l’adeguatezza delle richieste, nonché la chiarezza, la concretezza e la stabilità dei messaggi sono la prima condizione per evitare una situazione di stress permanente. Sarà inoltre necessario potenziare la capacità di comunicazione ed eventualmente utilizzare forme di comunicazione più adatte al bambino.
    Abbiamo compreso che è indispensabile una collaborazione attiva tra educatori, genitori, insegnanti e gli altri servizi.





    Bibliografia
    1. "Facciamo il punto su l'autismo" il capitolo 4 : La costruzione dell'alleanza con la famiglia.
    2. http://www.oltreilmuro.com/autismo.htm
    3. Lettura e ritardo mentale

    Il gruppo è composto da :
    Benedetta Bonifazi
    Marianna Cirillo
    Carla Sara Emolo
    Miriam Farina
    Daniela Maione

    Lavoro ben fatto,
    le richieste dell'esercizio sono state esaurite e
    la sintesi è coerente e significativa.
    la sintesi è arricchita da una veste critica e da un confronto coerente con il quadro teorico.
    Emergono le considerazioni critiche del gruppo.
    la tutor Dott.ssa Nunzia Giglio
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    Messaggio  mariapetrellese Lun Gen 30, 2012 10:15 pm

    GRUPPO PETRELLESE MARIA - PETRELLESE EMANUELA - CAVALLO MARINA ALLEGRA
    "Facciamo il punto su l'autismo"
    Capitolo 1: Le cause dell’autismo e le sue basi neurobiologiche
    L’autismo è un disturbo psichiatrico in cui la componente genetica è molto importante. Numerosi studi condotti su gemelli confermano che la componente genetica incide, infatti, indicano una concordanza compresa tra il 60 e il 92% per gli omozigoti e il 10% per gli eterozigoti. Altro fattore che si associa alla maggiore frequenza di autismo nei figli è l’età paterna elevata. Nonostante i progressi nelle conoscenze non si è ancora in grado di prevedere il rischio di un disturbo autistico. Le basi neurobiologiche dell’autismo sono state investigate sia con lo studio microscopico del cervello sia con esami radiografici, sia valutandone gli aspetti elettrofisiologici. La neuropatologia ha dato risultati non concordanti. Bauman e kemper hanno trovato in tutte le età una diminuzione delle cellule del Purkinje e una maggiore densità cellulare nell’amigdala, nell’ippocampo e nella corteccia entorinale. Viceversa, nei nuclei del cervelletto e nell’oliva inferiore le alterazioni erano diverse col variare dell’età, questo fa pensare che la neuropatologia dell’autismo abbia una sua evoluzione nel tempo. Casanova invece ha dato rilievo all’osservazione di micro colonne cellulari nella corteccia cerebrale. Tutto ciò deve far riflettere i clinici sul’inopportunità di chiedere la Risonanza Magnetica, specie in bambini di pochi anni. Ulteriori dati sugeriscono che nell’autismo l’alterazione è soprattutto nel divenire nello sviluppo del cervello, infatti, l’amigdala è larga nei bambini, diventa poi normale col passare degli anni e le stesse dimensioni dell’encefalo giungono fino alla macrocefalia nei primi anni di vita per poi ritornare nella norma. L’elettroencefalogramma è un altro metodo per valutare la presenza di alterazioni nel cervello, infatti nei soggetti autistici spesso è alterato, soprattutto nel sonno. La elettroencefalografia ha consentito di porre la base della teoria della simulazione mentale, per comprendere cosa pensano gli altri con la scoperta dei neuroni a specchio. Si tratta di una classe particolare di neuroni che si attivano sia quando una scimmia compie un’azione, sia quando vede un’altra scimmia fare la stessa azione. Ulteriori studi hanno confermato l’esistenza di questi neuroni anche nell’uomo, le strutture coinvolte comprendono una parte dell’area di Broca, la corteccia prefrontale il solco temporale superiore e la parte inferiore dello sfondo eziologico nel chiarire la base neurobiologica dell’autismo.
    Screening precoce
    È accettato il dato che l’autismo si sviluppa precocemente nel bambino e dunque può essere fatto uno screening precoce che abbia una sufficiente attendibilità, questo non significa formulare una diagnosi completa, ma permette di individuare appena possibile quei bambini che probabilmente potranno ricevere la diagnosi di disturbo dello spettro autistico. Vi sono alcune aree di “ sorveglianza” sullo sviluppo rispetto alle quali i genitori potrebbero notare delle anomalie nel comportamento dei loro figli. Le aree sono: SVILUPPO SOCIALE:
    • non sorride quando gli si sorride;
    • Evita contatto di sguardo;
    • Sembra vivere in un suo mondo;
    • Esclude gli altri e gli avvenimenti esterni;
    • È eccessivamente indipendente;
    • Non è interessato agli altri bambini;
    • Preferisce giocare da solo;
    • Non ama condividere le sue cose con gli altri.
    SVILUPPO DELLA COMUNICAZIONE VERBALE E NON VERBALE:
    • A volte sembra sordo;
    • Non risponde quando lo si chiama per nome;
    • Il linguaggio è ritardato;
    • Non chiede ciò che vuole.
    MODI DI COMPORTARSI:
    • Non gioca con i giocattoli come gli altri bambini;
    • Odora o lecca i giocattoli;
    • Presenta un attaccamento esagerato a un oggetto;
    • Mette in fila le cose;
    • Cammina sulle punte.
    Dai due anni è possibile fare una diagnosi completa, farla al tempo giusto consentirà di attivare il prima possibile un percorso di abilitazione, di riadattamento e riorganizzazione attiva e più competente della famiglia e della scuola.
    La diagnosi
    Essa si formula solo attraverso l’osservazione dei comportamenti. I due sistemi di classificazione più utilizzati sono il DSM-IV-TR e l’ICD-10. In generale i criteri diagnostici dei due sistemi di classificazione si rifanno ai comportamenti accennati precedentemente nelle aree di sorveglianza dello sviluppo. Per quanto riguarda gli strumenti diagnostici i più utilizzati sono:
    • Chidhood Autism Rating Scale, si utilizza a partire dai due anni e permette di esplorare 15 aree di sviluppo.
    • Autism Diagnostic Observation Schedule, a partire dai due anni si basa sull’osservazione del bambino ed esplora il comportamento sociale.
    • Autism Behavior Checklist, a partire dai 18 mesi fa riferimento a 57 comportamenti problema.
    • È autismo? Test di valutazione psicopedagogica, da due a 8 anni, si suddivide in 9 sezioni corrispondenti ad altrettante aree di sviluppo.
    Nel passaggio da una diagnosi clinica a una diagnosi funzionale si dovrà comprendere in modo globale il funzionamento concreto e quotidiano del bambino. Il significato della diagnosi funzionale è diverso da quella clinica, in cui si doveva riconoscere il soggetto come appartenente proprio a quella classe di soggetti. Nella diagnosi funzionale invece si deve comprendere il reale funzionamento del soggetto nei vari contesti di vita.
    Riguardo alle terapie mediche vi sono numerosi farmaci che sono stati usati nel tentare di curare l’autismo, ma la loro efficacia è controversa. In passato l’aloperidolo ha fornito delle promesse per una sua efficacia ma poi si è visto che gli effetti collaterali erano frequenti; questo farmaco è un antipsicotico, blocca i recettori due della dopamina. Più recentemente il risperidone è apparso un farmaco promettente, ma con effetti collaterali quali l’aumento dell’appetito e quindi del peso. Simili considerazioni valgono anche per l’olanzapina, l’aripiprazolo e la clozapina.
    La lettura di questo capitolo ci ha fornito molte notizie importanti, alcune delle quali già erano di nostra conoscenza, infatti l’autismo è stato un argomento trattato in molti altri esami. L’autismo è un disturbo molto particolare che varia da soggetto a soggetto, per questo noi future docenti dobbiamo conoscerlo a fondo, per poi essere in grado di intervenire nel modo giusto. La docente Nunzia Giglio, nel corso delle lezioni, ci ha raccontato la sua esperienza, fornendoci nello stesso tempo le linee guida per affrontare qualunque eventualità. La sua presenza ci è stata molto utile, non è stata pura teoria, ma è stato come entrare nel vivo della cosa. Speriamo di riuscire un giorno a mettere in pratica tutto questo, nel migliore dei modi, anche se siamo consapevoli che non sarà facile.

