Di solito per disabilità intendiamo un'inabilità nel fare qualcosa; poichè siamo in tanti a pensare la disabilità in questi termini, non è detto che vi sia per forza una maniera univoca di pensiero, anzi non esiste assolutamente un modo specifico di intendere la disabilità, ma tante sono state le definizioni date a tale parola, perchè tante e differenti sono state le discipline e gli scopi per i quali questo termine viene utilizzato.
Nel corso del tempo lo sforzo nel cercare di definire la disabilità è stato netevole, ma perchè?
Perchè tale sforzo spiega l'importanza fondamentale di questa tematica soprattutto nelle scienze sociali, infatti quasi tutti i modelli teorici muovono dal presupposto che la promozione di politiche finalizzate a determinare l'empowerement dei soggetti disabili debbano essere sempre pensate ed attuate mediante la loro partecipazione.La disabilità quindi rappresenta sia una variabile contestuale, sia un'opportunità di vedere questa sorta di "esperienza" come un invito per il coinvolgimento personale di ognuno di noi,
Come? Attraverso il nostro aiuto/ mutuo-aiuto.
Nonostante ciò ancora oggi vi sono pensieri controversi di studiosi che ritengono che non esista alcun modello assoluto in grado di dare una concezione generica di "disabilità", ritengono altresì che ogni modello sicuramente possa essere utile nell'apportare una propria prospettiva a riguardo, ma che nessuno sia legato da un unico filo conduttore. Per tanto, non possiamo non analizzare brevemente i modelli principali che hanno parlato di disabilità, analizzeremo approcci modernissimi che ci permetteranno davvero di guardare (come afferma il titolo del capitolo da me scelto).....oltre la disabilità!
Nel corso della storia sono stati tantissimi i modelli e, gli approcci che si sono battuti per dare e affermare una propria visione della disabilità, tra i primi ricordiamo "il modello medico", o biomedico che considerava la disabilità come un problema strettamente legato all'individuo, causata da una malattia o da una lesione,una delle caratteristiche di questo modello era quella di attuare il confronto tra la qualità di vita condotta dai soggetti disabili e quelli normodotati, creando ancora di più l'enorme divario che differenzia entrambe le categorie; per il modello biomedico a determinare lo sviluppo dei soggetti disabili può essere solo l'impegno e la preparazione dei professionisti sanitari mediante il processo di riabilitazione, e mediante il supporto di strutture sanitarie, luoghi che vengono visti come unica opportunità di crescita.
Un secondo modello è quello "sociale" che si contrappose a quello medico nel determinare l'inadeguatezza degli istituti sanitari al fine di determinare il processo di miglioramento dei soggetti disabili, il problema sostanziale è che rinchiudere queste persone considerate "diverse" significava creare una sorta di discriminazione, emrginandoli dalla società!Fu proprio per questo motivo che negli anni 60 del 900 nascono le prime associazioni dei genitori di soggetti disabili che rivendicavano i diritti dei loro figli, considerati le così dette "vittime del sistema", la disabilità incomincia ad essere considerata un problema non solo del singolo, ma della collettività tutta, alla quale veniva attribuita la principale causa del problema "disabilità".
Ricordiamo poi brevemente "il modello Nagi", il quale studiò la disabilità strettamente correlata al concetto di riabilitazione, per Nagi l'essere disabili nasce e scaturisce da una molteplicità di fattori che possono essere sociali, fisici e ambientali entro i quali il soggetto disabile vive ed interagisce.
La prima svolta si avrà solo con il modello "Bio-psico sociale"o anche ICF ove alla base di tutto vi è la concezione di salute ed il suo "mantenimento", per tale modello valutare lo stato di salute dell'individuo significava tener conto di tanti elementi , ovvero : biologici, psicologici e sociali, l'analisi dell'interazione tra questi permettono di prescrivere al paziente un adeguato trattamento. Tale modello dà altresì importanza al concetto di "persona attiva" cioè persona che gestisce attivamente le condizioni della propria salute mediante il suo rapporto con la società, determinando così il suo empoweremment, questo avviene proprio grazie al fatto che il soggetto attivo riesce ad avere un potere di controllo su se stesso attraverso la valutazione del mondo esterno ( di quì l'importanza dell'influenza sociale).
Ma la vera svolta si avrà con l'affermazione del modello Capability uno degli approcci che ha maggiormente contribuito a determinare nuove impostazioni per le politiche di sviluppo nei confronti della disabilità; esso mette al centro dei suoi studi l'essere umano studiando le politiche del Welfare, in particolar modo l'analisi degli standard di vita; il modello Capability muove dal presupposto che bisogna analizzare le persone in base a quello che sanno o non sanno fare,insomma la qualità del loro stile di vita; Capability è la libertà di raggiungere degli obiettivi e la società tutta deve far in modo che tutti possano raggiungere i propri obiettivi garantendo ad essi le stesse possibilità, in poche parole al fine di determinare l'empowerement del singolo e della collettività bisogna ampliare il grado di libertà delle persone, una libertà che viene vista come possibilità di miglioramento!
Per tanto lo sviluppo della persona in quanto tale si viene ad evidenziare mediante le opportunità di crescita che gli vengono offerte, che non sono da intendere solo come bisogni primari come :mangiare, bere...ma anche bisogni allo stesso tempo fondamentali come :leggere , scrivere...queste sono tutte opportunità che il contesto sociale deve offrire a tutte le persone disabili e non, nello specifico i soggetti disabili secondo l'approccio Capability possono essere in grado di superare il fenomeno della discriminazione e dell'oppressione sociale, superando la "menomazione" stessa!!
Avere un handicap, significa già trovarsi in una situazione di svantaggio, poi se l'ambiente non è nemmeno strutturato adeguatamente, non si può nemmeno pensare a rendere tale "categoria" di soggetti, SOGGETTI ATTIVI!
Ritengo quindi che l'approccio Capability sia stato nel corso della storia quello che maggiormente ha determinato una vera svolta nella concezione di disabilità,intendendo per "diversità" l'inclusione di caratteristiche personali come: etnia, genere e menomazioni, che nessun altro approccio ha considerato così strettamente interconnesse tra loro.
A mio parere dall'analisi del capitolo, posso sicuramente constatare l'evidente differenza tra i modelli all'inizio elencati, da quello Capability, perchè questo riduce notevolmente l'interpretazione dell'esperto dando più importanza alla persona disabile come soggetto attivo, solo l'ICF si avvicina a tale modello, e solo perchè questo si preoccupa di un ampia gamma di problematiche relative alla vita di una persona, per tanto ritengo che se l'ICF possa essere in grado di offrire un modello a dir poco "universale" per la concezione della disabilità e per documentare le differenze soggettive, l'approccio Capability (di Sen) può allargare la nostra concezione di disabilità stessa proprio perchè la ritiene parte della condizione umana più che una "deviazione".
Di Meo Livia Rosa
Lavoro molto ben strutturato,
le richieste dell'esercizio sono state esaurite e superate
la sintesi è arricchita da una veste critica e da un confronto coerente con il quadro teorico.
Il lavoro si presenta personalizzato e ricco di suggestioni.
la docente