    Non un disturbo psichiatrico ma generalizzato, cioè pervasivo dello sviluppo.
    Lavoro sufficiente,ben fatto
    le richieste dell'esercizio sono state esaurite e
    la sintesi è coerente e significativa.
    Il lavoro è abbastanza personalizzato.
    La tutor Dott.ssa Nunzia Giglio
    Marina Allegra Cavallo
    Marina Allegra Cavallo


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    ES.n. 1 AUTISMO (chiude 27 febbraio x esami 29 e sessione estiva) - Pagina 10 Empty Re: ES.n. 1 AUTISMO (chiude 27 febbraio x esami 29 e sessione estiva)

    Messaggio  Marina Allegra Cavallo Lun Gen 30, 2012 10:17 pm

    GRUPPO PETRELLESE MARIA - PETRELLESE EMANUELA - CAVALLO MARINA ALLEGRA
    "Facciamo il punto su l'autismo"
    Capitolo 1: Le cause dell’autismo e le sue basi neurobiologiche
    L’autismo è un disturbo psichiatrico in cui la componente genetica è molto importante. Numerosi studi condotti su gemelli confermano che la componente genetica incide, infatti, indicano una concordanza compresa tra il 60 e il 92% per gli omozigoti e il 10% per gli eterozigoti. Altro fattore che si associa alla maggiore frequenza di autismo nei figli è l’età paterna elevata. Nonostante i progressi nelle conoscenze non si è ancora in grado di prevedere il rischio di un disturbo autistico. Le basi neurobiologiche dell’autismo sono state investigate sia con lo studio microscopico del cervello sia con esami radiografici, sia valutandone gli aspetti elettrofisiologici. La neuropatologia ha dato risultati non concordanti. Bauman e kemper hanno trovato in tutte le età una diminuzione delle cellule del Purkinje e una maggiore densità cellulare nell’amigdala, nell’ippocampo e nella corteccia entorinale. Viceversa, nei nuclei del cervelletto e nell’oliva inferiore le alterazioni erano diverse col variare dell’età, questo fa pensare che la neuropatologia dell’autismo abbia una sua evoluzione nel tempo. Casanova invece ha dato rilievo all’osservazione di micro colonne cellulari nella corteccia cerebrale. Tutto ciò deve far riflettere i clinici sul’inopportunità di chiedere la Risonanza Magnetica, specie in bambini di pochi anni. Ulteriori dati sugeriscono che nell’autismo l’alterazione è soprattutto nel divenire nello sviluppo del cervello, infatti, l’amigdala è larga nei bambini, diventa poi normale col passare degli anni e le stesse dimensioni dell’encefalo giungono fino alla macrocefalia nei primi anni di vita per poi ritornare nella norma. L’elettroencefalogramma è un altro metodo per valutare la presenza di alterazioni nel cervello, infatti nei soggetti autistici spesso è alterato, soprattutto nel sonno. La elettroencefalografia ha consentito di porre la base della teoria della simulazione mentale, per comprendere cosa pensano gli altri con la scoperta dei neuroni a specchio. Si tratta di una classe particolare di neuroni che si attivano sia quando una scimmia compie un’azione, sia quando vede un’altra scimmia fare la stessa azione. Ulteriori studi hanno confermato l’esistenza di questi neuroni anche nell’uomo, le strutture coinvolte comprendono una parte dell’area di Broca, la corteccia prefrontale il solco temporale superiore e la parte inferiore dello sfondo eziologico nel chiarire la base neurobiologica dell’autismo.
    Screening precoce
    È accettato il dato che l’autismo si sviluppa precocemente nel bambino e dunque può essere fatto uno screening precoce che abbia una sufficiente attendibilità, questo non significa formulare una diagnosi completa, ma permette di individuare appena possibile quei bambini che probabilmente potranno ricevere la diagnosi di disturbo dello spettro autistico. Vi sono alcune aree di “ sorveglianza” sullo sviluppo rispetto alle quali i genitori potrebbero notare delle anomalie nel comportamento dei loro figli. Le aree sono: SVILUPPO SOCIALE:
    • non sorride quando gli si sorride;
    • Evita contatto di sguardo;
    • Sembra vivere in un suo mondo;
    • Esclude gli altri e gli avvenimenti esterni;
    • È eccessivamente indipendente;
    • Non è interessato agli altri bambini;
    • Preferisce giocare da solo;
    • Non ama condividere le sue cose con gli altri.
    SVILUPPO DELLA COMUNICAZIONE VERBALE E NON VERBALE:
    • A volte sembra sordo;
    • Non risponde quando lo si chiama per nome;
    • Il linguaggio è ritardato;
    • Non chiede ciò che vuole.
    MODI DI COMPORTARSI:
    • Non gioca con i giocattoli come gli altri bambini;
    • Odora o lecca i giocattoli;
    • Presenta un attaccamento esagerato a un oggetto;
    • Mette in fila le cose;
    • Cammina sulle punte.
    Dai due anni è possibile fare una diagnosi completa, farla al tempo giusto consentirà di attivare il prima possibile un percorso di abilitazione, di riadattamento e riorganizzazione attiva e più competente della famiglia e della scuola.
    La diagnosi
    Essa si formula solo attraverso l’osservazione dei comportamenti. I due sistemi di classificazione più utilizzati sono il DSM-IV-TR e l’ICD-10. In generale i criteri diagnostici dei due sistemi di classificazione si rifanno ai comportamenti accennati precedentemente nelle aree di sorveglianza dello sviluppo. Per quanto riguarda gli strumenti diagnostici i più utilizzati sono:
    • Chidhood Autism Rating Scale, si utilizza a partire dai due anni e permette di esplorare 15 aree di sviluppo.
    • Autism Diagnostic Observation Schedule, a partire dai due anni si basa sull’osservazione del bambino ed esplora il comportamento sociale.
    • Autism Behavior Checklist, a partire dai 18 mesi fa riferimento a 57 comportamenti problema.
    • È autismo? Test di valutazione psicopedagogica, da due a 8 anni, si suddivide in 9 sezioni corrispondenti ad altrettante aree di sviluppo.
    Nel passaggio da una diagnosi clinica a una diagnosi funzionale si dovrà comprendere in modo globale il funzionamento concreto e quotidiano del bambino. Il significato della diagnosi funzionale è diverso da quella clinica, in cui si doveva riconoscere il soggetto come appartenente proprio a quella classe di soggetti. Nella diagnosi funzionale invece si deve comprendere il reale funzionamento del soggetto nei vari contesti di vita.
    Riguardo alle terapie mediche vi sono numerosi farmaci che sono stati usati nel tentare di curare l’autismo, ma la loro efficacia è controversa. In passato l’aloperidolo ha fornito delle promesse per una sua efficacia ma poi si è visto che gli effetti collaterali erano frequenti; questo farmaco è un antipsicotico, blocca i recettori due della dopamina. Più recentemente il risperidone è apparso un farmaco promettente, ma con effetti collaterali quali l’aumento dell’appetito e quindi del peso. Simili considerazioni valgono anche per l’olanzapina, l’aripiprazolo e la clozapina.
    La lettura di questo capitolo ci ha fornito molte notizie importanti, alcune delle quali già erano di nostra conoscenza, infatti l’autismo è stato un argomento trattato in molti altri esami. L’autismo è un disturbo molto particolare che varia da soggetto a soggetto, per questo noi future docenti dobbiamo conoscerlo a fondo, per poi essere in grado di intervenire nel modo giusto. La docente Nunzia Giglio, nel corso delle lezioni, ci ha raccontato la sua esperienza, fornendoci nello stesso tempo le linee guida per affrontare qualunque eventualità. La sua presenza ci è stata molto utile, non è stata pura teoria, ma è stato come entrare nel vivo della cosa. Speriamo di riuscire un giorno a mettere in pratica tutto questo, nel migliore dei modi, anche se siamo consapevoli che non sarà facile.

    Non un disturbo psichiatrico ma generalizzato, cioè pervasivo dello sviluppo.
    Lavoro sufficiente,ben fatto
    le richieste dell'esercizio sono state esaurite e
    la sintesi è coerente e significativa.
    Il lavoro è abbastanza personalizzato.
    La tutor Dott.ssa Nunzia Giglio
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    ES.n. 1 AUTISMO (chiude 27 febbraio x esami 29 e sessione estiva) - Pagina 10 Empty Re: ES.n. 1 AUTISMO (chiude 27 febbraio x esami 29 e sessione estiva)

    Messaggio  emanuelapetrellese Lun Gen 30, 2012 10:20 pm

    GRUPPO PETRELLESE MARIA - PETRELLESE EMANUELA - CAVALLO MARINA ALLEGRA
    "Facciamo il punto su l'autismo"
    Capitolo 1: Le cause dell’autismo e le sue basi neurobiologiche
    L’autismo è un disturbo psichiatrico in cui la componente genetica è molto importante. Numerosi studi condotti su gemelli confermano che la componente genetica incide, infatti, indicano una concordanza compresa tra il 60 e il 92% per gli omozigoti e il 10% per gli eterozigoti. Altro fattore che si associa alla maggiore frequenza di autismo nei figli è l’età paterna elevata. Nonostante i progressi nelle conoscenze non si è ancora in grado di prevedere il rischio di un disturbo autistico. Le basi neurobiologiche dell’autismo sono state investigate sia con lo studio microscopico del cervello sia con esami radiografici, sia valutandone gli aspetti elettrofisiologici. La neuropatologia ha dato risultati non concordanti. Bauman e kemper hanno trovato in tutte le età una diminuzione delle cellule del Purkinje e una maggiore densità cellulare nell’amigdala, nell’ippocampo e nella corteccia entorinale. Viceversa, nei nuclei del cervelletto e nell’oliva inferiore le alterazioni erano diverse col variare dell’età, questo fa pensare che la neuropatologia dell’autismo abbia una sua evoluzione nel tempo. Casanova invece ha dato rilievo all’osservazione di micro colonne cellulari nella corteccia cerebrale. Tutto ciò deve far riflettere i clinici sul’inopportunità di chiedere la Risonanza Magnetica, specie in bambini di pochi anni. Ulteriori dati sugeriscono che nell’autismo l’alterazione è soprattutto nel divenire nello sviluppo del cervello, infatti, l’amigdala è larga nei bambini, diventa poi normale col passare degli anni e le stesse dimensioni dell’encefalo giungono fino alla macrocefalia nei primi anni di vita per poi ritornare nella norma. L’elettroencefalogramma è un altro metodo per valutare la presenza di alterazioni nel cervello, infatti nei soggetti autistici spesso è alterato, soprattutto nel sonno. La elettroencefalografia ha consentito di porre la base della teoria della simulazione mentale, per comprendere cosa pensano gli altri con la scoperta dei neuroni a specchio. Si tratta di una classe particolare di neuroni che si attivano sia quando una scimmia compie un’azione, sia quando vede un’altra scimmia fare la stessa azione. Ulteriori studi hanno confermato l’esistenza di questi neuroni anche nell’uomo, le strutture coinvolte comprendono una parte dell’area di Broca, la corteccia prefrontale il solco temporale superiore e la parte inferiore dello sfondo eziologico nel chiarire la base neurobiologica dell’autismo.
    Screening precoce
    È accettato il dato che l’autismo si sviluppa precocemente nel bambino e dunque può essere fatto uno screening precoce che abbia una sufficiente attendibilità, questo non significa formulare una diagnosi completa, ma permette di individuare appena possibile quei bambini che probabilmente potranno ricevere la diagnosi di disturbo dello spettro autistico. Vi sono alcune aree di “ sorveglianza” sullo sviluppo rispetto alle quali i genitori potrebbero notare delle anomalie nel comportamento dei loro figli. Le aree sono: SVILUPPO SOCIALE:
    • non sorride quando gli si sorride;
    • Evita contatto di sguardo;
    • Sembra vivere in un suo mondo;
    • Esclude gli altri e gli avvenimenti esterni;
    • È eccessivamente indipendente;
    • Non è interessato agli altri bambini;
    • Preferisce giocare da solo;
    • Non ama condividere le sue cose con gli altri.
    SVILUPPO DELLA COMUNICAZIONE VERBALE E NON VERBALE:
    • A volte sembra sordo;
    • Non risponde quando lo si chiama per nome;
    • Il linguaggio è ritardato;
    • Non chiede ciò che vuole.
    MODI DI COMPORTARSI:
    • Non gioca con i giocattoli come gli altri bambini;
    • Odora o lecca i giocattoli;
    • Presenta un attaccamento esagerato a un oggetto;
    • Mette in fila le cose;
    • Cammina sulle punte.
    Dai due anni è possibile fare una diagnosi completa, farla al tempo giusto consentirà di attivare il prima possibile un percorso di abilitazione, di riadattamento e riorganizzazione attiva e più competente della famiglia e della scuola.
    La diagnosi
    Essa si formula solo attraverso l’osservazione dei comportamenti. I due sistemi di classificazione più utilizzati sono il DSM-IV-TR e l’ICD-10. In generale i criteri diagnostici dei due sistemi di classificazione si rifanno ai comportamenti accennati precedentemente nelle aree di sorveglianza dello sviluppo. Per quanto riguarda gli strumenti diagnostici i più utilizzati sono:
    • Chidhood Autism Rating Scale, si utilizza a partire dai due anni e permette di esplorare 15 aree di sviluppo.
    • Autism Diagnostic Observation Schedule, a partire dai due anni si basa sull’osservazione del bambino ed esplora il comportamento sociale.
    • Autism Behavior Checklist, a partire dai 18 mesi fa riferimento a 57 comportamenti problema.
    • È autismo? Test di valutazione psicopedagogica, da due a 8 anni, si suddivide in 9 sezioni corrispondenti ad altrettante aree di sviluppo.
    Nel passaggio da una diagnosi clinica a una diagnosi funzionale si dovrà comprendere in modo globale il funzionamento concreto e quotidiano del bambino. Il significato della diagnosi funzionale è diverso da quella clinica, in cui si doveva riconoscere il soggetto come appartenente proprio a quella classe di soggetti. Nella diagnosi funzionale invece si deve comprendere il reale funzionamento del soggetto nei vari contesti di vita.
    Riguardo alle terapie mediche vi sono numerosi farmaci che sono stati usati nel tentare di curare l’autismo, ma la loro efficacia è controversa. In passato l’aloperidolo ha fornito delle promesse per una sua efficacia ma poi si è visto che gli effetti collaterali erano frequenti; questo farmaco è un antipsicotico, blocca i recettori due della dopamina. Più recentemente il risperidone è apparso un farmaco promettente, ma con effetti collaterali quali l’aumento dell’appetito e quindi del peso. Simili considerazioni valgono anche per l’olanzapina, l’aripiprazolo e la clozapina.
    La lettura di questo capitolo ci ha fornito molte notizie importanti, alcune delle quali già erano di nostra conoscenza, infatti l’autismo è stato un argomento trattato in molti altri esami. L’autismo è un disturbo molto particolare che varia da soggetto a soggetto, per questo noi future docenti dobbiamo conoscerlo a fondo, per poi essere in grado di intervenire nel modo giusto. La docente Nunzia Giglio, nel corso delle lezioni, ci ha raccontato la sua esperienza, fornendoci nello stesso tempo le linee guida per affrontare qualunque eventualità. La sua presenza ci è stata molto utile, non è stata pura teoria, ma è stato come entrare nel vivo della cosa. Speriamo di riuscire un giorno a mettere in pratica tutto questo, nel migliore dei modi, anche se siamo consapevoli che non sarà facile.

    Non un disturbo psichiatrico ma generalizzato, cioè pervasivo dello sviluppo.
    Lavoro sufficiente,ben fatto
    le richieste dell'esercizio sono state esaurite e
    la sintesi è coerente e significativa.
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    Messaggio  monicamigliaccio Mar Gen 31, 2012 1:09 pm

    RELAZIONE Testo: Società Italiana di Pedagogia Speciale, integrazione scolastica degli alunni con disturbi dello spettro autistico, documento di indirizzo. Centro Studi Erikson 2008
    Cap 1 Conoscere per Comprendere
    Gruppo Monica Migliaccio, Maria Vallefuoco

    Il termine Autismo deriva dal greco autòs – sé stesso, questo termine è stato utilizzato per la prima volta da Bleuler per definire il particolare ripiegamento su sé stessi e sul proprio mondo interno che caratterizzava alcuni soggetti schizofrenici. Recentemente invece le Linee Guida per l’Autismo della Società italiana di Neurospichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza hanno definito l’Autismo una sindrome comportamentale causata da un disordine dello sviluppo biologicamente determinato con esordio nei primi tre anni di vita e da qui le aree prevalentemente interessate risultano essere quelle relative all’interazione sociale reciproca, all’abilità di comunicare idee e sentimenti e alla capacità di stabilire relazioni con gli altri. Ad esse si aggiungono anomalie percettivo-sensoriali(uditive, tattili, gustative, olfattive e visive).
    L’Autismo dunque non è una patologia di origine psicogena ossia non è un disturbo della relazione madre-bambino ove tra l’altro la madre non ha alcuna responsabilità, non è chiusura in sé stessi, ma è un disturbo che interviene nello sviluppo , è incluso infatti nei cosiddetti ”Disturbi Pervasivi dello Sviluppo” ove secondo il DSM IV rientrano anche il disturbo di asperger e disturbo di Rett. Esso può essere associato a: Ritardo mentale (65\80%), Epilessia (25\30%), Disturbi del sonno, Comportamenti anomali, Anomalie nell’alimentazione, Disturbi dell’umore.
    Tornando alla definizione della Società Italiana di Neurospichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza l’Autismo si configura come disabilità permanente che accompagna il soggetto nel suo ciclo vitale, anche se le caratteristiche del deficit sociale assumono un’espressività variabile nel tempo.
    Per conoscere nel dettaglio il deficit dell’autismo è necessario fare riferimento ai grandi contributi della letteratura scientifica di diversa provenienza: biologica, genetica, neurologica,.. in favore tutti di un approccio complesso ad ampio respiro che esercitato nella vasta ricerca eziologica e clinica assume la condivisa idea che la sindrome si presenta in forma variegata sia per provenienze eziologiche e sia per quadri sindromici. Con riferimento a queste consapevolezze, diversi autori, tra cui A. Canevaro e L.Cottini(in” Che cos’è l’autismo infantile”) , convergono nell’ assunzione di una prospettiva plurale inerente la difficile e impossibile delimitazione della sindrome autistica a partire dalla definizione dell’ampia fenomenologia degli “autismi” ad alto profilo individuale. Ne deriva che per attuare un intervento educativo efficace ed efficiente nei confronti di un soggetto con disturbo dello spettro autistico, accanto alla conoscenza del deficit e delle sue implicazioni, è necessario ridurre gli svantaggi conseguenti azioni riabilitative , rieducative e compensative, valorizzare le risorse per scoprire l’originalità di ogni persona che risulta essere uno dei diritti fondamentali contenuti in un documento redatto circa dieci anni fa dall’Associazione Nazionale per il Diritto alla Comunicazione delle Persone con Disabilità gravi. Il riconoscimento di tale diritto permette di comprendere, secondo Canevaro, che le disabilità da ridurre sono originali e non possono essere circoscritte in un’ unica categoria. La disabilità è oggetto principale di indagine della cosiddetta Educazione speciale che si occupa: di individuare i Bisogni educativi speciali di persone con deficit congeniti e/o acquisiti o da traumi, o causati dal loro ambiente; di costruire sistemi di aiuto che ricercano le possibili integrazioni con i contesti di riferimento, di prendere in carico le situazioni di vulnerabilità per promuovere la salute, l’inclusione sociale e l’ integrazione. Rispetto all’integrazione sono trascorsi trent’anni da quando fu promulgata la Legge 517/1977 che ha il merito di avere aperto le porte della scuola a tutti i disabili e di aver contribuito all’innovazione dell’organizzazione scolastica. Poi dopo circa un ventennio nel febbraio 1992 venne approvata la Legge-quadro per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate ove si presuppone un’integrazione più ampia rispetto alla precedente, un’integrazione in tutti i settori: la scuola, l’università, il mondo del lavoro e il tempo libero.
    In tal senso l’integrazione di un allievo con disturbo dello spettro autistico necessita di competenze specifiche e della partecipazione di tutti gli attori che operano in favore dell’inclusione e dell’incremento delle abilità in particolare deve essere favorita, così come anticipato prima dalla Legge 517/1977 e poi confermato dalla Legge quadro 104/1992, dall’istituzione -scuola quale ambiente privilegiato per l’osservazione dei comportamenti dei soggetti con disabilità e la programmazione di interventi adeguati.
    Nella legge quadro 104/92 si chiarisce che il docente di sostegno assume la contitolarità delle sezioni e delle classi in cui opera, partecipa alla programmazione educativa e didattica , ma soprattutto è colui che deve saper riconoscere i bisogni educativi speciali, costruire progettualità individualizzate in ambito scolastico in funzione del progetto di vita, saper applicare efficaci strategie in ambito cognitivo-relazionale e avere competenze organizzative. Per adempiere a queste funzioni e pianificare obiettivi di intervento e individuare modalità e strategie utili per raggiungerli, il docente come anche gli educatori e tutti coloro che vengono in contatto con il soggetto con sindrome autistica , devono conoscere a fondo:
    le caratteristiche cognitive che caratterizzano tale disturbo di cui le principali sono buone abilità di memoria visuo-spaziale , buone capacità di discriminazione visiva, deficit nella memoria dichiarativa in particolare memoria episodica autobiografica ossa la codifica e la rielaborazione degli avvenimenti in una dimensione personale, “sé esperienziale” e al contrario notevoli abilità di memoria meccanica, prevalenza di pensiero visivo rispetto a quello verbale; le modalità sensoriali che risultano alterate e sono importanti per l’impatto sul modo di percepire il mondo e di comportarsi: risposta anomala agli stimoli sensoriali, ricerca di stimolazione sensoriale. Infine le caratteristiche relative all’età: a partire dalla nascita fino ai 36 mesi in cui mostra difficoltà nello stare in braccio e nel tollerare il contatto fisico, mancanza di sorriso sociale, risposte sensoriali atipiche ; all’ età scolare ove mostra scarso interesse nei confronti dei coetanei, tendenza all’isolamento, ridotta o assente richiesta di partecipazione dell’altro alle proprie attività, difficoltà nello sguardo diretto; in adolescenza in cui esplica scarso investimento nella relazione con mancata individuazione dell’altro come figura privilegiata per condividere esperienze, interessi e attività. Il rapporto educativo che si andrà ad instaurare con il soggetto deve essere quindi più attento e auto controllato anche alla luce delle conoscenze specifiche acquisite in merito. E’ necessario inoltre che le scelte curricolari riguardino competenze che gli sono utili per affrontare la vita, adatte al livello di sviluppo, ma soprattutto che tutto ciò avvenga in un ambiente sicuro, stimolante e piacevole secondo le sue individuali condizioni.


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    Messaggio  mariav allefuoco Mar Gen 31, 2012 1:23 pm

    RELAZIONE Testo: Società Italiana di Pedagogia Speciale, integrazione scolastica degli alunni con disturbi dello spettro autistico, documento di indirizzo. Centro Studi Erikson 2008
    Cap 1 Conoscere per Comprendere
    Gruppo Monica Migliaccio, Maria Vallefuoco

    Il termine Autismo deriva dal greco autòs – sé stesso, questo termine è stato utilizzato per la prima volta da Bleuler per definire il particolare ripiegamento su sé stessi e sul proprio mondo interno che caratterizzava alcuni soggetti schizofrenici. Recentemente invece le Linee Guida per l’Autismo della Società italiana di Neurospichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza hanno definito l’Autismo una sindrome comportamentale causata da un disordine dello sviluppo biologicamente determinato con esordio nei primi tre anni di vita e da qui le aree prevalentemente interessate risultano essere quelle relative all’interazione sociale reciproca, all’abilità di comunicare idee e sentimenti e alla capacità di stabilire relazioni con gli altri. Ad esse si aggiungono anomalie percettivo-sensoriali(uditive, tattili, gustative, olfattive e visive).
    L’Autismo dunque non è una patologia di origine psicogena ossia non è un disturbo della relazione madre-bambino ove tra l’altro la madre non ha alcuna responsabilità, non è chiusura in sé stessi, ma è un disturbo che interviene nello sviluppo , è incluso infatti nei cosiddetti ”Disturbi Pervasivi dello Sviluppo” ove secondo il DSM IV rientrano anche il disturbo di asperger e disturbo di Rett. Esso può essere associato a: Ritardo mentale (65\80%), Epilessia (25\30%), Disturbi del sonno, Comportamenti anomali, Anomalie nell’alimentazione, Disturbi dell’umore.
    Tornando alla definizione della Società Italiana di Neurospichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza l’Autismo si configura come disabilità permanente che accompagna il soggetto nel suo ciclo vitale, anche se le caratteristiche del deficit sociale assumono un’espressività variabile nel tempo.
    Per conoscere nel dettaglio il deficit dell’autismo è necessario fare riferimento ai grandi contributi della letteratura scientifica di diversa provenienza: biologica, genetica, neurologica,.. in favore tutti di un approccio complesso ad ampio respiro che esercitato nella vasta ricerca eziologica e clinica assume la condivisa idea che la sindrome si presenta in forma variegata sia per provenienze eziologiche e sia per quadri sindromici. Con riferimento a queste consapevolezze, diversi autori, tra cui A. Canevaro e L.Cottini(in” Che cos’è l’autismo infantile”) , convergono nell’ assunzione di una prospettiva plurale inerente la difficile e impossibile delimitazione della sindrome autistica a partire dalla definizione dell’ampia fenomenologia degli “autismi” ad alto profilo individuale. Ne deriva che per attuare un intervento educativo efficace ed efficiente nei confronti di un soggetto con disturbo dello spettro autistico, accanto alla conoscenza del deficit e delle sue implicazioni, è necessario ridurre gli svantaggi conseguenti azioni riabilitative , rieducative e compensative, valorizzare le risorse per scoprire l’originalità di ogni persona che risulta essere uno dei diritti fondamentali contenuti in un documento redatto circa dieci anni fa dall’Associazione Nazionale per il Diritto alla Comunicazione delle Persone con Disabilità gravi. Il riconoscimento di tale diritto permette di comprendere, secondo Canevaro, che le disabilità da ridurre sono originali e non possono essere circoscritte in un’ unica categoria. La disabilità è oggetto principale di indagine della cosiddetta Educazione speciale che si occupa: di individuare i Bisogni educativi speciali di persone con deficit congeniti e/o acquisiti o da traumi, o causati dal loro ambiente; di costruire sistemi di aiuto che ricercano le possibili integrazioni con i contesti di riferimento, di prendere in carico le situazioni di vulnerabilità per promuovere la salute, l’inclusione sociale e l’ integrazione. Rispetto all’integrazione sono trascorsi trent’anni da quando fu promulgata la Legge 517/1977 che ha il merito di avere aperto le porte della scuola a tutti i disabili e di aver contribuito all’innovazione dell’organizzazione scolastica. Poi dopo circa un ventennio nel febbraio 1992 venne approvata la Legge-quadro per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate ove si presuppone un’integrazione più ampia rispetto alla precedente, un’integrazione in tutti i settori: la scuola, l’università, il mondo del lavoro e il tempo libero.
    In tal senso l’integrazione di un allievo con disturbo dello spettro autistico necessita di competenze specifiche e della partecipazione di tutti gli attori che operano in favore dell’inclusione e dell’incremento delle abilità in particolare deve essere favorita, così come anticipato prima dalla Legge 517/1977 e poi confermato dalla Legge quadro 104/1992, dall’istituzione -scuola quale ambiente privilegiato per l’osservazione dei comportamenti dei soggetti con disabilità e la programmazione di interventi adeguati.
    Nella legge quadro 104/92 si chiarisce che il docente di sostegno assume la contitolarità delle sezioni e delle classi in cui opera, partecipa alla programmazione educativa e didattica , ma soprattutto è colui che deve saper riconoscere i bisogni educativi speciali, costruire progettualità individualizzate in ambito scolastico in funzione del progetto di vita, saper applicare efficaci strategie in ambito cognitivo-relazionale e avere competenze organizzative. Per adempiere a queste funzioni e pianificare obiettivi di intervento e individuare modalità e strategie utili per raggiungerli, il docente come anche gli educatori e tutti coloro che vengono in contatto con il soggetto con sindrome autistica , devono conoscere a fondo:
    le caratteristiche cognitive che caratterizzano tale disturbo di cui le principali sono buone abilità di memoria visuo-spaziale , buone capacità di discriminazione visiva, deficit nella memoria dichiarativa in particolare memoria episodica autobiografica ossa la codifica e la rielaborazione degli avvenimenti in una dimensione personale, “sé esperienziale” e al contrario notevoli abilità di memoria meccanica, prevalenza di pensiero visivo rispetto a quello verbale; le modalità sensoriali che risultano alterate e sono importanti per l’impatto sul modo di percepire il mondo e di comportarsi: risposta anomala agli stimoli sensoriali, ricerca di stimolazione sensoriale. Infine le caratteristiche relative all’età: a partire dalla nascita fino ai 36 mesi in cui mostra difficoltà nello stare in braccio e nel tollerare il contatto fisico, mancanza di sorriso sociale, risposte sensoriali atipiche ; all’ età scolare ove mostra scarso interesse nei confronti dei coetanei, tendenza all’isolamento, ridotta o assente richiesta di partecipazione dell’altro alle proprie attività, difficoltà nello sguardo diretto; in adolescenza in cui esplica scarso investimento nella relazione con mancata individuazione dell’altro come figura privilegiata per condividere esperienze, interessi e attività. Il rapporto educativo che si andrà ad instaurare con il soggetto deve essere quindi più attento e auto controllato anche alla luce delle conoscenze specifiche acquisite in merito. E’ necessario inoltre che le scelte curricolari riguardino competenze che gli sono utili per affrontare la vita, adatte al livello di sviluppo, ma soprattutto che tutto ciò avvenga in un ambiente sicuro, stimolante e piacevole secondo le sue individuali condizioni.

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    salvatore_sarnataro
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    ES.n. 1 AUTISMO (chiude 27 febbraio x esami 29 e sessione estiva) - Pagina 10 Empty Re: ES.n. 1 AUTISMO (chiude 27 febbraio x esami 29 e sessione estiva)

    Messaggio  salvatore_sarnataro Mar Gen 31, 2012 3:32 pm

    Gruppo AngelaCastaldo, Salvatore Sarnataro
    Interventi psicoeducativi e abilitativi/riabilitativi
    Il Disturbo Generalizzato dello Sviluppo e l’Autismo sono sindromi che comportano, per il Soggetto che ne è interessato, gravi problemi di disabilità ed handicap. I disturbi si manifestano nei primissimi anni di vita, con risvolti spesso devastanti. Essi coinvolgono infatti la capacità di comunicare, il linguaggio, la capacità di comprendere gli eventi sociali e la partecipazione alle normali esperienze di vita. Le conseguenze di tale disagio mentale e comportamentale si manifestano spesso in isolamento, crisi di panico, stereotipie, manifestazioni di aggressività, ossessività, fuga incontrollata. Il problema forse più grave per la stragrande maggioranza degli interessati da tale disturbo, consiste nel fatto che più dell’80% di loro non raggiunge mai un grado di autonomia e capacità socio-relazionale e dunque avrà per sempre bisognoso di un contesto di vita protetto e facilitato. La famiglia di un Soggetto autistico, terminato il periodo dell'infanzia e adolescenza del figlio, rischia pertanto di trovarsi abbandonata a se stessa, senza sostegni terapeutici, comportamentali, educativi e formativi adeguati, il che quasi sempre comporta, per il nucleo familiare,un drammatico stato di abbandono. In questo scenario così fosco, si è però aperto uno spiraglio di certezza: quando al soggetto affetto da autismo o disturbo generalizzato dello sviluppo viene garantito un contesto di vita stabile, organizzato, affettuoso, tollerante ma allo stesso tempo stimolante perché animato da una costante tensione "abilitativa", egli reagisce molto positivamente e si rende capace di un percorso di crescita che, in moltissimi casi, lo conduce a livelli più elevati di autonomia ed indipendenza.
    Esistono difatti, come ci indica il testo, diversi metodi educativi e terapie che si possono raggruppare negli indirizzi basati:
    • sulle dinamiche relative alla psicologia dello sviluppo,
    • sulla strutturazione dell’ambiente per via visiva,
    • sulla comunicazione aumentativa e alternativa e
    • sull’analisi comportamentale.

    L'AERC (attivazione emotiva con reciprocità motoria) è un protocollo educativo ideato da M. Zappella, dove l'area emotiva diventa il canale preferenziale come inizio di un percorso educativo del bambino autistico alla vita sociale ed emotiva. L'attivazione emotiva consiste nell'aumento di alcuni stimoli con la conseguente proposta di un nuovo modo di relazionarsi. L’AERC ritiene che il motore delle azioni è nelle motivazioni interne ed esterne, determinate nel contesto della vita della persona. In questo contesto sono molto importanti alcuni fattori, come la variazione del tono della voce, l'incontro degli sguardi, l'attività motoria, il contatto corporeo.
    L’intervento propone un ritmo nella relazione come guardarsi negli occhi, rispettare i turni e scambiarsi messaggi e stimoli, preverbali, verbali, tattili, cinestesici che consentono una sintonia, una comune attribuzione di significati. L'obiettivo è quello di modificare la scarsa reciprocità sociale per rendere in grado il bambino di accettare proposte interattive diverse, attraverso modalità faccia a faccia, giochi fisici, metodo Portage.
    Questo tipo di intervento, nella sua completezza, è particolarmente adatto a bambini piccoli in possesso di un certo grado di capacità esecutive, in caso contrario l’intervento riabilitativo deve seguire altre vie, strutturate per via visiva.
    Un esempio di tale intervento è il programma TEACCH, il quale consiste in una valutazione individualizzata, in un progetto educativo tagliato su misura come afferma Schopler. Gli interventi vengono centrati sul soggetto in funzione dell’area che si intende sviluppare, inoltre, essi vengono messi in atto all’interno di diversi contesti.
    È molto importante usare una strategia operativa attraente, come ad esempio un gioco, per far sì che il soggetto sia motivato a svolgere le attività. Molta importanza è detenuta dalla variabile temporale, bisogna scandire ed alternare le attività, deve inoltre essere ben ponderata sulle caratteristiche soggettive. Altra importante attenzione deve essere posta proprio sulla costruzione dei tempi, che costituiranno il programma; coinvolgere il bambino alla decisione del programma favorisce prevedibilità dei tempi e delle azioni.
    È importante altresì, lavorare in piccoli gruppi per facilitare le relazioni sociali.
    L’esperienza di apprendimento deve essere sperimentata in tutti i contesti di vita del bambino per consentire la condivisione e l’utilizzo delle metodologie educative specifiche nella struttura riabilitativa, nella scuola e in famiglia. Difatti, la radice dell’approccio TEACCH è la collaborazione tra i genitori e gli operatori. I genitori forniscono soluzioni e suggerimenti che offrono ai professionisti indicazioni importanti per un lavoro di cooperazione.
    Nel sevizio scolastico, la metodologia TEACCH diventa realtà applicativa con programmi individualizzati, flessibili, creativi e modificabili. Le competenze acquisite con un sistema di lavoro organizzato al tavolo, le competenze cognitive e l’apprendimento di abilità didattiche e relazionali trovano all’interno della scuola il loro affettivo completamento. È nella scuola che lo sforzo personale del bambino e la tensione progettuale rivelano la loro efficacia. Si tratta di progettare una scuola inclusiva che favorisca il benessere del bambino.

    La compromissione della comunicazione è una delle caratteristiche che definiscono i disturbi dello spettro autistico. La comunicazione può essere compromessa in vari modi e con differenti gradi di gravità. La CAA Comunicazione Aumentativa e Alternativa interviene proprio a supporto di queste difficoltà. Il termine “aumentativa” indica l’uso di strumenti che supportano e aumentano il linguaggio del soggetto, dove questo è presente seppure in maniera limitata. Ma non è solo il bambino che usa un codice in senso “aumentativo”, ma è anche il partner comunicativo che lo utilizza, affiancandolo al proprio linguaggio.
    Il termine “alternativa” si riferisce invece all’uso di un certo codice come alternativa al linguaggio; l’assenza di linguaggio rappresenta infatti una grave disabilità che non solo condiziona la comunicazione e le relazioni sociali, ma influisce sull’apprendimento ed è alla base di molti problemi di comportamento.
    La CAA si avvale innanzitutto di strumenti di tipo visivo iconico, come fotografie, disegni e pittogrammi: anche l’uso e di segni convenzionali rappresenta una forma di CAA, che in alcuni casi è utilizzabile anche nel caso dei DSA. Questa modalità visive di comunicazione sono le più adatte per comunicare con soggetti con Disturbi dello spettro autistico che, nella maggior parte dei casi, hanno buone capacità di elaborazione e memoria visiva.
    Un’altra forma di CAA che viene descritta da Mirenda è il Training di Comunicazione funzionale, che utilizza modalità analoghe a quelle sopra indicate, ma è centrato soprattutto sull’insegnamento di abilità di comunicazione il cui scopo principale è quello di ridurre problemi di comportamento che sono connessi proprio con la difficoltà di comunicare. Il CAA dovrebbe sempre partire da una valutazione funzionale delle abilità del soggetto, in base alla quale vengono definiti gli strumenti più adatti, in quel momento, per quell’individuo. Con un bambino non verbale, per esempio, che ha una buona comprensione del significato delle immagini, si può iniziare proponendo un codice iconico; man mano che il bambino cresce, se impara a leggere, le immagini possono essere sostituite da parole scritte.
    Uno dei principi della CAA è che l’utilizzo di strumenti aumentativi o alternativi di comunicazione deve essere condiviso e diffuso in tutti i contesti di vita del bambino. Si tratta, quindi, di facilitare in maniera strutturata e sistematica lo sviluppo di una serie di competenze che aiutino il soggetto a migliorare il più possibile il suo adattamento all’ambiente e non adattare l’ambiente ad esso come invece propone il programma TEACCH.

    ABA L’applied Behavior Analysis è finalizzata ad applicare i dati emersi dall’analisi sperimentale del comportamento per comprendere le relazioni che intercorrono fra i comportamenti e le varie condizioni esterne. Si tratta di mettere in atto una serie di interventi, strategie, volti a modificare il comportamento e i fattori contestuali implicati. ABA è una metodologia molto articolata che prevede l’applicazione di precise tecniche secondo una progettazione specifica e analitica dell’intervento.
    Lovaas è stato uno dei primi a utilizzare questo approccio con soggetti autistici, e negli anni, lo ha sempre più “raffinato”, proponendo, il Discrete Trial Training (DTT) o insegnamento per sessioni separate, il quale, prevede che le competenze da apprendere siano suddivise in sequenze di sotto obiettivi e proposte all’intervento di attività in un rapporto uno a uno con adulto. La procedura di insegnamento prevede che si tengano in considerazione tre componenti:
    • l’istruzione
    • la risposta
    • la conseguenza.
    “I neocomportamentali” o naturalistici, utilizzano la tecnica dell’ABA in ambienti che il bambino frequenta naturalmente durante la giornata, come ad esempio la famiglia, la scuola, le attività del tempo libero, ecc.. In tale ottica, uno degli obiettivi di lavoro primari e più sentiti anche dai familiari della persona autistica, è quello di incrementare repertori di abilità socialmente significative e ridurre quelli problematici attraverso una serie di tecniche e procedure specifiche.
    L’analisi delle cause che determinano i comportamenti problema, deve sempre prendere in considerazione ed analizzare gli antecedenti, il comportamento, le conseguenze ed il contesto, per poter operare dunque, un’analisi funzionale.
    Gli interventi più indicati, sono: Intervento positivo sostitutivo e l’intervento positivo punitivo.
    Le tecniche e le strategie educative tipiche di questo approccio, possono essere così riassunte:
    • Task analysis: consiste nello scomporre un’attività complessa da compiere in sotto-obiettivi più semplici e accessibili.
    • Prompting e fading: caratterizzata dall’uso di istruzioni, aiuti gestuali, esempi e modelli e altri stimoli aggiuntivi di vario genere.
    • Modeling: si basa sull’apprendimento osservativo di un modello competente.
    • Uso di rinforzi positivi.
    • Modellaggio: (shaping) e il concatenamento (chaining). Lo shaping è una tecnica comportamentale per lo sviluppo di comportamenti complessi, si attua tramite l’aiuto e il rinforzo sistematico di approssimazioni sempre più vicine al comportamento finale. Nel Chaining il comportamento finale viene descritto nei suoi micro comportamenti e diviene simile ad una catena di unità di risposta singole e facilmente accessibili.
    Il testo conclude questo capitolo ponendo due domande critiche: i cambiamenti ottenuti si estendono anche in situazioni, contesti, persone o materiali diversi?; inoltre, i cambiamenti ottenuti si mantengono nel tempo?
    Ci auguriamo di si, che un valido e professionale impegno possa contribuire a potenziare le abilità particolarissime Persone.

    In qualità di futuri insegnati non dobbiamo dimenticare che ogni essere umano, a prescindere dal grado di disabilità ha il diritto di esprimersi e di essere ascoltato, influenzando tramite la comunicazione gli eventi della propria vita. Programmare attività va bene, ma non dimentichiamoci di considerare il pensiero di chi assistiamo. Sempre in un ottica di partecipazione democratica alla vita.
    Potenziare l’assetto comunicativo nasce in risposta al bisogno di garantire a tutti il diritto alla comunicazione, adattando la modalità comunicativa alle reali possibilità cognitive ed emotive del soggetto. Sinteticamente possiamo definire la CAA come tutto ciò che aiuta chi non può parlare a comunicare, fornendo, oltre agli strumenti e alle tecniche, concrete opportunità di comunicazione e partner comunicativi che interagiscano e facilitino realmente la comunicazione. Infatti, il metodo della CAA parte dal presupposto che, affinché si realizzi un’interazione autentica debbano essere presenti sia il desiderio e l’intenzionalità comunicativa da parte dell’emittente sia la volontà di saper ascoltare da parte del ricevente. Ciò non vi ricorda forse il concetto di capability?

    Lavoro complesso e ottimamente articolato,
    le richieste dell'esercizio sono state esaurite e superate
    la sintesi è arricchita da una veste critica e da un confronto coerente con il quadro teorico. Le citazioni sono ben scelte e il lavoro si presenta completo e ricco di suggestioni.
    la tutor Dott.ssa Nunzia Giglio

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